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Autore: Aresshya    18/06/2013    3 recensioni
Ib è riuscita a scappare dal Mondo Fabbricato e s'imbatte in un dipinto che le provoca non poca nostalgia. Mettendo la mano in tasca, ritrova un particolare oggetto e inizia a rimuginare su come lo avesse ottenuto, ricordando una scena che mai avrebbe voluto rivivere.
Cit.: "Il ragazzo ritratto nel quadro aveva i capelli violacei con delle ciocche nere come la pece e aveva le labbra inarcate in un lieve sorriso che esprimeva tristezza, malinconia, terrore. Aveva le palpebre chiuse e sembrava essere stato condannato a dormire appoggiato ad una parete per l’eternità.
Alla bambina pareva un giovane in carne ed ossa intrappolato in un dipinto."
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ib
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Il finale che non desideravo



 

Ritratto dimenticato”.
Ib se ne stava imbambolata dinanzi quel dipinto, con una lieve sensazione di dolore che le pungeva il cuore ad ogni battito.
Il ragazzo ritratto nel quadro aveva i capelli violacei con delle ciocche nere come la pece e aveva le labbra inarcate in un lieve sorriso che esprimeva, tuttavia, tristezza, malinconia, terrore. Aveva le palpebre chiuse e sembrava essere stato condannato a dormire appoggiato ad una parete per l’eternità.
Alla bambina pareva un giovane in carne ed ossa intrappolato in un dipinto. Scostò con difficoltà gli occhi dal quadro e indietreggiò di qualche passo, terrorizzata. Un brivido le percorse lentamente la piccola schiena: la sua mente era pervasa da pensieri che una bambina non avrebbe dovuto avere, come se avesse subito un trauma che non riusciva a ricordare. La testa le girava, i suoni e le voci degli altri visitatori si erano mescolati in un’unica melodia stonata e melanconica e percepiva il proprio corpo freddo, pesante e inibito, come se fosse fatta di pietra.
Una calda lacrima le graffiava il viso e sembrava bruciarle come se fosse fuoco sulla sua candida guancia.
Portò la piccola mano nella tasca della gonna scarlatta e, accanto al fazzoletto regalatole da sua madre per il compleanno, vi trovò un accendino. La sua mente si fece più confusa. Come poteva essere in possesso di un tale oggetto? Né sua madre né suo padre avevano mai fumato, non poteva averlo ricevuto da loro. Forse qualcuno lo aveva perduto e lei lo aveva raccolto per restituirlo al legittimo proprietario? Eppure, non ricordava di averlo mai raccolto da terra.
Con un leggero tremolio nelle mani lo portò più vicino agli occhi, per poterlo studiare con attenzione, nel tentativo di trovare qualche particolare incisione che potesse ricondurla al proprietario.
C’era solo una minuscola G incisa sull’oggetto.
Rimuginava tra i suoi ricordi, ma nulla: aveva la netta sensazione che qualcosa mancasse nella sua memoria, come se un frammento di quella giornata fosse stato rimosso. Ricordava che, fino a quando si trovava dinanzi a un enorme quadro raffigurante un mondo oscuro, tetro e grottesco, aveva soltanto il fazzoletto e null’altro.
All’improvviso percepì un altro brivido sulla schiena.


“Mi piace il rosso” Mary esibì un sorriso malizioso e beffardo e carezzò con cura i petali scarlatti della rosa. “Mi piace davvero tantissimo!”
Ib e Garry rimasero interdetti. La bambina cominciò a sudare freddo e s’irrigidì. Pensava di aver trovato una nuova amica nella biondina. Non vedeva l’ora di presentarla ai suoi genitori, di giocare con lei all’aria aperta, fuori da quell’incubo a pastelli.
Ma Mary si era rivelata il pericolo più terribile tra tutti quelli del Mondo Fabbricato.
Ad Ib non ci volle molto per comprendere le beffarde regole di quello spregevole mondo: più petali venivano strappati, più dolore sentiva nel corpo, come se fosse pugnalata più volte nel petto. Era terrorizzata all’idea che potesse strappare quei pochi petali rimasti e strapparle così anche la sua tenera vita. Pensava ai suoi genitori che l’amavano più di qualsiasi altra cosa al mondo, alla possibilità che dopo quel momento avrebbe potuto non rivederli più, solo per un mero scherzo del destino che aveva deciso di catapultarla in quell’orribile mondo corrotto.
Strinse il cappotto blu di Garry e quasi ci si nascose: almeno lui la faceva sentire protetta, nonostante lo conoscesse appena era l’unico su cui potesse contare e che fino a quel momento non le aveva riservato qualche tremenda sorpresa.
“Ma, sai, adoro di più il blu!”
Il dipinto fece una risata nervosa, malvagia, perfida e indicò la rosa blu che il ragazzo aveva riposto nella tasca anteriore del cappotto. La biondina strizzò uno dei suoi occhi azzurri ai due compagni.
Garry sussultò, spaventato. Non si era ancora abituato a quella situazione, qualsiasi cosa accadesse in quel mondo lo atterriva.
“Garry,” lo interpellò Mary, continuando a carezzare la rosa scarlatta. “che cosa farai? Vorresti scambiare la tua rosa per quella di Ib?”Quasi cantò nel rivolgergli quella domanda a bruciapelo.
Entrambi i visitatori della Galleria deglutirono saliva amara: la scelta era importante e da questa dipendeva la sorte di uno dei due. Era ovvio che non si volessero separare, dopotutto si erano ripromessi che sarebbero usciti insieme da lì, eppure l’addio sembrava inevitabile.
Garry era paralizzato. Era giovane, aveva progetti nella sua vita, doveva proseguire per la sua strada, realizzarsi. Il pensiero della piccola bambina aggrappata al suo cappotto era più forte di qualsiasi aspirazione avesse. Non si sentì più immobilizzato e fece un passo in avanti.
Ib gli afferrò il cappotto con tutta la forza che aveva nella sua minuta mano. “Garry, no!...”
Ma il ragazzo non mostrò alcun tipo di tentennamento: porse la sua rosa blu al dipinto e allungò l’altra mano per afferrare quella rossa della sua compagna di sventura.
Lo scambio avvenne in pochi istanti e fu quasi impercettibile, poiché Mary aveva afferrato con estrema foga quella rosa blu, quasi facendo cadere a terra l’altra. Aveva un’espressione allegra, gli occhi luccicanti, sembrava avesse scartato il regalo di compleanno tanto atteso. Corse via in fretta, felice, seguita da una delle sue fidate bambole.
Il ragazzo si rivolse ad Ib e s’inginocchiò dinanzi a lei, sorridendo come se nulla fosse, anche se lei non poté non notare lo sguardo pieno di sofferenza che aveva. La bimba rimase con la bocca semiaperta e i sopraccigli inarcati, confusa e preoccupata allo stesso momento.
“Stai bene, Garry?”
Lui annuì e le porse la mano, che lei accettò volentieri. Non disse nulla, anche perché in quel preciso istante gli oggetti nella sala stavano prendendo vita e li stavano per attaccare. Insieme corsero via, sino ad arrivare a un lungo corridoio.
Garry a poco a poco sentì le energie diminuire e si portò una mano prima sul petto e poi sulla testa. Pareva esausto, quasi sul punto di morire: Mary stava strappando i petali della sua rosa, condannandolo a una lenta e dolorosa morte. Cadde a terra sulle ginocchia e lanciò una flebile occhiata alla sua compagna di viaggio.
“Ib, perdonami…” la voce del ragazzo era quasi impercettibile. “Potresti andare avanti?”
Cercò di rialzarsi in piedi, ma sembrava bloccato.
“Io… Perdonami, non so cosa dire…” Fece una pausa e ansimò. “Non voglio mentirti…” Abbassò lo sguardo, mentre i suoi occhi scuri si fecero lucidi. “Ma io… Non voglio nemmeno dire la verità…” Si appoggiò a terra, sostenendosi con le mani.
“Se hai bisogno… Io arriverò correndo…”
“Ma Garry!”
“Vai… avanti…” disse con un filo di voce.
Non voleva che lei lo vedesse morire, non voleva fosse condannata ad affrontare una morte così da vicino a quella tenera età. Debolmente si appoggiò a una parete e, dopo ciò, non disse più nulla, emise soltanto un piccolo sospiro. Garry non si mosse più, non rispondeva nemmeno ai disperati richiami della ragazzina, sembrava dormisse, ma le sue mani erano quasi congelate e aveva il corpo rigido.
Ib non comprendeva appieno la situazione, ma lo abbracciò e singhiozzò piano. Dopo qualche istante si accorse dell’accendino che Garry aveva tra le mani. Era unico oggetto che il suo compagno aveva con sé e la bambina lo prese solo per averne un ricordo.



Un’altra lacrima rigò il viso della bambina. Ricordò di quando vide Mary strappare gli ultimi due petali della rosa di Garry senza pietà, per mero egoismo.
Ib voleva uscire solo con lui da quel Mondo degli Orrori, ma il suo compagno non era riuscito nell’impresa per colpa di un tremendo destino che lo aveva costretto a sacrificarsi per la piccola e innocente vita della bambina.
Come poteva aver dimenticato un tale gesto?
Appoggiò le mani sulla cornice del quadro e più lacrime iniziarono a scorrerle sul volto niveo.
«Garry...» singhiozzò, disperata. «No, Garry…!»
Non era quello il finale che avrebbe voluto avere.











N/A: Questo è uno dei miei finali preferiti, uno dei più profondi e malinconici di tutto il gioco (anche quelli che riguardano la povera Mary hanno un posto speciale nel mio cuore). Ho preso ispirazione dal fanmade di Ib in cui lei ricordava ogni singola cosa ed ho ricostruito le sensazioni che secondo me avevano provato i pg e un po’ i pensieri di Ib nei confronti del quadro. Mi sono immedesimata così tanto che ho pianto quasi quanto ottenni questo finale per la prima volta, non meritava questa fine il povero Garry che, alla fine, è il vero eroe di tutto il gioco (nonostante sia, per la maggior parte del tempo, sempre terrorizzato da qualsiasi cosa lo sfiori nel Mondo Fabbricato, ma del resto chi non lo sarebbe in una situazione simile?). Ringrazio chiunque sia passato a leggere questa breve fanfic e soprattutto chi avrà qualche minuto libero per scrivermi un paio di righe c:
[Prompt: Sorte]

The One Hundred Prompt Project
   
 
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