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Autore: Kima    17/07/2003    4 recensioni
In una notte di neve, in una capitale di ghiaccio, Lisa, una cinica ragazza come tante, incontra qualcuno che la condurrà in uno strano labirinto...nel buio, il suo viaggio si infittisce di sensazioni e altri personaggi fanno il loro ingresso dalle notti
Genere: Dark | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Di solito non scrivo note alle mie original, perché credo che dicano tutto, o almeno molto, da sole; ma per questa volta ho fatto un'eccezione. Vorrei ringraziare Selina che, con la sua "Compagni eterni", ha permesso di far nascere in me la curiosità di mettermi alla prova con un bel vampiro! ^____- Spero di esserci riuscita nel migliore dei modi! ^,,^

DARK BLOOD

di Kima

Parte prima

Era una serata davvero orribile, una di mezz'inverno dove hai già dimenticato l'estate appena passata e sogni quella ventura. Un freddo pungente stringeva la città in una morsa ghiacciata, i viandanti erano pochissimi e tutti racchiusi in pesanti cappotti coperti d'indifferenza. Tornavo a casa, avevo appena litigato, per l'ennesima volta, con il mio pseudo-ragazzo per le solite ragioni idiote che propinava quando aveva bevuto troppo per reggersi in piede e troppo poco per tenere la bocca chiusa! La metropolitana era deserta, il suo sibilo era l'unico rumore che interrompeva il totale silenzio della neve candida, i vagoni procedevano veloci percorrendo l'anello che incoronava la città fatta solo di grattacieli di cristallo e vetro. Con quel freddo così intenso e i riflessi algidi tutt'intorno doveva sembrare il regno inviolabile dell'inverno e, per me, un po' lo era. Molte cose erano cambiate da quando era stato istituito il coprifuoco, quello era l'ultimo treno della sera e poco dopo anche quella sottile luce che profumava, anche solo lontanamente, di libertà si sarebbe estinta. La stazione che preferisco è l'ultima, non solo perché vicinissima al mio appartamento, cosa ovvia, ma anche perché da lì si riesce a vedere la grande, enorme, crepa che divide la nostra periferia dalla megalopoli diamantina dove vige solo la legge del più ricco. La mia fermata era ancora lontana, il mio sguardo vacuo fissava i piccolissimi cristalli di ghiaccio che danzavano nel cielo buio, la mia immagine si rifletteva frammentata in luci ed ombre sul finestrino scuro di notte. Non ricordo pensieri particolari, solo una triste canzone riecheggiante nella testa mi cullava verso il capolinea; improvvisamente le mie pupille perse carpirono qualcosa d'insolito: una fiamma rossa che saettava nelle tenebre fluorescenti di celeste e bianco. Dopo molti minuti giunsi a destinazione, scesi dal mezzo che subito si spense alle mie spalle. Senza voltarmi neppure un attimo verso il vento che cominciava a crescere e a travolgere la neve, continuai la mia strada. La solita discesa nera sembrava ancora più desolata del solito; la città, più indietro, continuava a brillare, diafana. Un rumore impreciso ferì i miei sensi attenti, mi girai di scatto per percepirne immediatamente la fonte, proveniva dal burrone poco distante. Le miei iridi s'immersero in quell'ombra dolce che si scioglieva nell'azzurro delle luci, ancora quel rosso mi colpì gli occhi. Con passo incerto mi avvicinai, quel posto mi piaceva: il luogo prediletto per farla finita con ogni dolore terreno; eppure in quell'istante mi diede mille brividi. Le folate crescevano sempre più, i miei vestiti sgualciti vibravano nell'aria, chiassosi, poi un calore ferroso come il sangue m'investì completamente, le palpebre calarono lentamente e lui apparve. L'odore aumentava sciogliendo la neve all'unisono con la mia curiosità, eppure, sprovveduta schiusi gli occhi: al mio cospetto sostava a mezz'aria un giovane, pallido in viso nel nero dei suoi vestiti di pelle e la fiamma scarlatta era sulla sua testa, indomita come viva, le palpebre e le labbra rigorosamente serrate decorate da un rigo di purpureo trucco. Sorpresa, arretrai inciampando in una lattina abbandonata, caddi composta con lo sguardo fisso su lui. Inaspettatamente non sembrò curarsene, stese le braccia all'infuori voltando il capo a destra e solo allora aprì gli occhi. Con rapidità li puntò su di me, aveva un'espressione divertita, curiosa della mia paura, le sue mani dalle unghie lunghissime e lucenti continuavano a ferire la nevicata, guidate da una musica di silenzio. Cominciò ad avanzare, toccò silenziosamente terra con una manciata di polvere ghiacciata, il mio corpo pietrificato restava sulla strada, immobile. Si piegò su di me, inginocchiandomisi di fronte, le sue unghie destreggiavano tra i miei capelli, il suo volto latteo era sempre più vicino, il suo respiro più caldo, i suoi occhi più inquietanti, di un rosso così intenso da sembrare sangue vivo. Tremavo di terrore, purtroppo le mie forze erano volate da qualche parte e non tornavano, non tornavano più; come se quello strano giovane se ne fosse cibato a mia insaputa. Le sue iridi sanguigne s'immergevano nelle mie color mare, le sue mani si unirono alle mie spalle con un suono stridulo, sentivo il suo petto muoversi ad ogni respiro, quasi il suo cuore sul mio corpo: avevo paura. Il vento aumentava a vista d'occhio, tra le sue braccia, sul suo petto, tutto era diverso: l'inverno era scomparso, la rabbia per Shon dileguata, la solitudine sciolta…Con un movimento rapido mi strinse ancora più a sé, il mio cuore sembrò scoppiare: panico, apprensione, sgomento, impotenza, non solo, molto altro. Percepivo il suo respiro calmo sul collo, le lunghe ciglia mi sfioravano la pelle ad ogni battito di palpebre dandomi brividi, le sue dita affusolate sul collo e tra i capelli ricci mi bloccavano la testa verso l'alto, al cielo stellato. Poggiò lentamente un bacio sotto alla mia mascella, il principio di tanti altri seguendo la linea del viso, gemetti appena, le sue labbra morbide si schiusero come un fiore lasciando uscire la lingua umida e poi i denti. Sentii la sua bocca spalancarsi, poi la pressione dei suoi canini sulla carotide, chiusi gli occhi tremando sempre più, una lacrima percorse il mio volto. Quell'attesa era snervante, il mistero che pendeva sulla mia sorte insopportabile. Senza logica si staccò dal mio collo, passò la sua bocca sulla mia guancia giungendo all'orecchio, mordicchiò il lobo delicatamente.
- Hai paura?- mormorò 
- S-s…sì…- farfugliai
- …non devi…-
I suoi polpastrelli erano sul mio viso, sulla mia bocca, le unghie fredde tra le ciocche verdi, il pianto continuava a scendere rado e limpido.
- C-c…che stai dicen…do…?- il mio sguardo cadde su di lui, debole.
Sorrise, un sorriso agghiacciante e vellutato.
- Sarai mia…senza dolore, non temere…- sfiorò le mie palpebre di nuovo bloccate di fobia.
- Ti legherò a me con qualcosa di più potente del sangue…- bisbigliò continuando ad accarezzarmi la pelle; io, immobile, mi astenevo dal respirare.
- Ti libererò…- aggiunse unendo le sue labbra alle mie, il mio corpo si rifiutò di reagire, il terrore mi aveva incatenata al suolo. Il suo sapore sanguinolento entrò in me, una scossa piena di piacere si espanse travolgendomi.
Si alzò portando via quel tepore di cui era impregnato, il gelo tornò tutt'intorno, duro come lame. Solo allora schiusi di nuovo gli occhi, lui mi era di spalle, lontano, fermo al bordo del baratro, a fissare l'abisso, senza esitazione alcuna ci si calò scomparendo. Mi alzai barcollante, continuai a fissare il burrone senza capire o cercando di non capire. La mia testa prese a girare e la sua voce ci riecheggiò - Il sangue mi guiderà…- quella semplice frase s'immise in circolo come un veleno. Traballando e sorreggendomi a ogni muro giunsi a casa, spalancai la porta con forza disperata e quasi ci caddi dentro, riuscii solo a mettermi a letto. Il buio m'inghiottì unita a quella sera troppo strana per essere anche solo un sogno…

-fine parte prima-

  
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