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Autore: Darth Harion    01/01/2008    3 recensioni
Siamo molto indietro nel Tempo. In uno dei periodi di Massimo Splendore dell'Ordine dei Jedi. Quando la Forza richiese un Nuovo Campione...
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Yoda
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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The Jedi Code

The Jedi Code

 

Questa storia appartiene ad un periodo di Grandezza…

Uno dei periodi di Massimo Splendore per l’Ordine dei Jedi.

 

Molte generazioni prima dell’Avvento dell’Impero Galattico,

Grandi Conflitti smossero la Galassia.

 

Eterne Vie per Innominabili Poteri,

vennero scosse dal loro letargico riposo,

risvegliando il più Terrificante dei Flagelli della Vecchia Repubblica.

 

Storie di Sofferenza si intrecciarono quei giorni,

ma di una sola voglio parlarvi…

 

Perché il Passato non deve essere dimenticato!

Chi è morto per Amore, deve essere ricordato!

 

Capitolo 1: “There is no Emotion…”

 

Oramai era perduta…

Era solo colpa sua…

Si era lasciata travolgere dalla fretta.

Lei, era la Neo-Cavaliere Raytini Selandil.

Era la sua prima missione dopo aver ricevuto il Cavalierato.

Per poter arrivare in tempo su Kuat, per tutelare una firma che avrebbe garantito la cessata violenza di un intera lega di Non-Umani presente sul pianeta contro le discriminazioni razziali, era partita da Fresia, all’altro capo del Nucleo Galattico, decidendo di tagliare attraverso il Nucleo Profondo…

Era una trappola.

La densità delle Stelle presenti in quella zona era troppo alta, creando curvature gravitazionali estremamente forti.

A metà strada circa, venne sfiorata da una di queste curvature, costretta ad abbandonare l’Iperspazio immediatamente.

I motori Super-Luce del suo caccia, ora erano inservibili.

Bloccata in mezzo al nulla, senza un porto da raggiungere, senza i motori per arrivarci e senza nemmeno dei sistemi di comunicazione, bloccati dalle pesanti interferenze elettromagnetiche provocate dalle stelle vicine.

Ora dormiva, rassegnatasi a morire di stenti all’interno del suo caccia, coi motori  Sub-Luce attivi.

La testa reclinata da un lato, i due lunghi lekku da Twi’Lek che le scendevano dolcemente dalla testa glabra sopra le spalle, la pelle cobalto che tradiva una certa immaturità e l’espressione che, anche nel sonno, mostrava tutta la sua sottomissione a quel destino amaro.

Si svegliò lentamente, oramai non c’era più niente di cui avere fretta.

Ciò che vide, le fece balzare il cuore in gola!

Una stella pallida splendeva relativamente poco lontana da lei!

Un pianeta con due Lune orbitanti una intorno all’altra, bianco di neve, orbitava distante e lento.

I motori dovevano averla fatta avvicinare durante il sonno!

Aumentò la potenza, si avvicinò al limitare dell’atmosfera,

Scese con cautela, in mezzo ad un bosco di conifere , aprendo l’abitacolo e proteggendosi col saio dall’aria immobile ma gelida del posto.

“Grazie alla Forza…”

Si strinse in se stessa, cercando di scaldarsi, recuperando la Fede che stava per abbandonare nella disperazione.

“… mi è stata concessa la possibilità di vivere, nonostante i miei errori.”

Era ovvio, che non sarebbe mai più tornata indietro.

Quella era la punizione per la sua arroganza che l’aveva spinta ad attraversare il Nucleo Profondo…

Cominciò a camminare, curiosa di scoprire come era costituito il Pianeta che, d’ora in avanti, avrebbe dovuto imparare a chiamare casa.

 

Selandil si chiese se la Forza non volesse qualcosa di particolare da lei.

Ciò che vide, era semplicemente incredibile!

Il Pianeta non era disabitato!

Si era sviluppata una forma di vita intelligente!

Erano dei canidi, dal pelo lungo, le fattezze lupesche, parlanti una lingua che ricordava curiosamente una versione profondamente dialettale della sua lingua madre.

Il loro sviluppo tecnologico era a livello di tipo Medioevale.

Cose che si leggevano solo nei più lontani scritti di storia; quando gli stessi pianeti avevano diverse nazioni in lotta tra loro!

Case rustiche, in pietra, legno e paglia, si ammassavano in un ristretto centro abitato: con taglialegna che abbattevano alberi con rudimentali scuri in metallo, fabbri a torso nudo che stavano appresso a fucine roventi, armati di martello, guanti, molle e vasche d’acqua fredda, cacciatori che tornavano con magri bottini e  le balestre in spalla, soldati corazzati in pesanti armature, le spade bastarde nei foderi e mantelli rossi e oro impolverati di neve.

Si addentrò silenziosamente nella viva cittadina, nascondendosi dagli occhi dei popolani.

Il Centro Città, era di antica eleganza!

Una struttura in marmi bianchi e neri, che fungeva da Centro Civico, una grande e splendida Cattedrale, con doccioni a Gargoyle, un Castello da dove provenivano suoni festivi ed odore di cibo…

Selandil non mangiava da oltre un due giorni…

Non intendeva però rubare già il primo giorno di permanenza in quel luogo…

Avrebbe cercato di fare le cose onestamente.

Si rifugiò silenziosamente nella Cattedrale, cercando di sfuggire al freddo che le penetrava nelle profondità delle ossa.

 

Era buio…

Il freddo era mitigato da torce da muro, ma il buio serpeggiava fin sotto di esse.

Un fascio di luce entrava da un apertura nel soffitto, cadendo su una figura legata ad un palo, sopra ad un piano rialzato che Selandil non riusciva a vedere chiaramente.

Il tutto luccicava, come se fosse stato bagnato.

Ma non certamente dalla fioca neve che scendeva dal grosso lucernario.

Un drappello di canidi si avvicinò a capo chino, con in testa una snella cagna a pelo bianco, avvolta da una toga di tessuto leggero, nonostante il gelo di quel luogo.

In mano aveva una torcia, tenuta alta per illuminare la via, con la quale guidava in gruppo.

Si avvicinarono alla figura legata, poi la femmina si voltò, e cominciò a parlare in quella lingua così simile per pronuncia al Twi’leki.

-Noi dobbiamo difenderci dai Chapar’Kain! La loro corruzione deve essere purgata!

Filkanir la Misericordiosa, nostra creatrice, ci ha messi in guardia dal rovina da loro causata!-

Era enfatica, ogni parola la pronunciava con maggior convincimento ed energia della precedente.

-Loro sono la piaga della nostra Nobile specie! E quindi, come ogni piaga, noi la guariremo col fuoco!!-

Lanciò la torcia verso la figura legata…

L’olio balsamico che l’avvolgeva, s’incendiò all’istante…

Un urlo d’agonia, sovrastò perfino il fragore delle fiamme.

Una sagoma si dimenava nella vampa rossastra, le cui parti si separavano da essa sotto forma di fumo o avanzi cinerei cadenti.

Selandil si nascose, Cercando di non ascoltare quelle urla orrende, ed un altrettanto tremendo fetore di carne e pelo bruciati.

-Rendiamo grazie a Madre Filkanir! Creatrice di Diamadia, nostra terra natale! Colei che per dare alla luce creature dal Nobile Sangue procreò con il Grande Lupo! Gioite per la purificazione della nostra razza da coloro nelle cui arterie scorre il sangue del Demonio! I Chapar’Kain verranno distrutti, e noi godremo di questa Terra opulenta senza più temere che essa venga devastata e consumata dall’Eresia di chi ha rubato il potere alla Grande Madre!-

In preda al disgusto ed al terrore, Selandil scappò dalla Cattedrale.

Una tradizione brutale e sanguinaria come quella del rogo, aveva sempre creduto che fosse  solo una storia arcaica tramandata per spaventare i bambini!

Doveva controllarsi, la Paura è la Via per il Lato Oscuro.

Per quanto fosse difficile, doveva ricordarsi che non ci sono Emozioni.

Scappò via, vino ad una collina, dove il vento soffiava silente.

Cominciò a desiderare di dover morire di stenti nel suo caccia.

Si appoggiò ad una roccia alta, un obelisco, cercando di smaltire il ribrezzo per ciò a cui aveva assistito.

Qualcosa

C’era qualcosa nell’aria!

- Chapar’Kain!-

Qualcuno lo aveva urlato nella sua direzione!

Attivò la Spada Laser, la cui lama azzurra tagliò l’aria davanti a se.

Si voltò nella direzione della voce, e vide un grosso lupo nero, abbigliato con una toga in stile Jedi, ma nera.

Portava in spalla una Falce enorme,  completamente di un metallo opaco e duro, dalla lama appositamente irregolare, alta due volte lui.

-Non so cosa sia, un Chapar’Kain, ma ti assicuro che io non lo sono!-

Il Lupo rispose con una voce da oltretomba –Tu se una Chapar’Kain, bizzarra creatura! Anche io lo sono!

Noi ci riconosciamo.-

Selandil non capì quello che stava dicendo.

-Nel mio corpo scorre la vita del Diavolo! E ciò mi consente di individuare creature della stessa mia blasfemia! Hai osato profanare la Pietra Melodica, il nostro faro per le anime dei morti, con la tua presenza! Per ripagare a tale affronto, dovrai purificare questa terra dal Sangue Corrotto! Se vuoi che Madre Filkanir abbia pietà di te, tagliati la gola ed invoca la sua Misericordia!-

Raytini Selandil decise di spiegare tutto dall’inizio.

-Io sono la Cavaliere Jedi Selandil Raytini. Vengo in pace. Ho naufragato dalle Stelle, ed ora non so come tornare indietro.-

L’altro sembrò calmarsi.

-Una straniera venuta delle Stelle? Quelli che conoscono le Stregonerie per far volare il metallo?-

-Ehm… sì… si può dire così.-

-Il mio nome è Kal Miron. Sono un dei pochi Chapar’Kain risparmiati. Ho avuto il compito di proteggere la Pietra Melodica dalla profanazione dei miei simili.-

Selandil, ora calmata, percepì nuovamente quel qualcosa…

Era Kal Miron!

Quello che aveva sentito era il Potere che quel lupo aveva nella Forza!

Un Fiume in piena, d’Acqua e Ghiaccio.

-Io non voglio essere di disturbo.- fu Selandil spegnendo la spada –Voglio solo vivere senza fare danni a nessuno. Se ho sbagliato qualcosa, voglio poter riparare, possibilmente senza dover morire.-

Kal Miron si sistemò la Falce in spalla –Pochi sono gli stranieri venuti dalle Stelle in questo posto. L’ultima volta è stata quando ero molto giovane, quaranta stagioni fa.- poggiò l’arma in terra, usandola come bastone -Se non sai come tornare, so dov’è nascosto l’ultimo di questi carri d’acciaio, ma dovrai aiutarmi.-

La Jedi non riuscì a crederci!

Una possibilità di tornare?

Era sicura: la Forza voleva qualcosa da lei!

Seguì Miron, tenendosi comunque a debita distanza da lui, e dalla sua enorme arma.

Venne condotta fino ad un abitazione terribilmente austera ne i pressi dell’obelisco chiamato “Pietra Melodica”.

L’interno della minuscola dimora era occupato solo da un tavolo, un letto,  un focolare, un armadio a muro ed un leggio con sopra un voluminoso libro, con sistemati sotto alcuni strumenti: un pugnale a lama ondulata, uno flagello, un cilicio, oli balsamici e delle candele.

Kal sistemò la falce vicino al camino, ed appese le vesti nell’armadio, poi si diresse verso il letto sfatto.

Vi prese un fagottino, che scomparve nelle grosse braccia.

Si avvicinò a Selandil, mostrando ciò che era avvolto nelle morbide spire del caldo panno…

Era un cucciolo, dagli occhi ancora chiusi, il pelo niveo, che si ciucciava un dito sonnecchiando.

Era impressionante!

Il Potere nella Forza che dimostrava quell’esserino era perfino più grande di quello di Selandil e Kal messi assieme!

-Anche lui è un Chapar’Kain. Lo hanno consegnato alla mia porta due giorni fa.  Se riuscirai ad andartene da Diamadia, devi giurarmi che lo porterai con te.-

“Anche lui unChapar’Kain’?” formulò Selandil “Io, lui, ed il cucciolo lo siamo?”

 La risposta venne come una folgore

 

“I ‘Chapar’Kain’ sono i Sensibili alla Forza!”

 

-Quando ero ragazzo, venni riconosciuto come Chapar’Kain. Ma quando la scure che doveva tagliarmi la testa calo su di me, si ruppe.

Ciò venne riconosciuto come un segno, da allora vivo nell’ascetismo, dedicando la mia esistenza alla distruzione dei miei simili.

Ma non ci riesco ad uccidere questo cucciolo… ne ho il coraggio di portarlo in Città, dove probabilmente verrebbe sospeso sopra i carboni ardenti!

Diamadia deve essere purgata da noi!

Troppi si sono lasciati avvelenare l’animo dal Potere di modificare la Realtà che abbiamo; scatenando massacri che quasi hanno sterminato la nostra Nobile razza.

Ma non ce la faccio con questo cucciolo… e allo stesso tempo il suo Vigore è troppo per non essere considerato un rischio! Se lo allontanerò da Diamadia, potrò conservare la sicurezza del nostro mondo e a salvarlo al tempo stesso.-

Selandil capì perché la Forza l’aveva fatta atterrare su quel pianeta!

Doveva portare con se quel cuccioletto Estremamente Potente!

-Se potrò fuggire, ti assicuro che porterò con me il piccolo.-

 

Quasi una settimana ci volle alla Jedi per riparare la vecchia navetta pirata, che conservava dati di andata e ritorno di diverse visite su quel pianeta.

Si era schiantato per via di un guasto ai sistemi anti-inerziali, che dovette sostituire con quelli del suo caccia Jedi.

Il giorno della partenza arrivò!

Si diresse verso la casa di Kal Miron; lo trovò seduto alla tavola, intento ad allattare il piccolino con un sacchetto di cuoio forato contenente del latte.

-Kal, la nave è pronta, io posso partire anche subito.-

Kal la guardò, poi guardò il cucciolo: leccava con golosità il latte tiepido di muntura ancora spumante di panna, gli unghiolini che si aggrappavano alla sacca stillante, cercando di avvicinarla…

Lasciò che finisse il latte, poi assicurò la copertina che lo avvolgeva, indossò il mantello, e lo protesse dal freddo anche con quello.

Uscì fuori, seguendo Raytini con passo lento, stringendo l’infante al petto.

Raggiunta la nave, attese che la Jedi salisse, poi, guardò per l’ultima volta la creaturina bianca dagli occhi ancora chiusi.

Sarebbero diventati grigi come i suoi?

Negò mentalmente, il suo voto gli prevedeva la castità.

Porse con lentezza il fagotto alla Jedi, che lo prese con delicatezza.

Raytini fece per addentrarsi nella navetta, ma si fermo quando vide la zampa pelosa di Kal avvicinarsi al piccolo, tentennare, ma poi, accarezzarne la testa comunque.

-Non ti preoccupare, noi Jedi lo addestreremo per farlo diventare giusto e corretto. Userà il suo grande potere per fare del bene: è una promessa.-

La navetta partì, lasciando Kal da solo, come lo era sempre stato…

 

Tornato a casa, il Lupide si portò davanti al leggio, scelse una pagina di preghiere, che lesse con attenzione.

Finita la pagina, si tolse il mantello, la camicia, i calzoni e la biancheria, rimanendo nudo.

Prese il cilicio, la catena uncinata, e la strinse al massimo attorno alla coscia sinistra, facendo stillare il sangue.

Prese il flagello, si baciò l’indice e lo portò alla fronte.

“Per aver salvato due Chapar’Kain, io castigo la mia carne, per espiare al mio peccato.”

Strinse il pugno sinistro, si fece forza…

… poi sferzò col flagello , da sotto il braccio, sulla schiena pelosa.

Il colpo fu così forte da stenderlo quasi per terra.

Si rialzò a stento, per menare un altro colpo, più forte del primo…

I durissimi nodi del cuoio, lacerarono la carne.

Si colpì ancora, e ancora, e ancora…

… e ancora…

 

… ancora…

 

… ancora…

 

 

… ancora…

 

 

 

Raytini Selandil, ora viaggiava nell’Iperspazio.

Destinazione Coruscant.

Avrebbe portato il cuccioletto davanti all’Alto Consiglio, per chiedere di poterlo addestrare.

“Hai bisogno di un nome, piccolino…”

Quello che aveva in mente, era ciò che aveva già sentito più volte.

“Avrai lo stesso di come ti chiamavano su Diamadia, il tuo Mondo Natale…

E poggiandogli un dito sulla fronte, con la Benedizione della Forza, lo battezzò

 

“Kain.”

  
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