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Autore: lafilledeEris    16/06/2013    2 recensioni
Gli piaceva stare immerso nel silenzio assordante di quelle alte mure sfarzose. Si sedeva in un angolo – che ormai era diventato suo – e scriveva. Poi stacciava il foglio.
Scriveva, strappava il foglio. Scriveva, strappava il foglio.
Al quarto giorno un uomo gli si avvicinò.
“Che risposte cerchi, giovanotto?”
“Io non cerco risposte” borbottò Sebastian, accartocciando l'ennesimo foglio, senza sollevare lo sguardo.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Kurt Hummel, Sebastian Smythe
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Per Vals,

maturanda sull'orlo di una crisi di nervi

 

 

 

 

 

 

A mani giunte

 

 

 

 

 

 

 

 

Se avesse imparato ad amare e fosse riuscito a farsi amare a sua volta prima che fosse caduto l'ultimo petalo, l'incantesimo si sarebbe spezzato; in caso contrario sarebbe rimasto una bestia per sempre. Con il passare degli anni il principe cadde in preda allo sconforto e perse ogni speranza... chi avrebbe mai potuto amare una bestia?

 

[da “La Bella e la Bestia”]

 

 

Sebastian era ateo. Non aveva mai creduto in nulla che non fosse stesso. Eppure in quel momento si trovava in una chiesa. Era solo, a differenza di tutte le altre persone la dentro.

Lui voleva stare solo- perché la solitudine non consola, né lenisce il dolore, da solo una parvenza di dignità e compostezza nel vivere- in quella grande cattedrale.

Vienna in quel momento gli faceva da madre. Una città può cullarti, accoglierti e farti suo. E tu rimarrai per sempre legato a lei. Non come una prostituta, ma come una donna che ami.

Era lì da una settimana e ogni giorno vi tornava. Così, senza una ragione apparente.

Bugiardo.

Gli piaceva stare immerso nel silenzio assordante di quelle alte mure sfarzose. Si sedeva in un angolo – che ormai era diventato suo – e scriveva. Poi stacciava il foglio.

Scriveva, strappava il foglio. Scriveva, strappava il foglio.

Al quarto giorno un uomo gli si avvicinò.

“Che risposte cerchi, giovanotto?”

“Io non cerco risposte” borbottò Sebastian, accartocciando l'ennesimo foglio, senza sollevare lo sguardo.

“Stai mentendo a me?” ridacchiò l'uomo attirando l'attenzione del ragazzo, indicando ciò che indossava: un abito talare.

Sebastian scrollò la spalle e abbassò lo sguardo.

“Posso farle una domanda?”

“Tu non hai risposto alla mia, ma sì, credo tu possa farmi questa domanda se tanto ti preme”.

Il ragazzo sembrò misurare le parole.

“Come ha capito che quella” indicò gli indumenti “era la sua vocazione?”

Il prete si ravvivò i folti capelli bianchi mentre prendeva posto accanto a Sebastian.

“Hai mai ascoltato il battito del cuore di un'altra persona?”

Smythe a quelle parole corrugò le sopracciglia.

“Sai perché lo facciamo? Perché non possiamo ascoltare il nostro” spiegò semplicemente. “ Ho scelto di vestire questi abiti perché non riuscendo a sentire il mio battito, ho sentito quello di chi sta più in alto”.

“Ma non fa male?” domandò Sebastian.

“Cosa?”

“Non poter arrivare a Lui”.

La distanza è un male. Soprattutto quando non si può misurare e siamo stati noi ad imporcela. È quella fra noi e il nostro cuore.

E quello di Sebastian era rimasto nella sperduta cittadina di Lima, Ohio.

“Tu hai qualcuno a cui non arrivi?”

“Sì, eppure l'ho avuto al mio fianco”.

“E come è stato?” domandò il prete.

“Vissuto”.

Vivere non sempre è un male. Il lasciarsi vivere fa male al cuore.

“La ami?”

Sebastian riuscì a ridere per la prima volta da un po' di tempo a quella parte.

“Lo amo” sottolineò.

Il prete sgranò gli occhi.

“Scusa, non volevo. Io...”

Sebastian scosse la testa.

“Non poteva sapere. Comunque sì, sono gay e ateneo, ma mi piace venire qui”.

“E io non ci vedo nulla di strano. Questa può essere la casa di chiunque ne senta il bisogno”.

“Grazie, padre” disse Sebastian, alzandosi dalla piccola panca. “Non credevo di riuscire a trovare conforto in un posto simile”.

“Non bisogna per forza credere per amare Dio. C'è chi crede in Lui ed arriva ad odiarlo quando qualcosa va storto”.

“Ed il Signore rispose:"Figlio mio, Io ti amo e ti dissi che sarei stato con te durante tutta il tuo cammino e che non ti avrei lasciato solo neppure un attimo,e non ti ho lasciato...” recitò l'anziano.
“I giorni in cui tu hai visto solo un'orma sulla sabbia,sono stati i giorni in cui ti ho portato in braccio" concluse Sebastian.
“Figliolo, adesso devi andare” proferì il prete.
“Perché?”
“Non hai bisogno di stare qui, quando ciò che cerchi è la fuori che aspetta. Hai un cielo che ti osserva”.
“Sarà sereno?”
“Anche se piovesse, tu vedresti sempre il sole”.
A quelle parole, Sebastian sorrise. Di nuovo.
Uscì dal duomo di Vienna con una strana sensazione: con lo stomaco come se fosse pieno, gli occhi accesi d'un verde speranza e le labbra all'insù.
E poco gli importava se in quel momento si mise a piovere. Perché c'era il sole. Non solo il lontano pianeta.
Ma il suo: aveva grandi occhi azzurri e un sorriso allegro, mentre lo aspettava dall'altra parte della piazza. Gli corse incontro, fregandosene della maglietta che gli si appiccicava addosso a causa dell'acqua.
“Sei venuto” sussurrò Sebastian.
Kurt gli sorrise, porgendogli la mano.
“Sempre e per sempre*. Ricordi?”
“Credevo non saresti venuto”
“Mi mancavi. E poi Santana mi ha minacciato. In spagnolo”. Kurt rise, facendo arricciare il naso. Sebastian capì che senza quelle piccole cose non avrebbe ma potuto vivere a lungo. “Non ho voluto nemmeno che Brittany me lo traducesse”.
“Raccapricciante” Sebastian rise, mentre strinse con forza Kurt a sé. “Mi sei mancato”.
Si baciarono così: incuranti della pioggia, sotto un cielo blu con il resto del mondo che scorreva. Loro avrebbero aspettato l'arcobaleno.

 

 
* citazione da "One Tree Hill"

 
   
 
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