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Autore: FairLady    20/06/2013    7 recensioni
Ho preso spunto dal breve flashback di Damon nella puntata 4x17, in cui racconta di quando è stato quasi Lexizzato, elaborando il prima e lavorando sull’introspezione dei due personaggi.
Dal testo
Quando Lexi si rese conto di ciò che stava dicendo, erano già avvinghiati l’uno all’altra in una morsa d’acciaio fuso, dolce, disarmante. Le loro mani si esplorarono con avidità e tenerezza e lei capì che l’interruttore era stato finalmente premuto.
Quarta classificata al contest "Contest a Pacchetti sulle serie TV, film, libri, anime e manga" indetto da Fannylol e valutato da Cloe901s
Genere: Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Damon Salvatore, Lexi
Note: OOC | Avvertimenti: Spoiler!
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Damon Salvatore.
Katherine Pierce.
Erano passati più di cento anni da quando l’aveva amata l’ultima volta, ma lo strano suono che producevano quei due nomi, pronunciati uno accanto all’altro, creava ancora nel vampiro un profondo senso di angoscia, ma anche un possente desiderio che s’impossessava completamente di ogni molecola immortale del suo corpo. Certo, lui era immutabile fisicamente, ma il suo umore, le sue emozioni, quelle no! Damon non riusciva a mantenere in equilibrio la sua umanità per troppo tempo; al massimo era durato un lustro, o poco meno, e quello che stava attraversando non era sicuramente il periodo più pulito della sua esistenza, anzi, al contrario: non era mai stato più distruttivo di così.
New York pullulava della gente più bizzarra, più varia e, doveva ammetterlo, più buona che avesse mai assaggiato; e poi erano così in tanti lassù che un viandante in più, uno in meno, che differenza avrebbe fatto per il mondo? Proprio nessuna! Per cui si sentiva perfettamente libero di zigzagare per la città in cerca di qualche collo da mordere. Non faceva lo schizzinoso, non quando la sete e la necessità di soffocare il suo cuore erano più forti di tutto: prostitute, galeotti, banchieri, casalinghe, cheerleader, professori e medici. Una volta si era imbattuto persino in una suora!
Aveva appena visto uscire dal negozio di una parrucchiera una ragazza bruna con i capelli ricci e per un momento, un breve, innocente istante, aveva davvero creduto che fosse lei; poi la donna si era voltata indietro, forse aveva sbagliato strada, e capì che non era chi credeva. Era bella, sì, ma non era lei. Non poteva esserlo. Lei era morta. E così l’aveva seguita, l’aveva ammaliata e, senza neanche il bisogno di soggiogarla, si erano ritrovati a pomiciare come assatanati in un vicolo. I suoi lunghi capelli ricci, del tutto simili a quelli di Katherine e freschi di piega, erano così scarmigliati da risultare quasi buffi e le sue labbra, così gonfie e rosse per l’assalto amoroso che avevano subìto, erano una tentazione troppo forte per resistervi. La baciò di nuovo, con maggiore foga, mentre intorno ai suoi occhi celesti si gonfiarono le tipiche venuzze nere del mostro, quello che la sua faccia d’angelo nascondeva fin troppo bene. I canini spinsero per uscire e, lentamente, penetrarono la carne morbida di quelle labbra carnose che presero a stillare le prime gocce cremisi. Questo diede il colpo di grazia al vampiro che, scatenando tutto il suo potere compulsivo negli occhi della donna, le sussurrò:
“Non gridare. Cercherò di non farti troppo male.”
Perché diavolo si preoccupava di dirle che non le avrebbe fatto male? Perché diavolo si preoccupava e basta?! Lui non aveva cuore, né sentimenti. Lui era quello del mordi, mangia, cancella, no? Forse erano quei capelli ricci, quegli occhi da gatta viziata che non riusciva a togliersi dalla testa, o forse…
“Ah, fanculo Katherine!” e si abbassò per infilzare i denti direttamente nella sua giugulare. Anzi, l’avrebbe fatto se ne avesse avuto il tempo. In un secondo si sentì scaraventare dall’altro lato del vicolo da qualcuno che, a giudicare dal volo che gli aveva fatto fare, non poteva essere altri che un vampiro come lui.
“Ehi, scusa collega. Non sapevo che il territorio fosse rivendicato!” si scusò beffardo, pulendosi la bocca dal sangue, non sapeva se suo o dell’ignara vittima.
Il nuovo, anzi, la nuova arrivata, a giudicare dal fondoschiena rotondo e armonioso che stava ammirando, gli dava le spalle e, invece di finire il lavoro che aveva iniziato lui, stava incollando i suoi cocci. Arcuò le labbra in un ghigno disgustato, alzando gli occhi al cielo.
“Conosco solo un vampiro più idiota di te e sappiamo entrambi che non porta i capelli lunghi e ha sicuramente più gusto nel vestire!”
La bionda si voltò di scatto e gli si scagliò addosso con forza inaudita, schiacciandolo completamente al muro. L’umana era già sparita chissà dove.
“Con calma, piccola. Se mi vuoi, basta chiedere. Sono una persona generosa.”
“Stai zitto, coglione! – gli intimò lei, mostrandogli il volto del suo alter ego oscuro – sentimi bene, adesso: vedi di riaccendere quella maledetta umanità o quello che subirai ti farà pentire di essere venuto al mondo!”
Damon odiava essere trattenuto. Odiava essere controllato. Odiava essere il compito a casa della crocerossina di turno. Lui non si sentiva affatto un problema da risolvere o un anima da redimere.
“Se sei in cerca di una missione, ti avviso che hai sbagliato Salvatore. Mio fratello non è a New York e io non sono un problema. Mi so gestire benissimo da solo.”
“Ricordo quando nel 1864 mi implorasti di aiutare Stefan. Mi chiedesti di stargli vicino e di salvarlo da se stesso. – disse lei, allentando solo di poco la presa sul bavero della sua giacca – Ora mi è stata chiesta la stessa cosa, a parti inverse, ovviamente.”
“Lexi, – continuò lui – non ho bisogno che tu mi stia vicino. Anzi, se devo essere onesto, non mi sono mai piaciute le maestrine. Un giorno o l’altro credo che ti ucciderò…” promise infine, cogliendola alla sprovvista e, approfittando di ciò, scaraventandola contro il muro; ma fu solo questione di un secondo e il crack del suo collo che si spezzava, fu l’ultima cosa che Damon sentì prima di morire.

“Bene, bell’addormentato. Finalmente sei tornato!”
Damon aprì gli occhi e si guardò intorno spaesato.
“Siamo a casa mia e tu sei mio ospite.”
“Gli ospiti li inviti tutti così o io mi devo sentire particolarmente onorato?”
Il vampiro si massaggiò il collo che, prima di assestarsi, fece ancora qualche rumorino inquietante. Si lamentò per una manciata di secondi, borbottando a mezza bocca improperi su fratelli traditori e pacifisti.
“Comunque devi ammetterlo, da squartatore è più divertente.”
Lexi si avvicinò e prese posto accanto a lui sul divano.
“Lo sappiamo entrambi che tu non sei così come vuoi far credere. Stefan non c’entra, Damon. Lui è solo preoccupato per te. Non vuole che ti accada ciò che è capitato a lui.”
“Come ve lo devo dire che io sono assolutamente padrone di me stesso? Come?”
Si alzò irritato e già pronto a spezzare almeno un paio di colli – dopo averli prosciugati, ovviamente – così, giusto per togliersi il prurito in gola.
“Aspetta!” lo richiamò Lexi. “Vengo con te.”

“Tu non ti arrendi mai, vero?”
Damon e Lexi stavano bevendo birra scadente da Billy’s, un locale molto conosciuto e famoso per il suo proprietario dalla mente piuttosto aperta.
Il vampiro si guardava intorno nervoso, in cerca della sua prossima preda. Lexi si limitava ad osservare, cosa che le riusciva sempre egregiamente.
“Vado, l’ammazzo e torno… - l’avvisò lui, poggiando la bottiglia al bancone e sorridendole sornione – vuoi favorire?” le chiese con lo sguardo già iniettato del sangue che avrebbe bevuto di lì a poco, indicandole l’uomo appena entrato.
“Non avrai mica intenzione di nutrirti di lui in mezzo a tutta questa gente, vero?”
Damon alzò le spalle, in segno di completo menefreghismo.
“Sei diventato proprio uno sciattone!”
Lexi avrebbe potuto dire o fare qualunque cosa, a Damon non sarebbe potuto importare meno.
“Non ti voglio qui e non ho bisogno di te.”
Lei tirò su le spalle, proprio come aveva fatto poco prima lui.
“Peccato, perché, guarda caso, sono qua e sono tutta tua.”
Lo prese per una mano e lo trascinò in pista. Se non abbocca all’amo, buttiamo la rete.
Entrambi presero a muoversi a ritmo di musica, insieme, attaccati. Nessuno dei due, però, si sentiva rilassato. Lui sapeva bene cosa stava tentando di fare lei come lei sapeva di non avere di fronte uno stupido qualsiasi, ma era una situazione che chiaramente poteva essere congeniale a entrambi.
La bionda si avvicinò ad una ragazza con indosso una maglietta scollata e provocante che lasciava il collo completamente scoperto. Cosa potevano volere di più? Il tumulto della gente che ballava e saltava sarebbe stata un’eccellente copertura del loro misfatto e, comunque, la vicinanza di un uomo avvenente come Damon avrebbe reso l’adescamento ancora più semplice. In men che non si dica i due vampiri si stavano nutrendo della stessa ragazza, contemporaneamente. Per uno della loro specie poteva essere eccitante quasi quanto scambiarsi reciprocamente il sangue: era un atteggiamento intimo come può esserlo per un umano mangiare dallo stesso piatto dell’amato, più o meno. Solo che loro non erano amanti; a malapena si sopportavano e lui l’aveva anche minacciata!
“É così dolce da parte tua stare qui, nutrirti con me. Se fossi mio fratello ci sarei già cascato in pieno…” la canzonò lui, affondando i denti nella ragazza che avevano soggiogato.
“Sta zitto e mangia.”
Lui non se lo fece ripetere una seconda volta: recise un punto nuovo, appena accanto alla giugulare della donna, e bevve qualche lungo sorso. Riemerse solo per regalare a Lexi uno dei suoi sorrisi migliori e dire:
“Se non sapessi chi sei e cosa stai cercando di fare, saresti quasi attraente”, poi tornò alla sua occupazione preferita. Prosciugare colli.

Per sei lunghi mesi le loro vite erano state legate, intrecciate come fili di un’unica, fitta trama.
Lexi aveva capito che il metodo brevettato per Stefan non aveva alcun effetto su Damon. Credeva fermamente che con lui avrebbe dovuto semplicemente fargli tornare la voglia di riaccendere la sua umanità ed era sicura di ottenere tutto ciò facendolo divertire, facendolo vivere di cose genuine ed umane. Non aveva considerato una cosa, però: non aveva immaginato che, ad un certo punto, quando Damon avesse permesso al suo cuore di ridestarsi dal torpore, lei se ne sarebbe potuta innamorare. 
Una delle tante notti in cui si trattenevano al locale fino a mattina, lei, proprio come sempre, iniziò a tempestarlo di domande sul perché avesse deciso di spegnere l’interruttore. Sapeva bene qual era il motivo, glielo aveva già detto tempo prima, ma il suo masochismo – e sì, anche una flebile speranza che un giorno quelle risposte sarebbero potute cambiare – la portavano a ripetersi un giorno dopo l’altro.
“Parlami di lei, dai.”
“Non ho più voglia di parlare di Katherine” si lamentò lui voltandosi verso i suoi occhi castani e guardandola con uno sguardo nuovo che lei non seppe decifrare.
“Se riuscissi a farti ricordare cosa provavi nei suoi confronti, fare il passo successivo verso la tua umanità sarebbe un gioco da ragazzi, Damon!”
Era frustrante parlargli a quel modo, mentre le parole che avrebbe voluto dirgli erano: “La stupida dal cuore umano è nessun’altra se non io!”
Aveva fatto tutto quel lavoro per riaccendere l’umanità di Damon e alla fine era lei a trovarsi fregata.
“Io non voglio ricordare!” dichiarò, scendendo dal bancone sul quale si era sdraiato.
“Ti perdi il meglio dell’eternità, Damon: l’amore. Su, forza, ti ci vorrebbe così poco!” lo implorò, sull’orlo della resa.
“Ma perché diavolo ti importa così tanto?!” le domandò, stringendola per le spalle e guardandola dritto nelle iridi color caramello.
“Voglio solo che riporti a galla i sentimenti che hai provato per l’unica donna a cui tu abbia mai tenuto.” Sentenziò, infine, sfoderando l’ultima carta a disposizione.
“Io non voglio parlare di lei, perché non è la persona a cui tengo.”
Quando Lexi si rese conto di ciò che stava dicendo, erano già avvinghiati l’uno all’altra in una morsa d’acciaio fuso, dolce, disarmante. Le loro mani si esplorarono con avidità e tenerezza e lei capì che l’interruttore era stato finalmente premuto. La felicità quasi adolescenziale con la quale si ripeteva di essere lei l’amore che aveva riportato a galla il cuore di Damon Salvatore, si leggeva nei suoi occhi e nei baci che gli regalava.

La mattina dopo, però, il risentimento e il rancore si fecero trovare sull’uscio di casa quando, aprendo gli occhi, si ritrovò completamente sola nella sua casa, senza più l’anello del giorno al dito e con un biglietto sul cuscino degno del più bastardo tra i bastardi:
“Forse dovresti ripensarci: spegnere l’ umanità farebbe bene anche a te. L’amore non corrisposto fa schifo, vero?  By Bela Lugosi che ti fisserà sempre dallo specchietto retrovisore.  P.s. Mio fratello dovrebbe conoscere le tue doti amatorie, sono certo sarebbe meno depresso.”

   
 
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