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Autore: Cuore_di_inchiostro    22/06/2013    1 recensioni
“Mio nonno è quell’uomo dallo sguardo che mostra un’infanzia avanzata ma pur sempre viva.”
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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D’un tratto m’accorsi che avevo bisogno di lui fino in fondo, rendedomi conto in un attimo di tutto il tempo sprecato, all’oscuro di quanto io sia sempre stata fragile, di fronte a quei modi rudi ai quali è sempre stato avvezzo.
Lo capii all’improvviso, che mi ero persa e mai ritrovata, mentre le nocche sue si sbiancavano nello strofinare lievi i miei capelli sciolti e scompigliati. “Sei il mio portafortuna”. Pensai che mi stesse ingannando. Ancora. Dunque, mi sentii offesa, turbata e sciocca, ingenua ed esposta a tutto, ma proprio mentre riempivo me stessa dei peggiori pensieri per quell’inflessione regalata all’amore, mi resi conto di stare finalmente, davvero, bene. Allora sorrisi, scoprendo i denti ormai senza più l’apparecchio, per poi stringere subito le labbra contraendole, nuovamente a me stessa sconosciuta. Ma capii, in quell’istante, in quel sentirmi un raro quadrifoglio tanto cercato e ben custodito, durante quella partita di biliardo, che avevo scioccamente e intensamente anch’io bisogno di lui. Pendevo da lui come le piante dalla luce, come un pezzo di cartone senza senso dal suo puzzle, come un telefono dalla sua batteria.
Uno scoppio dentro me mi mostrò ogni molecola del mio corpo, e ogni atomo dentro esse, febbricitanti, mostrava lo stesso amato volto.
Poi il black out.
Il buio nero come la pece girò di nuovo quei visi, portandoli ancora alla forma astratta e inconcepibile. Di nuovo persa, di nuovo me, perché amare è cosa da niente, non fa per me. E quella parola “amore” che avevo sentito così quasi sulla lingua, sulla quale i miei neuroni si eran tanto crucciati, anche stavolta m’è sfuggita, fugace e crudele. Perché l’amore è una lanterna molto bella da veder accesa di lontano, che arde, corpo e anima. Talvolta ci s’avvicina, e la fiamma s’alza a contatto con la pelle, e ci si brucia fino a sentir dolore vero, e allora torna in mente che la lanterna è bello di vederla spenta, e di cercarla e immaginarla come più ci piace, fingendo che sia meravigliosa quando invece, magari, è nera di fuligine. E allora è deciso, basta. Basta credere a tutto ciò, questa farsa eretica.
Metterò un pozzo, profondo e nero come la mia sporca lanterna, tra me e quest’ultima, che non la possa io raggiungere neanche in ebbrezza. Possa io non amare mai, che già mi sento scottare la carne al pensiero; e quel maledetto viso possa io scordarlo, o solo vederlo amico.
Appena fui convinta di tutto questo, a decisione presa, scattò il turno. Le dita chiare si intrecciarono ai miei capelli ancora un po’ salati, e la frase che inganna. “Sei il mio portafortuna”. E ancora, le dita fuggono svelte la fiamma, ma ella m’insegue.

Maledetta lanterna.
  
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