The Jedi Code
Questa storia appartiene ad
un periodo di Grandezza…
Uno dei periodi di Massimo
Splendore per l’Ordine dei Jedi.
Molte generazioni prima dell’Avvento dell’Impero Galattico,
Grandi Conflitti smossero
Eterne Vie per Innominabili
Poteri,
vennero scosse dal loro letargico
riposo,
risvegliando il più Terrificante dei
Flagelli della Vecchia Repubblica.
Storie di Sofferenza si
intrecciarono quei giorni,
ma di una sola voglio
parlarvi…
Perché il Passato non deve
essere dimenticato!
Chi è morto per Amore, deve
essere ricordato!
Capitolo
1: “There is no Emotion…”
Oramai
era perduta…
Era solo colpa sua…
Si era lasciata travolgere
dalla fretta.
Lei, era
Era la sua prima missione
dopo aver ricevuto il Cavalierato.
Per poter arrivare in tempo
su Kuat, per tutelare una firma che avrebbe garantito la cessata violenza di un intera lega di Non-Umani presente sul pianeta contro le
discriminazioni razziali, era partita da Fresia, all’altro capo del Nucleo
Galattico, decidendo di tagliare attraverso il Nucleo Profondo…
Era una trappola.
La densità delle Stelle
presenti in quella zona era troppo alta, creando curvature gravitazionali
estremamente forti.
A metà strada circa, venne
sfiorata da una di queste curvature, costretta ad abbandonare l’Iperspazio
immediatamente.
I motori Super-Luce del suo caccia, ora erano inservibili.
Bloccata in mezzo al nulla,
senza un porto da raggiungere, senza i motori per arrivarci e senza nemmeno dei
sistemi di comunicazione, bloccati dalle pesanti interferenze elettromagnetiche
provocate dalle stelle vicine.
Ora dormiva, rassegnatasi a
morire di stenti all’interno del suo caccia, coi motori Sub-Luce attivi.
La testa reclinata da un
lato, i due lunghi lekku da Twi’Lek che le scendevano dolcemente dalla testa
glabra sopra le spalle, la pelle cobalto che tradiva
una certa immaturità e l’espressione che, anche nel sonno, mostrava tutta la
sua sottomissione a quel destino amaro.
Si svegliò lentamente, oramai
non c’era più niente di cui avere fretta.
Ciò che vide, le fece balzare
il cuore in gola!
Una stella pallida splendeva
relativamente poco lontana da lei!
Un pianeta con due Lune orbitanti
una intorno all’altra, bianco di neve, orbitava distante e lento.
I motori dovevano averla fatta
avvicinare durante il sonno!
Aumentò la potenza, si
avvicinò al limitare dell’atmosfera,
Scese con cautela, in mezzo
ad un bosco di conifere , aprendo l’abitacolo e
proteggendosi col saio dall’aria immobile ma gelida del posto.
“Grazie alla Forza…”
Si strinse in se stessa,
cercando di scaldarsi, recuperando
“… mi è stata concessa la possibilità di vivere,
nonostante i miei errori.”
Era ovvio, che non sarebbe
mai più tornata indietro.
Quella era la punizione per
la sua arroganza che l’aveva spinta ad attraversare il Nucleo Profondo…
Cominciò a camminare, curiosa
di scoprire come era costituito il Pianeta che, d’ora in avanti, avrebbe dovuto
imparare a chiamare casa.
Selandil si chiese se
Ciò che vide, era
semplicemente incredibile!
Il Pianeta non era
disabitato!
Si era sviluppata una forma
di vita intelligente!
Erano dei canidi, dal pelo
lungo, le fattezze lupesche, parlanti una lingua che ricordava curiosamente una
versione profondamente dialettale della sua lingua madre.
Il loro sviluppo tecnologico era
a livello di tipo Medioevale.
Cose che si leggevano solo
nei più lontani scritti di storia; quando gli stessi pianeti avevano diverse
nazioni in lotta tra loro!
Case rustiche, in pietra,
legno e paglia, si ammassavano in un ristretto centro abitato: con taglialegna
che abbattevano alberi con rudimentali scuri in metallo, fabbri a torso nudo
che stavano appresso a fucine roventi, armati di martello, guanti, molle e
vasche d’acqua fredda, cacciatori che tornavano con magri bottini e le balestre in
spalla, soldati corazzati in pesanti armature, le spade bastarde nei foderi e
mantelli rossi e oro impolverati di neve.
Si addentrò silenziosamente
nella viva cittadina, nascondendosi dagli occhi dei popolani.
Il Centro Città, era di
antica eleganza!
Una struttura in marmi
bianchi e neri, che fungeva da Centro Civico, una grande e splendida
Cattedrale, con doccioni a Gargoyle, un Castello da
dove provenivano suoni festivi ed odore di cibo…
Selandil non mangiava da
oltre un due giorni…
Non intendeva però rubare già
il primo giorno di permanenza in quel luogo…
Avrebbe cercato di fare le
cose onestamente.
Si rifugiò silenziosamente
nella Cattedrale, cercando di sfuggire al freddo che le penetrava nelle
profondità delle ossa.
Era buio…
Il freddo era mitigato da
torce da muro, ma il buio serpeggiava fin sotto di esse.
Un fascio di luce entrava da un apertura nel soffitto, cadendo su una figura legata ad un
palo, sopra ad un piano rialzato che Selandil non riusciva a vedere
chiaramente.
Il tutto luccicava, come se
fosse stato bagnato.
Ma non certamente dalla fioca
neve che scendeva dal grosso lucernario.
Un drappello di canidi si
avvicinò a capo chino, con in testa una snella cagna a
pelo bianco, avvolta da una toga di tessuto leggero, nonostante il gelo di quel
luogo.
In mano aveva una torcia, tenuta
alta per illuminare la via, con la quale guidava in gruppo.
Si avvicinarono alla figura
legata, poi la femmina si voltò, e cominciò a parlare in quella lingua così
simile per pronuncia al Twi’leki.
-Noi dobbiamo difenderci dai
Chapar’Kain! La loro corruzione deve essere purgata!
Filkanir
Era enfatica, ogni parola la
pronunciava con maggior convincimento ed energia della precedente.
-Loro sono la piaga della
nostra Nobile specie! E quindi, come ogni piaga, noi la guariremo col fuoco!!-
Lanciò la torcia verso la
figura legata…
L’olio balsamico che
l’avvolgeva, s’incendiò all’istante…
Un urlo d’agonia, sovrastò
perfino il fragore delle fiamme.
Una sagoma si dimenava nella
vampa rossastra, le cui parti si separavano da essa sotto forma di fumo o
avanzi cinerei cadenti.
Selandil si nascose, Cercando
di non ascoltare quelle urla orrende, ed un altrettanto tremendo fetore di
carne e pelo bruciati.
-Rendiamo grazie a Madre
Filkanir! Creatrice di Diamadia, nostra terra natale! Colei che per dare alla
luce creature dal Nobile Sangue procreò con il Grande Lupo! Gioite per la
purificazione della nostra razza da coloro nelle cui arterie scorre il sangue
del Demonio! I Chapar’Kain verranno
distrutti, e noi godremo di questa Terra opulenta senza più temere che essa
venga devastata e consumata dall’Eresia di chi ha rubato il potere alla Grande
Madre!-
In preda al disgusto ed al
terrore, Selandil scappò dalla Cattedrale.
Una tradizione brutale e
sanguinaria come quella del rogo, aveva sempre creduto che fosse solo una storia
arcaica tramandata per spaventare i bambini!
Doveva controllarsi,
Per quanto fosse difficile,
doveva ricordarsi che non ci sono Emozioni.
Scappò via, vino ad una
collina, dove il vento soffiava silente.
Cominciò a desiderare di
dover morire di stenti nel suo caccia.
Si appoggiò ad una roccia
alta, un obelisco, cercando di smaltire il ribrezzo per ciò a cui aveva
assistito.
Qualcosa…
C’era qualcosa nell’aria!
- Chapar’Kain!-
Qualcuno lo aveva urlato
nella sua direzione!
Attivò
Si voltò nella direzione
della voce, e vide un grosso lupo nero, abbigliato con una toga in stile Jedi, ma nera.
Portava in spalla una Falce
enorme, completamente
di un metallo opaco e duro, dalla lama appositamente irregolare, alta due volte
lui.
-Non so cosa sia, un Chapar’Kain, ma ti assicuro che io non
lo sono!-
Il Lupo rispose con una voce
da oltretomba –Tu se una Chapar’Kain,
bizzarra creatura! Anche io lo sono!
Noi ci riconosciamo.-
Selandil non capì quello che
stava dicendo.
-Nel mio corpo scorre la vita
del Diavolo! E ciò mi consente di individuare creature della stessa mia
blasfemia! Hai osato profanare
Raytini Selandil decise di
spiegare tutto dall’inizio.
-Io sono
L’altro sembrò calmarsi.
-Una straniera venuta delle
Stelle? Quelli che conoscono le Stregonerie per far volare il metallo?-
-Ehm… sì… si può dire così.-
-Il mio nome è Kal Miron. Sono
un dei pochi Chapar’Kain risparmiati.
Ho avuto il compito di proteggere
Selandil, ora calmata,
percepì nuovamente quel qualcosa…
Era Kal Miron!
Quello che aveva sentito era
il Potere che quel lupo aveva nella Forza!
Un Fiume in piena, d’Acqua e
Ghiaccio.
-Io non voglio essere di
disturbo.- fu Selandil spegnendo la spada –Voglio solo vivere senza fare danni
a nessuno. Se ho sbagliato qualcosa, voglio poter riparare, possibilmente senza
dover morire.-
Kal Miron si sistemò
Una possibilità di tornare?
Era sicura:
Seguì Miron, tenendosi
comunque a debita distanza da lui, e dalla sua enorme arma.
Venne condotta fino ad un abitazione terribilmente austera ne i pressi
dell’obelisco chiamato “Pietra Melodica”.
L’interno della minuscola
dimora era occupato solo da un tavolo, un letto, un focolare, un armadio a muro ed un
leggio con sopra un voluminoso libro, con sistemati sotto alcuni strumenti: un
pugnale a lama ondulata, uno flagello, un cilicio, oli balsamici e delle
candele.
Kal sistemò la falce vicino
al camino, ed appese le vesti nell’armadio, poi si diresse verso il letto
sfatto.
Vi prese un fagottino, che
scomparve nelle grosse braccia.
Si avvicinò a Selandil,
mostrando ciò che era avvolto nelle morbide spire del caldo panno…
Era un cucciolo, dagli occhi
ancora chiusi, il pelo niveo, che si ciucciava un dito sonnecchiando.
Era impressionante!
Il Potere nella Forza che
dimostrava quell’esserino era perfino più grande di quello di Selandil e Kal
messi assieme!
-Anche lui è un Chapar’Kain. Lo hanno consegnato alla
mia porta due giorni fa. Se riuscirai ad
andartene da Diamadia, devi giurarmi che lo porterai con te.-
“Anche lui un ‘Chapar’Kain’?” formulò Selandil “Io,
lui, ed il cucciolo lo siamo?”
La risposta venne come una folgore
“I ‘Chapar’Kain’ sono i
Sensibili alla Forza!”
-Quando ero ragazzo, venni
riconosciuto come Chapar’Kain. Ma
quando la scure che doveva tagliarmi la testa calo su di me, si ruppe.
Ciò venne riconosciuto come
un segno, da allora vivo nell’ascetismo, dedicando la mia esistenza alla
distruzione dei miei simili.
Ma non ci riesco ad uccidere
questo cucciolo… ne ho il coraggio di portarlo in Città, dove probabilmente
verrebbe sospeso sopra i carboni ardenti!
Diamadia deve essere purgata
da noi!
Troppi si sono lasciati
avvelenare l’animo dal Potere di modificare
Ma non ce la faccio con
questo cucciolo… e allo stesso tempo il suo Vigore è troppo per non essere
considerato un rischio! Se lo allontanerò da Diamadia, potrò conservare la
sicurezza del nostro mondo e a salvarlo al tempo stesso.-
Selandil capì perché
Doveva portare con se quel
cuccioletto Estremamente Potente!
-Se potrò fuggire, ti
assicuro che porterò con me il piccolo.-
Quasi una settimana ci volle
alla Jedi per riparare la vecchia navetta pirata, che conservava dati di andata
e ritorno di diverse visite su quel pianeta.
Si era schiantato per via di
un guasto ai sistemi anti-inerziali, che dovette sostituire con quelli del suo
caccia Jedi.
Il giorno della partenza arrivò!
Si diresse verso la casa di
Kal Miron; lo trovò seduto alla tavola, intento ad allattare il piccolino con
un sacchetto di cuoio forato contenente del latte.
-Kal, la nave è pronta, io
posso partire anche subito.-
Kal la guardò, poi guardò il
cucciolo: leccava con golosità il latte tiepido di muntura ancora spumante di
panna, gli unghiolini che si aggrappavano alla sacca stillante, cercando di
avvicinarla…
Lasciò che finisse il latte,
poi assicurò la copertina che lo avvolgeva, indossò il mantello, e lo protesse
dal freddo anche con quello.
Uscì fuori, seguendo Raytini
con passo lento, stringendo l’infante al petto.
Raggiunta la nave, attese che
Sarebbero diventati grigi
come i suoi?
Negò mentalmente, il suo voto
gli prevedeva la castità.
Porse con lentezza il fagotto
alla Jedi, che lo prese con delicatezza.
Raytini fece per addentrarsi
nella navetta, ma si fermo quando vide la zampa pelosa di Kal avvicinarsi al
piccolo, tentennare, ma poi, accarezzarne la testa comunque.
-Non ti preoccupare, noi Jedi
lo addestreremo per farlo diventare giusto e corretto. Userà il suo grande
potere per fare del bene: è una promessa.-
La navetta partì, lasciando
Kal da solo, come lo era sempre stato…
Tornato a casa, il Lupide si
portò davanti al leggio, scelse una pagina di preghiere, che lesse con
attenzione.
Finita la pagina, si tolse il
mantello, la camicia, i calzoni e la biancheria, rimanendo nudo.
Prese il cilicio, la catena
uncinata, e la strinse al massimo attorno alla coscia sinistra, facendo
stillare il sangue.
Prese il flagello, si baciò
l’indice e lo portò alla fronte.
“Per aver salvato due Chapar’Kain, io castigo la mia
carne, per espiare al mio peccato.”
Strinse il pugno sinistro, si
fece forza…
… poi sferzò col flagello , da sotto il braccio, sulla schiena pelosa.
Il colpo fu così forte da
stenderlo quasi per terra.
Si rialzò a stento, per
menare un altro colpo, più forte del primo…
I durissimi nodi del cuoio,
lacerarono la carne.
Si colpì ancora, e ancora, e
ancora…
… e ancora…
… ancora…
… ancora…
… ancora…
Raytini Selandil, ora
viaggiava nell’Iperspazio.
Destinazione Coruscant.
Avrebbe portato il
cuccioletto davanti all’Alto Consiglio, per chiedere di poterlo addestrare.
“Hai bisogno di un nome, piccolino…”
Quello che aveva in mente,
era ciò che aveva già sentito più volte.
“Avrai lo stesso di come ti chiamavano su Diamadia, il
tuo Mondo Natale…”
E poggiandogli un dito sulla
fronte, con
“Kain.”