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Autore: MagikaMemy    31/12/2007    0 recensioni
Mami ha sedici anni, due migliori amici e tanti problemi di giorno. Di notte, ha tanti alleati e un keyblade in mano. Riuscirà a scoprire a cosa è dovuta l'invasione di Heartless negli altri Mondi? E, cosa più importante...riuscirà a dire a Sora, il suo migliore amico, cosa prova davvero? La mia prima ficcy!! Vi prego di leggere! ^__^°°
Genere: Romantico, Commedia, Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro Personaggio
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: Incompiuta
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La nuova minaccia

Dorme.
Mia sorella dorme come un ghiro.
Perché non posso dormire anche io, cavolo?!
A proposito, sarà meglio che prenda i vestiti.
E’ quasi ora.
Mi alzo dal letto lentamente e in perfetto silenzio, cercando di non svegliare la mia cara consanguinea; mi infilo le ciabatte ed esco dalla stanza, ritrovandomi nell’atrio.
E’ tremendamente buio e silenzioso, e meno male che i miei occhi si sono abituati al buio.
Scendo mestamente le scale, e arrivo al piano di sotto.
Non c’è nessuno neanche qui.
Bene, stasera dormono tutti; sarà più facile muovermi.
Arrivo in salone,e piano piano raggiungo l’uscio per raggiungere il seminterrato.
Lo apro e scendo altri scalini, fino a ritrovarmi nei sotterranei del mio castello del caos.
Avanzo di qualche passo, e cerco a tentoni l’interruttore della luce.
Lo trovo, e la stanza s’illumina improvvisamente.
C’è un tale casino, qui sotto.
Fortuna che papà non ha la minima intenzione di pulirci, altrimenti troverebbe delle sorprese non gradite.
Raggiungo una delle numerose pile di scatoloni, e spostandola col braccio di qualche centimetro trovo quello che cercavo: la scatola in cui mio padre ricorda di aver posto tutti i vecchi giocattoli miei e di Lili.
Quello che non sa è che io ho messo ho messo i cosiddetti balocchi in un'altra scatola.
Attenta a non far cigolare il coperchio, la apro.
All’interno, ci sono dei vestiti piegati con cura e un paio di scarpe da ginnastica.
Prendo il tutto e mi tolgo la camicia da notte, poi mi vesto.
Cinque minuti dopo, sono pronta.
Mi guardo in uno specchio rotto lì accanto.
Bene, ecco la mia divisa da lavoro: una canottiera azzurra, un paio di pantaloni lunghi fino alle ginocchia con due marsupi blu incrociati contenenti alcuni oggetti utili per le eventuali battaglie, le braccia coperte una da un manicotto blu e l’altro da una retina con un polsino all’estremità e delle enormi scarpe celesti con chiusura lampo e stretch.
Mi guardo, scostante.
Quando indosso questa roba, mi trasformo non solo fuori, ma anche dentro.
Divento più attiva, rapida e sicura di me.
Prendo una spazzola che spunta fuori da un cassetto rotto, e mi lego i capelli biondi con una coda di cavallo più alta del solito.
Dopodichè, spengo le luci e torno al piano di sopra.
Richiudo la porta con cautela, e i silenzio, senza fare il minimo rumore, esco dalla porta d’ingresso.
Anche stasera ce l’ho fatta.
Bè, ok, diciamo che il sonnifero che metto ogni sera nella bottiglia di vino che i miei bevono fa la sua buona parte: ma, come si dice…il fine giustifica i mezzi, no?
Senza battere ciglio, visto che è già tardi, spicco un balzo incredibile, raggiungendo il tetto.
Una persona normale non potrebbe farlo ma, per mia grande sfortuna, io non sono normale.
Prendo la rincorsa, e con un altro salto passo sul tetto della casa dei vicini.
Continuo a saltare di tetto in tetto, fino ad arrivare a casa di Sora.
Lui è già lì, pronto con la sua divisa: una tuta nera, con dei larghi pantaloni fin sopra il ginocchio, adornati di mille righe gialle che riprendono il colore delle scarpe; una cinta divide in due la tuta, e un giacchetto cortissimo a mezzamanica e slacciato lascia intravedere il suo immancabile ciondolo a forma di corona.
I guanti protettivi gli lasciano le dita scoperte,e anche lui ha due grandi marsupi rossi allacciati in vita, che riprendono il colore della tasca davanti della tuta, poco sopra la cintura.
Cacchio, se è figo.
“Mami! Ma dov’eri finita? Sono dieci minuti che ti aspetto!” sussurra appena mi vede, correndomi incontro.
“E’ che i miei hanno finito di cenare tardi.” Mi scuso.
Lui sbuffa, poi mi prende per mano e insieme riprendiamo a correre e saltare sulle case di questo piccolo quartiere di Tokyo.

Eccoli laggiù, tutti ad aspettarci.
Io e Sora saltiamo un’ultima volta, e finalmente ci fermiamo a prendere fiato.
Sora mi lascia la mano, e vedo Kairi sussultare un istante.
Bè, non mi stupisce: tutti sanno che Kairi vuole bene a Sora.
E non ci vuole certo un genio per capire che Sora ricambia al quadrato.
Questo mi fa irritare. Oh, se mi fa irritare.
“Finalmente! Forza, muoviamoci! Andiamo a fare un giro d’ispezione per vedere se ci sono Heartless in giro.” Esclama Riku irritato, scattando in piedi.
Roxas volge lo sguardo verso di noi, che nel frattempo abbiamo ripreso fiato.
“…oggi alla tv ho sentito che gira la voce che ci siano dei fantasmi nelle scuole medie inferiori Jimbo.”
Sora agrotta un sopracciglio.
Io cerco di guardare Roxas negli occhi, ma il fatto che dopo l’inervallo io non gli abbia più rivolto la parola mi scoraggia.
Osservo il suo vestiario, semplice in confronto a quello mio e di Sora: un paio di pantaloni neri e beige, scarpe da ginnastica, maglietta nera che si mimetizza con la vita dei pantaloni, chiusa da una lampo a forma di X, e un giacchetto con cappuccio beige, con dei quadratini neri e l’interno rosso; abbinati, ci sono un polsino e un anello di spugna, entrambi a scacchi neri e bianchi.
Anche Naminè e Riku hnno deigli abiti quasi normali: lui indossa dei pantaloni blu, maglia e cintura nere, un giacchetto bianco e giallo come le scarpe ed ha una serie di bende che gli legano il polso sinistro: Naminè è stupenda, e quando non c’è la luna sembra che lei ne prenda il posto, pallida com’è.
Ha un vestitino bianco, nromalissimo, lungo fin sopra le ginocchia: un coprispalle bianco, con disegnata una croce dorata e con le maniche ornate da deliziosi pizzi bianchi; delle calze biance sbucano dagli stivali, anch’essi bianchi, con disegnate sopra le croci dorate.
Alcune ciocche di capelli sono impreziosite con dei nastri bianchi.
In quel momento, si alza anche Kairi, pronta per la partenza.
Le chiusure lampo del suo vestito rosa riflettono le luci della città, e gli stivaletti dello stesso colore, dai quali escono dei laccetti lilla che le stringono le caviglie, danno un tocco sportivo al tutto.
Una cinta in cuoio le cerchia la vita magra, e scende sulle gambe con grazia.
I capelli tra il rosso e il castano si agitano ad ogni minima carezza del vento, scoprendole il visetto dai lineamenti delicati e chiari.
A volte noto che Sora passa lunghi minuti ad osservarla, in silenzio.
E chi può dargli torto? Kairi è una ragazza bellissima, gentile, intelligente, dolce ma che si fa rispettare. A prima vista sembrerebbe un po’ impulsiva, ma in realtà ha una grande pazienza.
E mi sembra logico che io non abbia la minima chance contro di lei.
“Cosa? Fantasmi?!!” ripete Sora, una nota nervosa nella voce.
Kairi gli si avvicina: “Sora, non dirmi che credi ai fantasmi?” chiede, divertita.
Lui non risponde, ma la sua espressione è impagabile e trasparente.
Sbotto a ridere e faccio l’occhiolino a Kairi: “Eh eh! Sora ha un’esperienza traumatica alle spalle che riguarda l’Halloween. Vero Sora?” chiedo, stringendogli una spalla con la mano e con un sorriso ebete sulla faccia.
Lui sobbalza e stringe i denti in una smorfia.
Dio, quanto lo adoro quando fa così…è uno spettacolo divertentissimo.
Kairi ricambia l’occhiolino di poco fa, e si china per veder in faccia Sora.
“Che cosa è successo, Sora?” chiede sorridente.
Roxas si avvicina, mentre il povero Sora sembra sia vicino ad un attacco cardiaco.
“Mami Sora e io eravamo andati a fare il giro delle case, quando arriviamo in un vicolo buio. Sora si gira e si ritrova davanti Lili mascherata da Sadako, poi inzia ad urlare e dopo cinque minuti sviene” Risponde secco.
Kairi e Naminè si guardano un secondo, poi esplodono in una risata fragorosa.
Sora solleva la testa, ed esplode anche lui, iniziando a saltare come fa Terk quando andiamo nella Giungla Profonda.
“Daaaai, Rox! Avevo otto anni! E’ normale che mi sia spaventatooo!!!” grida isterico.
Io e Roxas ci scambiamo un sorriso abbozzato.
“Oh, andiamo Sora! Mia sorella fa più paura quando si sveglia, te lo assicuro. E poi la sua maschera era orribile. Tutti sono capaci di spalmarsi il collo e la faccia di ketchup.”
“Guarda che per me è stato un TRAUMA!!!!” sbotta Sora, disperato, mentre Kairi e Naminè non sembrano voler smettere di ridere.
Riku cercava di trattenersi, senza riuscire completamente.
“Forza, andiamo, altrimenti domattina mi ritroverò un Hearthless sotto la doccia.” Esclama, e senza aspettare risposta salta verso il grattacielo vicino.
Naminè e Kairi si concedono un’ultima risata, poi lo seguono.
Sora tiene il palmo della mano aperto verso di me, e arrossisce.
Evidentemente si è offeso.
“Arrivo subito” dico, lanciando uno sguardo a Roxas.
Sora sbuffa e mi fa la linguaccia, poi segue gli altri.
Mi avvicino a Roxas e lo guardo negli occhi.
Lui ricambia, gelido.
Senza pensarci ancora, lo abbraccio.
Lo abbraccio così forte che potrei soffocarlo da un secondo all’altro.
Lui rimane allibito per un attimo, poi mi cinge la vita col braccio.
“Scusami…” sussurro.
Roxas non risponde, ma so che ha capito.
“Ti prego, non lasciarmi sola…ho bisogno di te più che mai, in questo periodo. Ti prego, sei l’unico di cui mi fido. Ti prego, scusami. Ma non andartene anche tu…” dico, fioca.
Lui mi stringe ancora più forte, poi mi allontana con le braccia per guardarmi il viso e mi bacia la fronte con tenerezza.
“Tranquilla. Ti voglio bene. Ci sarò sempre, per te. Non ti lascio. Non ti lascerò mai.”
Io lo abbraccio ancora, quasi con le lacrime agli occhi.
Il…mio…Rox…


“Eccoci arrivati! E staccati, Sora!”
Sora, però, rimane ancora ben ancorato al mio braccio.
Sento i suoi denti digrignare istericamente, e trattengo a stento una delle mie battutine.
Sarebbe troppo crudele.
“Eddai, Sora! Quando andiamo ad HalloweenTown non fai tutte queste storie!” osserva Naminè.
Sora, finalmente, molla la presa (sento il sangue che riprende a circolare), e si avventa su Naminè, sfoderando i suoi occhioni-da-gattino-bagnato-solo-e-incompreso.
“Nami…ho paura…” dice, ormai vicino alle lacrime.
Ioe Roxas ci guardiamo, poi voltiamo gli occhi al cielo, al limite della sopportazione.
La scuola Jimbo è una scuola media inferiore, non molto conosciuta qui a Tokyo; un edificio pubblico, un po’ malridotto, con una grande piscina nel cortile sul retro.
Roxas ci racconta quello che ha sentito alla tv, mentre Sora continua a tentare di scappare (Riku ascolta Roxas attento, mentre con una mano tiene Sora per il giacchetto).
“Non diciamo sciocchezze, i fantasmi non esistono!” osserva Riku, strattonando Sora.
Kairi sospira, poi sorride.
“Sicuramente sono solo i nostri cari amichetti che vogliono divertirsi un pò.”
“Bene, allora vorrà dire che anche noi ci divertiremo un pò!” dico entusiasta, e con uno sguardo ci capiamo tutti all’istante.
Riku molla Sora per chiudere gli occhi e concetrarsi.
Sora ispira nervoso un paio di volte, poi anche lui dedica la mente al richiamo della sua arma.
“POWER OF KEYBLADE! HELP YOUR MASTER!!!” grido, aprendo gli occhi.
Dopo qualche secondo, vedo la mia arma comparire lentamente tra le mani.
E’ una chiave gigante,alta poco meno di me, ma leggerissima da portare.
Ognuno di noi ne ha in mano una diversa.
Riku, Kairi, Ro e Naminè devono solo concentrarsi e sussurare tra loro stessi il nome del loro Keyblade.
Io e Sora, invece, dobbaimo gridare ad alta voce la frase di prima.
Forse perché io e Sora siamo i Maestri del Keiblade.
Lo scoprimmo circa un anno fa.
Io e lui stavamo andando a vedere le gare di pattinaggio di Kairi.
Me lo ricordo bene; era primo pomeriggio, e in aria c’era odore di pioggia.
Mentre camminavamo, vedemmo qualcosa cadere dal cielo.
Sora e io vedemmo l’oggetto ai nostri piedi: due chiavi legate ad un anello in metallo, una che sembrava una chiave come tante, l’altra invece era stranissima, con degli strani disegni incisi sopra.
Io e Sora la raccogliemmo da terra, chiedendoci da dove fossero sbucate, quando qualcosa si mosse dietro di noi.
Ci voltammo, spauriti, ma non ci sembrava vi fosse qualcosa.
Riprendemmo a studiare quelle due chiavi, ma dopo due minuti sentimmo una voce acutissima alle spalle.
“Siete voi, finalmente.”
Io e Sora ci guardammo, poi Sora si piazzò dietro di me e si voltò.
Il tempo di vedere chi aveva di fronte, ed aveva cacciato un grido che rimbombò per tutto il Giappone…anzi, no, per tutta l’Europa.
“Che..che..che scherzo è questo?” aveva chiesto, strattonandomi la maglia.
Io ero rimasta senza parole: davanti a noi c’era…Mickey Mouse.
Non un peluche di Mickey Mouse, non un poster formato gigante di Mickey Mouse, non un tizio con un costume da Mickey Mouse….semplicemente, Mickey Mouse in carne e ossa.
Era lì, davanti a noi, e ci guardava.
Ci rivolse un saluto cordiale, ma né io né Sora eravamo ancora tanto connessi da essere in grado di capire quello che sava succedendo.
Dopo circa dieci minuti di starnazzamenti vari di Sora, di miei gridolini isterici e di tentativi di calmarci di Mickey Mouse, eravamo all’incirca tranquillizzati.
Lui ci spiegò tutta la storia.
Lui era King Mickey, il sovrano del suo mondo, il Disney’s Castle.
Ci spiegò che, oltre alla terra, esistono altri mondi, raggiungibili con portali e navicelle spaziali.
Poi però il nostro amico aveva assunto un’espressione crucciata, e ci aveva rivelato che se era venuto sulla terra era perchè cercava aiuto.
“Vedete, in questo momento gli altri mondi stanno vivendo profondi dolori e sofferenze. Delle strane creature chiamate Heartless, infatti, stanno cercando di distruggerli. Sono numerossissimi, ma non così forti come potrebbero sembrare. Sicuramente sono al comando di qualcuno che ha delle cattive intenzioni. Non ho idea di chi sia, ma so che prima o poi salterà fuori.”
“Mi spiace molto, Maestà, ma…scusi, noi cosa possiamo fare?” avevo chiesto io, mentre Sora ascoltava in silenzio (stranamente).
Il re mi sorrise di nuovo, stavolta con dolcezza.
“Le chiavi che prima sono cadute dal cielo. Si chiamano Keyblades, Mami. Sono le sole due armi che possono sconfiggere gli heartless e il loro padrone.”
Io guardai con disprezzo le minuscole chiavi che avevo in mano.
“Queste sarebbero armi? Per favore, non servirebbero nemmeno ad aprire il luchetto di un diario segreto.” Ho detto, sarcastica.
“E’ qui che ti sbagli. Vedi, quelle due armi insieme possono raggiungere una potenza inimmaginabile. Ma per farlo, hanno bisogno di due persone che le prendino con sé: due persone coraggiose, giuste, oneste. Due persone come voi.”
Io e Sora ci siamo scmabiati uno sguardo gelido, poi abbiammo agrottato le sopracciglia formando ognuno una doppia w in faccia.
Il re era scoppiato a ridere, e ci aveva spiegato che i Keyblades avevano scelto noi perché eravamo degni di loro.
Ancora adesso, io e Sora ci chiediamo il perché sia accaduto proprio a noi.
Comunque sia, da quel giorno niente è stato più lo stessso.
Abbiamo detto tutto agli altri non appena se ne è presentata l’occasione,e Kairi Naminè e Roxas si erano proposti di aiutarci.
Io e Sora abbiamo ricordato che i nostri Keyblade, almeno così aveva detto il sovrano, se uniti potevano dare vita a nuove armi, nel caso in battaglia ne occorresse un’altra.
Bastarono pochi minuti, e tutti avevano il loro Keyblade, ognuno diverso dagli altri.

Guardo il mio Keyblade, nostalgica.
Quante ne abbiamo passate insieme.
E quante ne stiamo passando tutt’ora.
Ogni notte, ci spostiamo in un luogo diverso a caccia di Haertless.
Una volta quegli esserini occupavano solo gli altri mondi, ma ormai anche a Tokyo se ne possono trovare ovunque, se esci di notte.
Il mio Keyblade riflette i raggi lunari.
Si chiama Ultima Weapon e, a detta di King Mickey, è il più potente, insieme a quello di Sora.
Lui invece ha la versione base, la Catena Regale, che, nonostante sia la meno bella di tutte, ha una potenza immensa.
Kairi possiede la Rosa Divina, e la sua bellezza la rende una guerriera ancora più spelndida di prima.
Naminè è invece la padrona dell’ Incantatore, che le si addice alla perfezione, visto che sembra sempre ipnotizzare le persone.
Po c’è l’arpa fatata, cioè il Keyblade di Roxy, molto utile per le magie e le invocazioni.
Infine c’è Riku, che ha il Lontano Ricordo: anche la sua è un’arma da non sottovalutare.
Insomma, di giorno siamo dei sedicenni qualunque: andiamo a scuola, facciamo sport, giochiamo a Tekken sulla palystation e ci innamoriamo (questo punto mi è particolarmente sensibile):
Ma di notte, quando tutti dormono, siamo qualcun altro.
Quando è notte, noi ci mettiamo i vestiti da battaglia, facciamo comparire i nostri Keyblade e diventiamo i New Kingdom Heroes, unici protettori della terra e altri mondi.
(La Domenica chiudiamo per ferie. Dovremo pur dormire, no?!)
Seguiamo Roxas all’interno del cortile della scuola, saltando il cancello con un balzo, e ci guardiamo intorno, sospettosi.
L’oscurità invade completamente il luogo, rendendo poco distinguibili le forme.
“FIRARA!!” grido, e dal mio Keyblade sprizza una fiamma che illumina questo cortile buio.
Iniziamo a camminare verso la psicina,mentre Sora continua a lamentarsi, spaventato.
La piscina è grande, ma si vede che non viene utillizzata da qualche anno: nell’acqua galeggiano foglie secche e fiori, insieme a due o tre pacchetti di patatine.
Chissà quant’è che non la puliscono.
Riku si ferma all’istante, arrestandomi il passaggio con un braccio.
“Fermi tutti, sta succedendo qualcosa.”
“Riku, ma che…” provo a lamentarmi, ma non finisco la frase perché qualcosa esce dall’acqua.
Una persona incappucciata e’ sbucata dalla piscina come una margheritina, ed ora lievita sopra di essa; tra le mani, stringe uno strano oggetto simile…a una chitarra…
“Oh, era ora! Iniziavo a stufarmi di aspettare!” esclama la figura, con una voce giovane ed esuberante.
Sora comincia a tremare, ma prima che qualcuno possa dire qualcosa colui che abbiamo davanti si sfila il cappuccio, mostrando il proprio volto: non è un fantasma, né altro.
Solo un ragazzo, con dei capelli biondi spettinati e un po’ più lunghi del normale e la carnagione chiara: avrà si e no vent’anni.
Sora smette improvvisamente di tremare, e finalmente sembra tornare il Sora di sempre quando si para davanti a me per proteggermi e grida, infuriato: “Chi diamine sei?”
Quello sorride: un sorriso crudele, quasi malizioso.
“Dipende dai casi. Molti mi chiamano il Notturno Melodico. Ma per gli amici sono solo Demyx.”
“Che cosa vuoi dagli studenti di questa scuola? Che gusto hai a spaventarli?” chiede Roxas, sfoderando il suo keyblade.
Demyx si ferma un momento a guardarlo, con aria di sufficienza. Poi fa un altro sorriso, stavolta quasi demoniaco.
“Accidenti, certo che voi marmochi sapete come offendere un adulto! Oh, bè…se davvero volete combattere, prima dovrete riuscire a prendermi!” grida, e volando più in alto si allontana con una risata.
“Presto, inseguiamolo!” grido io, e tutti insieme saltiamo di palazzo in palazzo nell’inseguimento.
Demyx vola rapido, continuando a tenere quella specie di arma fra le mani, e non smette di ridere furiosamente.
Mentre siamo impegnati in un altro salto, Sora mi si avvicina.
“Mami, avverto un pericolo! C’è qualcosa che non va!!” mi grida.
Ricambio lo sguardo.
“Sì, hai ragione!Questo idiota non mi piace per niente! Vediamo dove si ferma!” dico io, e con un sorriso ci capiamo alla perfezione.
Dopo un tempo che per noi sembra infinito, Demyx si ferma nell’aria.
“Ehi, bambolotti! Sono qui!” e con una velocità impossibile per un qualsiasi essere umano scende verso la città.
Lo raggiungiamo in fretta, e non appena vede i nostri piedi toccare terra inzia a correre lungo un vicolo che non ho mai visto finora.
Lo attraversiamo, con davanti il buio e la sua schiena, poi si addentra in un buco all’interno di un muro.
“Ormai lo abbiamo preso!” grida Naminè, e uno alla volta varchiamo lo spazio anche noi.
Non appena ci troviamo al di là, però, notiamo che qualcosa non va.
L’atmosfera preannuncia qualcosa di…inaspettato.
Ci guardiamo intorno, ma Demyx semra sparito nel nulla.
Ed ecco che improvvisamente i lampioni si accendono tutti assieme, disturbandoci gli occhi.
Appena li riapriamo, però, la vista sembra annebiarsi per un secondo.
Davanti a noi c’è Demyx, con quella sua strana chitarra.
Il problema è che dietro di lui ci sono altre persone.
Molte altre persone, tutte con indosso una veste nera e con il volto coperto dal cappuccio.
Demyx è l’unico che mostra il suo viso.
“Accidenti, voi bambini siete proprio veloci!! Chi l’avrebbe mai detto?”
Lo fissiamo, Sora stringe il Keyblade con forza.
Si sta trattenendo.
Odia le chiacchiere dei nemici, le loro prese in giro.
Preferisce uno scontro diretto, senza preamboli, con un vinto e un vincitore.
Niente parità.
Non è consentita.
Demyx si accorge del suo sguardo arrabbiato e si volta verso una delle persone dietro di lui.
“Attento, capo. Mi sa che questi fanno sul serio” dice, divertito.
La bocca dell’altro è l’unica parte del corpo in mostra, e si torce in un ghigno improvviso.
Non mi piace questa storia.
Non mi piace neanche un po’.
“Ed eccoci qua, insomma! Non vedo l’ora di affrontarvi!” esclama d’un tratto.
Solleviamo gli sguardi, poi lui mi guarda e sorride.
“Ci vediamo, piccolina.”
Sbarro gli occhi, e sfodero il Keyblade, senza troppa sicurezza.
Tempo un secondo e Sora e Roxas si mettono davanti a me, sbarrando le braccia.
“Se provi anche solo a toccarla, ti causerò un dolore che non puoi neanche immaginare.” Dice Roxas, calmo e deciso.
“Lo stesso vale per me.” Aggiunge Sora, infuriato.
Io arrossisco un po’, temendo il peggio, ma Demyx si limita a rispondere con un “vedremo” sarcastico.
Dopodichè schiocca le dita, e sia lui che le figure incappucciate svanisconon nel nulla.
Rimaniamo lì alcuni istanti, poi torniamo a casa.
Sora e Roxas mi accompagnano fino alla porta e si fermano.
“Sei sicura di star bene?” mi chiede Roxas, stringendomi una spalla.
Io sorrido un po’ malamente.
“Sì, tranquilli.Non mi fa certo paura un cretino come lui.” Rispondo.
Sora mi guarda preoccupato.
“Comunque sia, ne parliamo meglio domani. Ora vai a nanna!” mi ordina con un sorriso.
Io ricambio e do un bacio sulla guancia a tutti e due, poi apro la porta e, cercando di fare silenzio, mi rimetto la camicia da notte e mi fiondo in stanza.
Mia sorella non si è acorta di niente.
Sta ancora dormendo.
Guardo la sveglia elettronica accanto a lei: le due e mezza.
Mi chiedo se domani sera riusciremo a tornare così presto.

“Cosa voleva dire Demyx, ieri sera?” chiede Naminè, sollevando il capo dal suo album di disegni.
Lei, Kairi ed io siamo sedute a terra, fuori la palestra.
Sora e Riku sono dentro che si allenano, mentre Roxas è al club di astronomia (sì, lo so, tra tanti club che poteva scegliere è andato in quello più noioso…ma a lui piace, non posso farci niente.).
“Per me che stasera si rifarà vivo per combattere.” Dice Kairi, intrecciandosi i capelli,
Io sollevo lo sguardo dal mio cellulare ( se mia madre non smette di mandarmi e-mail ogni quindici minuti entro i prossimi due mesi giuro che vado a vivere da Roxas) e dico, pensierosa: “Ragazze, non sarà che Demyx e i suoi scagnozzi sono coloro che controllano gli Heartless?”
“Bè, potrebbe essere.” Ammette Naminè.
Kairi solleva un po’ il busto, e gli occhi le si illuminano per un attimo: “Questo vorrebbe dire che, se riuscissimo a sconfiggerli, potremmo finalmente tornare ad avere una vita normale?”
“Bè, se per ipotesi fossero davvero loro i padroni degli Heartless, sì, finalmente potremmo lasciare i Keyblade nella scatola dei ricordi.” Dico io, cancellando la mail in cui mia madre mi ricorda che tornando a casa devo comprare gli okonomyaki al ristorante della nonna di Naminè, visto che mia sorella ne ha avuto un’improvvisa voglia.
“Nam, al ritorno passo al ristorante di tua nonna, d’accordo?”
“Certo. Anzi, vengo anche io, è da parecchio che non la vedo.”
Quando escono, Sora e Riku sono sudati e ancora con la divisa della squadra.
Ma se Sora ha i capelli spettinati, la maglia sporca e le scarpe semi-distrutte, Riku sembra pronto per fare da modello a Tanaka Kikinzoku.
“Se Roxas non è ancora tornato, noi ci facciamo una doccia. Arriviamo tra un secondo.” Sorride Sora, e tutti e due si avviano verso gli spogliatoi.
Inconsciamente mi giro veso Kairi.
Non molla Sora con lo sguardo neanche un secondo.
Dio, che stress.
Se continua così, mi sa che la previsione di Roxas che io mi presenti al manicomio chiedendo di rinchiudermici dentro fino a che la mia vita sentimentale non si appresti a migliorare diventerà realtà.
Oh, se accadrà.

“Grazie per avermi accompagnata, Nami.”
“Oh, figurati. E poi mia nonna ti adora. A proposito, come mai hai dovuto comprarli così d’urgenza?” mi chiede lei, mentre ci allontaniamo dal negozio di okonomyaki.
Sorrido tenendo stretta la busta di plastica contenente la nostra cena.
“Mia sorella ha avuto una voglia improvvisa. Manco fosse incinta. Mamma e papà la stanno viziando palesemente, in queste ultime settimane. E’ che tra poco ha le gare internazionali di pianoforte a Kyoto.”
“Oh, non sapevo che partissi!” esclama Naminè, stupita.
Io mi metto a ridere: “Ma che partire e partire? Io rimango a casa da sola. Vuoi mettere? Quasi una settimana di assoluta libertà! Quest’anno le gare dureranno più degli altri anni, e visto che inzieranno di Venerdì, ho detto che i week-end dovrò studiare per il compito di Inglese.”
“Ed è vero?”
“Purtroppo sì.” Rispondo, con amarezza.
Camminiamo ancora, poi le nostre strade si dividono e dopo gli ultimi saluti torniamo ognuna a casa sua.
Non appena apro la porta, mi reco in cucina e poso gli okonomyaki sul tavolo e vado in salone.
“Lili, ho portato la cena! Mangiamo finchè sono caldi!”
Mia sorella alza gli occhi dalla rivista che sta leggendo pigramente.
“Ah, d’accordo. Grazie.” Dice, sollevandosi e correndo in cucina.
Mi affaccio sulle scale, chiamando mamma e papà, e dopo un minuto arrivano.
“Grazie per averci pensato tu, Mami.” Mi fa mia madre, versandomi un goccio di sakè per ringraziarmi.
“Di niente, figurati. La nonna di Naminè è stata così gentile. Mi ha detto di riferirti che ha aggiunto parecchie ricette sul menù. Dovresti passare, uno di questi giorni. E’ una donna così gradevole.” Osservo io, masticando un’alga.
Mia madre sorseggia il sakè: “Ci avevo già pensato, tranquilla. Domani dovrò passare da quelle parti.”
“Ah, ascolta tesoro” interviene papà, pulendosi le labbra unte con il tovagliolo “ credi che avrai bisogno di soldi mentre saremo via?”
“No, tranquilli. E, a proposito…” inizio io, con un tono di voce vago “mi chiedevo…potrei invitare Roxas a dormire qui, Venerdì?”
Tutti si girano a guardarmi, in silenzio e con gli occhi spalancati.
Mia sorella rimane con le bacchette in bocca, mio padre con il tovagliolo in mano.
Poi mia mamma sbotta a ridere in un modo alquanto irritante.
“Ohohoh!Tesoro, sapevo che prima o poi avresti capito che avevo ragione! Ma perché non ce lo hai detto subito?”
Io la fisso, terrorizzata.
So quello che sta pensando.
“Mamma…ma di che parli?” chiedo, premeditando la sua risposta, che infatti arriva senza problemi.
“Ma del fatto che tu e Koshimu-san vi siate messi insieme!”
Sputo con il naso il sakè che stavo sorseggiando, bagnando mia sorella che impreca.
“MAMMA! Quante volte devo dirtelo che io e Roxas siamo solo amici? A-M-I-C-I!!!” grido, fuori di me.
“Sì, sì va bene.” dice lei, sorridendo maliziosamente.
Io sbuffo e ingoio malamente l’ultimo boccone, poi mi alzo e passando per i lavandino sistemo il mio piatto nel lavello.
E’ incredibile quanto sia ostinata sotto questo punto di vista.
Per lei il concetto di amicizia tra i due sessi è inconcepibile. Ogni volta che parlo di Roxas o Sora, lei mi guarda con quei suoi occhi da adulta con dell’esperienza, che sembrano tenermi sotto controllo.
Con un secco ‘io sto al telefono, lasciatemi in pace’ lascio le loro facce allibite e salgo al pano di sopra; entro in camera, sbatto la porta, acchiappo il telefono ed esco sul tetto, raggiungibile dalla finestra.
Io e mia sorella ci andavamo spesso, sul tetto, quando eravamo piccole.
E’ una specie di rifugio che abbiamo imparato ad amare.
Mi siedo e guardo in silenzio la città.
Non che il panorama sia dei migliori, ma se alzo un po’ il capo posso raggiungere con lo suardo il centro di Shibuya, illuminato dalle insegne dei locali e animato dalle chiacchiere della gente e dal rumore delle discoteche, dove folle di ragazzi passano la serata tra balli e bibite alcoliche.
Il 109 si mostra in tutta la sua vivacità, e lui da solo potrebbe illuminare tutto il Giappone.
Le stelle splendono già nel cielo, e stasera c’è la luna, più bella e pallida che mai.
Sospiro, mentre un alito leggero di vento mi solletica le guance e si infila rapido tra i miei capelli, facendo di essi una bandiera che segue ogni minima sua carezza.
Rompo questo magico istante con il ricordo del motivo per cui ero salita fin quassù.
Senza perdere un attimo compongo un numero di telefono e lo porto all’orecchio.
Dall’altra parte, qualcuno solleva la cornetta.
“ Pronto?”
“Rox, sono io.”
“Mami, sai che a quest’ora io non ci sono per nessuno, vero? Stanno trasmettendo quel reality in tivù, lo sai bene.”
“Neanche se questo nessuno avesse un problema?”
Silenzio.
“Ok, che succede?
Lo sapevo. E’ fin troppo facile.
“Rox, mi sta prendendo un po’…come dire…la paura.”
“La paura? E di cosa?”
“Di quello che potrebbe succedere stasera. So che magari era solo una presa in giro, ma…”
”Ascoltami bene, Mami” mi interrompe lui, severo “se quel lurido maiale con i capelli alla Goku tagliati male prova anche solo a rivolgerti la parola, io e Sora sfoderiamo subito i keyblade e gli tagliamo la testa a cubetti come il ghiaccio. Ne abbiamo già parlato, e credimi se ti dico che non hai niente da temere.” Una pausa “e poi, anche Riku sarebbe contento di darti una mano.”
”Cosa? Riku?” chiedo, incredula “Scommetto che quello non vede l’ora di organizzare il mio funerale.”
Roxas ride “Credimi, non puoi mai sapere quello che gli passa per la testa. E poi ti risulta che io ti avrei detto una bugia?”
Sorrido.
“Certo che no, anche perché faresti la stessa fine di Dart Fenner a Star Wars.”
“Ehi, Dart Fenner era solo un incompreso.”
”Già, un incompreso che cercava di cambiare con la conqusta del mondo e la morte di tutti gli Jedi.”
Ridiamo tutti e due, come facevamo quando eravamo bambini e vedevamo Sora che cercava di fare amicizia con le bambine più carine, senza successo.
“Grazie, Roxy. Mi fa bene parlare con te. Ti voglio bene.”
“Anche io ti voglio bene, disastro. Ci vediamo più tardi, allora?”
”Contaci.”
E chiudiamo la conversazione.
Poso il telefono accanto a me e mi sdraio, restando con gli occhi fissi sul cielo.

TA-DAAAAN! Ecco, ho finito anche il secondo chappy… uao, che sudata! Sono stanca morta, ma penso ne sia valsa la pena, o almeno spero. Insomma, finalemnte il mistero è stato svelato! I nostri amici sono niente di meno che…dei supereroi! Ebbene sì, è un’idea stupida, pazza e insensata, ma penso che rispecchi il mio essere, quindi va bene così.
Per quanto riguarda la ficcy in sé…volevo che Mami fosse una ragazza normale, con i soliti problemi che hanno tutti i sedicenni del mondo! Ma volevo anche che accanto a lei ci fosse Roxas. Ecco, la loro amcizia è una delle cose a cui dedico più attenzione quando scrivo: insieme volevo che creassero una specie di legame fraterno, che però non ricada nel campo sentimentale. Si vogliono bene, ma non stanno insieme. Ed è una cosa che amo, sì! Mentre con Sora…bè, con Sora è semplicemente un disastro, ma del resto l’amore non è mai semplice, no?
Per quanto riguarda le recensioni, ringrazio coloro che hanno commentato, e spero che lo facciano anche in seguito! Per coloro invece che magari hanno solo letto la mia storia…andiamoooo, lasciatemi un commentino! Cosa vi costa scrivermi ‘la tua fan-fiction è bella’ o ‘questa fanfiction non mi è piaciuta”? Perciò su, commentatemi, fatevi sentire ^___^!!!
Continuate a seguirmi, please! *ABBRACCIO*
   
 
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