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Autore: Martowl    19/06/2013    3 recensioni
A volte un regalo di compleanno può far paura.
Soprattutto se ti obbliga a chiudere gli occhi e ad affidarti ad un'altra persona.
Fino a quando, quella persona, è la tua migliore amica, tutto va bene. Ma quando quel tocco sulla tua pelle appartiene ad un ragazzo, come dovresti reagire?
Maia compie diciotto anni ed Esmeralda aveva un suo regalo.
**
«Perché siamo qui, Esme?» chiese, un po’ inquieta.
«Devo darti il mio regalo» rispose l’altra sicura.
«E non potevi farlo nell’altra stanza, davanti agli invitati?».
«Quando mai ho fatto ciò che la gente si aspettava da me?» disse ridendo.
**
Alberto riusciva a pensare solo a quanto fosse bella, quella ragazza davanti a sé.
«Esmeralda, ho paura» disse Maia.
Il ragazzo mise le mani nelle tasche, per reprimere la voglia di toccarla.
Diciotto anni.
Non ci poteva credere nemmeno lui che fosse così tanto cresciuta.
**
«Ora voglio che tu smetta di parlare. Ascolta solo la mia voce, segui i miei passi. Attiva tutti i sensi.» sussurrò Esmeralda, per non rovinare l’atmosfera.
Maia sentì le mani dell’amica staccarsi dalla sua schiena e si fece prendere dalla paura.
«Rilassati» le disse immediatamente l’altra.
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Sotto la seta.

e

Betato da Flamel


 


«Fidati di me».
I brividi la pervasero, appena sentì la voce di Esmeralda, affianco a sé.
Maia era immobile, mentre una leggera benda di seta verde le copriva gli occhi. Sorrise per quel piccolo dettaglio. Tutto ciò che possedeva era sulla tonalità del verde.
Erano anni che amava il verde ed Esmeralda lo sapeva bene.
 
Sentiva la voce dell’amica ovattata, al suo fianco.
Il tessuto le copriva le orecchie, rendendo il tutto meno reale.
«Perché siamo qui, Esme?» chiese, un po’ inquieta.
«Devo darti il mio regalo» rispose l’altra sicura.
«E non potevi farlo nell’altra stanza, davanti agli invitati?».
«Quando mai ho fatto ciò che la gente si aspettava da me?» disse ridendo.
Maia si rilassò a sentire la tranquillità dell’amica.
 
Era il suo diciottesimo compleanno e aveva invitato gli amici più cari.
C’era chi l’aveva seguita passo dopo passo, fin dalla tenera infanzia, c’era chi la conosceva da poco, ma che si faceva voler bene come se fossero passati anni. C’era persino chi conosceva il suo sorriso, le sue sfumature di gioia, ma, soprattutto, c’era quel piccolo cerchio che oltre a conoscere tutto ciò, sapeva riconoscere bene le sue più grandi paure. Naturalmente, Esmeralda era tra questi ultimi.
Rossa di cuore e di capelli, quest’ultima faceva parte della vita di Maia da tempo. 
 
«Sai quanto io ti voglia bene, quanto tu sia importante per me».
Quando Esmeralda iniziava questi discorsi, Maia stava zitta e ascoltava.
«Abbiamo superato tempeste, ma anche mari calmi. Tu mi hai accompagnata ai miei diciotto anni e io farò lo stesso con te. Devi solo fidarti di me, ancora per un po’» le disse lentamente.
«Inizio a preoccuparmi, Esme».
Di nuovo la sua risata allegra. La rossa sapeva bene quanto non le piacesse sapere cosa stava succedendo.
«Voglio solo che tu stia tranquilla, rilassati!» le disse infatti.
Maia provò a seguire i consigli dell’amica che, per sua fortuna, le venne in aiuto massaggiandole le spalle.
«Sei più dura di una lastra di pietra» la schernì Esmeralda.
«Tu di certo non mi aiuti» rispose Maia, imperterrita.
«Quel colore ti dona molto!».
Maia si morse un labbro per non sorridere.
«Non cercare di sviare il discorso, amica» sottolineò la parola.
Non riuscì a trattenersi, però.
Aveva girato qualsiasi negozio esistente, per trovare quel vestito. L’aveva sognato, agognato, per mesi.
Si era impegnata quell’estate: giusta alimentazione, cura di se stessa.
Era il suo regalo di compleanno.
Finalmente, Maia, si sentiva bella.
 
**
 
Alberto riusciva a pensare solo a quanto fosse bella, quella ragazza davanti a sé.
«Esmeralda, ho paura» disse Maia.
Il ragazzo mise le mani nelle tasche, per reprimere la voglia di toccarla.
Diciotto anni.
Non ci poteva credere nemmeno lui che fosse così tanto cresciuta.
Era lì in quell’ospedale, quando nacque.
Era piccolo anche lui, aveva solo quattro anni e si stava annoiando.
Ma la sua mamma e il suo babbo erano cari amici dei genitori di Maia.
‘Non possiamo certo perderci la nascita della figlia di Simone, Alberto!’ gli disse Cesare, suo padre.
Era l’ennesima lamentela che faceva.
 
L’aveva vista crescere sotto i suoi occhi.
L’aveva vista piangere, ridere, mangiare e dormire.
Era sempre stata Maia, la piccola Maia. Come se fosse una sorella.
 
Quando Esmeralda si era presentata a casa sua, non capiva cosa stesse succedendo.
L’aveva vista spesso in giro con la ragazza.
«Hai bisogno di qualcosa?» chiese Alberto, titubante.
«Ho bisogno di te» rispose velocemente la rossa.
Si era stancata di vedere Maia sempre distrutta.  
«Sono quattordici anni che tu non ti accorgi di Maia» gli disse, leggermente adirata.
«Scusami?».
«Sarà un lungo racconto, accomodati» rispose la ragazza.
 
Alberto aveva perso il filo un paio di volte, facendo arrabbiare Esmeralda.
Alla fine del racconto, rimase interdetto. Mai si era reso conto di tutto ciò che nascondevano i favori di Maia, i suoi sorrisi, la sua solidarietà, la sua gentilezza.
«Per me è una sorella» cercò di chiarire Alberto, confuso.
«Pensaci, ti prego» disse la rossa, prima di andarsene.
 
Alberto ci aveva pensato a fondo e, guardando quella dolce creatura che aveva davanti, capiva di aver fatto la scelta giusta.
Non se la ricordava più così o forse non l’aveva mai guardata.
 
«Ora voglio che tu smetta di parlare. Ascolta solo la mia voce, segui i miei passi. Attiva tutti i sensi.» sussurrò Esmeralda, per non rovinare l’atmosfera.
Maia sentì le mani dell’amica staccarsi dalla sua schiena e si fece prendere dalla paura.
«Rilassati» le disse immediatamente l’altra.
Sentì delle dita intrecciarsi alle sue e sospirò tranquilla.
Ma quando si accorse della grandezza, si staccò velocemente.
«Ho bisogno che tu ti fidi di me, Maia. Non ti farò mai del male, lo sai» rispose, ormai esasperata Esmeralda.
L’altra annuì, deglutendo. Allungò nuovamente la mano e attese.
 
Alberto non se lo fece ripetere e intrecciò le loro dita.
Accarezzò, lentamente il suo dorso. Liscia e candida.
Aspettò vari minuti, cercando di farla abituare. Quando sentì il respiro regolarizzato, allungò una mano fino all’altro braccio e lo accarezzò dolcemente.
Subito Maia sussultò, cosa che fece sorridere molto al ragazzo.
 
Lentamente Esmeralda si allontanò dalla coppia.
Sorrise, in direzione dei due che si stavano scoprendo.
Aveva avuto paura di non essere riuscita a convincere Alberto.
Quattordici anni. Quattordici anni che Maia era innamorata del ragazzo e lui non se ne era mai accorto.
Esmeralda preferiva dire che non si era mai reso conto di ricambiare i suoi sentimenti.
Brutale ottimismo, lo chiamava Maia.
Semplicemente realismo, rispondeva Esme.
 
Erano passati diversi minuti e Maia si stava abituando a quella presenza sconosciuta.
Le suscitava fiducia, tranquillità.
Aveva sentito chiudersi la porta, aveva sentito l’assenza del profumo di Esmeralda, ma, al contrario di quanto credeva, non si fece prendere dal panico.
Sentiva dei sospiri al suo fianco, sempre più profondi.
Aveva allungato una mano lentamente, fino ad appoggiarla sul suo petto.
Non si faceva scrupoli, pensò Alberto, felicemente sorpreso.
Per tutta risposta, si spinse verso la ragazza e appoggiò lentamente un braccio sul suo fianco.
Era dimagrita.
Abbassò lo sguardo, incontrando il volto di Maia.
Labbra carnose, occhi marroni nascosti dalla stoffa.
Ma quelle labbra, leggermente aperte per la sorpresa, attirarono tutta la sua attenzione.
 
Si avvicinò, appoggiando il naso su di esse.
Non era sicuro di poterla baciare. Non era più sicuro di nulla, in quel momento.
 
Maia sentì il profumo.
Come se fosse possibile non riconoscere quella fragranza.
Ogni volta che andava a casa sua, da piccola, si chiudeva in bagno e cercava la boccetta.
Blu, in seconda fila, dietro il flacone di crema.
E già lo vedeva, lo sentiva sorridere su di sé.
Quegli occhi castani, quelle leggere efelidi sul volto. Un paio di occhiali che sempre aveva odiato, ma che Maia adorava.
Non si scompose e fece finta di nulla.
Ma dentro di sé, racchiudeva una felicità immane. Poteva solo dire ‘Grazie. Grazie Esmeralda.’
Perché fidarsi di lei, fidarsi di Alberto poi, era dannatamente facile.
 
La vide sorridere e lo prese come un assenso.
Si avvicinò e poggiò le labbra sulle sue.
Sospirò rumorosamente, per poi allontanarsi.
Non era giusto.
 
Maia ne sentì la mancanza.
Non poteva già essersi stufato.
Poi le risentì.
Vaniglia mista a dolcezza.
 
Era buona Maia, talmente buona che Alberto ne voleva ancora.
Affondò le mani tra i capelli e prese la seconda decisione della giornata.
Rimanendo attaccato alle labbra della ragazza, sciolse il nodo del tessuto.
E seppur Maia amasse il verde, veder cadere quel pezzo di seta, la rese solamente felice.
Perché se era quel marrone, quello dei suoi occhi, che eliminava il verde, allora Maia poteva accettarlo.
 
Sorrise in direzione del ragazzo.
Tutto era giusto, tutto era perfetto.
Entrambi lo pensarono, guardandosi.
 
«Alberto» disse solamente lei.
 
«Buon compleanno Maia» rispose, ormai sulle sue labbra, lui.

***
Salve, bella gente.
Tutto ciò è il risultato di un sogno.
Sogno, perché la mia migliore amica lo ha sognato due notti fa. 
Sogno, perché non sarebbe male ritrovarsi in una scena simile, no?
Ci ho messo molto di me in questa piccola storia. 
Ci sono momenti della mia vita, persone reali. 
E io spero che vi sia piaciuta. Lo spero ardentemente. 
Non penso di dover dire altro, spero solo qualche vostro commento a riguardo. 
Grazie per aver perso del tempo con me. (:

Bisou, 
Martowl.


   
 
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