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Autore: pandas_and_stones    17/06/2013    2 recensioni
Ci sono tantissimi tipi di prigioni in questo mondo. Esistono quelle fatte di edifici, quelle fatte di regole, alcune sono fatte d'amore, qualcuna di ferro. Ma le peggiori in assoluto sono quelle costituite dalla paura. Perchè da quelle non si esce, no, neanche con l'aiuto dello scassinatore più abile dell'universo. E allora che si fa? Molti restano imprigionati lì dentro per moltissimo tempo, solitamente per tutta la vita.
Succede però- è davvero raro- di trovare la chiave per uscire da quelle celle. E quando succede, be', si diventa liberi.
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ashton, Irwin, Calum, Hood, Luke, Hemmings, Michael, Cliffors, Nuovo, personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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 "I don't know who you are, but I'm, I'm with you"








                                                                                              Laila’s Pov
 
-Si pregano i passeggeri del volo G24 per l’aeroporto Stansted, Londra, di recarsi all’apposito gate- Mentre la voce metallica ripeté le stesse parole una seconda volta, mi chinai per buttarmi in spalla il mio zaino, deformato dalla moltitudine di oggetti che conteneva.
-Ne hai approfittato pienamente, eh?- guardai Helga negli occhi, e non potei fare a meno di lasciare uscire una lacrima dai mei. Aveva il classico sorriso ricco di malinconia, quello che esprime tutto, fuorché felicità. Il sorriso rassegnato di chi ha capito che non c’è più niente da provare, perché ormai le cose stanno andando in modo diverso da come avrebbero voluto.
-Dai- mi disse- non piangere, o ricomincio anche io- In tutta risposta mi fiondai su di lei, stringendola come mai ebbi fatto.
-Tu sei la migliore sorella del mondo- le sussurrai all’orecchio.
-Lo so- sorrisi- E adesso va, o rischierai di perdere il volo, e noi non vogliamo questo, giusto?- mi distaccai dal suo corpo, e scuotendo la testa un po’ meno veemente di come facevo solitamente al sentire quella domanda,  mi allontanai, lasciandomi dietro la mia Berlino, la mia famiglia, la mia vita.



                                                                                     Sam’s Pov


Io odio questo lavoro. Odio il modo in cui mi devo vestire. Odio il modo in cui devo tenere i capelli. Odio i clienti. Odio il fatto di avere bisogno di soldi.
-Ehi tu, cameriera! Dove cazzo è la mia vodka?! Te l’ho chiesta cinque minuti fa, stronza!- Mi voltai di scatto, solo per vedere che Bert era già completamente ubriaco e con un occhio nero.
-Ho appena iniziato il mio turno Bert, l’avrai chiesto a Stacy-
-Che cazzo me ne fotte? Che cazzo mi cambia? Fa’ il tuo fottutissimo lavoro, puttana!- Sorrisi: oggi era di buon umore. Solitamente accompagnava frasi del genere con una pacca sul mio culo e disgustosi sghignazzi, mentre compiaciuto della sua bravata dava gomitate ai suoi compagni. Era il classico ometto di mezz’età che dopo aver finito di lavorare alle 6, al posto di tornare a casa dalla moglie, si recava al pub per ubriacarsi con i colleghi di lavoro.
-Scusi?- un ragazzo su per giù della mia età, completamente avvolto in una giacca a vento blu notte, mi fissava dallo stipite della porta di ingresso. Mi avvicinai, sorriso finto stampato sulle labbra e mani incrociate sotto al petto.
-Salve, potrebbe essere tanto gentile da dirmi come posso arrivare ad– diede uno sguardo fugace al fogliettino stropicciato che precedentemente teneva in pugno- mm.. Avon road?- con un leggero scatto della testa scostò il cappuccio dal volto, rivelando dei meravigliosi occhi castani, che mi fissavano incerti. Mi ci volle un po’ per realizzare ciò che mi aveva chiesto, cosa che portò le mie guance a riscaldarsi sgradevolmente. Odio la mia timidezza.
-C-certo! Deve semplicemente percorrere verso destra tutta la strada e poi arriverà ad una stazione di bus. Mi sembra che prendendo il 21 arriverà all’incrocio tra la Avon e la Mornington- gli sorrisi, e lui ricambiò. E io lo mandai mentalmente a fanculo perché quel sorriso era letteralmente perfetto.
-Grazie mille-
-Non c’è di che-
E giuro, giuro, che restammo a fissarci per quello che potrebbe definirsi una brevissima eternità.
Poi si voltò, lasciandomi lì a fissarlo come una totale idiota, e mi sorprese perfino a farlo, quando si girò per salutarmi. Io non ricambiai il saluto, semplicemente girai sui tacchi e ritornai al mio lavoro, maledicendomi per l’enorme figuraccia che avevo appena fatto.
                 
  
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