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Autore: yellowcrocs    18/06/2013    5 recensioni
Boom, boom. Crash.
Spezzato, spaccato, inciso. Per sempre.
Fractus, rotto.
Un po' come te, George, non trovi?
-
Maledici tutte le cose che ti stanno attorno, perché sono state create anche da lui.
Maledici il negozio che avete aperto insieme, nel quale speravate di invecchiare, nel quale respiravate il futuro, il vostro.
Maledici tutta quella gente anonima là fuori, lo fai perché loro non sanno.
Non sanno assolutamente niente, e credono di aver sofferto.
Maledici tutto questo accidenti di mondo, George, lo maledici da diciannove dannatissimi anni, e nessuno ti sente.
Continui a gridare, ma la tua voce è sparita con lui.
Genere: Angst, Drammatico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Fred, Weasley, George, e, Fred, Weasley, George, Weasley
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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YELLOW CROCS
Parti insani editati all'una e mezza di notte.
Non devo spiegarvi nulla, davvero! Domenica ho incontrato Guglielmo Scilla (willwoosh) dopo cinque anni, e sono impazzita. Troppi feels.
Ringrazio tutte le ragazze che stanno seguendo la mia long Shesbitt, siete meravigliose.
Vi lascio alla lettura e confido in una vostra recensione, positiva o meno.
Sempre sempre sempre vostra,
Budds.

Titolo: Fractus.  (è una parola latina, significa "rotto". Capirete leggendo il perché)
Rating: Giallo (come il mio cuscino).
Genere: Angst, drammatico, slice of life.
Personaggi: George Wealsey, Fred Weasley.
Contesto: 19 anni dopo.
Pairing: / amore fraterno.
Avvertimenti: What if?.

NdA: Lo scritto è stato prodotto e pubblicato in una notte. L'autrice è consapevole dei propri problemi mentali.
Sono presenti citazioni di JK Rowling.

Lee, perché è la beta più meravigliosa che potessi trovare. (sai dove ti mando, cara)
Sun, per il titolo e altre cose riguardanti Spider-man.
Ovviamente ad Agnese. Preparati alla maratona di HP, cuginetta.





Fractus



Il cielo di Diagon Alley è tinto di rosso, colore familiare e tremendamente vicino.
Le pietre consumate sulle strade si incupiscono, i negozi chiudono, i bambini rientrano a casa, i mariti abbracciano le mogli dopo una giornata pesante di lavoro. Gli uccelli smettono per qualche minuto di cantare, le nonne iniziano a cucire maglioni pesanti per la nuova stagione, e il Sole con il suo sorriso rossastro si congeda alle persone, lasciandole ammutolite.
Nulla disturba la quiete. Tutto va bene.

Boom, boom. Crash.

I passanti si girano, curiosi e intimoriti.
Guardano l’insegna dei Tiri Vispi sbiadita. Le serrande della porta e delle finestre sono quasi chiuse, e lasciano vedere squarci di negozio. I pupazzi accatastati, scatole su scatole di nuove invenzioni, una scalinata al centro del negozio. Sul momento, nessuno capisce. I cappelli premuti sulla testa, i giacchetti stretti un po’ di più sulle spalle, e via verso il camino di casa.

Boom, boom. Crash.

Non sono onomatopee, no. Queste parole non descrivono suoni. Né ora, né prima. Descrivono cose che neanche lui saprebbe spiegare.

Boom, boom. Crash.

Colpisci, andiamo. Non c’è nessuno. Più forte, ragazzo. Anzi, uomo.
Perché non sei più un ragazzo preso dalla vita e dai suoi divertimenti, oh no, non ti diverti più, in coppia, a creare finte bacchette, bizzarri intrugli, dolcetti particolari. Adesso sei un uomo, se così possiamo definirti.
Cosa sei senza amore, George? Cosa sei? Nulla.
Un uomo senza amore non è nient’altro che un corpo.
Una botte piena d’aria, un abbraccio dato al niente, un incantesimo non riuscito, un crollo non udito, una parola non detta.
Peggio di un bacio di un Dissennatore.
Peggio di centinaia di pugnalate al cuore.
Peggio di essere solo.
Peggio, peggio, peggio e basta.
 
Boom, boom. Crash.

Lo spettro d’una risata, in un frammento di specchio, ti ricorda un’immagine.
No, quello non eri tu, era l’altro.
Lui era lo spettro d’una risata, perché  lui, adesso, è solo uno spettro. E lo sai bene. Tu, George, sei solo lo spettro d’un pianto. Il vuoto lasciato da una vita che t’apparteneva fino al crollo d’un muro, lacrime che ti corrodono il volto,  miste a sangue, disperazione, morte, incubi. Lacrime secche, tristi cicatrici a testimoniare la morte che senti intorno alla tua degenere anima, ma che mai ti tocca.
E capisci che lui ha sofferto molto meno di te.

Boom, boom. Crash.

E non te ne sei reso conto.

Boom, boom. Crash.

Quanto tempo è passato?
Da quanto tempo sei diventato uno spettro, George?
Da quanto tempo hai smesso di vivere?
 

19 years. All was well.

 
Boom, boom. Crash.

No che non andava tutto bene. Per niente.
E li vedi, sui volti di ognuno. Li vedi solcare le guance e stendere la pelle.
Sorrisi.
Eccoli là. Schernitori, perché ogni sorriso è un Avada Kedavra per te, George.
Non capisci, non li capisci.
Ma loro, i tuoi amici, i tuoi familiari, ancora sorridono, vivono la loro vita normalmente, e non te ne capaciti.
Perché loro sono capaci di andare avanti?
Non capisci ancora, dopo tutto questo tempo, nonostante gli sforzi. Eppure sai che non hanno dimenticato assolutamente niente. Stesse immagini, diverse angolazioni. Stop.

Boom, boom. Crash.

Ma accidenti, come fanno a stare bene?
Non alzi la testa dal suo ricordo e dalla sua ombra.
Tu non alzi la testa dalla sua, George.
Non l’hai alzata quando il suo corpo morto era disteso davanti a te.
Non l’hai alzata al suo funerale, perché eri in ginocchio davanti a lui, a piangere come mai avevi fatto. Non l’hai alzata quando sei tornato alla Tana, la tua casa, immersa nel silenzio più totale.
Non alzi la testa da diciannove anni, George. E ogni volta che ci provi ti pieghi ancora di più.

Boom, boom. Crash.

Schianti, frammenti, esplosioni, vetri spaccati.
Maledici tutti quegli specchi che lui aveva voluto mettere, quelli che ti fanno sembrare il corpo deformato, i lineamenti esagerati. Quelli che semplicemente ti fanno vedere lui. Perché voi eravate uguali. Due gocce d’acqua, identici fino all’ultima lentiggine. Per un anno con un orecchio in meno, devi ammetterlo. Ora le lentiggini sono quasi sparite, hanno lasciato lo spazio alle cicatrici di lacrime taglienti come rasoi, che arrivano dagli occhi al cuore, all’anima.

Boom, boom. Crash.

Maledici tutte le cose che ti stanno attorno, perché sono state create anche da lui. Maledici il negozio che avete aperto insieme, nel quale speravate di invecchiare, nel quale respiravate il futuro, il vostro. Maledici tutta quella gente anonima là fuori, lo fai perché loro non sanno.
Non sanno assolutamente niente, e credono di aver sofferto.
Maledici tutto questo accidenti di mondo, George, lo maledici da diciannove dannatissimi anni, e nessuno ti sente.
Continui a gridare, ma la tua voce è sparita con lui.

Boom, boom, crash.

La tua bacchetta non è mai sembrata più crudele di adesso. Continua a sparare getti rabbiosi, che distruggono, vaporizzano, consumano, deformano. Prendi a calci le cose, e dimentichi il dolore sulla tempia sinistra, che come quel giorno ha preso a sanguinare. Tutto cambia, ruota, si sfuoca, apri gli occhi e continui a vedere, a vederti, sul fondo più buio del baratro.
Apri gli occhi e ti sembra tutto così uguale, così fermo, così banale. Niente vetri rotti, niente cartoni pieni di giochi, niente silenzio, niente sorrisi. Sei solo.
Lo sei da diciannove anni e lo realizzi solo adesso.
Il rumore di una scala in pezzi, poi finalmente, vedi. Apri gli occhi per l’ennesima volta in diciannove anni e scorgi l’ennesimo specchio soffocato da vecchie coperte. E’ grande, abbracciato da una sporca cornice dorata. Con un movimento brusco della bacchetta getti i teli lontano, e ricordi.
L’avevate chiamato Specchio Riflettente, non perché avesse una mente propria, ma perché ogni incantesimo che gli si scagliasse contro, tornava indietro.
Stessa forza, stessa mira, stesso danno.

Boom, boom. Crash.

Ti avvicini e tocchi il vetro. E’ liscio e macchiato dal tempo, ma l’aspetto è regale, in mezzo alla penombra del negozio semidistrutto. Un’idea ti balena per la testa. Dapprima malsana, poi realizzi che è il prezzo un po’ alto da pagare per la felicità.

Boom, boom. Crash.

Se prima i muri assorbivano le tue urla strozzate, adesso ammirano il tuo silenzio.
I tuoi occhi risplendono, George, e capisci che sai cosa fare.
Ti alzi, lentamente, e ancora accarezzi il vetro. Osservi la tua immagine, neutro.
I pantaloni sono macchiati di polvere, li scuoti un poco e finisci con il fissare le scarpe. Quella sinistra è slacciata, come quando eri un ragazzetto, ma decidi di lascarla così com’è.
Alzi la testa dopo diciannove anni, senza problemi. Niente ti porta a riabbassarla. Rilassi i muscoli, respiri la polvere attorno a te. Ti sistemi come meglio puoi la giacca, le toppe lacere, le tasche bucate. Infine, ti guardi.

Boom, boom. Crash.

Vedi, sul tuo volto, le cicatrici delle tue lacrime incise sulle guance pallide.
Ti giri, dai le spalle allo specchio, e da bravo duellante  fai dieci lunghi e solenni passi. Guardi il portone d’ingresso, e già rivedi le immagini di anni fa, quando, insieme, apriste per la prima volta la porta dei Tiri Vispi Weasley. Sorridi anche tu adesso, e non ti senti né preso in giro, né influenzato dagli altri.
Sei felice semplicemente perché lo riabbraccerai. Sfalzi i piedi e guardi per l’ultima volta il tuo riflesso.
Stai ancora ridendo quando pronunci senza rabbia né dolore la condanna della tua felicità.
Avada Kedavra

Boom, boom. Crash.

Tutto sembra più lento, George, non è così?
Osservi una spirale verde che esce dalla tua bacchetta, che elegantemente e con forza colpisce il vetro del Riflettente. Questo si scuote, si scurisce, e ritorna normale.
Poi accade l’impensabile. Sbatti le palpebre, e lo vedi. Il suo spettro è tinto di un verde pallido, e avanza di corsa verso di te, un sorriso radioso sul volto e le braccia aperte.
Non te ne accorgi nemmeno, lasci cadere la bacchetta, spalanchi anche te le braccia e il tuo sorriso diventa più pronunciato, più sincero, più naturale. Ti sembra di tornare ai tempi di Hogwarts, quando i capelli ancora ti ricadevano sugli occhi, e scoprire passaggi segreti era diventano un passatempo.

Boom, boom. Crash.

Lo guardi, nella bellezza dei suoi diciannove anni, facendo un passo verso di lui.
Vi abbracciate senza fiatare, e senti il suo e tuo odore invadere le narici, nonostante ciò che stai stringendo non è altro che la tua morte.
Un ultimo e decisivo passo verso la vera felicità.
Un calore immenso ti invade il petto e ti brucia la gola, fino ad arrivare al collo e riscendere verso la cassa toracica. La spinta del suo abbraccio ti stende per terra, poi, all’improvviso, tutto diventa sfuocato e, di colpo, nero.
Lo spettro di una risata sul volto.

Non è ancora finita. C’è una voce, la voce di Fred.
“Georgie, ho un’idea fantastica!”
Tutto inizia adesso.



 

__________





"Hai sentito la questione dei Tiri Vispi? Hanno trovato un cadavere nel negozio, dicono che qualcuno abbia ucciso il proprietario"
"Chi, il gemello sopravvissuto? George Weasley?"
"Sì, lui. Il Ministero è in subbuglio, la famiglia è disperata… a quanto pare l’altro gemello era morto nella Seconda Guerra, diciannove anni fa."
"E non hanno indizi da seguire? Non so, qualche vecchia lite, debiti..."
“Tutto tranne quello! Sentivo dire che il ragazzo se ne stava sempre chiuso nel negozio… e negli ultimi anni si sentivano parecchi schianti da dentro, dopo la chiusura. Pover’ anima, la Guerra lo avrà fatto ammattire!”
“Ci scommetto dieci galeoni, se è solo uno dei tanti superstiti ammattiti, probabilmente si è suicidato.”
“Anche il Profeta e il Cavillo accennano ad un tentativo di suicidio… ma entrambi dicono che al ritrovamento del corpo, sul suo volto c’era un sorriso.”

  
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