Hours of
panic
Tic-tac, tic-tac, tic-tac….
Due persone
guardavano incessantemente l’orologio. Mancavano solo dodici ore e finalmente
avrebbero coronato il loro sogno d’amore, sposandosi.
Migliaia di
dubbi prendevano forma, mentre osservavano le lancette dei propri orologi
scorrere con una lentezza disarmante. Come da tradizione ognuno era a casa
propria ed entrambi non riuscivano ad essere tranquilli.
Aveva
controllato e ricontrollato tutto nei minimi dettagli. Aveva
mimato centinaia di volte il suo ingresso in chiesa. Come da usanza, si
sarebbe fatta accompagnare verso l’altare sorretta da suo padre, stando attenta
a non svenire per la troppa emozione. Sapeva benissimo che sarebbe stata
oggetto di molti sguardi che l’avrebbero osservata e criticata. Erano state
definite le nozze del secolo e alla cerimonia sarebbero stati presenti migliaia
di celebrità, ma strano a dirsi, non erano loro il suo problema. Era spaventata
solo a causa della presenza di una persona, che sicuramente l’avrebbe osservata
con occhi pieni d’amore e desiderio. Gli sarebbe piaciuta? Era abbastanza
bella? Avremo una vita felice?
Scosse la testa
cercando di scacciare tutti quei quesiti ai quali non aveva una risposta certa,
ma solo dubbi e paure.
-Basta io esco!-
disse tra se e se iniziando a vestirsi. Non poteva sapere, che in una casa non
lontano, pensieri analoghi viaggiavano senza sosta e senza freni nella mente
del suo amato.
Pur di
accontentarla aveva accettato tutto ben sapendo che sfarzo e celebrità non
andavano, per niente, d’accordo con lui come il cavolo a merenda, come un dito
in un occhio o… beh neanche lui sapeva come, ma il risultato era sempre il
solito, sarebbe stato a disagio tutto il tempo finchè non l’avrebbe vista
davanti a sè.
C’era voluto del
tempo, non riusciva a capire perché bastasse la sola presenza del sua “fatina”,
come gli piaceva chiamarla nei loro momenti intimi, per poter essere in grado
di sopportare qualsiasi problema. Il giorno stesso che riuscì a comprenderlo,
completando il suo puzzle personale, si fece coraggio chiedendo la sua mano
prima a lei e poi ai suoi genitori rimanendo basito dalla loro risposta
semplice e concisa “Era ora che ti decidessi”, mentre la sua bella scoppiava a
ridere.
Con lei al suo
fianco tutti i suoi problemi sembravano una bazzecola, eppure non comprendeva
perché, a poche ore dalle nozze, gli tremavano le gambe al solo pensiero.
-Basta ora
esco!- esclamo scattando in piedi alla ricerca del suo soprabito.
Un giovane entrò
come un fulmine dentro il suo bar preferito. Era un locale molto semplice e
abbastanza isolato, ma aveva un che di caratteristico, impossibile da definire,
in grado di attirare e a far rilassare anche il cliente più agitato. Non vi
erano segni di magia e per questo adorava frequentare quel posto.
Camminò
velocemente verso il lungo bancone di legno, appoggiandosi sulla fredda lastra
di marmo che lo ricopriva. Durante il tragitto fu attirato da una giovane donna
che, poco distante da lui, stava regalando un meraviglioso “due di picche” allo
sfortunato di turno. Si ritrovò a sogghignare per l’ilarità della scena, quando
fu interrotto
–Cos’hai da
ridere tu?- gli chiese irritato il giovane.
–Ottima
performance- rispose lui, tranquillo senza segni di alcuna paura.
-Se credi di far
meglio accomodati e dopo sarò io a ridere di te- continuò il fricchettone
sicuro di se.
-Ci scommetti
una birra?- mormorò lui
-Okay, avevo
giusto sete- replicò cercando di darsi un’aria di superiorità, prendendo
posizione al suo tavolo osservandolo, mentre lui si avviava dalla povera
vittima.
-Posso sedermi?-
domandò cortesemente.
-E’ un mondo
libero- rispose la donna senza degnarlo di uno sguardo.
-Posso offrirti
una bibita?-
-Oggi non è
proprio la mia giornata- mormorò a denti stretti –Ora ascoltami bene, non sono
terra di conquista e domani mi sposo. Chiaro il concetto?- ribatté alzando la
testa per vedere chi era.
-Scusami non
volevo importunarti, ma ti ho visto pensierosa e preoccupata. Ho pensato,
dentro di me, che forse potevo aiutarti- disse gentilmente.
-No scusa tu, ti
ho aggredito pensando tu volessi provarci con me come il diavolo tentatore di
poco fa- rispose tornando ad osservare il suo bicchiere vuoto –Cosa ti fa
pensare che puoi aiutarmi?-
-Non saprei,
bisogna che tu abbia fiducia e che tu mi racconti cosa hai. Potresti iniziare dicendomi
se posso offrirti qualcosa- azzardò proponendogli il menu dei cocktail, con la
speranza che accettasse quel piccolo invito.
-Non demordi
vero?- disse sorridendo
-Non se posso
esserti utile. Il mio istinto dice che potrei esserlo e una bibita non è un
invito a letto o altro- replicò.
-Un Jack Daniels
doppio invecchiato di 50 anni senza ghiaccio- ordinò lei
-Due- disse il
ragazzo al barista tornando a osservarla nuovamente –Noto che vai sul leggero e
che sei un intenditrice-
La vide
arrossire per il complimento e accennare con le labbra un debole -Grazie-
-Posso
domandarti cosa ti spinge a bere un doppio Jack?- chiese titubante, mentre
entrambi impugnavano la propria ordinazione accingendosi a dare il primo sorso.
-Non vedo perché
dovrei dirti i miei affari personali- rispose osservandolo negli occhi, mentre
lui incurvava le labbra in un sorriso di sfida per poi risponderle sicuro del
suo pensiero
-Sembri la
tipica donna spaventata dal matrimonio-
Ancora una volta
arrossi per essere stata colta in fragrante –“la tipica donna spaventata dal
matrimonio”- recitò –Certo dover fare affidamento su di voi è quasi
impossibile. Per voi maschietti è tutto cosi facile, che ci vuole? Una domanda
e vi togliete il pensiero, poi quel che accade, accade. Vuoi sposarmi?- disse
mimando uno spasimante -Noi femminucce con gli occhioni dolci rispondiamo di
sì, magari vi abbracciamo felici e finisce tutto lì, legati per la vita- disse
con una punta di ironia. –Siete tutti uguali, è difficile che guardiate più
avanti del vostro naso-
-Touche- disse
ridendo –Però non credo che siamo tutti cosi inaffidabili, perché non mi dici
come si è comportato il tuo fidanzato. Ti ha lasciato questa impressione?-
replicò spiazzandola –Secondo te lui quanto ci avrà pensato prima di
chiedertelo, avrà avuto pure lui i suoi timori, le sue paure. Se è come dici
tu, perché hai accettato la sua richiesta? Avresti dovuto rispondere di no, che
non era l’uomo giusto per te o che non eri pronta a quel passo, ma tu non lo
hai fatto vero?-
-Beh no, lui ha
addirittura chiesto la mia mano ai miei genitori. Non si usa più da almeno
cinquanta anni…-
-E…- l’incitò
lui
-E’ dolcissimo,
premuroso, mi piace molto, ma ho paura di cosa ci riserverà il futuro- disse
tornando a guardare il bicchiere come se avesse parlato troppo, arrossendo.
-Ma sotto c’è
del altro- disse convinto di ciò che affermava
La vide agitarsi
sopra il suo sgabello, riportare il bicchiere alla bocca, bere un pochino della
bevanda ambrata, per poi riposarlo con una lentezza che aveva dell’incredibile.
-Sono incinta,
non ho ancora avuto il coraggio di dirglielo- affermò con decisione –Questo non
te lo aspettavi vero?-
-No, non me lo
aspettavo. Sono senza parole- rispose mentre rifletteva su cosa gli era stato
appena confessato. –Ti sposi perché stai per diventare mamma o perché lo ami?-
-Ha una sola
risposta quella domanda e lui la conosce bene-
-Come mai non
gli hai parlato del tuo segreto, temi la sua reazione?-
-No-
-E allora cosa
ti preoccupa?- chiese, curioso.
-Saremo dei
buoni genitori o sbaglieremo tutto? Riusciremo a far fronte alle esigenze di
questa piccola creatura o no?- disse appoggiandosi al bancone e nascondendo il
viso tra le mani.
-Sai che non ci
sono risposte a queste domande e quando potrai averle sarà troppo tardi? Ora ti rivolgo una domanda, pensi che senza un compagno di riuscire ad essere una
brava madre? Se non hai fiducia in lui non presentarti nemmeno al tuo
matrimonio o prendi tempo per decidere- quelle parole avevano avuto un effetto
devastante nelle sue vene, il cuore sembrava aver smesso di battere, il
sangue si era congelato e le orecchie avevano smesso di ascoltare.
–Ora ti offro
una possibile soluzione, vieni a letto con me stanotte. Pensa bene a cosa
proverai e domattina potrai prendere la decisione più giusta. In ogni caso
posso assicurarti che non te ne pentirai.- disse guardandola negli
occhi con malizia, per poi finire di bere il suo drink. La prese per mano e rivolgendosi al
barista, che li aveva serviti, -Il conto lo mandi a quel signore al tavolo-
disse alzando la voce per farsi sentire e vedere che andava via.
Ancora sconvolta
non si era resa conto degli ultimi avvenimenti e cercò di comprendere le ultime
parole che lui aveva detto, certo della sua risposta.
-Perché dovrei
tradire il mio fidanzato?- riuscii a dire avvampando per l’imbarazzo della
situazione cercando di nascondersi dietro il suo liquore con l’intenzione di
berlo in un sol sorso.
-Scusa, ma
questo non si addice al tuo stato e poi sicura che sarebbe tradimento?- replicò
il ragazzo senza darle tempo di reagire e portandola verso le vette del
piacere.
Il sole stava
sorgendo per dare luce ad un cielo limpido e dare origine ad una calda
giornata. Un timido raggio di sole illuminava il suo dolce viso delicatamente
posato sul petto di lui che la osservava felice in tutta la sua bellezza.
-Che ore sono?-
mormorò svegliandosi. La sera prima si era lasciata andare, avevano spento i
cellulari, lei aveva staccato il telefono della sua abitazione lanciandolo poi
sopra il tappeto, finendo per fare ore molto piccole.
-Credo siano
quasi le dieci di mattina- rispose lui accarezzandole la fronte.
-LE DIECI!- urlò
lei, svegliandosi completamente –UN’ORA AL MIO MATRIMONIO! FUORI DI QUI VATTENE
VIA, SPARISCI!- esclamò fuori di se.
-Vedo che hai
deciso, sapevo che avrebbe funzionato- Disse contento cercando di raccogliere quanti più
vestiti poteva, mentre lei lottava per buttarlo fuori di casa.
Lui era lì,
vestito elegantemente, che attendeva la sua sposa con aria impaziente. Era
nervoso, ma estremamente felice. Con nessuna logica calcolabile, non venne meno
all’appuntamento più importante della sua vita, apparendo in tutto il suo
splendore alle porte della chiesa, abbracciata al braccio del suo papà che
sorrideva orgoglioso. Tutto avvenne come nei suoi sogni, camminò lentamente
fino all’altare dove, suo padre, la lasciò augurandole i suoi migliori auguri
prima di andare a sedersi in prima fila accanto alla sua consorte. Ora era lì,
pronta a far nascere una nuova famiglia pronunciando il suo “Sì lo voglio”
forte e chiaro, quando il parroco avrebbe rivolto loro la fatidica domanda.
Lo sposo non
aveva perso un solo movimento, osservando la donna che gli aveva rapito il
cuore avanzare apparentemente sicura e compiere tutta la camminata che li teneva
dolorosamente lontani. Un passo dietro l’altro e il tempo sembrava non finire
mai, la distanza non diminuire, ma aumentare sempre più. Si cercavano con gli
occhi per darsi coraggio reciprocamente, vedendo quanto era profondo il loro
amore.
Aspetto impaziente
che suo padre la salutasse, per potersi avvicinare e finalmente averla al suo
fianco felice come non mai, rimuovendogli il velo che celava dietro la bellezza
del suo viso dolce e sorridente, con mano tremolante.
Da quel momento
in poi tutto si svolse troppo velocemente e in un batter d’occhio si
ritrovarono a camminare verso l’uscita legati per sempre.
-Tutto bene
tesoro?- domandò premuroso
-Ancora non ci
credo, siamo marito e moglie- rispose sottovoce.
-Io direi
piuttosto madre e padre, comunque stamani potevi evitare di buttarmi fuori
nudo. Potevi almeno farmi vestire- disse sorridendo.
-Lo sai che non
si deve vedere la sposa il giorno delle nozze e ad un’ora dalla cerimonia, eri
sempre a casa mia. Piuttosto, perché hai mandato il conto al diavolo
tentatore?- chiese lei, mentre salutavano gli invitati dirigendosi verso
l’uscita.
-Ha voluto
scommettere che non sarei riuscito a conquistarti, direi che ha perso, non
trovi?-
Una pioggia di
riso e di applausi blocco ogni sua risposta, mentre si girava di spalle
proteggendosi sul petto del marito.
-Ti ho mai detto
che ti amo?- le sussurrò all’orecchio circondandola delicatamente con le
proprie braccia.
-Non ancora
stamani-
-Ti amo- le
disse baciandola, mentre la abbracciava nella attesa che la pioggia di riso
scemasse.
-Anch’io ti Amo-