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Autore: cheesecake94    05/01/2008    13 recensioni
Lo lasciai, impaurito, devastato nello spirito e nel corpo, e me ne andai con la mia rabbia, mentre lui affondava ancora, sempre più in basso. Chaylor
NB Talora potrebbero essere trattate tematiche delicate.
POSTATO IL SEDICESIMO CAPITOLO.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Chad Danforth, Gabriella Montez, Taylor McKessie, Troy Bolton
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Ore 2.15 am, 19 ottobre

“Dove sei?” urlò la voce “Dove sei, dannazione! Scendi immediatamente!”

La voce di Chris Danforth risuonò tra le pareti della casa come un tuono. Ancora una volta, Chad si chiese come fosse possibile che nessuno, nel palazzo, si fosse mai lamentato di quelle grida che, ne era certo, erano perfettamente udibili a tutti gli inquilini del piano ed anche a quelli del piano inferiore. D’altra parte, anche i suoi vicini avevano i loro problemi. Chi mai avrebbe potuto vivere in un posto del genere senza averne?

“Non andare.” sussurrò una vocina da sotto le coperte. “Ti picchierà.”

“Non posso, Liv. Se non scendo io, salirà lui, e se la prenderà con entrambi.”

“Allora vengo con te.”

“No, Liv, tu devi rimanere qui e non fare rumore. Nessun rumore, hai capito? Nemmeno un fruscio. Rimani sotto le coperte e fai finta che stiamo giocando a nascondino. Io torno presto.”

Senza lasciare alla bambina il tempo di replicare, Chad si alzò e scese le scale. Non appena fu uscito dalla camera che divideva con la sorella, la maggior parte del coraggio che aveva finto di avere per non spaventarla scomparve.

Chad non aveva paura del proprio padre, non letteralmente almeno. Da che lui ricordasse Chris Danforth era sempre stato così, un alcoolista violento e dispotico. Lui era cresciuto credendo che tutti i padri fossero così, per lui era naturale quando credere che il cielo fosse azzurro o che l’estate venisse prima dell’autunno. Era più che abituato alle percosse, ai pugni, ai calci, agli insulti; erano altre le cose che davvero temeva.

Un anno prima, poco prima che lui iniziasse la scuola superiore, sua madre se n’era andata, un mattino aveva fatto le valigie e se n’era andata, così, senza una parola, senza una spiegazione. Da allora, tutto ciò che era riservato a Elaine venne riversato su Chad, che peraltro pensava che la sua parte fosse già più che sufficiente. Prima era stata una volta al mese, poi una alla settimana, ed ora quasi tutte le notti veniva quello che suo padre chiamava “il tempo dell’educazione.” A peggiorare le cose, Chris, poco meno di due settimane prima aveva perso il lavoro. “Eccedenza di personale”, così avevano detto, ma certo il fatto che si presentasse in fabbrica ubriaco fradicio non aveva collaborato alla sua causa. Di questo, di questo Chad aveva davvero paura: di cosa avrebbero vissuto adesso? Come avrebbero fatto a pagare l’affitto? E come avrebbero fatto a mangiare? I soldi della liquidazione erano già finiti, trasformati in bottiglie contenenti il liquore ambrato che sembrava essere l’unico vero amore di suo padre, e la dispensa era quasi vuota.

“Ciao, papà.”

“Signore, chiamami Signore.” ruggì l’uomo ai piedi delle scale.

“Buonasera, Signore.”

“Cos’hai fatto oggi, ragazzo?”

“Tutto quello che si doveva fare, signore.”

“Tua sorella ha cenato?”

“Sì, signore.”

“Forse la scampo.” pensò Chad, e si permise di fare un sospiro di sollievo, impercettibile, ma abbastanza forte perché lui lo notasse.

“Cos’hai da sospirare, cosa mi nascondi?”

“Nulla, signore.” rispose, cominciando a temere il peggio.

“Non ti credo. NON TI CREDO! Sei un bugiardo, tale e quale a tua madre. TALE E QUALE A LEI!”

Mentre gridava, si avvicinò, salendo i tre gradini che lo separavano dal figlio. Con un unico, fluido movimento afferrò il suo polso e lo strattonò fino a farlo cadere a terra. Non appena fu steso ai suoi piedi, lo colpì con forza esattamente all’altezza delle reni. Chad udì il suono sordo che gli stivali del padre produssero cozzando contro la sua schiena. Poco dopo, un dolore acuto lo pervase, partendo dalla base della spina dorsale e percorrendola interamente fino al capo ed collo, così forte da mozzargli il fiato. Quasi non si rese conto dei colpi che seguirono, né notò che suo padre si era tolto la cintura e si preparava a colpire ancora.

Dopo un tempo che parve interminabile, tutto ebbe fine.

“Ho finito. Vai in camera tua.”

Dolorante, Chad salì le scale. Camminava chino verso il basso perché la sua schiena pulsava e palpitava, e percepiva rivoli di sangue colare lungo le sue gambe, fino a terra. La mattina dopo avrebbe dovuto pulire.

Chad non si era mai chiesto se meritasse tutto questo, non si era mai chiesto se fosse giusto. Era così, punto e basta. Era stata solo un’altra notte a casa Danforth, una notte come le altre.

Prima di entrare in camera, ebbe l’accortezza di tirarsi su; nonostante lo sforzò fosse inaudito ed il dolore quasi insopportabile, non voleva far vedere a Olive quanto stesse soffrendo.

“Hai visto?” le disse. “Non mi ha fatto niente.”

“Davvero?”

“Davvero, Liv. Ora dormi, domani c’è scuola.”

“Ti voglio bene, Chad.”

“Anche io ti voglio bene, Liv.”

 

Ore 8.00 am, 20 ottobre

Chad camminava lungo Main Street, diretto verso la casa di Troy. Ogni mattina, fin dall’asilo, lui si era recato a casa di Troy per percorrere insieme la strada verso la scuola.

Il tragitto, quella mattina, era stato difficoltoso. La schiena gli doleva ben più della sera precedente, e un grosso livido bluastro adornava la sua schiena, in buona compagnia vista la costellazione di segni in tutte le tonalità del viola che ricopriva perennemente il suo corpo. Inoltre, non toccava cibo dal giorno prima, quando a scuola aveva pranzato alla mensa. In casa non era rimasto che un pugno di riso, e l’aveva lasciato ad Olive. Lei aveva solo cinque anni, aveva bisogno di mangiare. Tuttavia, si sentiva fiacco, indebolito, ed a tratti dei fastidiosi giramenti di testa lo inducevano a fermarsi.

Si chiese come avrebbero fatto se suo padre non avesse trovato un nuovo lavoro. Mentre camminava attraverso la piazza del mercato, notò un cartello appeso ad uno dei camion in attesa vicino alle bancarelle.

“Cercasi aiutanti.”

“Ci passerò dopo la scuola.”, si disse. In fondo, quella poteva essere una soluzione.

Poco dopo, suonò il campanello di casa Bolton e Troy lo raggiunse in strada.

“Ehi amico, come va?” esclamò lui sorridente.

“Tutto bene.” rispose Chad, e pensò a quanto fosse sarcastica quella risposta.

“Sei pronto per la partita di oggi?”

“Come no.” rispose lui.

“Li faremo a pezzi.”

“Già.” replicò stancamente Chad. “Li faremo a pezzi.”

Questa è la prima storia che scrivo su High School Musical, e spero che vi piacerà. Se avete idee, consigli o suggerimenti, fatemi sapere, io adoro scrivere su traccia. Anche le critiche sono ben accette, se costruttive. Nel prossimo capitolo assisteremo ad una sconfitta dei Wildcats per colpa di Chad e del suo dolore alla schiena, ed a un litigio tra lui ed il resto della squadra.

Non fatevi pregare, recensite!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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