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Autore: White Dreamer    17/06/2013    9 recensioni
"Sei impazzito? Parla piano". Sbirciò oltre la parete. "Potrebbe sentirci"
"Di che stai parlando otouto?"
[...]
Mettendo le mani a coppa gli sibilò nell'orecchio. "Dell' Uomo Nero nii san". "CHI?".
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Itachi, Sasuke Uchiha
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Prima dell'inizio
- Questa storia fa parte della serie 'Di Uchiha e domande scomode'
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Disclaimer: I personaggi non mi appartengono e non scrivo a scopo di lucro




Itachi camminava in punta di piedi, per non svegliare la casa addormentata.
Aprì la porta della sua camera con infinito sollievo e guardò con sguardo adorante il letto.
Dopo dieci giorni che hai come giaciglio nuda terra, la vista di un materasso ti fa brillare gli occhi.
Era provato sia fisicamente che psicologicamente. In quella settimana aveva dormito si e no tre ore per notte.
Necessitava di un lungo riposo ristoratore.





La voce preoccupata di Sasuke lo svegliò malamente.
“Nii san, oh meno male che sei tornato. Svegliati, svegliati presto!”.
Lo percosse selvaggiamente. Mugolò, aprendo una palpebra “Otouto spero che tu abbia…”.
Non lo fece finire. Gli agguantò una mano da sotto il piumone e lo trascinò fuori, con una forza del tutto fuori dal comune per un bambino di sei anni.
“Presto, devi venire con me”. Era angosciato, si vedeva. Alzò un sopracciglio ancora mezzo addormentato, magari era qualcosa di serio.
Conoscendolo poteva solo cominciare a preoccuparsi.
 
Munendosi di pazienza seguì il fratello che continuava a tirargli il braccio. Percorsero il corridoio e prima di raggiungere la cucina il bambino si fermò. Lo vide acquattarsi nell’angolo, invitandolo a fare altrettanto.
Prese a massaggiarsi le tempie, sospirando. “Otouto, sono stanco. Dimmi perché siamo qui, così poi me ne posso tornare a dormire”.
Sasuke si pietrificò.
Le manine afferrarono improvvisamente le sue.

Sussurò “Sei impazzito? Parla piano”. Sbirciò oltre la parete. La cucina era lievemente illuminata. La luce lunare entrava dalle finestre e uno dei rubinetti perdeva, producendo un leggero ticchettio. “Potrebbe sentirci”.
Kami dammi la forza. “Di che stai parlando Sasuke?”. Si stava ghiacciando i piedi. Perché non si era messo le ciabatte?
Il bambino si attaccò alla sua vita, guardandolo nervoso “Perché non me ne hai parlato nii san?”.
Sbuffò, non comprendendo quale bizzarra paranoia infantile stesse infliggendo il fratello. “Dirti cosa?”
Lo sentì bisbigliare “Lo sai. Di Lui”. Prese a gesticolare. “Dobbiamo fermarlo nii san, o sarà troppo tardi”.
Inspirò lentamente, ricordandosi che Sasuke era la persona più preziosa che avesse al mondo. Sarebbe stato poco coerente mollarlo lì su due piedi. 
“Non capisco otouto”.
Lo vide guardarsi intorno circospetto facendogli segno di abbassarsi. Mettendo le mani a coppa gli sibilò nell’orecchio. “Dell’ Uomo Nero nii san”.
“CHI?”.

Il bimbo gli mise una mano sulla bocca, guardandolo tagliente “Shhh, vuoi farci mangiare per caso? Che hai in quella testa”.
Lui che aveva in testa? Semmai era il contrario. Era lì a morire di sonno, perché un marmocchio era in piena nevrosi infantile compulsiva?
“Bisogna fare attenzione, è in grado di rapirti prima che tu possa accorgertene.
Tirò fuori dalla tasca del pigiama un kunai giocattolo. Lo impugnò con aria cospiratoria. “E’ da tre giorni che sono appostato qui. Possiamo farcela nii san. L’ho intravisto ieri sai? Deve aver rubato dei pomodori dal frigo, perché stamattina non ce n’erano. Bisogna eliminarlo”.

Si passò una mano tra i capelli, mezzo sconvolto “Chi è che te ne ha parlato?”.
Il ranocchietto strinse il gingillo al petto. “E stato papà. Rapisce i bambini che non finiscono le minestre di verdura”.
Oh, splendido! Suo padre aveva traumatizzato il suo secondogenito con storie fantascientifiche e terroristiche.
Era stravolto e gli stava venendo un crampo alla gamba.
Quella situazione era semplicemente assurda. “Ti posso assicurare che non esiste nessun Uomo Piero”.
“Nero”.
Sbuffò. “Fa lo stesso”.  Si girò di 180 gradi e prese a camminare. “Io me ne torno a letto”.

Il fratello non sembrava dello stesso avviso. “Cos…che fai?” Gli si piantò davanti. “E degl’altri che mi dici?”.
Sarebbe stata una lunga notte. Sconsolato gli fece cenno di continuare.
Sempre a bassa voce disse “I mostri che lavorano per lui, sai”. Continuò con tono cattedratico. “Quelli che vivono sotto i letti. Oh loro non guardano in faccia nessuno. Ti portano via anche se hai mangiato pesce e broccoli per tutta la settimana”.

Lui se ne andava in missione e al suo ritorno trovava un fratello con la testa piena di mostri assassini e uomini incappucciati.
Cercò di essere il più chiaro possibile. “Sono solo sciocchezze. Non devi credere a tutto quello che dice papà”. Gli scompigliò i capelli. “Vai a dormire”. E il bimbo nicchiò, incerto.
Quando s’incamminò verso la camera da letto, Sasuke gli trotterellò al fianco. “Che stai facendo di grazia?”.
Lo sorpassò di qualche metro. “Non sono d’accordo, solo perché a te non è successo, non vuol dire che a me non potrebbe capitare”.
L’Uchiha sospirò, seccato. “Puoi credermi. Sono quelle cose che gli adulti dicono ai figli per semplificarsi la vita”.
Lo vide grattarsi il mento. “Meglio non rischiare”. Si piantò davanti alla porta. “Oggi dormo con te”.
Non ascoltò neanche la sua opinione in merito. Aprì l’uscio e in pochi secondi caracollò sul letto “Sono arrivato prima io, perciò prendo il cuscino!”.

Mugolò, rassegnato. Spesso si chiedeva come quel microbo riuscisse ad averla vinta ogni volta. Lui, un Anbu della squadra assassina, che si faceva mettere sotto da un marmocchio. Ogni volta.
 Borbottando frasi sconnesse si stese sul materasso, al suo fianco. “Voglio dormire otouto, perciò fai il bravo e non muoverti come una biscia”.
Annuì , sorridendo sereno. “Sto fermo, promesso”.
Ora che erano tutte e due sotto le coperte, il clandestino si attaccò come un koala al suo collo. Non poté fare a meno di abbracciarlo a sua volta, respirando il profumo dei suoi capelli.
Le palpebre si fecero pesanti. Finalmente poteva riprendere il suo sonno ristoratore.
Stava quasi per entrare nel mondo di Morfeo, quando Sasuke gli tirò una manica della maglietta.

“E della cicogna che mi dici?”.
 






Angolo Autrice
Eccomi qui. Di nuovo.
Questa shot è stata ispirata da fatti realmente accaduti – se così si può dire.
Quando non volevo mangiare la minestra mia madre mi parlava davvero dell’Uomo Nero. Per me era il più cattivo di tutti. Più infido persino di Crudelia.
Iiiih, che paura!
  
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