Fanfic su artisti musicali > Tokio Hotel
Ricorda la storia  |      
Autore: HuGmyShadoW    03/01/2008    6 recensioni
Una dolcissima storia di Natale, fresca di neve, ghiaccio e di un po' di magia... Perchè quest'anno, il Natale di Isabelle sarà decisamente più dolce e sorprendente...! Indossate i guanti ed avventuratevi in questa leggera one-shot, che sa un po' di cioccolata, di panna e di tanto, tanto amore....
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Tokio Hotel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

24 Dicembre, Vigilia di Natale.

Neve. Candida, delicata, leggera, scende lentamente e incessantemente da un freddo cielo coperto. Minuscoli fiocchi, soli o in coppia, cadono lentamente e senza rumore a terra, scomparendo in apparenza, ma andando a formare, in realtà, un soffice, gelido velo bianco che ricopre ogni cosa.
Un discreto strato di neve si sta già formando sopra quel liscio, freddo pezzo di marmo.
Una mano, rossa dal gelo, sottile e tremante, sbuca, timida, da una manica forse troppo lunga di un giaccone color terra, e appoggia delicatamente una rosa rossa, non ancora dischiusa, ai piedi di una vecchia foto scolorita.

Isabelle si raddrizza e, stringendosi nelle spalle, rimane immobile svariati minuti a fissare, in silenzio, la tomba della sua mamma.
Mamma.
“È già passato un anno da quando non ci sei più...”, pensa la ragazza tristemente. “Ma dove sei andata a finire? Avevi detto che saresti rimasta per sempre a proteggermi dagli orrori di questo mondo, ma non hai mantenuto la promessa... Dove sei ora? Che stai facendo?”.
Domande, tante domande che non avranno mai una risposta.
Con un ultima occhiata e una carezza al vetro ghiacciato della cornice, Isabelle comincia finalmente ad allontanarsi verso l’uscita di quell’inospitale cimitero, lasciandosi alle spalle tracce fresche sulla nuova coltre candida e un sorriso ingiallito di un tempo ormai lontano.

Una panchina, isolata, protetta da alberi bianchi e verdi che la contornano e la racchiudono in un verde guscio. Il suo piccolo regno, il suo personale rifugio.
Una giovane ragazza è seduta sul trono del suo castello, e osserva malinconica cristalli ghiacciati coprire inesorabilmente il suo reame.
Si stringe le gambe al petto, ha freddo, ma non vuole tornare a casa. Non avrebbe senso.
I piedi le si stanno intorpidendo, le mani le pizzicano e gli occhi le bruciano.   
È da molto tempo che non piange più, anzi, esattamente un anno fa. A quel tempo tutti le dicevano di mostrarsi forte, nonostante la grave perdita, e per far felici gli altri, l’apparenza era lentamente diventata il suo vero io. Anche lei si era pian piano trasformata in un guscio impenetrabile. Un po’ come suo padre. Dopo la perdita della moglie era diventato totalmente indifferente alla vita della figlia, assente nelle piccole gioie e nei grandi dolori. Distaccato, disinteressato. E allora perché Isabelle stringe tra le piccole mani intirizzite un pacchetto ben legato con nastri colorati, dall’allegro biglietto che recita “Auguri Papà”?
Mentre la ragazza fissa assorta l’orsetto disegnato sul cartoncino, la vista le si annebbia, inizia a vedere ogni cosa distorta, come immersa nell’acqua, e capisce all’istante che sta per succedere. No, stavolta non riesce a controllarsi.
Una fredda lacrima comincia a scenderle lungo la guancia arrossata dal gelo, e prima che Isabelle possa spazzarla via, si nasconde sotto al suo mento tremante, dal quale poi spicca un salto nel vuoto. La piccola goccia salata cade a terra senza un suono, un lamento, un’invocazione d’aiuto. Come la neve, in poco tempo si scioglie, e sparisce nel nulla.
La ragazza, malinconica e addolorata, si stringe ancora di più le ginocchia al petto, preda di un freddo mai provato prima, e nasconde il viso bagnato, non da dispettosa neve sciolta, stavolta, nel relativamente più caldo pertugio fra le braccia e le gambe.
Nel buio, pensa, e non può fare a meno di ricordare i bei momenti passati coi suoi genitori, quando ancora erano una famiglia... Altre lacrime, celate agli occhi da maniche di un enorme giaccone le scorrono senza sosta sul volto.
E ad occhi chiusi, nella pace del suo personale regno verde e bianco, Isabelle, regina di un mondo di sconvolgenti fantasie, si addormenta, in attesa del risveglio di una rosa per mezzo del bacio incantato del suo Principe.

-Ehi, ciao! Che fai lì tutta sola?-.
Una voce dolce, melodiosa, quasi ipnotica risveglia la ragazza.
Isabelle alza di scatto la testa, confusa, spargendo tutt’attorno a lei la neve che le si era posata sul capo.
Un ragazzo, alto, slanciato, con un cappello in testa che raccoglie morbidi capelli scuri la osserva sorridendo.
Nonostante la vista annebbiata, la giovane riconosce che ha un viso stupendo, e un sorriso abbagliante.
Ben presto, l’espressione dello sconosciuto cambia, da cortese e allegro a stupito e preoccupato.
-Ma... Perché stai piangendo? È successo qualcosa?-.
Isabelle, sbalordita da tanta gentilezza, reagisce come il suo solito: creandosi uno scudo di protezione da quelle parole mielate.
-No... E anche se ti dicessi che ho qualcosa che non va, a te cosa importerebbe?-.
Stavolta tocca al ragazzo stupirsi.
-... Be’... Scusa, ma non è bello per me vedere una bella ragazza come te così triste la vigilia di Natale...-, dice, esibendo un lieve sorriso stiracchiato.
Isabelle sospira, e trafiggendo lo sconosciuto con uno sguardo carico d’odio, sbotta:
-Si può sapere cosa vuoi tu da me?! Cosa te ne può fregare, a te, di una specie di barbona come me? Tu puoi avere vestiti firmati, una minestra calda in tavola ogni sera, libri a volontà! Avrai anche un sacco di amici, e una famiglia amorevole, una mamma che ti rimbocca le coperte, e un papà che viene a vederti quando hai una qualche dannata gara! Perché allora vuoi interessarti tanto di me? Perché??-.
Le parole le escono da sole, non riesce a fermarle, come le lacrime bollenti che ricominciano a rigarle la faccia, immediatamente nascosta fra le sue braccia congelate.
Dopo qualche minuto di singhiozzi, una mano guantata le si posa delicatamente sulla spalla. Isabelle alza lo sguardo bagnato.
Il ragazzo, serio, le porge l’altra mano, e senza un ordine vero e proprio, ma quasi chiedendo un piacere, le dice a mezza voce:
-Perché non vieni con me a prenderti una cioccolata calda? Credo tu abbia bisogno di sfogarti con qualcuno, e io sono disposto ad ascoltarti... -, conclude, quasi sussurrando, con un sorriso.
La ragazza, senza nemmeno rendersene conto, afferra timidamente il guanto nero di quello sconosciuto tanto premuroso, fregandosene delle solite raccomandazioni di star lontani da chi non si conosce, e con un po’ di fatica e tanta pazienza da parte di lui, riesce finalmente ad alzarsi da quella scomoda postura prolungata e resa rigida dalla neve.
E un po’ barcollando, la regina esce dal suo regno, sottobraccio al suo stupendo, personale angelo custode.

Poco dopo.
Due ragazzi sono seduti in un piccolo bar. Davanti a loro, due enormi tazze di cioccolata calda. E un desiderio di liberazione che non può più attendere.
-Io... sono Isabelle, molto piacere...-, dice la ragazza porgendo la manina infreddolita al ragazzo che ha davanti, un po’ imbarazzata.
-Piacere! Io sono Bill... molto lieto di conoscerti...-, risponde il giovane, tentando quasi di studiare l’espressione di lei in cerca di qualcosa, un po’ stupito, un po’ incredulo, un po’ sollevato, chissà perché...   
-Ecco... Ti prego di scusarmi per la reazione di prima... Io... non ero in me... cioè...-, spiega balbettando Isabelle.
-Tranquilla! Non ci penso nemmeno più io, quindi non farlo tu... Allora, che ne dici di sfogarti un po’ con me?-, chiede Bill dolcemente, stringendole piano le mani nelle sue.
Altre lacrime minacciano di strabordarle dagli occhioni azzurri spalancati, ma con grande sforzo, la ragazza riesce a confinarle in un angolino del suo cuore.
Prende fiato, si sposta all’indietro una lunga ciocca corvina e comincia.
Come un fiume in piena, racconta a quel ragazzo dallo sguardo come miele tutta la sua vita, le sue gioie ed i suoi dolori, dal primo giorno di scuola alla recente perdita della madre. Ma quando arriva a suo padre, deglutisce, e si ferma. Capisce di essere stata ingiusta con il genitore, di non averlo trattato come in realtà meritava, e che il comportamento che aveva con lei era in realtà solo un riflesso del suo.
Bill si accorge di questo blocco, e capisce. Le fa una carezza leggera sulla guancia, e sussurra:
-Secondo me faresti bene a correre a casa per darglielo...-, dice, indicando con un cenno del capo il pacchetto sulla sedia accanto alla sua. -È quasi Natale, non devi tardare...-.
Sentendosi un groppo in gola, Isabelle prende lentamente e poi stringe forte tra le braccia il regalo dalla confezione colorata. Rimane così qualche secondo, finché non riesce ad alzare lo sguardo umido d’amore verso quel ragazzo tanto bello e tanto gentile, poi si alza e gli schiocca un sonoro bacio sulla guancia. Riesce a balbettare: -Grazie...-, e poi scappa fuori, senza nemmeno lasciargli il tempo di rispondere, rosso d’imbarazzo:
-... Ma figurati...-.


All'esterno dal negozio. L’aria è gelida, pulita. Il cielo ora è sereno. Non nevica più. Le stelle, spuntate all’improvviso, sorridono a quella ragazza, che dopo aver finalmente rotto il guscio che la proteggeva ma che anche le imprigionava l’anima, è pronta ad iniziare una nuova vita.
Nel silenzio, all’improvviso, però, due cellulari cominciano a cantare un allegro “Jingle Bells”, obbedienti alla programmazione ricevuta.
Isabelle si volta. Bill è dietro di lei, poco fuori dalla porta che si è appena lasciata alle spalle, e tiene in mano un telefonino, dello stesso modello che la ragazza ha estratto in quell’istante dalla tasca. Il giovane sorride, e spegne con un dito dall’unghia smaltata la sveglia del minuscolo apparecchio elettronico. Lo stesso fa lei.
Il ragazzo si avvicina lentamente, e quando le è a pochi centimetri, sorride, e le sussurra piano, inebriandola del profumo del suo fiato ardente:
-Non potevo lasciarti andare proprio adesso...-.
E mentre campane in festa iniziano a suonare e cominciano ad udirsi esclamazioni di gioia in ogni dove, Bill ride piano, e abbassandosi, mormora all’orecchio di Isabelle il più dolce e il più semplice augurio che si possa desiderare:
-...Buon Natale...-.


31 Dicembre. Ultimo giorno dell’anno.

Isabelle è indecisa. Ha una mano sul pomello della maniglia di casa e un piede sul marciapiede.
È dal giorno di Natale che non passa più in cimitero, a dare un saluto alla sua mamma.
“Chissà se la rosa è appassita del tutto... Allora dovrei cambiarla...”, riflette. Il suo respiro forma nuvolette di vapore nell’aria. La neve del giorno prima, quasi sciolta del tutto, rende pericoloso qualunque percorso a piedi.
È dal quel giorno che non ha più visto nemmeno quel ragazzo, Bill.
Già, Bill... lo ha pensato tante volte, in questi giorni... Troppe, forse... Perché? E ad ogni dolce flash dell’ unico periodo passato con lui, le guance le si dipingono ogni volta di rosso... Ma perché?!
Alla fine, Isabelle sceglie. E in questo modo, decide, senza saperlo, anche il suo destino.


-Ecco qui, una rosa fresca per te, mamma...-, dice piano la ragazza, appoggiando accanto alla foto di sua madre un vaso, il più bello e il suo preferito, pieno d’acqua.
In mezzo a tutto quel bianco, una macchia rossa spicca come il fuoco, e come il fuoco, riesce a riscaldare il cuore di Isabelle.
La  ragazza rimane ad osservare l’effetto del contrasto per qualche minuto, spazza via qualche solitaria foglia secca e pulisce con la manica la cornice della fotografia della donna sorridente.
Sta perdendo tempo, lo sa. Ma non vuole illudersi ancora.
Improvvisamente, un raggio di sole inaspettato, debole ma comunque visibile, colpisce timidamente il fiore scarlatto, donandogli inimmaginabili riflessi. Isabelle rimane incantata dalle mille sfumature di ogni petalo. Poi, così come se n’è venuta, la fioca luce svanisce, ma il suo messaggio l’ha ormai lasciato.
Isabelle ha capito. Rincuorata, prende coraggio, si decide, infine. Soffia una bacio alla lapide, e con un sorriso, comincia a correre verso l’uscita del cimitero, con il cuore gonfio di speranza e un desiderio in più da voler realizzare.


Parco, la panchina più isolata. Il suo regno. Che oggi non è disabitato.
Isabelle arriva correndo, e quando si ferma per riprendere fiato, piegata, appoggiata alle ginocchia, vede all’improvviso spuntarle davanti un paio di piedi.
Alza la testa, e il suo piccolo cuore fa un balzo. È lui.
-Ciao! Ti stavo aspettando, sai?-, esclama allegramente Bill.
-D-davvero?-, chiede la ragazza sbalordita. Come nelle fiabe, eccolo lì, il suo Principe. Solo per lei.
-Be’, in realtà no, non sapevo se saresti davvero arrivata... Ma lo speravo tanto...-, confessa a mezza voce il giovane.
Le guance della moretta si colorarono immediatamente di rosso.
-Sono felice di vederti...-, mormora lei.
-Anch’io... Senti, posso chiederti un piccolo piacere?-, domanda Bill avvicinando il viso a quello di Isabelle, improvvisamente complice.


Più tardi. Grande casa in centro. Sera.
-Ehi, quindi tu sei la famosa Isabelle!! Bill ci ha parlato molto di te, in questi giorni!-, esclama il ragazzo dai capelli castani perfettamente piastrati.
-B-be’, sì, sono io...-, risponde la giovane, imbarazzata.
-Già, già... Comunque piacere, io sono Georg!-.
-Io Gustav!-.
-E io Tom, il fratello di quella mezza checca, piacere!-, si presenta per ultimo il ragazzo con i rasta.
-Sono... molto felice di conoscervi, tutti! È... davvero una... sorpresa, che mi abbiate invitata alla vostra festa di Capodanno... Sono... molto lusingata...-, balbetta in totale confusione Isabelle, imbarazzata, stringendo la mano a tutti i ragazzi, che ridacchiano piano, inteneriti dalla sua dolce vergogna.
-Su, su, lasciatela respirare! Non vedete che l’avete fatta arrossire? Forza, girate al largo!-, sbraita Bill, finto burbero, facendo grandi gesti con le braccia ingioiellate, come per scacciare degli insetti fastidiosi.
I tre ragazzi si allontanano, brontolando, mentre il moretto si avvicina alla ragazza color pomodoro, e le sussurra:
-Ti ringrazio di aver accettato il mio invito! Non so se ce l’avrei fatta a trattenerli da solo, stasera! Spero che tu riesca a contenerli, almeno un po’..!-, mormora ridacchiando.
-Be’, lo spero...-, bisbiglia di rimando Isabelle, fissando preoccupata il trio cominciare a fare la lotta sul divano, pericolosamente vicini al tavolino delle bibite.
Bill e Isabelle si guardano, e poi scoppiano a ridere insieme, cominciando ad avviarsi verso i tre ragazzi sul divano, mescolati in un intrico di gambe e braccia, per cercare di sciogliere loro e la situazione.

-Ed ora, un bel brindisi! Forza, in alto i bicchieri!-, esclama Bill alzandosi in piedi.
I cinque ragazzi sono seduti a tavola, ognuno impegnato con la sua porzione di pollo e patatine fritte.
Tom smette di masticare, e con la bocca mezza piena, dice:
-...Ma sei cretino? Manca ancora un’ora a capodanno! Finisci di mangiare, piuttosto-.
Bill si risiede lentamente, mortificato, e a testa bassa mormora, sporgendo in fuori il labbro inferiore:-Nessuno vuole mai fare un brindisi quando lo propongo io...-, e solleva uno sguardo da cucciolo bagnato verso Isabelle, che non si trattiene ed inizia a ridere come una matta, nascondendosi sotto al tavolo. E all’istante, nuove risate alimentano la cena sfarzosa, insaporendo ogni piatto e rendendo più dolce ogni bevanda.
Finalmente, quando la ragazza riesce a calmarsi, rispunta da sotto la tovaglia immacolata, e mormora, senza fiato:
-Era da tanto che non ridevo così...-. Per non farsi rapire dai ricordi e dalla malinconia, sorride, e chiede, cercando di essere disinvolta:
-E voi ragazzi? Che fate nella vita? Lavorate o studiate?-.
Il gruppo si lancia una breve occhiata di stupore, rimanendo in silenzio finché Bill non prende la parola, e con un sorriso obliquo un po’ incredulo, comincia:
-Be’, in realtà...-.


-Sul serio siete musicisti? Che figata! E siete un gruppo famoso?-, chiede innocentemente la ragazza, spingendo via il piatto vuoto e appoggiandosi sui gomiti per sostenersi la testa.
Gustav e Georg, sbuffano forte dalla bocca, e poi nascondono il viso nei rispettivi tovaglioli nel vano tentativo di nascondere una risata di scherno.
Isabelle si raddrizza e chiede candidamente:
-Ho detto qualcosa che non va?-.
-No, tranquilla... Forse nella cola c’era qualcosa che li ha fatti ubriacare...-, dice a denti stretti Bill dando forti pacche sulla schiena di Georg, in preda ad  un momentaneo soffocamento.
Per lui, risponde Tom, sorridendo, con un sopracciglio alzato:
-Hai mai sentito parlare dei Tokio Hotel?-.
Isabelle rimane pensierosa un attimo, poi il viso le si illumina e mormora, scavando nella sua memoria:
-... Forse vi ho già sentiti nominare...-.
-Allora non trovi che siamo magnifici?!-, esclama il rasta, allargando le braccia.
-Zitto, Tom...!-.
-Grazie Bill... Be’... uao…! Davvero, non mi aspettavo di... conoscere delle vere rockstar! È la mia serata fortunata!-, dice ridacchiando la ragazza, ancora incredula.
-... Che potrebbe non concludersi...-, sussurra il rasta maliziosamente, ricevendo subito in risposta uno scappellotto dal fratello.
-Ahia! Ma che ho detto?!-, esclama il chitarrista, massaggiandosi la testa.
E ancora risate, e allegria, in quella casa sconosciuta, in mezzo a nuovi amici e vecchi, lontani ricordi.


-Isabelle... Vieni con me...-.
La ragazza alza gli occhi dalle carte che tiene delicatamente in mano, e domanda, stupita:
-Dove? Bill, stiamo finendo la partita, e mancano solo pochi minuti a mezzanotte...-.
-Appunto per questo... Forza, vieni...!-, insiste il moretto, quasi saltellando, mentre la giovane si alza con un sospiro, posando le carte. Quasi immediatamente lui le prende la mano e comincia a tirarla con impazienza su per scale mai notate prima.
I tre ragazzi, rimasti di stucco, rimangono immobili, a bocca aperta, a fissare uno spazio vuoto.
Poi, Georg e Gustav lanciano sul tavolo davanti a loro tutto il mazzo di carte, mormorando:
-Abbandono... Tanto quelli non torneranno più...-.
Tom tiene ancora stretti i suoi re e regine, un mezzo sorriso stampato in volto.
Poi si alza sospirando, e con lo sguardo sempre puntato sulle scale dalle quali sono appena scomparsi due ragazzi, mormora, ridendo a fior di labbra:
-Sei un caso disperato, fratello...-.
E si avvia in cucina a tirar fuori dal frigo lo spumante.

Sulla terrazza. Un cielo stellato come tetto, e come unico riscaldamento due respiri.
-Bill, perché siamo venuti qui?-, chiede Isabelle, battendo i denti per il freddo e pestando forte i piedi a terra.
Il ragazzo non risponde, ma si affaccia fuori, e alitando nuvolette di vapore, allarga le braccia verso l’alto e inclina la testa all’indietro, sorridendo alle stelle.
-Da quassù sembra di stare al centro del mondo, non è vero?-.
Poi si avvicina a Isabelle, gentilmente le prende una mano e la conduce al parapetto di pietre, reggendola per un braccio affinché lei possa guardare giù.
Il vento, improvvisamente, le scompiglia i capelli e le apre un sorriso, mentre la ragazza osserva quasi con riverenza tutte le piccole luci di quella cittadina della Germania.
Si ritira, rabbrividendo, e si trova ad osservare da vicino Bill negli occhi, quegli enormi, sinceri, puliti occhi nocciola, che riescono a nascondere senza sforzo un intero labirinto di emozioni.
Quasi inconsciamente, i due corpi cominciano ad avvicinarsi sempre di più, finché lui non avvolge le braccia attorno alla vita di lei e lei cinge dolcemente i magri fianchi di lui. Non c'era niente da dire...
-Da qua sopra si vedono benissimo i fuochi d’artificio, sai?-, bisbiglia il moro all’orecchio della ragazza appoggiata al suo magro petto.
Isabelle non risponde, ma rimane ad osservare le stelle, serena, pensando al suo passato ed al suo futuro.
Alza gli occhi, e nota una cosa che la fa ridere sottovoce.
-Cosa c’è?-, chiede Bill guardandola in viso.
Lei solleva la testa, e con una mano indica il piccolo ramoscello sospeso sopra le loro teste.
-Uao, vischio!-, esclama il ragazzo.
-Non dirmi che credi davvero alle sciocchezze sull’amore eterno, vero?-, domanda la ragazza, sollevando un sopracciglio, come a sfidare il giovane.
Bill ridacchia piano, avvicina il viso a quello di Isabelle e le sussurra, la sua bocca a pochi millimetri dalle rosee labbra di lei.
-Be’, in realtà no... Ma è sempre meglio provarci, non credi?-.
E con un sorriso, due vite si uniscono.
Le labbra dei due ragazzi, infreddoliti, ma scaldati dal sentimento più importante a questo mondo, l’amore, cominciano a rincorrersi proprio mentre i primi botti colorati iniziano ad esplodere in cielo.
Mezzanotte. Un nuovo anno. Una nuova vita.
Isabelle si stacca dolcemente dal viso pallido di Bill, e sorride, alzando la testa per osservare, meravigliata come la prima volta, quei prodigi della mente umana. E in quell’attimo di pura poesia, un solo pensiero, mentre due labbra si mescolavano ancora, e ancora, e ancora:
“Questo è senza dubbio un nuovo, meraviglioso inizio...”.
E poco lontano, in un cimitero imbiancato, accanto a una tomba spoglia, una rosa rossa, timida, esitante, bellissima, apre finalmente i suoi petali, mostrando la bellezza di un fiore al mondo intero.




    
   
 
Leggi le 6 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Tokio Hotel / Vai alla pagina dell'autore: HuGmyShadoW