Una poesia anche per te
Spalancai
la porta con l’unica mano libera. Uno sbuffo di vento e neve entrò in casa
insieme a me.
«Sono
tornata», gridai.
Immediatamente
Baumiau si precipitò alla porta.
«Dia
a me, signorina Miyu, e vada a scaldarsi. Il clima su questo pianeta è davvero
orribile.»
Scoppiai
a ridere.
«Questo
è un periodo particolare, Baumiau. Del resto è anche il motivo di questa mia
uscita nel gelo, no?» Gli tesi la scatola che tenevo sotto il braccio, poi mi
tolsi la sciarpa piena di neve. «Dov’è Lou?»
«Dorme
nella sua stanza, signorina.»
«Perfetto.
Voglio andare subito a parlare con Kanata.»
«Ah.
Buona fortuna.»
Fissai
Baumiau. Cosa voleva dire? Perché “Buona fortuna”? Forse, tanto per cambiare,
Kanata si era alzato con la luna storta?
L’alien-sitter
si allontanò. Mi tolsi le scarpe e lo seguii in casa.
Percorsi
il corridoio finché arrivai in cucina.
«Kanata?»
Non
c’era.
Mi
voltai sulla soglia in tempo per vederlo. Era appena arrivato dalla sua stanza,
e si stava infilando una felpa sulla t-shirt. Sobbalzai, ma al tempo stesso mi
sentii avvampare quando la sua testa emerse dal collo della felpa, sotto il
cappuccio. All’improvviso mi sentivo come se lo avessi sorpreso in un momento
personale, e cominciai a provare un certo imbarazzo.
«Mi
hai fatto prendere un colpo!», lo aggredii, cercando di mascherarmi.
Dal
canto suo, Kanata mi studiò attentamente.
«Cosa?
Sei già in piedi? Alle otto di domenica mattina?»
Mi
infervorai.
«Non
sono mica la sfaticata che credi tu! Senza contare…» Mi tornò il buonumore al
pensare al motivo per cui dovevo parlargli. «Senza contare che oggi è la
vigilia di Natale.»
Distolse
lo sguardo all’istante. Mi superò e si diresse ai fornelli per prepararsi la
colazione.
«E
allora?», sbuffò.
«Come
sarebbe, “E allora”? Dobbiamo iniziare i preparativi! Addobbare il tempio, non
so… A questo proposito avevo intenzione di chiederti…»
«Io
non ho intenzione di addobbare nulla», mi interruppe. Continuava a non
guardarmi, ma il suo tono era tremendamente brusco e definitivo. «Non ci
pensare nemmeno, Miyu. Non parlarmi del Natale.»
Ammutolii.
«Ehm…
Signorina Miyu?»
Mi
voltai e vidi Baumiau, alla fine del corridoio, con ancora tra le braccia la
scatola delle decorazioni che quella mattina avevo comprato, sfidando il tempo
gelido e l’orario fin troppo mattiniero per i miei gusti, solo per fare una
sorpresa a Lou e Kanata.
«Allora…
Cosa ne facciamo, di queste?», chiese Baumiau, esitante.
Prima
che potessi rispondere, sentii Kanata sbattere forte un tegamino sul piano
della cucina. Poi lo vidi imboccare con decisione la porta.
«Non
ho più fame», borbottò quando mi passò accanto.
Lo
seguii con gli occhi mentre usciva. Poi guardai Baumiau, interdetta.
«Oggi
è peggio del solito», osservai. «Sembra grave. Cosa dobbiamo fare con lui?»
L’alien-sitter
ricambiò il mio sguardo con un’espressione seria che non gli si addiceva.
«Ha
ragione, oggi è peggio del solito. Ma deve essere lui a volerne parlare,
signorina Miyu. Se non vuole sfogarsi, non possiamo farci niente.»
Con
quelle parole, si voltò e si diresse alla stanza di Lou.
Per
un istante rimasi lì immobile. Cosa stava succedendo? Kanata aveva qualche
problema serio che io non avevo colto? In quel caso dovevo stargli vicino.
Nonostante tutto… Anche se non l’avrei mai ammesso… Nonostante tutto, non
volevo vederlo star male.
Dopo
qualche istante di esitazione, percorsi di nuovo il corridoio e mi avvicinai
alla porta della sua camera. Bussai leggermente.
«Avanti.»
Quando
aprii la porta, per un istante mi sembrò che fosse calata la notte. Le tende
alle finestre erano tirate e nella stanza regnava la penombra. Kanata era
seduto sul pavimento, la schiena al muro, le braccia intorno alle ginocchia.
Rimasi sulla soglia a guardarlo, e sentii una tristezza infinita. Perché quel
ragazzo non riusciva ad aprirsi? Perché non voleva che io lo capissi? In quella
semioscurità, mi dava una sensazione di malinconia acuta, che sembrava volermi
distruggere dentro.
Mi
adeguai al suo silenzio e al suo isolamento chiudendomi la porta alle spalle.
Avevo
intenzione di chiedergli cosa avesse, ma d’un tratto mi rendevo conto che
condividere un silenzio può essere molto meglio che insistere con parole
inutili.
Ma,
sorprendentemente, fu lui a rompere quel silenzio.
«Domani
non è solo il giorno di Natale, Miyu. Domani è il giorno in cui sono nato. Il
giorno in cui mia madre è morta.»
Forse non sai quel che darei
perché tu sia felice
Piangi lacrime di aria
Lacrime invisibili che
solamente gli angeli san portar via
Mi
sentii sprofondare.
Dunque
era questo…
Rimasi
immobile a guardare il suo viso nascosto dai capelli che gli ricadevano sulla
fronte e dal buio che lo allontanava dal mondo intero.
In
quel momento, in quella stanza, ebbi l’improvvisa consapevolezza di quanto
tenessi a lui.
Accidenti,
no, l’avevo sempre saputo, ma ora era evidente, era chiaro come il sole.
Mi
resi conto che non avevo mai fatto nulla per ammetterlo, né per
dimostrarglielo. Ero rimasta radicata nella mia diffidenza, nel mio orgoglio e
nella mia sfacciataggine, facendo la presuntuosa, solo perché non volevo che
lui capisse quanto in realtà mi fossi legata a lui. E in quel modo lui, già
chiuso nel suo mondo riservato, lui che già costituiva un mistero per me e per
tutti, lui che non esprimeva mai i suoi sentimenti, a sua volta si era ritratto
ancora di più, allontanandosi irrimediabilmente. E non avevo notato quanto in
realtà soffrisse, quanto avesse bisogno di un appiglio.
Di
colpo capii che avrei dovuto fare qualcosa per lui.
In
quel momento alzò la testa e mi guardò. Sentii il mio cuore battere forte.
Eppure non potei fare a meno di soffermarmi sulla sofferenza rinchiusa in quei
suoi occhi.
Avrei
tanto voluto cancellare la tristezza da quegli occhi, quegli occhi bruni e
impenetrabili che mi erano entrati a forza nell’anima, quegli occhi che non
tradivano mai nulla, nemmeno con le lacrime, perché le sole lacrime che
sembravano poter versare erano stille tormentate che nessuno in questo mondo
era in grado di asciugare. Avrei voluto vederli sorridere, una volta tanto,
senza più le ombre di dolore ad incupire il bruno caldo di quelle iridi. Avrei
fatto qualsiasi cosa per alleviare quel dolore…
Ma
cosa? Cosa potevo fare per lui, io che non potevo in alcun modo buttar giù
quella barriera tra di noi, io che non ero capace di arrivare al suo cuore, io
che lo amavo di nascosto e lo nascondevo persino a me stessa?
Ma cambierà stagione, ci
saranno nuove rose
E ci sarà – dentro te e al
di là dell’orizzonte
Una piccola poesia
Ci sarà – e forse esiste già
al di là dell’orizzonte
Una poesia anche per te
Kanata
continuava a guardarmi. Io continuavo a guardarlo.
Il
silenzio si protraeva. Quelle parole che avrei voluto rivolgergli se ne stavano
lì, volteggiando nella stanza intorno a me, incapace di sceglierle, afferrarle,
metterle in ordine, dar loro un senso.
Eppure
c’erano così tante cose che avrei voluto dirgli.
Avrei
voluto consolarlo, sussurrargli che non avrebbe sofferto per sempre, che la
vita andava avanti e che lui non poteva vivere nel dolore di un passato
perduto. Ma non potevo dirgli nulla del genere, non potevo ricorrere a quelle
frasi fatte. Perché, anche se era la pura verità, si trattava pur sempre di
frasi fatte, frasi ripetute mille volte, tanto che il loro valore e la loro
sincerità erano andati perduti da tempo. Non potevo e non volevo cadere in
quella ripetitività che tanto assomigliava a superficialità.
Alla
fine mi riscossi. Non sapevo cosa dirgli, era vero, ma potevo comunque stargli
accanto.
A
volte un gesto è come un silenzio: rivela tutto ciò che le parole non sanno
esprimere.
Mi
avvicinai a Kanata, ancora immobile al pavimento. Mi lasciai cadere in
ginocchio e lo abbracciai.
Ero
sconvolta da me stessa, ma l’impulso era stato troppo forte.
In
qualche modo, volevo fargli capire che lo capivo e che soffrivo con lui.
Vorrei rinascere per te e
ricominciare insieme, come se
Non sentissi più dolore
Ma tu hai tessuto sogni di
cristallo troppo coraggiosi e fragili
Per morire adesso, solo per
un rimpianto
Ci sarà – dentro te e al di
là dell’orizzonte
Una piccola poesia
Ci sarà – dentro te e al di
là dell’orizzonte
Una poesia anche per te
Kanata
rimase immobile, il viso tra la mia spalla e la mia guancia, le braccia ancora
strette alle gambe che sentivo vicine al mio corpo. Come sorpreso, come se non
sapesse reagire.
Ancora
una volta avrei voluto parlargli, dirgli quanto gli ero vicina in quel momento.
Finalmente capivo che davvero volevo stare al suo fianco, contro il dolore del
mondo circostante, cercando di annullarlo. Ma ancora non riuscivo ad esprimere
quel sentimento, né a lui, né a me stessa.
Ad
ogni modo cercai le parole più adatte, quelle meno scontate, quelle più
sincere.
«Lo
so che stai male. So che fa male andare avanti con questo pensiero. So che hai
rinchiuso la tua fragilità dietro uno scudo che ti difenda dal mondo, che ti
impedisca di soffrire ancora. Ma so anche che in questo modo ti risulta
impossibile sorridere di nuovo, stare bene, sognare. Forse dovresti buttare giù
quello scudo, Kanata.»
Mi
interruppi, chiedendomi come avevo fatto a parlargli così, mentre il mio cuore
era in tumulto.
Sentii
che lui si irrigidiva tra le mie braccia, ma non si sottrasse, né si mosse in
altro modo.
«Tu
non puoi capire.» Per un istante pensai che stesse per piangere, ma nonostante
il tremore nella voce, il suo tono rimase lucido, razionale, oggettivo, quasi
distaccato. «Io l’ho uccisa, Miyu. Lei è morta per me. Per colpa mia.»
Mi
allontanai all’istante da lui.
Lo
schiaffo che arrivò sulla sua guancia bruciò anche sulle mie dita.
«Non
provare a ripeterlo, capito? Devi smetterla di pensare in questo modo! Non puoi
fare del suo ricordo un rimpianto! Non puoi starne male fino a distruggerti,
non puoi colpevolizzarti così! Non puoi rifiutarti di guardare oltre, di andare
avanti… Non puoi rifiutare la vita, Kanata!»
Perdona e dimenticherai, per
quanto possa fare male, in fondo sai
Che sei ancora qui
E dare tutto e dare tanto
quanto il tempo in cui il tuo segno rimarrà
Questo nodo lo sciolga il
sole, come sa fare con la neve
Lo
fissai, improvvisamente furiosa e per niente dispiaciuta di averlo
schiaffeggiato. Ma perché doveva buttarsi così giù? Perché mi rendeva tutto
così difficile, accidenti a lui?
«Kanata,
tu sei un ragazzo impossibile. Ti tieni tutto dentro, non esprimi mai le tue
emozioni, rifiuti il contatto e il confronto degli altri, ma questo non ti
rende le cose più leggere. Non puoi impedirti di soffrire semplicemente
isolandoti dalla realtà. E allo stesso modo non puoi vivere così, ancorato ad
un ricordo che non hai più, al pensiero di ciò che hai perso; ora c’è quello
che hai, e non puoi lasciarlo da parte in questo modo. Devi perdonarti, devi
liberarti di questa stupida idea di essere responsabile della morte di tua
madre. Perché tu sei qui, vivi il presente, e non puoi cambiare il passato.
Puoi solo costruirti un futuro, e non è giusto che tu lo faccia all’ombra del dolore
passato.» Mi accorsi di piangere. Non sapevo se quelle lacrime fossero di
frustrazione, di disperazione o di rabbia. Forse erano di tutte e tre le cose.
Kanata distolse lo sguardo, ma io continuai. «Senti, io lo so come ti senti…
D’accordo, puoi benissimo dirmi che non è vero, perché io non ho mai perso
nessuno… Va bene, hai ragione… Però posso immaginare come fa male. È proprio
per questo che devi andare avanti. Devi fare in modo di alleviare il dolore.
Non lo potrai cancellare, quello lo potrà fare solo il tempo… Ma non puoi, non
puoi comportarti così… Devi trovare una strada nuova.»
Improvvisamente
Kanata tornò a guardarmi in viso, e mi accorsi che i suoi occhi erano pieni di
lacrime.
Non
lo avevo mai visto piangere.
«Credi
che non me lo ripeta anch’io, giorno dopo giorno?» Disse quelle parole con un
tono accusatorio che mi fece malissimo. «Credi che io voglia sentirmi così? Non
pensi che farei volentieri a meno di convivere con tutto questo? Ma non ci
riesco, non riesco a sfuggire a quei fantasmi…» Chiuse gli occhi e portò di
nuovo il viso all’altezza della mia spalla. «Non ci riesco, Miyu… Non ce la
farò mai…»
Lo
abbracciai di nuovo, rispondendo con le mie lacrime alle sue, senza più parole.
Mi strinse alla vita, e alla tristezza si affiancò l’imbarazzo e il batticuore
per quell’abbraccio che avevo sperato di ricevere in circostanze diverse.
Restammo
così per un tempo che sembrò infinito. Ascoltavo il suo pianto, tutto quel male
che finalmente si riversava fuori, veniva allo scoperto, perché non poteva più
essere sostenuto. Avevo utilizzato tutte le parole possibili. Ora non c’era più
molto che potessi fare. Anzi, non c’era più nulla.
Alla
fine Kanata si allontanò da me e mi guardò. Aveva il viso segnato dalle lacrime
e dallo sfogo, ma anche così i suoi lineamenti mi affascinavano. Mi guardò con
una strana intensità, al punto da farmi distogliere gli occhi dai suoi.
«Forse
è meglio che ti lasci solo…», mormorai, sul punto di alzarmi.
Ma
lui mi trattenne afferrandomi il polso.
«Miyu…»
Lo
guardai di nuovo. Il cuore mi batteva tanto forte da assordarmi.
Poi
l’espressione di Kanata si rilassò, e nella penombra lo vidi sorridere. Un
sorriso esitante, timido, reduce dal pianto, che mi fece sciogliere.
«Grazie»,
disse semplicemente.
Ricambiai
il sorriso con la stessa incertezza.
«Senti…»
Esitò solo un secondo prima di buttare giù la sommità della barriera. «Hai
ancora intenzione di decorare il tempio, per Natale?»
Sorrisi
più apertamente e annuii.
«Posso…
aiutarti?»
Avevo
voglia di buttargli di nuovo le braccia al collo, ma riuscii a trattenermi, in
nome della mia antica boria, del rifiuto di cedere a quel sentimento che però
stava diventando sempre più soverchiante in me.
«Certo
che puoi aiutarmi.»
Ci sarà – dentro te e al di
là dell’orizzonte
Una piccola poesia
Ci sarà – e forse esiste già
al di là dell’orizzonte
Una poesia anche per te
Mi
alzai per uscire dalla sua stanza.
Anche
Kanata si sollevò e andò direttamente alla finestra, dove aprì le tende e
spalancò le ante, lasciando entrare finalmente la luce del sole della vigilia
di Natale.
«Ma
cosa…?»
Mi
voltai e vidi subito il motivo della sua sorpresa.
Appesa
appena fuori della finestra c’era una bellissima ghirlanda natalizia.
All’esterno, Baumiau volteggiava a mezz’aria roteando la coda come un’elica,
sorridendo a Kanata, interdetto davanti a lui.
«Ho
già provveduto alle decorazioni, signorino Kanata», disse l’alien-sitter.
«Sapevo che la signorina Miyu sarebbe riuscita a farle cambiare idea, così ho
risparmiato tempo. Col vostro permesso, ora vado ad occuparmi del padroncino
Lou. Deve essersi svegliato.»
Svolazzò
lontano dalla mia visuale. Mi avvicinai alla finestra per seguirlo con lo
sguardo e lo vidi entrare da quella della stanza di Lou.
«Ah,
sapeva che saresti riuscita a farmi cambiare idea, eh? Cos’era, un complotto?»
Mi
voltai verso Kanata. Era vicinissimo a me, una mano sul davanzale, la frangia
mossa dal vento, lo sguardo a metà cupo e a metà divertito. Ancora una volta
sentii il cuore sobbalzare, ma gli tenni testa.
«Ma
cosa vai a pensare? Non è certo colpa mia se Baumiau è così previdente…»
«Miyu…»
«Ah,
no, tu devi smettere di pensare sempre male di me, chiaro? Non è affatto bello
da parte tua…»
«Miyu…»
«Cosa?»,
sbottai, notando che si era fatto serio.
«Guarda
in alto», mi disse, senza cambiare espressione.
Obbedii
controvoglia. Stavolta il cuore mi saltò un battito.
Nel
centro della ghirlanda alla finestra, una piantina di vischio sembrava
protendersi sulle nostre teste. Non ricordavo nemmeno di aver comprato una cosa
del genere, quella mattina.
Abbassai
lo sguardo fino a incontrare di nuovo gli occhi di Kanata. Era più vicino di
quanto mi fosse sembrato solo un secondo prima. Mi sentii avvampare.
Lui
mi attirò a sé, prendendomi per mano.
«Sai
quella strada di cui mi parlavi prima?», mormorò. «Credo di averla trovata…
L’ho sempre avuta qui, ma per qualche motivo sono riuscito a vederla solo
oggi…» Mi sfiorò una guancia. «Grazie a te…»
Poi
scese sulle mie labbra e mi baciò, e io non seppi più nulla.
Anche per te – per te
Per te, per te
Per te, per te
Per te
Sono
passati sette anni.
Oggi
è la vigilia di Natale.
Non
riesco fare a meno di sorridere mentre ricordo il giorno del mio primo bacio,
il giorno in cui io e Kanata siamo cambiati insieme, superando il nostro
orgoglio di adolescenti impacciati per guardare a quella strada che ci avrebbe
portato verso un nuovo orizzonte.
Ma
non è solo questo il motivo per cui sorrido.
Kanata
è appena uscito dal cimitero. Guardandolo negli occhi, adesso so che ce l’ha
fatta. Oggi è riuscito a chiudere la porta a quel rimorso che finora non ha mai
saputo dimenticare. Mi viene incontro.
«Scusa
il ritardo», mormora. «Stavo solo parlando un po’ con lei.»
«E
cosa le hai detto?»
Mi
guarda senza sfuggire al mio sguardo.
«Che
l’ho lasciata andare. Che il suo ricordo resta, ma che non potrò mai più
condannare me stesso, anche se questo significa che sono un egoista.» Mi attira
a sé, come quel giorno, come per quel primo bacio, circondandomi con le
braccia. «E le ho detto che domani ti sposerò.»
«Hai
visto? Te l’avevo detto, che ce l’avresti fatta.»
«Non
ce l’avrei fatta senza di te, Miyu.»
Mi
sorride; nei suoi occhi l’ombra del rimpianto è sparita per sempre. Poi li
chiude per baciarmi, e racchiuso nelle sue labbra sento solo il sapore della
strada che ha trovato. La nostra strada.