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Autore: TonyCocchi    16/06/2013    2 recensioni
Morire dopo aver vissuto una vita sbagliata, andandosene col pensiero che neppure andarsene sia valso a qualcosa. Un destino troppo crudele quanto immeritato per colei che, in fin dei conti, non aveva nulla se non un innocente, dolce sogno.
[SPOILER!Capitolo 335]
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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ft ultear

Il buio dopo la morte è morbido e soffocante.

Come una coperta di piume che ti avvolge troppo stretta, come una coltre di nebbia che ti fa da bozzolo, in cui galleggi e puoi pensare, e pensare, per  l’eternità.

E capire che non v’è supplizio peggiore per quelli come lei, quelli che se ne vanno come si era spenta lei.

 

“La mia vita… Tutta la mia vita…”

 

Galleggiava. Occhi chiusi o aperti era indifferente, non c’era nulla, se non il suo infinito rimuginare.

 

“Tutta sbagliata. Ho vissuto soffrendo e facendo soffrire. Tutto ciò che ho desiderato non si è mai realizzato. Nemmeno morire è servito a niente. Ma allora ho vissuto? Sono valsa a qualcosa?”

 

Non riusciva a capire se stesse piangendo. Se le lacrime lì fossero senza calore o se semplicemente non si potesse sentire affatto alcunché. E allora tutto diventava la sua mente, e i propri rimpianti l’unica compagnia.

 

“Volevo tornare indietro. Ho sempre guardato indietro, per tutta la vita, senza mai pensare a quello che il presente e il futuro potessero darmi. E ora eccomi qui. Il mio presente si è esaurito, ed ora guardarmi alle spalle è l’unica cosa che mi resta.”

 

Era d’accordo. Non c’era punizione migliore. Compreso ciò, si abbandonò ancora di più in quel bozzolo senza fine.

 

 

“Ma cosa dici?”

 

 

La sua prima percezione all’in fuori di lei fu quella voce. Distante, senza alcun timbro, come essenze stesse di parole che le fluivano direttamente nella mente e per tutto il corpo, senza passare dalle orecchie.

 

“Solo perché  avresti fallito ogni cosa, come dici tu, la tua vita sarebbe stata un fallimento? Ciò che sei stata, ciò che hai desiderato, gli sforzi che hai fatto, non contano niente? Non è così che funziona, sai.”

 

Non perse tempo a farsi domande sulla natura delle voci che vieni a sentire quando sei già dall’altra parte, ma volle provare comunque a rispondere.

 

La anticipò: “Stai per dirmi che accetti la tua “punizione” come è giusto che sia?”

 

Qualcosa di simile.

 

“Secondo me invece meriti altro.” –fece la voce, lasciando percepire in essa un fievole, lontano, discordante tocco di sorriso.

 

“Che cosa?” –domandò Ultear- “Non sono riuscita a riscattarmi in alcun modo.”

 

“Se vuoi pensarla così fa pure. Però, dopo una vita trascorsa a cercare inutilmente di afferrare ciò che avevi dietro, perché non provi una volta tanto, ora che di vita non ne hai più, a guardare davanti?”

 

La fluttuante e confusa anima rivolse poco dopo la sua candida risposta: “Dove… Dov’è il davanti?”

 

Non c’era nessun punto di riferimento lì, era come galleggiare senza sosta in un aria sciatta, immobile, senza profumo, calore o freschezza. Un niente.

L’unico “qualcosa” era quella voce.

 

“Beh, che aspetti?” –fece l’etereo eco, ora come davanti un bimbo da incoraggiare- “Guarda avanti!”

 

Dov’era il davanti? Cosa c’era davanti?

L’unica cosa che poteva fare, l’unico nord che poteva trovare, era quel suono.

Quando udì nuovamente la voce, lasciò che la guidasse, come una carezza sotto il mento che indica dove devi guardare.

 

 

Ultear tornò a sentire.

Avvertì ancora calore e frescura. Sotto il naso scorsero in un istante tutti i profumi sentiti in una vita. Guardò la nebbia diventare lentamente candida come fiocchi di cotone attorno a lei. E si guardò indietro un’ultima volta, nel ricordare e riconoscere quell’energia che adesso le scorreva dentro, la stessa che aveva alcuni anni prima, poco oltre la soglia dell’adolescenza; più giovane, come le proprie mani che aveva preso incredula a fissare.

 

“Ehi, che diamine!” –fece la voce di prima, la voce di una donna- “Ti vuoi decidere a guardare avanti?”

 

E quando Ultear finalmente alzò gli occhi, non le restò davvero altro.

Non le restò che correre, e stringerla forte a sé.

 

 

 

La fic che avete appena letto è stata ispirata da questa dolcissima fanart ^__^ >>>

http://tonycocchi.deviantart.com/art/A-Faint-Dream-377925947

 

Ora, partendo da una dovuta critica all’autore, che è del tutto incapace di mantenere la suspance e non riesce a tenere i suoi personaggi morti per più di un solo capitolo (diciamolo, certe volte può fare scelte migliori…), la morte di Ultear mi ha messo su una grande tristezza.

Nessuno dovrebbe morire credendo di non essere serviti a niente, sarebbe troppo triste… ç__ç
Ecco perché ho voluto dedicarle questa mia storia, che spero vi abbia commosso, ma anche un po’ rallegrato: sono sicuro che alla fine ha meritato di poter rivedere sua madre e stare con lei per sempre.


Quindi anche voi, non lasciatevi mai abbattere, non guardate sempre ai vostri errori. Date sempre il meglio, agite sempre per il bene, e quando sarà il momento, una giusta ricompensa ci sarà ^__^

 

Alla prossima!

 

PS: GAZILLE X LEVI ORA E SEMPRE!

  
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