Feliciano stava in piedi nella notte fredda d'inverno. Una mezzaluna illuminava debolmente l'esercito italiano ben schierato. La neve li circondava.

Dalla cima del monte in cui stava la visuale sarebbe stata quasi perfetta, se non ci fosse stato un grande e fastidioso banco di nebbia che copriva la base del pendio e il fronte.

Ad un tratto gli sembrò di scorgere nella nebbia sul fronte la bandiera rossa che contrassegnava l'esercito del fratello maggiore. Si erano separati nei tre colori della bandiera italiana;ognuno di loro tre, inoltre, aveva cucito al cappello una spilla con un oggetto che li simboleggiava: Feliciano una "P" di "Pasta", Romano un pomodoro e Seborga un pennello che gli aveva regalato Wy prima della sua partenza.

Feliciano osservò la sua bandiera, bianca, ma non di arresa, poi il suo sguardo dorato si spostò fino ad incontrare  i grandi occhi verdi di Seborga che stringeva forte la sua bandiera verde, più in giù, molto vicino al banco di nebbia. La divisa blu degli italiani gli stava leggermente larga e il ragazzo tremava; il suo esercito era piccolo e poco preparato e questa era la sua prima guerra...la prima in cui rischiava di perdere la vita, si intende...

Romano era partito già da un bel po' con il suo esercito e ancora nessuna traccia di lui.

Strano.

Molto strano.

Feliciano sospirò. Tra poco sarebbe stato il suo momento di intervenire, se Romano non si fosse ancora fatto vivo. Gli sembrava di sentire ancora le sue parole prima di partire.

"Soldati!"guardava gli italiani, "Fratelli!" aveva aggiunto rivolgendosi a Feliciano e Seborga, "mille mamme aspettano il vostro ritorno, cercate di non farvi fucilare, almeno il primo giorno. Forza, questa storia è già stata scritta e studiata, pensate di doverla ripassare? Fatevi forza! Seborga, verde come la speranza; Feliciano, bianco come la neve; e io, Romano, rosso come le ferite di guerra. Questa è l'Italia! Batteremo gli austriaci e vinceremo!!!!"

Dopodiché era sparito. E non era più tornato.

Feliciano sospirò una seconda volta e lanciò un segnale a Seborga; dovevano andare.

L'esercito avanzò silenziosamente nella neve. Nessuno osava parlare, ma tutti nella loro mente pregavano il proprio santo di poter tornare a casa salvo, anche se era ovvio che non sarebbe stato così per tutti...forse nessuno sarebbe tornato...

Seborga si avvicinò a Feliciano e gli strinse forte la mano, per fargli coraggio e per incoraggiarsi a sua volta.

Passo dopo passo si avvicinarono al fronte austriaco, finché uno sparo non squarciò il silenzio. Qualche metro più indietro un ragazzo cadde all'indietro, senza vita.

La battaglia era iniziata.

Feliciano, Seborga e l'intero esercito tirarono fuori i fucili, pronti a far fuoco. Già iniziavano ad esserci i primi morti e, avanzando, trovarono anche i resti della strage avvenuta durante la prima avanzata, quella di Romano.

Feliciano gemette e sentì il cuore stringersi.

Romano...era...?

Nella neve, un unico fiore si innalzava. Un fiore dal robusto stelo verde acceso e i petali bianchi, imbrattati dal rosso del sangue.

I colori dell'Italia, rosso sangue, bianco neve e verde speranza.

A terra, poco più in là, tre spille imbrattate e calpestate dagli austriaci vittoriosi: una "P" di "Pasta", un pomodoro e un pennello...