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Autore: PurpleStarDream    19/06/2013    6 recensioni
Steve riceve da Fury l'ordine di radunare tutti i Vendicatori per un importante incontro, ma non riuscendo a trovare Bruce decide di andarlo a cercare di persona in camera sua. Lì trova dei brownies che decide di assaggiare. Ma non si tratta di semplici dolci, e il biondino finisce, sotto il loro effetto, per dire a Tony una cosa che quest'ultimo non prende affatto bene.
Warning: Uso accidentale di stupefacenti.
Genere: Angst, Comico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Steve Rogers/Captain America, Tony Stark/Iron Man, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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BROWNIES SENZA FILTRI

 

 

N.d.A.

Prima di cominciare devo dire che questa era una storia che mi frullava nella testa da un bel po’. Da quando ho visto “The Avengers” e ho sentito Tony ipotizzare che Bruce fumasse erba mi sono chiesta cosa sarebbe potuto succedere se fosse stato veramente così, ed ecco la fan fiction, anche se qui per ora nessuno fuma, ma ci sono i brownies.

Non ho idea né del sapore che abbiano i brownies alla marijuana né dell’effetto che possono dare (perciò non cercate di mangiarli per scoprirlo, mi raccomando). Per rendere la storia veritiera mi rifaccio alle opinioni trovate su Internet e al dizionario di tutti i curiosi: Wikipedia. Steve fa delle cose che alcuni di questi sperimentatori pare abbiano fatto davvero, ma, come ho detto: opinioni della rete. Sinceramente ho un po’ di dubbi sulla riuscita di questa storia, ma la mia intenzione era una cosa leggera, appena un tantino comica, con qualche nota amara se possibile (senza scendere troppo nello specifico) , perché io sono io ^^.

Detto questo, spero di non annoiarvi, e buona lettura.

P.S.

Steve lo tratto un po’ male, in questa fic, non me ne vogliate.

 

 

 

 

-Capitano Rogers, il Direttore Fury è in linea per lei- annunciò la voce dal cortese accento inglese di Jarvis.

Steve sferrò un ultimo pugno, e il sacco da boxe tirò minacciosamente sulla catena che lo ancorava al soffitto della palestra. Non si era ancora abituato a quel modo di ricevere telefonate. Sì, certo, l’Intelligenza Artificiale si occupava di tutto, bastava solo dare un ordine, (era di sicuro più pratico di quell’assurdo congegno senza tasti che Tony gli aveva procurato e che si ostinava a chiamare telefono), ma parlare al vento in quel modo gli appariva ancora strano. Guardò in alto rivolgendosi alle luci.

-Ehm… Grazie Jarvis. Passamelo pure- rispose Steve.

-Capitano- disse la voce di Fury da un angolo imprecisato del soffitto.

-Signore- fece lui con professionalità.

-Ho un annuncio per tutti i Vendicatori, e voglio che tu glielo comunichi. Tra un’ora avrete un incontro con i più importanti membri del Consiglio del Governo degli Stati Uniti. Verrò alla Torre a prendervi in elicottero e a darvi la documentazione per la riunione. La leggerete strada facendo- annunciò il direttore.

-Tra un’ora? Non è un po’ limitato come margine di tempo?- domandò il biondo.

-Non sono io a decidere quando questi politici imbrattacarte sono disponibili, capitano. Se loro dicono che hanno tempo oggi, andremo oggi. Ci vediamo alle quattro; cerca di far sì che tutti i tuoi colleghi siano pronti per allora- ordinò, e la comunicazione venne chiusa.

Steve prese un asciugamano e se lo gettò sulle spalle sudate, quindi si diresse alle docce della palestra cominciando a disfare la fasciatura sulle mani. Mentre era sotto il getto d’acqua decise che la cosa migliora da fare sarebbe stato chiedere a Jarvis di comunicare gli ultimi ordini ricevuti a tutti i suoi compagni: lui avrebbe potuto raggiungerli in qualunque angolo della torre si fossero trovati. Così piegò di nuovo la testa per impartire i suoi ordini al soffitto. Magari non era necessario farsi venire il torcicollo, ma Steve considerava educato guardare negli occhi i suoi interlocutori; in mancanza di occhi, suppose che il suo atteggiamento fosse il più corretto.

Dopo pochi secondi l’intelligenza artificiale gli parlò di nuovo: -Ho fatto come ha richiesto, Capitano Rogers. Solo, non riesco a raggiungere il Dottor Banner. Da quello che rilevo si trova in camera sua, ma ha disabilitato il mio sistema. Forse vuole restare solo- ipotizzò.

-Beh, non importa, andrò a chiamarlo io. Grazie Jarvis.-

-Dovere signore.-

 

 _______________________

 

La stanza di Bruce, come tutte le altre, richiedeva il permesso dell’occupante per entrare, ma trattandosi di una situazione particolare, l’ Intelligenza Artificiale aveva dato libero accesso al capitano.

Una volta dentro, gli girò la testa. Un profumo dolciastro di incenso veniva diffuso da un bruciatore dal quale salivano gli ultimi sbuffi di fumo di un bastoncino. Steve fece una smorfia. Era un uomo vecchio stile, d’accordo, ma più di tutto era un uomo concreto, e amava rilassarsi con qualcosa di solido ed efficace come un pomeriggio in palestra, ma immaginava che Bruce, non potendo agitarsi troppo a causa della sua “condizione”, trovasse beneficio in tutte quelle cose… come le aveva chiamate Tony? Ah, sì, New Age.

A giudicare da quello che aveva trovato, verosimilmente il dottor Banner era immerso in qualche esercizio di meditazione o rilassamento (questo spiegava il perché Jarvis era stato scollegato nella sua stanza), ma l’uomo non sembrava essere più lì.

Steve lo cercò dappertutto, persino in bagno, ma di Bruce non c’era traccia.

Probabile che sia già uscito, immaginò  il capitano. In tal caso sarebbe bastato chiedere a Jarvis di trovarlo e riferirgli la comunicazione di Fury.

Fece per andarsene quando notò, sul comodino accanto al letto, un piatto contenente una dozzina di brownies, compatti e scuri come il caffè nero. Non li aveva notati prima, e neanche ne aveva sentito il profumo, probabilmente a causa dei residui del bastoncino d’incenso. Li osservò bene: quadrati e invitanti, gli facevano ricordare che, con il suo metabolismo accelerato da super soldato, provava più degli altri lo stimolo della fame, e dopo un duro allenamento in palestra avrebbe davvero voluto mettere qualcosa sotto i denti.

L’educazione gli disse che non avrebbe dovuto. Dopotutto quei dolci erano di Bruce, visto che si trovavano in camera sua, ma erano anche golosamente appetibili rispetto agli snack confezionati di cui era piena la cucina della Stark Tower, che sembrava un vero peccato lasciarsi sfuggire l’occasione di assaggiarne almeno uno.

Alla fine si risolse a mangiarne uno. Pensava che Bruce comunque li avrebbe certamente divisi con loro se gliel’avessero chiesto, e poi avrebbe sempre potuto offrirgli qualcosa per ripagarlo del fatto di essersi appropriato del suo spuntino; così Steve prese il quadratino che stava in cima alla piccola piramide e gli diede un morso.

Il sapore lo colse impreparato: erano decisamente dolci e gustosi brownies al cioccolato, questo era fuori di dubbio, ma avevano anche un curioso retrogusto di pianta. Steve non sapeva in che altro modo definirlo; non era sgradevole, solo… strano, e nel complesso non poteva dire che fossero male, anzi, erano decisamente squisiti, constatò.

Finito il primo ne prese subito un altro, e lo mangiò tutto intero, perché era un po’ più piccolo del primo e perché quel sapore avvolgente era semplicemente troppo buono per fermarsi lì. Decise che doveva essere l’effetto del cioccolato: da qualche parte aveva letto che poteva causare dipendenza. Ne raccolse un terzo.

 

_____________________________ 

 

-Signore, la informo che il Direttore Fury sarà qui tra venti minuti. Dovrebbe cominciare a prepararsi- gli suggerì la voce di Jarvis.

Tony posò il cacciavite sul banco da lavoro, e allontanò la sedia dal braccio del Mark 15 che stava riparando.

-Sì, va bene, va bene. Tanto ho finito. Dici che i membri del consiglio si offenderanno se vado vestito così?- chiese Tony al suo fedele A.I., il quale rimase in silenzio qualche secondo, come se lo stesse realmente osservando da capo a piedi, e potesse storcere il naso di fronte alla sua canottiera imbrattata, ai suoi pantaloni sgualciti e alle scarpe da ginnastica.

-Credo che potrebbe cavarsela, facendo passare gli abiti macchiati per l’ultima moda europea- rispose Jarvis.

-Ma come siamo spiritosi, oggi. Ricordami di darti una sistematina al server, stasera.-

-Certo, signore. Lo inserirò nella lista delle cose da fare e che lei non controlla mai- rispose calmo.

Tony sbuffò, e uscì dal laboratorio. Lavorando lì perdeva davvero la cognizione del tempo, nonché il conto dei suoi pasti. Sentendosi in vena di qualcosa da sgranocchiare si avviò in cucina. A vestirsi in modo decente ci avrebbe pensato dopo.

Prese l’ascensore e, una volta arrivato al piano giusto, imboccò il corridoio per la cucina e senza pensarci due volte si fiondò al frigorifero. Fu solo dopo che ebbe trangugiato una gran sorsata di succo d’arancia che notò la ciotola sul tavolo.

Pareva essere una di quelle enormi zuppiere da insalata, liscia e trasparente, solo che al momento era piena zeppa di latte. Tony lo sapeva perché il contenitore era anche circondato da almeno quattro cartoni di latte vuoti, ma anche senza sarebbe stato impossibile sbagliarsi nell’identificare il liquido candido, perfettamente immobile. Quello che fece un po’ più di fatica a riconoscere fu quello che ci galleggiava dentro. A prima vista sembravano cereali, quelle ciambelline piccole e zuccherose. Una scatola completamente vuota di Cinnamon Crunchies fugò tutti i suoi dubbi. Accanto a tutto questo ci stava persino un cucchiaio di legno.

Non fece neppure in tempo a chiedersi cosa ci facesse quella roba sul tavolo, che si accorse di non essere solo. Appiccicato e una finestra, con le braccia sollevate come se senza il suo contributo il vetro fosse venuto giù, si trovava Steve, che con sguardo serio e assorto contemplava la skyline di New York.

-Steve? Che succede, hai preparato la colazione di domani per tutti?- indagò sarcastico il miliardario, riferendosi a quello strano assembramento di utensili e cibo.

L’altro si staccò dalla finestra, e l’espressione meditabonda di prima venne sostituita da un sorrisone a trentadue denti.

-Tony!- lo accolse, esageratamente felice, e gli si avvicinò. Lo prese per un polso e lo tirò fino all’isola della cucina, facendolo inginocchiare insieme a lui in modo che i loro occhi fossero allo stesso livello della ciotola. Dopodiché afferrò il cucchiaio di legno che stava accanto al recipiente e cominciò a mescolare. Latte e cereali vorticarono insieme al cucchiaio.

-Guarda- gli disse estasiato il biondino. –Si vedono i cerchi!- 

L’inventore credette che Steve si riferisse ai cereali, che, a forza di mescolare, ogni tanto emergevano abbastanza vicini al vetro della ciotola da poter essere visti attraverso la nebbia del latte. 

-Uhm… Steve, so che può sembrare insolito che te lo chieda io, ma hai forse bevuto?- domandò Tony, decisamente perplesso da quel comportamento.

-No! Cero che no!- esclamò indignato il capitano, e nel farlo si alzò e cominciò a passeggiare per la cucina, tornando ad appoggiarsi completamente contro la grande finestra.

-Non è bellissima New York? Io trovo che sia bellissima. Anche questo posto è bellissimo, hai visto che bella cucina?- domandò Steve senza guardarlo, con un sorriso beato stampato in faccia. –Anche tu sei bellissimo,- aggiunse.

-Uhm… Grazie? Senti, sono piuttosto orgoglioso dell’arredamento delle mie case, ma credo che sia strano che tu dimostri il tuo apprezzamento in questo modo, ed è la prima volta che mi fai un complimento. Allora, sei ubriaco? Ah, già, tu non puoi ubriacarti, ma allora si può sapere che cavolo ti succede?- chiese Tony avvicinandoglisi.

Proprio in quel momento Clint, Thor e Natasha entrarono in cucina, e la rossa disse: -Stark, Rogers, finalmente. Dove diavolo vi eravate cacciati? Fury viene a prenderci tra poco.-

Steve si staccò dalla finestra e, raggiunto il gruppetto, si fermò di fronte a Natasha e la guardò fissa negli occhi. La donna si accigliò. –Beh? Che c’è?- chiese seccata; il capitano allora le spostò due ciocche di capelli scarlatti dietro le orecchie e le sorrise, apparentemente soddisfatto del suo operato.

Natasha era sbalordita e Clint aveva spalancato gli occhi dalla sorpresa. Thor non fece in tempo a dire niente, perché il soldato gli si era già posizionato di fianco, e aveva afferrato il suo mantello con entrambe le mani, iniziando ad accarezzarlo come se fosse stato un gattino.

-Thor, il tuo mantello è fantastico! Non ho mai sentito niente di così morbido in vita mia- si complimentò il capitano. Il dio parve lusingato.

-Grazie, amico mio. Questo mantello l’ho indossato per la prima volta alla cerimonia per la mia maggiore età. E’ stata una festa memorabile. Ricordo che…-

All’improvviso Natasha aveva preso il viso di Steve tra le sue mani, e gli fissava le pupille con seria esperienza. Dopo venti lunghissimi secondi si voltò furente verso Tony, e disse: -Stark, che diavolo gli hai dato?-

-Io non ho fatto niente!- si difese lui, -Non stavolta almeno, lo giuro.-

-E allora com’è che sembra che Capitan America si sia appena fumato una canna?- rincarò la dose Clint, Tony sospettava, con sadico divertimento.

-Tony, senti com’è morbido- lo invitò il biondino, tirando un lembo del drappo rosso verso di lui.

-Fantastico,- rispose senza entusiasmo, e dopo, -Vi giuro che non c’entro! Non avrei mai fatto una cosa del genere, per quanto divertente. Non ho idea di che cosa gli stia succedendo.-

-Beh, se si tratta di droga di sicuro da solo non l’ha provata- constatò Clint, e si diresse verso la zuppiera di latte e cereali. –Questi si possono mangiare?- domandò.

-Cereali alle quattro del pomeriggio? E alla sera di solito cosa mangi?- domandò schifato Tony.

-Ma vi sembra il momento di pensare a queste scemenze? Fury sarà qui tra poco, che succederà quando troverà Steve in queste condizioni?- li rimproverò la rossa, e poi in cucina entrò anche l’ultimo dei Vendicatori.

Il dottor Bruce Banner li raggiunse trafelato.

-Sentite, per caso qualcuno ha mangiato i brownies che c’erano in camera mia? Ne avevo dodici, e adesso ne restano sette, non è che…- chiese, e poi notò Steve, che sorrideva al pavimento come se fosse stato la cosa più affascinante del mondo.

-Oh…- fece Bruce.

-Già, “Oh”,- gli fece il verso Tony. –Allora la colpa è tutta tua. Sapevo di averci visto giusto quando ho pensato che fumassi erba, ma non pensavo che…-

-Dottor Banner, che è successo?- intervenì Natasha.

-Ecco, io ero fuori sul terrazzo della mia camera. Probabilmente Steve è entrato e non mi ha trovato. Quei brownies li avevo perché in questo periodo sono più agitato del solito- disse, a mo’ di giustificazione, e i suoi compagni lo guardarono dubbiosi. –Sentite, in questo periodo fa caldo, e lo Shield insiste per farci incontrare, una settimana sì e una no dei capi di stato e militari, con cui tra parentesi non vorrei mai stare chiuso in una stanza. Io ci provo, ma a volte la meditazione non basta. Ad ogni modo, deve averli mangiati Steve, perché quando sono rientrato ne mancavano un po’.-

-Non credevo che tu rubassi le merende degli altri, capitano- rise Tony, ma l’espressione del biondo si fece mortificata, e gli disse con un tono carico di dispiacere: -Io non ho mai rubato niente a nessuno, perché mi dici questo? Volevo solo assaggiarli.-

Il miliardario fu preso alla sprovvista da quella reazione. Steve sembrava un ragazzino che era appena stato sgridato per aver mangiato caramelle prima di cena, e se possibile, esprimeva la stessa tristezza. Gli altri guardarono Tony molto male.

-Cavolo, Tony, se fai piangere Capitan America devo riconoscere che sei proprio il peggio dell’umanità- lo sfotté Clint, gli altri concordarono con cenni d’assenso.

-Ma non l’ho fatto piangere!- ribatté l’uomo, e rivolto a Steve, -Scusa, scusa, non volevo. Comunque, ci terrei a ricordarvi che dobbiamo fare qualcosa prima che Fury lo veda in questo stato…-

Neanche a farlo apposta, in quell’esatto momento, il direttore dello Shield entrò in cucina, silenzioso come un fantasma, con il trench che svolazzava dietro di lui e l’espressione parecchio irritata che invece lo precedeva.

-Che diamine ci fate ancora tutti qui? Vi ho ordinato di farvi trovare pronti per le quattro.-

Il capo marciava nella loro direzione trasportando una cartellina piena di fogli, e quando li raggiunse ne estrasse uno e lo mise in mano a Steve. Tony fissò i due, e pregò che il capitano non facesse niente di stupido finché a lui non fosse venuta in mente una buona scusa per allontanarlo da lì, ma Steve probabilmente non era d’accordo.

Cominciò a rigirarsi il foglio tra le mani, come se fosse stato un complicato geroglifico di cui non riusciva a capire l’origine, quindi spalancò gli occhi azzurri, meravigliato.

-Tony, guarda! Le lettere sono tutte rotonde- affermò.

-?-

Fury gli rivolse uno sguardo interrogativo, poi fissò Stark, che nonostante il precedente insuccesso pregò di nuovo che Fury non si fosse accorto di nulla.

Fece cilecca un’altra volta.

Il direttore osservò le pupille di Steve, e quando ebbe finito una vena cominciò a pulsargli sulla fronte. Si girò in modo tale da guardarli tutti, ma in particolar modo Tony.

-Ok, voglio una spiegazione da voi, e cercate di essere molto convincenti.-

Bruce cominciò timidamente a farsi avanti. –Ecco, direttore, io…-

-E’ stata colpa mia- intervenì il moretto, stroncando sul nascere la confessione del dottore. –So che l’alcool non ha effetto su Capitan America, ma volevo vedere se poteva funzionare qualcos’altro. Puro interesse scientifico, mi creda.-

La vena sulla tempia di Fury aumentò di dimensioni.

-Stark. Dovevo immaginarmi che fossi tu la causa di questo. Non importa che non ci siamo casini, tu sei la fonte dei casini. Adesso, visto che il tuo piccolo esperimento sembra essere riuscito, tu resterai qui a sorvegliare Rogers  finché non sarà tornato dal mondo delle nuvole, dopodiché aspettati di tutto, perché passerò l’intera notte a pensare ad una punizione adeguata. Voialtri invece muovete il culo e venite sull’elicottero, prima che perda davvero la pazienza- ordinò categorico Fury, voltandosi e portandosi dietro la sua stizza trasfigurata in vena pulsante.

Bruce guardò Tony riconoscente.

-Grazie, Tony. Ma non era necessario, avrei dovuto dire che è stata colpa mia.-

-E’ stato un incidente, Bruce. E poi non hai veramente bisogno di altri problemi; Fury se la prende con me per sport, ormai, quindi niente di male. Piuttosto, quanto dura l’effetto di quei brownies?-

-Beh… teoricamente dalle sei alle dodici ore, ma dipende da quanti ne ha mangiati e da come…-

-Cosa, dodici ore?! Stai scherzando spero-

-Temo di no. E con il suo metabolismo non sappiamo davvero quanto durerà.-

Da qualche parte si sentì un grido furioso.

-Sembra che il capo ci chiami. Divertiti Stark- lo salutò Clint.  

-Fottiti- gli gridò dietro il moro.

 

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Dopo appena un’ora, tuttavia, si rese conto che rimanere solo in casa con uno Steve fatto come una biglia non era poi tanto male. Specie considerando che l’alternativa era incontrare un gruppo di politici falsi e ipocriti che aspettavano solo di poter ispezionare ogni loro azione con il microscopio per trovarci a tutti i costi un difetto.

Non sapeva se sarebbe riuscito a trattenere la lingua, perciò considerò una vera e propria manna dal cielo quell’intossicazione accidentale.

E poi Steve in quelle condizioni era decisamente comico.

Siccome non c’era verso di tenerlo tranquillo per molto, Tony lo aveva, per prima cosa, convinto a liberarsi della maxi-zuppiera da colazione e a lavarla col detersivo, godendosi come un matto la vista del ragazzo che sollevava una mano con le dita disposte a cerchio e ci soffiava dentro per far uscire una bolla di sapone.

-Jarvis, stai registrando tutto, vero? Non vedo l’ora di farglielo rivedere- sghignazzò Tony tutto soddisfatto.

-Signore, posso permettermi di farle notare che il Capitano Rogers non sarà per niente contento quando tornerà in sé?-

-Oh, andiamo. Sarà l’occasione per aiutarlo a sviluppare un po’ di senso dell’umorismo- fece l’inventore.

-Se lo dice lei, signore- rispose dubbioso l’A.I.

Dopo aver ripulito la cucina aveva cominciato a fargli fare un sacco di cose che in circostanze normali non avrebbe fatto, portandosi il biondino avanti e indietro per la casa, che toccava tutto e sorrideva come uno scemo. Anzi, no, non se lo portava dietro: era più esatto dire che era Steve a seguirlo dappertutto, il perché Tony non se lo immaginava. Gli faceva quasi piacere, in verità, ma era una cosa a cui non aveva mai realmente pensato. Ogni tanto Steve veniva nel suo laboratorio a vederlo lavorare, ma siccome Tony non riusciva a trattenere la lingua, e il capitano non era il tipo da incassare senza rispondere, finivano quasi sempre per attaccare briga. Tony non l’avrebbe mai ammesso, ma quando c’era Steve stare in laboratorio gli piaceva di più: amava spiegargli quello che faceva, illustrargli le novità moderne, e godersi la sua espressione felice quando trovava qualcosa di suo gusto. Nei momenti in cui non litigavano poteva quasi affermare che la compagnia del capitano non era poi così male.

Dopo un giro sugli ascensori della torre, dove avevano fatto la spola da un piano all’altro finché il biondo non aveva smesso di trovare interessante pigiare tutti i pulsanti, si erano ritrovati nuovamente in cucina, e Steve stava facendo fuori una scatola di poptarts.

Tony si meravigliò di quanto l’altro riuscisse a mangiare. Certo, sapeva che la marijuana poteva aumentare l’appetito, ma non immaginava a quei livelli. Forse era solo la combinazione con il suo metabolismo da super soldato.

-Ne vuoi una?- offrì Steve, tendendo la mano con una focaccina dolce.

-Perché no,- accettò il miliardario, la prese e l’addentò, assaporando il ripieno di marmellata di fragole. –Sai, uno di questi giorni dovremmo anche provare a farti fumare qualcosa. Non credo avrebbe lo stesso effetto di questi brownies, ma lasciami dire che sei veramente più sopportabile quando sei fatto. Mi sorprendo di me stesso per non averci pensato prima.-

Il ragazzo lo guardò incuriosito con una nuova poptart in mano. –Che vuol dire “fatto”?-

-Te lo spiego un'altra volta.-

-Spiegamelo adesso.-

-No, adesso non capiresti una parola. Sei troppo faaatto- lo prese in giro.

-Dai!- insistette, e gli si avvicinò di più.

-No-

-Voi Stark non volete mai spiegare niente- si lamentò, poi, prima che Tony potesse chiedergli cosa intendeva, Steve gli prese il viso tra le mani e lo baciò.

Non era stato veramente un bacio. Più che altro un contatto reciproco di labbra, ma molto, molto prolungato, perché il biondino non lo lasciava andare e perché Tony era troppo scioccato per spingerlo via.

Quando finalmente Steve decise di staccarsi da lui, i suoi occhi erano velati di malinconia, rimpianto, e la sua mano accarezzava i capelli di Tony come se volesse indugiarvi e le dispiacesse separarsene.

-Assomigli tanto a tuo padre. Assomigli tanto ad Howard.-

Tony non riusciva a reagire. In nessun modo.

Se aveva capito bene, Steve lo aveva appena baciato (per quanto il suo stato glielo consentisse) credendo che lui fosse suo padre, o almeno sovrapponendo la sua immagine a quella dell’uomo davanti a lui.

Ogni traccia di giocosità in Tony venne spazzata via all’istante da un inasprimento rabbioso, che si diffondeva in ogni angolo del suo cuore come un’infezione. Non riusciva a credere a quello che era appena successo, soprattutto non voleva credere a quello che poteva essere successo quando suo padre era ancora vivo e aveva conosciuto Steve.

Per qualche motivo, l’idea che potesse esserci stato qualcosa di più tra loro lo riempiva di risentimento che non aveva il diritto di avere.

Fatti loro se era successo qualcosa; dopotutto, mica lo riguardava. Ma non riusciva a passarci sopra. Se era vero che tra loro c’era stata una storia sarebbe stato come se Steve gli avesse sottratto suo padre, e suo padre gli avesse tolto il suo unico amico. Perché era questo che Steve era per lui, giusto? Un suo amico, o almeno così credeva. Tuttavia lo feriva più di tutto il pensiero che Howard gli avesse portato via Steve, perché finché il biondino lo vedeva come suo padre, per lui non sarebbe mai stato altro che un rimpiazzo. E questo fece male.

La realizzazione che gli stesse accanto solo perché gli ricordava Howard ebbe per Tony lo stesso effetto di un pugno nello stomaco.

Quel pomeriggio che prometteva di essere molto allegro tramontò in un mare di oscurità esattamente come stava facendo il sole al di là delle finestre.

 

________________________  

 

  -Ti giuro che sono cambiato Sally- supplicava un uomo in ginocchio su una soglia, davanti ad una ragazza con vistosi bigodini rosa.

-Non ci credo. Dammi solo una prova del fatto che non stai mentendo- protestò lei.

-C’è tutto il mio amore, che altro posso offrirti di più?-

-Dici sul serio?-

 

-No, Sally, non farlo, ti spezzerà il cuore- supplicò Steve davanti alla televisione. Tony sbuffò infastidito.

Erano le otto di sera, ormai, e cominciava a domandarsi dove accidenti fossero finiti tutti quanti. Non voleva stare con Steve un minuto di più, e tutti i suoi atteggiamenti che prima gli erano sembrati esilaranti adesso lo portavano al limite della sopportazione, come se fosse stato costretto a fare da balia a un bambino molto stupido. Aveva deciso di piazzarsi con il biondino davanti alla televisione e di dargli un secchiello di gelato alla fragola formato famiglia da tre chili per farlo stare tranquillo. Non aveva più voglia di stargli dietro, e la TV era il mezzo migliore per far stare ferma la gente per lunghi periodi.

Purtroppo il capitano si era impadronito del telecomando per primo, e premendo a caso i pulsanti si erano ritrovati a guardare quella stupida soap opera. Il miliardario avrebbe volentieri cambiato canale (anche perché era praticamente certo di avere ormai perso metà delle sue cellule cerebrali, guardando quell’idiozia), ma il biondo aveva fatto talmente tante storie che Tony, pur di farlo stare zitto, si era arreso, e si era seduto con lui dall’altro capo del divano, in modo da stargli il più lontano possibile.

Quando sentì il raschiare del cucchiaio sulla plastica capì che Steve aveva finito il suo gelato, e sperò di non doversi alzare a prenderne ancora. Anche se avrebbe fatto di tutto per salvarsi da quello schifo di programma non voleva fare nulla che gli ricordasse la presenza del suo collega.

Ma Steve non chiese niente. Posò il secchiello sul pavimento, e grazie al cielo comparvero i titoli di coda alla fine della puntata. A quel punto il biondino si arrampicò di nuovo sul sofà, e avvicinatosi a Tony gli posò la testa su una spalla, continuando a guardare la televisione. Il miliardario scattò irritato, come se quel contatto lo disgustasse, e lo spinse via con tutta la sua forza, cercando di muovere quella massa di muscoli che era Steve. Apparentemente si era appoggiato a lui a peso morto, perché gli ricadde addosso, e Tony lo spinse di nuovo. Stavolta il capitano si accasciò sullo schienale del divano per non ricadere in avanti.

-Smettila di starmi addosso. Da quando è cominciata questa storia non mi hai mollato un attimo. Sta dalla tua parte del divano e non rompere le palle. Magari cerca di dormire finché non ti riprendi, così mi lasci in pace- lo aggredì rabbiosamente Tony, con le parole e con lo sguardo, il suo stesso corpo che fremeva dal desiderio di picchiarlo o, quantomeno, di lasciare la stanza in modo da non doverlo vedere.

Il ragazzo d’altro canto sembrava molto dispiaciuto, e con la voce ancora impastata dai brownies speciali, chiese, accostandoglisi di nuovo: -Sei arrabbiato con me?-

Uno sbuffo gravido di ira trattenuta. –Chi, io? No, certo che no, come ti viene in mente? Dimmi solo una cosa, con mio padre per caso ci hai fatto sesso? Perché credo che queste cose non fossero permesse negli anni quaranta, ma magari lui era già abbastanza influente da fare in modo che ci passassero sopra.-

Steve lo guardò confuso. –Tuo padre mi piaceva, ma io non ho mai…-

-Ah, ti piaceva?! Non ti pensavo allo stesso livello di quelle suggestionabili insignificanti donne con cui amava andare in giro, ma tu prima del siero non eri nessuno, sfido che ti affascinava- sputò velenoso. –E dopo sei diventato una sua creazione. Lui ha contribuito a farti così, è una ragione sufficiente per trasformare l’ammirazione in qualcosa di più. Però scommetto che non l’hai mai visto quando era in casa con me e mi ripeteva che non valevo niente; nessuno ha mai visto che razza di bastardo fosse dietro quella facciata.  E comunque, all’inizio che cosa, se posso chiederlo, ti attraeva di lui? L’intelligenza, il successo, i modi da affabulatore che aveva? Tutte cose che ho in abbondanza anch’io. E’ per questo che mi stai attorno? Perché ti ricordo lui?!-

Quest’ultima frase l’aveva urlata, e anche se il biondino non fosse stato stordito dall’erba gli sarebbe stato difficile dare un senso a tutta quella furia. Avvertendo che tirava una brutta aria, in un lampo di lucidità cercò di dire qualcosa.

-Tony, io non ho fatto niente. E tu…- si perse nella disorganizzazione dei suoi pensieri, e dalla sua bocca uscì il primo collegamento concreto che il suo giudizio annebbiato riuscì a dare: -Assomigli davvero tanto a lui-

Allora Tony non ci vide davvero più.

Approfittandosi del precario equilibrio di Steve lo afferrò per le spalle e lo spinse di schiena sul divano, torreggiando su di lui minaccioso, i denti serrati e uno sguardo di fuoco. Al biondo venne un giramento di testa in seguito a quel trattamento, e la prima cosa che vide fu il suo compagno sopra di lui con quella maschera di rabbia. In circostanze normali avrebbe potuto liberarsi come niente, ma la droga che aveva in corpo rendeva ogni suo tentativo di muoversi debole e scoordinato.

-Visto che assomiglio a lui e ti manca così tanto allora posso farti un favore, e tu puoi ripagarmi di quello che mi hai detto e che non mi piace per niente. Se hai bisogno di un sostituto con cui scopare sono qui!- ruggì il moro in preda alla collera, e tirò la camicia di Steve finché non riuscì a sfilargliela dai pantaloni.

-Aspetta, Tony! Smettila, non…- cercò di ribattere debolmente l’altro, e agitò le braccia con l’intento di allontanare il suo aggressore.

-Sta fermo! Tanto è questo che hai sempre voluto, non è vero? Mi stavi intorno solo per questo?  Puoi chiamarmi Howard, se credi, ti assicuro che non è la cosa peggiore che mi hanno detto, e non credo avresti problemi a farlo-

-No, fermo!-

In quel groviglio di braccia la camicia che Tony voleva togliergli si era strappata, e quel secco richiamo alla realtà aveva costretto il moro a guardare giù.

Gli occhi azzurri di Steve erano liquidi e dilatati da qualcos’altro oltre agli stupefacenti, e non riuscendo a fare altro aveva cominciato a piangere. Vederlo singhiozzare in quel modo, con la camicia strappata e le mani che ancora cercavano di scacciare qualcosa fece tornare Tony sulla Terra, e sebbene fosse stato ferito da ciò che il biondo aveva detto, quello che lui aveva fatto (o per fortuna, solo cercato di fare) era stato spaventoso.

Il moro osservò quella manifestazione di fragilità e impotenza pensando che mai, se fosse stato lucido, avrebbe visto il suo compagno in quelle condizioni. Steve cercava sempre di essere un capo affidabile e di non mostrarsi debole in nessuna circostanza, forse perché gli ricordava il periodo in cui era stato un gracile ragazzino di Brooklyn che non avrebbe avuto nessuna chance in uno scontro con qualcuno appena appena più grosso di lui.

Ma soprattutto Tony era disgustato da sé stesso perché in tutta la sua vita non aveva mai costretto nessuno a fare qualcosa contro la propria volontà; non si era mai imposto su nessuno, e adesso invece lo aveva fatto proprio con Steve.

Lo aveva fatto sentire vulnerabile nel modo peggiore che esistesse, e se non fosse rinsavito in tempo chissà che altro avrebbe fatto.

Steve non pensava lucidamente, ragionò. Non aveva nessuna colpa se lui odiava essere paragonato a suo padre, e certamente quello che poteva o non poteva essere successo tra loro non erano affari suoi. Era accaduto settant’anni fa, e per quanto a Tony potesse fare male, certamente Steve non l’aveva progettato come dispetto personale. Riflettendoci bene poi, era stato lui a mettere insieme quelle congetture, spinto dall’odio per suo padre e dagli strani sentimenti per Steve. Magari non era successo niente, e aveva dato al biondo colpe che in realtà non aveva.

Il miliardario si sollevò dal ragazzo che stava ancora sotto di lui, si sedette sul divano e si prese il viso tra le mani, sospirando profondamente nel tentativo di liberarsi, almeno in parte, del peso di vergogna e amarezza che si sentiva dentro. Non ci riuscì, e così si alzò, con lo sforzo di chi porta sulle spalle un grosso carico.

-Mi dispiace per quello che ho fatto, non volevo farti del male. Non succederà più. Adesso è meglio che me ne vada- disse Tony senza emozioni, o forse con troppe, ma Steve lo chiamò.

-Aspetta, non andare. Io… io non ho fatto niente con tuo padre, lo giuro- confessò il biondino, inginocchiandosi sul divano e stringendosi attorno, in un gesto protettivo che aumentò la colpa di Tony, la camicia lacera. A quanto pareva ci teneva a spiegarsi.

-Lo ammiravo, e non ho idea di come sia potuto diventare l’uomo che conoscevi tu, ma non l’ho mai visto sotto quella luce. Tu gli assomigli, è vero, ma l’ho detto solo perché  mi sembra un collegamento con tutto quello che ho perso. Ma quando ti guardo non vedo lui, vedo te.-

Per un istante il moretto pensò che l’effetto della marijuana fosse finito, ma poi Steve sorrise ancora stupidamente, un contrasto quasi grottesco con quello che era avvenuto appena pochi istanti fa.

-A me piace guardarti quando lavori. Anche se mi prendi in giro e mi fai arrabbiare, e poi io ti offendo, e ricominciamo. Però mi piace stare con te- aveva blaterato il biondino, recuperando un po’ di serenità al cioccolato ed erba.

Tony sospirò di nuovo, ma questa volta fu più per il sollievo.

-Non volevo dirti e farti quelle cose. Credo di essermi arrabbiato in modo eccessivo. Quando sento parlare di mio padre succede sempre, ma non dovevi subirne tu le conseguenze. Dai, tirati su, che ti do qualcosa di nuovo da metterti.-

Tentò di sollevare il ragazzo, e non fu facile, vista la consistente differenza di corporatura, e il fatto che Steve ancora ondeggiava da una parte e dall’altra, ma riuscì comunque a trascinarlo in ascensore e in camera sua, dove lo mise seduto sul letto e frugò nel suo armadio in cerca di una nuova camicia.

Ne estrasse una a scacchi e gliela tirò addosso. Steve la indossò.

Tony sentiva ancora la necessità di dirgli qualcosa, perciò si sedette accanto a lui.

-Sai, mi faceva incazzare che mi paragonassi ad Howard, ma soprattutto era il fatto che tu potessi aver avuto una storia di qualche tipo con lui, a disturbarmi. Non so perché, ma ho idea che sia per questo che mi sono arrabbiato così.-

Steve rise di gusto. –Ti sentivi in competizione con tuo padre?-

Il moretto arrossì e guardò per terra.

-Una volta queste cose non erano permesse, Tony- spiegò Steve, come se il concetto da capire fosse molto semplice e universalmente riconosciuto. Prese Tony per le spalle e lo girò in modo tale che i loro sguardi si incrociassero.

-Per fortuna adesso posso dimostrare all’uomo a cui tengo che gli voglio bene- disse, e lo baciò.

Tony ci mise un microsecondo a considerare che, se Steve non fosse stato fatto, non avrebbe mai iniziato un atto del genere, ma poi sentì la lingua dell’altro, e il sapore del gelato alla fragola; e al momento erano soli e tutto era tranquillo, e quel bacio calmo ed esploratore sembrava il culmine perfetto di una sincerissima scusa, perciò il miliardario posò delicatamente una mano tra i capelli di Steve e lo attirò a sé per maggiore contatto.

Quando si separarono Tony non poté fare a meno di notare gli occhi ancora lucidi del biondo, e gli venne un sospetto.

-Non è che mi hai baciato solo perché sei drogato, vero? Cerca di tornare abbastanza in te da dirmelo- voleva essere sicuro di non concedersi false speranze. Desiderava che Steve volesse baciare lui perché era lui, non un fac simile di Howard Stark o un sogno di marijuana.

-Io… no. Non so perché ti ho baciato. Prima di una cosa del genere si va almeno a cena, giusto? Ma tu mi piaci davvero.-

Tony soffiò una risatina trattenuta. –Beh, allora adesso cerca di dormire. Credo che domani ti serviranno tutte le tue forze, dal momento che  sarai molto arrabbiato con me per averti registrato mentre eri partito.-

Lo spinse giù, e Steve provò ad afferrarlo, ma le sue braccia fallirono, e si addormentò così. Tony restò comunque nella stanza, perché doveva sorvegliare il suo capitano, e se gli ordini gli piacevano non li considerava ordini, quindi andava bene così.

 

_____________________________  

 

Il giorno dopo fece colazione con un pacchetto di crackers, perché il latte lo aveva consumato tutto Steve la sera prima.

Venne a sapere da Jarvis che il resto della sua squadra aveva dovuto partecipare ad una cena con gli alti papaveri governativi, dopo un incontro durato tre ore, ed erano tornati molto tardi, andando a letto senza nemmeno controllare che loro due fossero ancora lì. Quindi suppose di essere stato veramente fortunato, lui, a non esservi stato tirato dentro.

Dalla porta della cucina entrò uno Steve particolarmente stanco, che si stropicciava gli occhi con l’aria indispettita di chi cerca di liberarsi di un insetto.

-Ben tornato nel mondo dei vivi- lo accolse Tony.

-Oh, ti prego, fa piano. Ho la testa che mi scoppia- si lamentò lui.

-Questo ti insegnerà a chiedere sempre il permesso prima di mangiare la roba degli altri.-

Si avvicinò con una lattina di soda pensando di fargliela bere (non era adatta come colazione, ok, però forse gli avrebbe fatto piacere il fresco) quando ebbe un’altra idea.

Invece di mettergli in mano la lattina, approfittando del fatto che aveva le mani sugli occhi, lo baciò velocemente.

Lo Steve sobrio che aveva davanti ora si ritrasse arrossendo, improvvisamente vigile e attento.

-Che fai?- domandò piano.

-Volevo controllare se avevi lo stesso sapore di ieri, adesso che hai recuperato la ragione- disse Tony.

L’altro rise leggermente, e sempre imbarazzato si sentì audace. –E che sapore ho?-

-Gelato alla fragola- gli rispose ammiccando.

 

 

FINE

 

  
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