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Autore: Chiandistelle    18/06/2013    4 recensioni
Quel sabato sera, John sentì la presenza di Sherlock ancora prima di vederlo.
Era comodamente seduto sulla propria poltrona, le gambe stese davanti a sé e un vecchio libro fra le mani, godendosi appieno il proprio finesettimana libero dall’ambulatorio. [...]
L’insolita, stonata e quasi inquietante tranquillità, al 221B, stava però per terminare, veloce ed inaspettata come era giunta. [...] Sherlock si era fermato davanti alla porta aperta dell’abitazione e a John venne quasi un colpo nel vederlo.

Note: Johnlock, fluff
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson , Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ciao.
Dopo il piccolo insuccesso della mia precedente storia, ritorno alla carica. Volevo scrivere una rossa, inizialmente, ma sono caduta nel vortice del fluff, alla fine, e mi sono ridimensionata ad un raiting giallo.
Buona lettura e lasciatemi un parere!
Chiara





Per te potrei.



Quel sabato sera, John sentì la presenza di Sherlock ancora prima di vederlo.
 
Era comodamente seduto sulla propria poltrona, le gambe stese davanti a sé e un vecchio libro fra le mani, godendosi appieno il proprio finesettimana libero dall’ambulatorio.
La BBC one faceva da sottofondo mentre trasmetteva vecchie puntate di Doctor Who e il bollitore borbottava dalla cucina, in attesa di versare l’acqua bollente in una tazza scheggiata.
Le nuvole addensate nel cielo londinese inviavano all’interno dell’appartamento una luce fredda e grigia, pronta a scontrarsi ed amalgamarsi con quella calda e scoppiettante del fuoco nel camino, mentre l’orologio a parete ticchettava le sette.
 
L’insolita, stonata e quasi inquietante tranquillità, al 221B, stava però per terminare, veloce ed inaspettata come era giunta.
 
John era infatti così assorto nella lettura che non si accorse nemmeno del portone di casa che sbatteva e dei passi sulle scale. Ma immediatamente un odore nauseabondo e marcio gli salì alle narici, facendogli storcere il naso e alzare a malincuore gli occhi dal libro.
 
Sherlock si era fermato davanti alla porta aperta dell’abitazione e a John venne quasi un colpo nel vederlo.
La camicia bianca era irriconoscibile, imbrattata da salse andate a male, terra e sporcizie varie; i pantaloni erano stati strappati in diversi punti e le scarpe, solitamente pulite e lucidate, sembravano appartenere a uno dei barboni di Victoria’ Station; la giacca del completo era misteriosamente sparita, il cappotto gli pendeva da una spalla, scomposto, e la sciarpa blu era ormai nera di sudiciume. Tutta quella raccapricciante visione era poi coronata da un insopportabile olezzo nauseabondo.
Il dottore si tappò il naso con indice e pollice sinistri e spalancò la bocca, sia per ricerca d’aria sia per mero stupore.
 
Finalmente Sherlock posò lo sguardo sul proprio coinquilino, alzando un sopracciglio.
 
- Dato che te lo stai chiedendo: no, non ho preso la metro. Un tassista ha accettato di farmi salire, facendomi pagare la corsa il doppio – spiegò il detective, non senza un gesto di stizza.
John, deciso a non mandare a monte il proprio finesettimana dedicato alla tranquillità, tentò di immergersi nuovamente nella lettura. 
Ma si accorse ben presto di quanto fosse difficile farlo, con Sherlock che continuava a fissarlo e quel puzzo che persisteva nell'aria.
- Sherlock.
- Dimmi.
- Hai intenzione di restartene lì per tutta la notte?
Il detective non rispose, ma si diresse in cucina e spense il gas sopra il quale il bollitore aveva iniziato a fischiare.
Versò l'acqua in due tazze e mise il tè in infusione, poi le posizionò sul tavolo di fronte a John.
- Sai cosa sarebbe meglio di un tè?
Sherlock alzò un sopracciglio con fare interrogativo.
- Che tu ti faccia una doccia, e alla svelta.
Il consulente investigativo si sfilò cappotto e sciarpa e li gettò sulla propria poltrona.
Poi, sotto gli occhi impassibili ed esasperati del dottore, si iniziò a spogliare di ogni indumento, buttando con malagrazia camicia, pantaloni e biancheria sul pavimento e rimanendo totalmente nudo. 
John deglutì e cercò di indirizzare il proprio sguardo in luoghi che non fossero parti del corpo scoperto, glabro e sporco di Sherlock. 
Quest'ultimo si esibì in una sfilata attraverso l'appartamento per poi imboccare il piccolo corridoio e chiudersi la porta del bagno alle spalle.
Rassegnato, il dottore chiuse il libro e provò a concentrarsi su quella vecchia puntata in tv. 
Realizzò quasi subito, però, di non riuscire a seguire la trama. 
Dopo qualche altro secondo, quando il vapore profumato del bagnoschiuma si spanse nel soggiorno attraverso la porta socchiusa del bagno, John si rese conto di non potere nemmeno levarsi dalla mente l'immagine di Sherlock sotto il getto caldo della doccia. Mentre si insaponava, levando le macchie di sporco sul collo e sulle braccia, mentre si risciacquava con fare sbrigativo, le labbra e la pelle arrossate...
- John.
Il dottore sobbalzò e aprì di nuovo il libro sul grembo, in modo da coprire la propria evidente e quanto mai fuori luogo erezione.
Si schiarì la voce e alzò lo sguardo verso Sherlock. 
Fu quando posò gli occhi sul proprio coinquilino, però, che la situazione si fece davvero pressante.
Sembrava che la sua piccola fantasia si fosse materializzata davanti a lui. 
Il detective era ancora impunemente nudo, la pelle bianca, morbida e profumata grondante acqua. I riccioli neri bagnati gli ricadevano sulla fronte e sul collo, appiccicandosi, e arricciandosi verso l'alto man mano che si asciugavano.
- John - chiamò di nuovo.
- Sì. Sì, dimmi - il medico si schiarì la gola per l'ennesima volta.
- Il tè si è freddato.
John afferrò in fretta la più vicina delle due tazze e iniziò a bere con imbarazzo la bevanda, nonostante fosse fredda e amara per la lunga infusione.
- Strano come un liquido a basso tasso eccitante come il tè possa causarti una così palese erezione.
 
Al dottore andò il tè di traverso e dovette tossire parecchie volte, finché gli occhi non diventarono lucidi e la gola iniziò a bruciare.
 
- Come, scusa…?
 
Sherlock alzò gli occhi al cielo. – Hai capito benissimo. Comunque se prima vuoi liberartene, ti chiederò dopo questo favore.
 
- Che favore? – chiese John, tra il preoccupato e lo stupefatto.
 
- Pensi che sia rimasto nudo per divertimento, John? – chiese il detective, irritato.
 
Il medico preferì non fare commenti su quella domanda retorica. Infatti Sherlock proseguì il proprio discorso, spedito.
 
- Quando mi sono gettato nella fogna, poco fa, credo di essermi fatto male.
 
John sorvolò anche sulle parole “gettato” e “fogna”. – Male quanto? E dove?
 
- Più o meno alle costole asternali e anche al fianco destro. Qualche contusione e forse la decima costa si è leggermente incrinata.
 
Il lato medico di John prese la parte di quello “passionale”, mentre faceva scorrere gli occhi sui punti del corpo dell’amico presuntamente danneggiati, dove in effetti cominciavano a intravedersi piccoli ematomi violacei.
 
- Siediti al mio posto – disse, alzandosi dalla poltrona e dirigendosi in cucina a prendere la fornitissima cassetta di primo soccorso dalla cima della credenza.
Poi si inginocchiò di lato a Sherlock, il quale era accomodato a schiena dritta, ancora tutto bagnato, e ostentava l’aria di chi di quella faccenda non poteva importare meno.
 
- Sherlock, sicuro di non voler andare in ospedale?
 
Il consulente investigativo alzò un sopracciglio, quasi si sentisse insultato da quell’assurda proposta.
John prese la pomata dalla cassetta roteando gli occhi e si apprestò a spalmare il Lasonil (1) sulla zona livida del fianco.
 
- Sta’ attento.
 
- Non preoccuparti – sussurrò il dottore mentre poggiava le dita sul lato danneggiato e cominciava a massaggiare con un po’ di pomata. Per non eccitarsi nuovamente, a contatto con quella pelle calda, dovette appellarsi alla divinità che si stava divertendo in quel momento nel vederlo in difficoltà.
 
Quando la crema fu assorbita dalla pelle, ripose in fretta il tubetto nella cassetta e tornò in cucina in un lampo. Prese un respiro, aprì il freezer per prendere una borsa del ghiaccio e poi anche il cassetto in fondo per un antidolorifico.
Dopo l’ennesimo sospiro, tornò ad inginocchiarsi accanto alla poltrona dove Sherlock aspettava, tamburellando le dita sul bracciolo.
 
- Prendi quest’aspirina, è leggera ma dovrebbe farti effetto – disse porgendogli una pillola, subito mandata giù dall’altro.
 
- Il ghiaccio brucerà un po’, adesso – lo avvertì, prima di posarlo sulla costola sinistra dell’amico, dove la pelle era leggermente gonfia.
 
- Ho freddo – comunicò il detective con una smorfia.
 
John si ritrovò nuovamente ad alzare gli occhi al cielo. – Non sentiresti freddo se magari ti vestissi – facendo un favore ad entrambi… aggiunse nella propria mente. – Rischi di prenderti un raffreddore e, con la costola incrinata, respirerai già male… -.
 
- Va bene! – sbottò Sherlock con un tono strano, alzandosi dalla poltrona e andando in camera sua.
Tornò un paio di minuti dopo, a piedi e petto nudo, ma vestito dalla cintola in giù col suo solito pigiama grigio. Si riaccomodò sulla poltrona e guardò John con un sopracciglio alzato, in attesa.
Il dottore sospirò e riprese a medicarlo.
 
 
 
 
Non sono gay. si disse John, mentre schiacciava gentile il corpo di Sherlock con il proprio.
E non lo era davvero. In tanti onorati anni di vita aveva avuto decine di ragazze: magari non si era trattato di storie serie o durature, ma erano bastate a fargli capire che adorava stare col genere femminile in certe situazioni e gli uomini non andavano oltre la zona “amicizia”.
Ne era sempre stato convinto e lo era anche adesso, mentre si deliziava nel baciare il proprio coinquilino e migliore amico, il quale era decisamente maschio.
 
Non si sarebbe nemmeno trovato in quella situazione se il suddetto coinquilino, quando John aveva finito riposto la borsa del ghiaccio nel congelatore, non lo avesse implorato di fargli vedere esattamente come si sarebbe dovuto coricare per non “danneggiare ulteriormente la costola”.
E lui, da bravo dottore, lo aveva seguito nella sua camera e gli aveva detto di stendersi sul lato destro, per tenere premuta la costola sul materasso e poter respirare meglio durante la notte.
Poi, Sherlock gli aveva detto di sdraiarsi per fargli vedere come e John, nonostante avesse ormai capito da diversi secondi che l’amico sapesse perfettamente come trattare una costa incrinata, aveva obbedito, sdraiandosi sul letto e facendogli spazio.
E il detective aveva colto l’invito, coricandosi sul lato sinistro del proprio corpo, il viso rivolto verso John.
Il dottore, vedendo il volto di Sherlock così vicino al proprio, malgrado sapesse che fosse la situazione meno opportuna per farlo, ripensò a quando, sulla poltrona, lo aveva immaginato sotto il getto bollente della doccia, con le labbra socchiuse proprio come in quel momento.
E si erano baciati, senza sapere chi avesse iniziato, perché fra loro era sempre tutto complementare, intuitivo. John aveva tracciato il contorno delle labbra di Sherlock con la lingua, succhiando e mordendo piano l’arco di cupido, respirando affannato come un corridore alla fine di una corsa.
 
No, non sono gay. si ripeté John con un sorriso voglioso e lo sguardo annebbiato alla vista degli occhi socchiusi di Sherlock. Ma, per l’amor di Dio, per te potrei anche diventarlo.
 
 
 
 
 
(1) Non so se il Lasonil si chiami così anche in Inghilterra. Comunque è una sostanza a base di eparina, che “scioglie”  il coagulamento di sangue che forma gli ematomi.
  
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