1. Prologo.
Louis Tomlinson in quel momento sognava di trovarsi in un’altra epoca, in un altro pianeta, o di certo non nell’ufficio del preside, almeno non di nuovo. Nessuno capiva il suo comportamento così…inusuale.
Sinceramente nemmeno lui si capiva, non più, ma comunque era lì e annuiva. Erano momenti di rabbia, i ricordi, la vergogna, la paura gli ritornavano alla mente, attacchi improvvisi lo coglievano.
Ne aveva tanti di sogni, quel diciannovenne, alcuni di cui ne era a conoscenza, altri che teneva chiusi in un cassetto per paura che quelli potessero scappargli via da mano e volare via, altri non li conosceva e il suo inconscio li teneva segreti per paura di un’altra delusione.
Troppo codardo, troppo prudente, troppo chiuso in se stesso per mostrarsi agli altri per quello che era, la sua unica salvezza era il basket.
“Tomlinson, allora, che devo fare con te? E’ la quarta volta che provochi una rissa e così metti di certo in cattiva luce la tua squadra.’’
Il preside aveva capito quale era il punto debole di Louis, e questo se ne rese conto troppo tardi.
“Preside…io – iniziò prendendosi una pausa per asciugarsi il sudore dalla fronte– gli prometto che non succederà più, ma la prego…’’
Il preside si allentò la cravatta, e andò verso la finestra, alzò la tapparella e si girò con espressione dura verso il diciannovenne.
“Rammentami Tomlinson…questa è la seconda volta vero che me lo dici?’’
Louis iniziò ad intuire tutto.
‘‘Preside il sono il capitano, non possono fare a meno di me.’’ Provò Louis con la gola secca.
‘‘Lo so, è per questo che non potrai giocare, almeno fino ai campionati, non sono così stupido, ma ti giuro che se combinerai ancora una delle tue, ti giuro che sei fuori dalla squadra.’’
Il mondo di Louis Tomlinson cadde piano piano in pezzi, circa tre mesi, tre mesi senza giocare, e dire che giocare era la stata la cosa che l’aveva salvato.
Voleva urlargli contro, picchiarlo fino a farlo ragionare, voleva persino tornare indietro nel tempo, ma quando alzò il viso e vide l’espressione risoluta del preside capì che in quel momento era meglio star zitti e aspettare quei dannatissimi tre mesi.
‘‘Tomlinson, però non è tutto…’’ iniziò l’uomo.
‘merda.’ Pensò Louis maledicendosi.
Subito dopo si sentì bussare alla porta, e il preside fece entrare un ragazzo.
‘‘Styles, finalmente, accomodati.’’ Gli disse cortesemente il preside sorridendogli.
Il riccio si sedette sulla sedia accanto a Louis, e gli sorrise timidamente.
Louis lo guardò male e alzò gli occhi al cielo.
‘‘Allora, Louis ti starai chiedendo perché Harry sia qui.’’
In realtà a Louis non interessava minimamente, ma alzò lo sguardo per far capire al preside che lo stava ascoltando.
‘‘Lui ti aiuterà.’’ Finì il preside.
‘‘E in che modo Harry Styles potrebbe aiutarmi?’’ chiese con una finta cortesia Louis.
‘‘Farai parte del suo gruppo di sostegno…per studenti…con delle problematiche.’’
‘Questi sono pazzi.’ Si disse Louis sospirando.
‘‘Iniziamo questa settimana, esattamente giovedì, e abbiamo deciso di andare tutti insieme davanti ai grandi magazzini per donare il sorriso e l’abbraccio a qualcuno.’’ Disse entusiasta il ragazzino.
‘Questo è fuori, è completamente fuso.’ Adesso Louis ne aveva la certezza.
Il preside vedendo che Louis non aveva nemmeno commentato, mandò via da suo ufficio entrambi i ragazzi.
Harry manteneva dei libri in mano, e appena uscirono gli caddero da mano.
Appena il riccio si alzò dopo averli raccolti, fu assalito da Louis.
‘‘Checca, se mi complicherai la vita – disse soffiandogli all’orecchio– io ti renderò la vita un inferno totale, capito?’’
Adesso Louis si aspettava che il ragazzino, di sedici anni, annuisse convinto e scappasse via, ma non accadde nulla di tutto ciò.
Il ragazzo, che indossava una semplice maglietta bianca a ‘v’ e dei jeans neri, si avvicinò e gli sorrise beffardo.
‘‘Oh Tomlinson dipende tutto da te, se vuoi mandare la tua vita a puttane, bhe’ ci stai riuscendo benissimo. – iniziò e si fermò un attimo per notare lo sguardo stupito dell’altro – Ah, e se anche fossi una ‘checca’ non sono affari tuoi.’’
Poi il ragazzo lo fissò soddisfatto, e il maggiore si avvicinò a lui, e gli fece cadere i libri.
‘‘Allora avevo ragione, si nota da tre chilometri, e comunque stai zitto, non mi conosci.’’ Sussurrò Louis prima di afferrarlo per la maglia e mollargli un pugno in piena faccia e lo sbatté contro il muro, facendolo cadere.
Il riccio si massaggiò la testa, e poi si alzò velocemente.
‘‘L’hai voluto tu, Tomlinson.’’
All’improvviso arrivò la segretaria, e Louis ebbe paura che il ragazzo potesse fare la spia.
‘‘Cosa sta succedendo qui?’’ chiese la donna sospettosa.
‘‘Nulla signora Fards, proprio nulla.’’ Disse Harry prima di allontanarsi e raggiungere i corridoi.
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''But just walking in the dark
And you can see the look on my face
It just tells me apart
So we fight
Trought the hurt''
Sì questo doveva essere il primo capitolo, ma poi ho capito che era fin troppo corto, due pagine di
word, nulla praticamente, quindi lo farò passare come un prologo.
Spero vi piaccia, e mi lasciate una recensioncina? ksrl (più di dieci parole)
Penso di aggiornare ogni due giorni ((SPERO)) , ma fra poco parto per Brighton quindi....
mhh chissà.
mi trovate su twitter, sono @t0mlinsvans