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Autore: SerMisty    19/06/2013    2 recensioni
"Ci volle un solo istante perché i suoi pensieri tornassero a concentrarsi sulla donna accanto a lui. La propria mano intorno alla sua, un calore che non provava da anni ma che era sempre stato vivido nella sua memoria, e che adesso gli sembrava nuovamente vicino, reale."
ScroogeXGoldie, ovviamente *____* Spero che vi piaccia!
Genere: Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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«Nipote!? Che cazzo stai facendo qui!?»
«Oh… Io… Volevo solo vedere la fine di questo sogno prima di svegliarmi. Fate pure… Non badate a me!»
«Scrooge?»
«Giusto.»
«YOW!»
Il giovanotto sospirò di sollievo quando il papero con la casacca da marinaio fu letteralmente ingoiato dal palco. Ci mancava solo Donald a fargli perdere tempo, dopo l’ancora inspiegabile intervento di quello stupido Beagle Boy!
Ci volle un solo istante perché i suoi pensieri tornassero a concentrarsi sulla donna accanto a lui. La propria mano intorno alla sua, un calore che non provava da anni ma che era sempre stato vivido nella sua memoria, e che adesso gli sembrava nuovamente vicino, reale.

 

E invece non lo era.


 
«Ce l’hai fatta.»
La bellissima Stella del Nord sorrideva, una dolcezza sul suo volto che aveva visto una volta sola durante il suo viaggio nello Yukon, solo quel pomeriggio, nel silenzio e nel segreto della sua capanna. Uno sguardo angelico che non gli avrebbe mai rivolto se fosse stata lì in carne ed ossa, a Dawson, nel Blackjack Ballroom.

 

Ma del resto non lo era.


 
Scrooge stirò le labbra in un sorriso sincero e stentato, quasi avesse dimenticato come fare. Era stupenda, era perfetta, proprio come ricordava. La sua immagine non era mai sbiadita nella sua mente. Ogni minuscolo dettaglio del suo viso e del suo corpo era proprio lì, di fronte a lui, più vicino di quanto fosse mai stato da cinquant’anni.

 

Ma forse non lo era.


 
La mano che non stringeva la sua si mosse in avanti, le sfiorò una ciocca di capelli biondi. Non aveva dimenticato quanto fossero morbidi e setosi, ma le dita gli tremarono quando li sentì sotto i polpastrelli ruvidi e screpolati.  
«Vorrei avercela fatta prima.»
«Va bene così.»
Continuava a sorridere.
Quegli occhi, verdi e luminosi come smeraldi… Quante volte li aveva visti durante la notte e sognati durante il giorno? E adesso lui era là, e ci si stava specchiando.

 

O magari non lo era.


 
«Io ho… Tante di quelle cose da dirti…»
La voce gli tremava, come non aveva mai tremato. Provò ad aprire la bocca, due, tre volte, ma non riusciva a formulare un pensiero, come in quegli incubi che ti soffocano fino ad impedirti di parlare, solo che lui aveva sperimentato questa sensazione anche da sveglio, e sempre con lei.
La bellissima Regina di Dawson scosse la testa, rassicurante.
«Lo so.»  
Sapeva. Certo che sapeva. Lei aveva sempre saputo tutto di lui, leggendo i suoi occhi come un libro, divorando con bramosia ogni pagina del suo sguardo. Lui al confronto non era altro che un analfabeta, si perdeva fin troppo facilmente nel meraviglioso e infinito oceano dei suoi smeraldi.
Non gli sarebbe dispiaciuto morire lì, in quel preciso istante. O congelarsi, in una scena eterna senza tempo né spazio. Qualsiasi cosa, purché potesse restare per sempre con lo scintillio dei suoi occhi ad illuminarlo. Tutto ciò che voleva era lì.

 

O forse non lo era.


 
Labbra che trovavano labbra, in una promessa mai pronunciata e infranta troppo presto con insostenibile fragore. Mani che sfioravano corpi, non con desiderio, ma alla disperata e vitale ricerca di un calore che entrambi sapevano di non poter avere, e che non poteva durare. Lacrime che si univano ad altre lacrime, in un fiume di parole che aveva tanto, troppo da dire, ma alcuna voce con cui potesse farlo.
Il sapore di lei era tutto. Era il centro di quella scena, era stato il centro del suo viaggio nello Yukon, ed era da cinquant’anni impresso sulle sue labbra, come una dolorosa cicatrice indelebile. E adesso che veniva rinnovato, oh, come bruciava! Ma era un fuoco dal quale si sarebbe fatto bruciare vivo.
La Stella del Nord sapeva di dolce e d’amaro insieme, di veleno e di cannella, di piccante eleganza e di squisita avidità.
E d’oro. Come Scrooge stesso, anche lei sapeva d’oro.
Nulla aveva più importanza. C’era tempo, tanto tempo per occuparsi del resto, in seguito, c’era tutto il tempo che avrebbe voluto!
 


Ma invece non c’era.

 

La giovane donna si separò, piano, e Scrooge quasi gemette, perché di aria ne aveva abbastanza per continuare a baciarla fino alla fine dei tempi. Lei poggiò il viso nell’incavo della sua spalla, stringendolo in una presa salda e forte ma rassegnata al tempo stesso.
Solo allora, mentre anche lui la cingeva fra le braccia come avrebbe voluto fare da sempre, si accorse che i contorni del palco apparivano sfumati, e così anche quelli del resto del saloon, e anche le voci dalla strada stavano affievolendosi fino a diventare degli incomprensibili bisbigli di sottofondo. Non c’era più niente e nessuno, se non loro due.
Gli occhi gli si riempirono di realizzazione, che si manifestò in lacrime di cui più tardi, forse, si sarebbe vergognato.
«Mi sto svegliando.» soffiò.
Mai aveva pensato alla realtà come un tale crudele inferno.
Lei annuì.
«Lo so.»
Stava per abbandonarla ancora.
Se solo avesse potuto, con la sua forza proverbiale avrebbe tentato di tener lontani i contorni bianchi della realtà che si avvicinavano inesorabilmente. Ma in quel caso avrebbe dovuto lasciarla – e non poteva, non poteva privarsi del suo calore, di quel calore tanto agognato!
«Non voglio.»
«Sciocchezze. E senza di te chi curerà gli affari, chi baderà ai tuoi nipoti?»
Sapeva ogni cosa, lei, sapeva tutto. Ma quel tutto gli sembrava così insignificante, in quel momento!
«Quello che accaduto oggi non potrà accadere di nuovo.»
«Lo so.»
Vide il suo corpo diventare sempre più sfumato, e ancor prima percepì il suo calore svanire. La strinse di più, così forte che le avrebbe sicuramente fatto male se ormai non fosse stata un’effimera immagine della sua mente.
L’avrebbe rivista. Ancora e ancora, forse già la notte seguente. Ma sarebbe stato il solito ripetersi di quei pochi istanti, il solito vederla da lontano, il solito volerla raggiungerla e toccare e il solito essere interrotto e scaraventato in qualche altro episodio della sua vita, come una punizione eterna per quella lettera mai letta sepolta sotto la neve. Un eterno rimpianto di ciò che avrebbe potuto avere.
Non c’era più nulla nella sala. Solo un piccolo cerchio nero che si stringeva sempre di più ai loro piedi, vinto dal bianco, e che presto avrebbe fatto precipitare entrambi in due mondi diversi, ma con la medesima solitudine.
Le sue mani non avevano più peso, il suo corpo più colore, la sua stessa persona aveva perso consistenza e le braccia di lui le passavano attraverso. Eppure la giovane donna sollevò il volto un’ultima volta, accanto al suo orecchio.
«Ti amo.»
E in quell’attimo Scrooge desiderò. Desiderò che fosse tutto vero. Desiderò di poter tornare indietro. Desiderò di perdere ogni cosa, di rinascere, di risvegliarsi giovane o bambino o povero e di poter rivivere ogni suo errore, quell’errore. Desiderò così forte mentre sentiva il vuoto sotto i piedi che se fosse stata una favola il suo desiderio sarebbe stato di certo esaudito.
 

Ma ovviamente non lo era.



Scrooge McDuck, il papero più ricco del mondo, aprì gli occhi.
Era tutto così sbagliato.
La coperta lo soffocava, il cuscino gli pungeva la nuca, il viso gli prudeva di lacrime secche sulle guance percorse ancora e ancora da quelle più recenti.
Si guardò attorno. La sua stanza, il suo oro, il suo deposito, la sua ricchezza, che tanto adorava ma che i residui del sogno gli facevano sembrare così futile, così stupida.
Presto. Doveva farlo, prima di tornare ad amare quelle monete e quel denaro, prima di perdere ogni briciolo delle emozioni che gli erano esplose dentro.
Chiuse di nuovo gli occhi, sperando di vederla un’ultima volta all’interno delle sue palpebre.
«Ti amo anch’io, Goldie.»
E poi finì. E quello Scrooge che albergava da troppo tempo in lui, che in buona fede cercava di proteggerlo da ogni possibile dolore, provò a convincerlo che era irrilevante, che non contava, che lei era solo un’illusione, un pezzo del suo passato a cui dare più importanza del necessario non valeva la pena.

 

Ma non lo era.






 


Angolino dell'autrice: Finalmente l'ispirazione mi ha permesso di finire una delle quattro oneshot che ho in cantiere! *soddisfazione*
Ok, beh... Non sono capace di dare una mia opinione personale su questa... Creazione. Lo avrete capito sicuramente, comunque io devo rompere e ve lo dico lo stesso: è la parte che non vediamo di "Dream of a lifetime" (Don Rosa tu HAI VINTO con quella storia) ispirato inoltre da un disegno su deviantart che secondo me già conoscete, visto che non sono l'unica che si è guardata tutte le fanart finché non è uscito fuori "end of results" >w>
No, seriamente... Non so che dire. Non credo sia venuta troppo male, e anche se sono OOC, beh... E' un sogno. Il suo sogno. In cui lui e Goldie possono essere quello che non sono mai stati e non saranno mai in realtà *un modo come un altro per giustificare la sua incapacità di mantenere IC questi due ^^''''*
Va bene, a questo punto, a voi! Spero che vi sia piaciuta abbastanza da degnarmi di una recensione *fa occhi dolci* Positiva o negativa, qualsiasi critica è apprezzata - fatta eccezione per il lancio di ortaggi... Frutta sì, ortaggi no XD
Comunque le altre shot sono in agguato, quindi in ogni caso non vi libererete di me così facilmente *muhahahaha*
Alla prossima!
Ser <3

 

  
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