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Autore: Shin_Igami    03/01/2008    1 recensioni

Maledetto tempo, un giorno me la pagherai...
E maledetti narratori onniscenti!
Genere: Parodia, Sovrannaturale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La pioggia sgocciola, s’insinua nell’asfalto.
Scruto qualcosa, chinato sulle pozze d’acqua.
Sembrerebbe un cane… taglia grande, collare giallastro, carnagione inspiegabilmente chiara… non ne ho una visione nitida.
Le gocce discendono la finestra e confondono la vista. L’oscurità si deterge, disciolta nei fiumiciattoli che mi scorrono a un palmo dal naso, preparandosi come ogni giorno alla lunga nottata.
È il campanello a destarmi dal torpore.
Cammino fino alla soglia di casa. Mi prendo qualche secondo per maledire l’imbucato delle 17:11.
Una mandata. Due mandate. Tre mandate. Alla quarta mandata ho un’idea geniale. Con gli occhi sbarrati e la corporatura flessuosa, mi atteggio da perfetto becchino. Liquiderò persino il Buddha il prima possibile.
Il rinculo del quasi viaggio mentale mi donava un’aria macabra. Cazzo, avrei dovuto ordinare qualche lapide di cartapesta. Probabilmente la mia improvvisazione a budget sottozero avrebbe fatto impallidire un certo George Andrew Romero.
Abbasso la maniglia e dischiudo la porta, quasi curioso di accertarmene.
È il vicino. Sciarpa ocra vagamente familiare. Il sacro custode del parquet che è in me trasale «Le sta gocciolando il mento.» accortosene, si asciuga velocemente passando una manica del cappotto.
I suoi occhi vanno solo ora sul mio viso. Il vicino scatta, con un contegno degno di chi non deve mai esser stato a un funerale, quasi inciampa; visibilmente ansioso di sdrammatizzare, caccia fuori un sorriso con tanti denti e numerose finestrelle. Giurerei di vederci del fango.
Il seccatore è telegrafico: «Sono qui per il compenso stabilito.»
Di cosa va blaterando? «Mi scusi, ma per cosa avremmo stabilito un compenso?»
Il vicino sembra sicuro di sé: «Diceva di aver bisogno di una comparsa per una trovata letteraria, un certo “atto primo”. Ha anche parlato di qualcosa che non ho ben capito riguardo alla privazione della dignità e la bestificazione umana.»
«Ma…»
Stanco e irritato, estraggo la prima banconota che mi capita fra le dita, e glie la porgo con l’intenzione di controllare a neuroni freschi la perdita.
«Oh! La ringrazio molto.» quel sorriso fangoso si è fatto troppo teso: sarebbe meglio rimandare il controllo a neuroni freschi e ad una buona dose di morfina.
«Ora è soddisfatto..?! »
«Beh, a dire il vero, mi chiedevo se aveva intenzione di scrivere altri “atto primo”…sa, magari poss…»
Reggere lo sguardo di un becchino deve essere troppo per il cretino del vicino. Scatta una seconda volta, mi saluta, si scrosta dall’uscio e si dilegua nella penombra alitata dal lume del corridoio.
La notte è nitida e senza nuvole, non scende più la pioggia. La luce del giorno si è fermata a spiare l’eterna compagna da sotto il vespro. Proprio come accade da molto prima che i miei occhi appannati impararono a non farsi troppi crucci sulle stelle.

Maledetto tempo, me l’hai fatta ancora una volta.
E maledetti narratori onniscenti!
  
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