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Autore: Francesca Alleva    21/06/2013    2 recensioni
[..] non tutte potevano avvicinarla; essendo sentimenti, non tutte andavano d’accordo, non tutti i sentimenti erano affini alla fata perlacea che ora, con occhi brillanti e sinceramente grandi, si guardava intorno sovrastando la sua tazza di ponce. [..]
Genere: Fantasy, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Creata per il contest de "Grandi Autori",
attualmente in corso, ANNULLATO
OneShot per il I turno.


* Vincitrice premio HET.  

Era bella, come le cose passate.
 

Entrò alla festa.
Bellissima. Un vestito opalescente, un corpetto ricamato con le perle, capelli biondi sciolti.
Occhi viola.
Si fece avanti silenziosa, scivolava tra la folla come un’ombra, alcune persone quasi non la vedevano, altri si sentivano toccati dal suo sguardo e si giravano di scatto. Certi si allontanavano ma molti la seguivano con lo sguardo, ammaliati; era bella come le cose passate.
 
Ferma al tavolo del rinfresco, con un bicchiere di ponce tra le lunghe dita, si guardava attorno; non era mai lei che si avvicinava agli uomini, erano loro che venivano da lei, erano loro che la cercavano maggiormente: l’uomo, la creatura bizzarra che non era mai felice del suo presente e s’incazzava col suo passato.
Gli elfi la evitavano il più possibile e se le parlavano era sempre con l’allegria di chi sa di trovarsi al posto giusto, erano troppo saggi e avevano altro a cui pensare; gli elfi non guardavano mai al passato.
I nani, invece, la osservavano passare, persi nella sua bellezza; ma una tirata di barba e tornavano a lavorare, preferivano farla rivivere nelle leggende scritte sulla pietra: i nani ci pensano solo, al passato, ma costruiscono il futuro.
Le fate la trattavano da pari a pari, non era certo cattiva!, ma non tutte potevano avvicinarla; essendo sentimenti, non tutte andavano d’accordo, non tutti i sentimenti erano affini alla fata perlacea che ora, con occhi brillanti e sinceramente grandi, si guardava intorno sovrastando la sua tazza di ponce.
Il suo sguardo incontrò quello del suo uomo. Ma non era ancora tempo di raggiungerlo. Lui passava e abbracciava la gente senza preavviso, piombando loro addosso nel bel mezzo di un silenzio o a metà conversazione. Poi si dileguava. E molti di loro andavano da lei.
 
Si avvicinò un uomo distinto e, con un’aria di scuse rivolta alla moglie, chiese di ballare alla fata; lei sorrise poggiò la tazza incastrando le dita delicate e fresche in quelle dell'individuo. Si dirigevano verso la pista, quando la perlacea fata fu fermata da un’altra, di rosso vestita, che sorrise diabolicamente allegra: “E’ bello vederti, mia conseguenza” La fata bianca tirò dritto. “Non puoi farci niente Mal! Lo sai!” Rise, soddisfatta della sua battuta.
In mezzo alla pista. Luce blu. Una sirena dagli occhi viola e un pesce spaurito in cravatta.
 
“Mi ricordi la prima ragazza. Aveva i capelli scuri, mossi. Ci penso spesso, ai 3 anni insieme, sai? Dovevamo sposarci, avevamo solo 20 anni ma eravamo innamorati. Sai, non che adesso non ami mia moglie ma Kathrine era.. Kathrine.. Perché se n’è andata? Perché Kathrine?” Prese e strinse la fata e poi la guardò negli occhi. “Perché mi hai lasciato, Kathrine, perché sei morta? Perché? Perché non hai guardato attraversando, Kat, Kat rispondimi! Ti prego.. Perché..”
La donna in bianco lo guardò con i suoi occhi viola, un mare di tristezza e amore. Il blu e il rosso. Viola.
Lo guardò e sussurrò che Kat sarebbe sempre stata con lui, nel ricordo.
“Sì.. Mi ricordo un pomeriggio. Era due anni che stavamo insieme, avevamo 19 anni e lei dormiva dopo aver fatto l’amore. Presi un cuscino e glielo poggiai sulla pancia. Lei si svegliò. Tirò su il lenzuolo e lo bloccò con la schiena, così da sembrare incinta. Si accarezzò la pancia e disse: “Hey neo papà, ho voglia di fragole”. Piansi, quel pomeriggio. A ripensarci, sì, erano le lacrime di gioia più grandi che avessi mai versato.”
Sorrise e abbandonò la fata sulla pista, tornando dalla moglie.
Mal rimase lì, ferma, col pensiero altrove.
Si avvicinò la fata grigia.
“L’ho vista, quella stronza, prima.”
“Impotence?”
“Mal, come fai?”
“Cosa?”
“A essere te?”
“E tu, Nessy?”
“Sono quel che sono, se non esistessi precluderei la vita a quell’altra pazza” Indicò un punto da cui proveniva la risata cristallina di Happiness, come sempre circondata da esseri di tutti i tipi. Erano le opposte essenziali, loro due.
“Esatto. Io non sono un’emozione come Happiness o te, Sadness. Non sono nemmeno una condanna come Impotence. Sono un tramite. Un sentimento. Io porto emozioni, non faccio altro. Io vi porto, Nessy. Sono quel che sono.”
Sorrise, come solo lei poteva fare.
Un sorriso bello come il passato.
 
Ballò con una donna, una donna ormai matura che amava ricordare quanto fosse al centro dell’attenzione da giovane, con un’anziana donna che rimpiangeva di non aver accettato il proprio lavoro per compiacere i desideri del marito, che poi la tradiva e ballò con un ragazzo, un giovane; non andò a New York per paura della novità. Poi dovette cambiare gli studi perché non trovava lavoro.
Mal ricordò alla donna che adesso l’uomo che aveva accanto amava ogni sua singola ruga.
Ricordò che stare in casa aveva permesso all’anziana, quand’era giovane, di occuparsi dei suoi quattro figli e farli crescere con un amore sconfinato.
Ricordò al ragazzo che se fosse partito non avrebbe incontrato la donna della sua vita.
 
Si avvicinavano a lei con tristezza e vi si allontanavano con un sorriso di rassegnazione consapevole.
Mal era sola. Sola quando diventavano tristi a causa sua e quando ricordavano la bellezza grazie a lei.
 
Uscì. La festa stava procedendo e la sala era ormai di Happiness. Mal, la fata in bianco, veniva naturalmente allontanata dall’alcool e dalla musica.
Se ne andò come solo lei sapeva fare, in silenzio come arrivava, non vista, salutata solo da Resignation e derisa da Impotence.
 
E uscendo si scontrò con un altro spirito, l’unico che poteva capirla e starle accanto, lui che l’aspettava essendo stato sbattuto fuori un po’ prima. Il suo uomo, che spesso incontrava nella notte, quando i ricordi fanno l’amore con la malinconia e spezzano la forza degli uomini a metà.
 
Se ne andarono insieme per una via che portava tra le stelle.
 
Perché Ricordo e Malinconia camminano sempre mano nella mano.
   
 
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