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Autore: akira99    17/06/2013    0 recensioni
dopo aver incrociato il suo sguardo immergendomi nei suoi occhi celesti come il cielo non lo conoscevo ma una lacrima di dolore che mi rigò il viso non so perché delineò in quel momento la mia guancia. Perché doveva mancarmi uno sconosciuto? perché dovevo stare male per lui?
Ma io lo sapevo quel respiro lo conoscevo quelle braccia mi avevano stretto facendomi capire cos'è l'amore.
Mi chiamo Hailey e questa è la storia di un amore che va oltre i confini della Terra, lontano da tutti perfino dall'immaginazione.
Lotterò per questo amore impossibile fin quando l'ultimo battito cesserà e l'ultima goccia del mio puro sangue verrà versata per vederlo per stare con lui .
Genere: Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1- l'aspetto angelico ma lo sguardo oscuro



 
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Aprii gli occhi e scrutai con lo sguardo la finestra attraversata da una luce solare forte e splendente, era una delle tante mattine di fine marzo ed era molto tardi poiché erano ancora le 7.45 e secondo le regole scolaresche della mia noiosa scuola qui a Vancouver alle 8.00 iniziavano le lezioni. Mi chiamo Hailey sono sempre stata una grande dormigliona, ho una vita spensierata e felice, mi piace lo sport, infatti, ogni pomeriggio se il tempo è uno dei migliori, infilo dei leghins le scarpe da ginnastica pronta per correre e praticare un po’ di stretching. Spalancai la porta con violenza e cominciai a correre verso la scuola situata prima del boschetto in cui passo del tempo da sola, amo riflettere tra il profumo del muschio con le cuffiette tra le orecchie con musica a tutto volume. Arrivata in classe con aria felice ed allegra, pronta per una dura mattinata di noia. A scuola non sono tra le più brave, ma nemmeno tra le peggiori, studio regolarmente e nel tempo libero scrivo e scrivo  tanto, io amo scrivere e disegnare è come se riuscissi ad esprimere me stessa su quel foglio. Ringrazio carta e penna per avermi sempre sostenuto, anche se inanimate, durante un litigio quando sola in quella stanza tra tante lacrime l’unica cosa che posso fare è scrivere e a quel punto mentre la penna scivola sul foglio di carta, tutto il dolore va via insieme all’inchiostro rimanendo intrappolata tra le righe seguita da una dolce sensazione di sollievo.
La professoressa di matematica continuava a scrivere sulla lavagna, ma da qualche giorno che soffro di forti giramenti di testa e mancanza di forza. Il gesso sullo sfondo nero sembrava tremare e ogni movimento della mano sembrava un’eternità, avevo la nausea e gli occhi erano appannati nonostante sono quasi un genio in matematica quella mattina quei numeri e parole bianche sulla lavagna sembravano arabo. Cercai lo sguardo di Jessica che dopo il litigio con sua madre era diventata fredda come il ghiaccio e dura come una pietra ma sembrava molto distratta e immersa nei suoi pensieri, nonostante fossimo unite, non capivo a cosa era dovuta la sua eccessiva tristezza, allora lasciai perdere poggiando successivamente la testa sul banco.
 
Quelle cinque ore sembrarono un’eternità a causa dei ripetuti dolori e per mia grandissima fortuna nessun professore o professoressa ha puntato il mio nome sul registro chiamandomi alla cattedra. Avevo tanto bisogno di distrarmi allora cercai Jessica tra tutti, l’avrei aspettata fuori. Uscii dalla classe con le braccia tremolanti incrociate a un quaderno di biologia del secondo anno si superiori e con la pancia brontolante m’incamminai verso il primo albero, il più grande, il maestoso ‘’SOAZ’’ (così lo chiamavamo da piccola.) Aspettai ferma con lo zaino sui piedi, le braccia incrociate e le spalle appoggiate al ruvido tronco. Da lontano vidi una sagoma piccola quanto un chicco di grano ingrandirsi gradualmente. Era Jessica. Le mie braccia si sciolsero in un abbraccio, sentivo le sue mani circondarmi con tanto affetto, l’affetto di un’amica vera, la mia unica migliore amica.
<< Hey >> mi salutò
< < Come va con tua madre? > > domandai
< < Sempre peggio, te? E’ da tanto che non ci vediamo e devo raccontarti una marea di cose> > disse accarezzandomi dolcemente il viso.
< < già eppure non succede niente da queste parti, nulla di emozionante> > aggiunsi sbuffando.
< < Come? Non lo hai sentito dire?> > domandò
< > chiesi con aria incuriosita
< < C’è un nuovo ragazzo qui alla Jonson school, si dice che sia un tipo interessante tutte le ragazze gli cadono ai piedi come se fosse un prodigio> >m’informò.
< < Dalla descrizione è proprio il tipo di ragazzo che odio, chi fa soffrire 1000 ragazze alla volta. > > dissi alzando in mento leggermente puntando lo sguardo verso il cielo nuvoloso.
<< Chissà, se il ragazzo giusto arriverà anche per me>> dissi finendo l’argomento del ragazzo misterioso.
Quello che desideravo era solo un amico, un ragazzo che mi abbracciasse dandomi forza e coraggio, non sogno chi è perfetto che si possa vedere solo nei film qualcuno di semplice ma importante.
<< Se non fossi così acida potresti avere tutta la scuola dietro.. ma … come dici tu- il ragazzo giusto lo riconoscerò- e poi spiegami come fai a riconoscerlo se allontani tutti!>> esclamò. Quella frase più che un consiglio lo vidi come un rimprovero come quando una mamma dice a sua figlia di non macchiarsi o di non mettere le mani in bocca sporche e dopo la bambina impaurita, dispiaciuta incomincia a piangere, ma io non piansi al contrario, come sempre anche se ciò me lo ripeteva sempre ogni volta da un orecchio mi entrava e dall’altro mi usciva immediatamente
<> domandai ridacchiando e facendo finta che ciò mi aveva detto prima non l’avevo nemmeno sentito facendogli capire che non m’importava e che io ero così, mi piace stare sola e non cambierò.
<< Ehm forse.credo…. quasi. >> balbettò evitando il mio sguardo
<< Forza dici non ti mangio, lo sai che puoi contare su di me>> la incoraggiai.
<< L’ho trovato >> affermò ma non finì di parlare che all’improvviso una voce che esclamava il suo nome fece in modo che lei fu costretta ad allontanarsi salutandomi correndo e senza farmi aggiungere nulla.
L’aveva trovato? Cosa? Anzi chi? Chi poteva avergli rubato il cuore?
Rimasi sola contemplando il vento freddo che mi scompigliava i capelli.
M’incamminai verso il buio bosco, non l’avevo mai fatto prima ma da qualche tempo pensavo che una passeggiata tra me e mi avrebbe fatto più bene che male, volevo rilassarmi nonostante fossi così spensierata e felice, con lo zaino sulle spalle camminai vagante nel bosco, sentivo i rametti spezzarsi sotto i miei piedi e gli animali spostarsi tra i cespugli.
Da lontano vidi un albero alto e robusto con una chioma grande piena di verde, uno degli alberi più belli, l’albero perfetto per un riposino in riflessione con se stessi. Lanciai lo zaino facendolo cadere violentemente a terra mi misi seduta sotto l’ombra in una posizione comoda e confortevole, estrassi dalla mia tasca l’IPHODE con le cuffiette.
La musica era l’ideale, trovo conforto in essa, amo le canzoni che in qualche modo parlano di me come se capissero cosa provo confortandomi magicamente senza spiegazioni ne uccidendoti con un giudizio. Chiusi gli occhi lasciandomi catturare dal sonno che venne interrotto da un pensiero, anzi una preoccupazione. Come stava Jessica? Cosa gli era successo ancora con la mamma? Soffriva? Sentivo dentro me un’onda di malinconia avvolgermi, dato il malumore decisi di lasciarmi trasportare dai pensieri addormentandomi  in un sonno profondo e rilassante.
 
 
La punta del naso incominciò ad essere fredda e pizzicava, mi svegliai e quando strofinai le dita su di esso notai che era tutto bagnato, alzai lo sguardo ed un tuono mi fece saltare in piedi. Pioveva molto forte. Presi lo zaino e incomincia correre, il mio sguardo si fece disperato quando mi accorsi che quel fastidioso mal di testa tornò, non ne sapevo le cause di questo fenomeno che mi attaccava da un periodo, però questa volta pensai che fosse dovuta  alla stanchezza per lo sforzo e il digiuno. Non mi ricordavo dove andare, avevo paura. Giravo invano.
Non avevo mangiato nulla e per il grande sforzo le gambe incominciarono a tremare ripetevo a me stessa che dovevo resistere almeno fino al termine del buio bosco. Ad un certo punto sentii le ginocchia piegarsi ed il respiro mozzarsi. Stavo cadendo e d’istinto chiusi gli occhi, ma non sentii il bagnato della terra sotto i palmi delle mani, ne l’impatto con il terreno, sentivo di essere sospesa in aria e qualcosa mi stringeva. Aprii gli occhi con delicatezza e vidi un bel ragazzo che mi circondava con le sue braccia muscolose, aveva il cappuccio della felpa celeste poggiato sul capo e i vestiti completamene bagnati.
Non riuscivo a distaccare gli occhi dai suoi occhi: erano così celesti e brillanti, così vivi, qualcosa di irreale, non capivo cosa succedeva, non dissi niente e rimanemmo così per qualche secondo.
<< Stai attenta stupida bambina>> disse in tono freddo lasciando la presa
<< Gr..az…>> balbettai con le palpebre spalancate ancora immersa nei suoi meravigliosi occhi
<< In questo stato posso solo dirti che, secondo me sei ancora una bambina non devi giocare nel bosco da sola>> mi provocò spingendomi dolcemente sotto un albero che non faceva filtrare l’acqua, per non farmi bagnare.
Per via del cappuccio e lo sguardo basso non riuscivo bene ad identificare la faccia, ma sembrava un tipo scontroso e freddo, proprio come me quando qualcuno si avvicina troppo. Mi sembrava anomalo il fatto che per istinto non l’ho allontanai aggredendolo come facevo con ogni singola persona.
<< Chi sei?Ti conosco?>> domandai senza dar retta a cosa aveva detto precedentemente
<< Nessuno che ti riguarda>> rispose girando le spalle e incamminandosi verso un lato del bosco
<< Aspetta!>> esclamai ad alta voce.
Lui  si fermò senza girarsi stringendo i pugni in segno di dolore, in qualche modo avevo capito che qualcosa gli costringeva di andar via, in qualche modo lo volevo accanto a me, in qualche modo volevo che restasse.
<< Aspetta!>> esclamai prima che iniziasse a  camminare e lui senza voltarsi ascoltò
<< Dov’è l’uscita?>> chiesi disperata, ma con dolcezza come un cucciolo che aveva bisogno di aiuto, in quel momento mi potevo paragonare ad una piccola  bambina come aveva detto in precedenza.
<< Lì!>>disse indicando un punto alla mia destra senza mai guardare
<< Comunque grazie>> dissi dolcemente.
A mio dispiacere lui fece finta di non sentire e continuò a correre senza fermarsi, scomparendo nel buio. Corsi a casa completamente bagnata e confusa, le gambe tremavano ancora, ma la cosa più strana fu una lacrima di dolore che mi rigò il viso non so perché delineò in quel momento la mia guancia. Perché doveva mancarmi uno sconosciuto? perché dovevo stare male per lui?
Del resto è solo un qualunque ragazzo scontroso- pensai e tutti quei pensieri come per magia svanirono quando varcai la porta di casa, aprendo la porta mia mamma accorse con lo sguardo disperato
<< Cosa ti è successo?>> domandò preoccupata mentre con la mano sulla bocca mi squadrava dalla testa ai piedi.
<< Niente>> la rassicurai.
Mi portò un asciugamano, del ricambio e incominciò a parlare non so di cosa, non l’ascoltavo, stavo ancora pensando a quel ragazzo nel bosco. I suoi  occhi, il suoi respiro simile a quello di un angelo, ma lo sguardo e gli atteggiamenti oscuri, mi attirava mi mancava stranamente.
Dopo una lunga doccia presi i panni ancora bagnati di pioggia in mano pronta per lavarli, ma prima di immergerli li avvicinai al viso toccando il tessuto con la punta del naso. Ispirai e per un secondo sentii di nuovo il muschio, chiusi gli occhi e nella mia mente riuscii a rivivere quei momenti, stupidi ma che mia avevano colpito al tal punto da farmi piangere. Quante paura, gioia, tristezza in quei attimi che avevo passato ma il rumore dell’acqua quasi all’orlo fece svegliare ero in piedi davanti una bacinella piena d’acqua con i vestiti impregnati di acqua tra le mani, ma lui non c’era.
Prima di dormire decisi di distrarmi navigando su internet, cercai su facebook tra amici di amici il suo nome, la sua faccia i suoi occhi, ma senza risultati. Si stava facendo tardi e dispiaciuta per il fallimento nella mia riuscita mi alzai camminando e barcollando verso il letto cadendoci a peso morto sopra. Il pigiama colorato mi riscaldava e alzando la testa vidi sul muro la mi bacheca di polistirolo con tutte le mie foto del mio scorso compleanno con Jessica. La pensai un’ultima volta sperando che per lei tutto si sarebbe aggiustato. All’improvviso l’Iphone squillò avvertendomi dell’arrivo del messaggio. Era proprio lei.
La luce del cellulare era talmente forte che socchiusi gli occhi e lessi il messaggio
‘’Sto  bene ora sono davvero felice’’
Sorrisi e mi rilassai poggiando il telefono sul comodino affianco al letto. Quel messaggio mi aveva rallegrata e scivolando i ricordi di quel ragazzo misterioso nella mia stanza buia, sola mi addormentai. 

  
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