Le anime dei superbi procedono lentamente, piegate dal peso di quei massi che gravano sulla loro nuca. Fanno strada a Dante e Virgilio, cercando di farsi ascoltare da quel corpo che i raggi del Sole non attraversano. Raccontano la loro storia, chiedono una preghiera.
Dante si china per poterle guardare in viso. Si mette sul loro stesso piano, forse per rispetto e reverenza verso quelle anime pentite o forse perché, in fondo, riconosce in se stesso lo stesso peccato di superbia che è causa della loro pena.
Virgilio sta in disparte, lo guarda divertito, ma anche un po' contrariato da quella postura, da quel comportamento che ai suoi tempi non era lecito per un poeta.
Ma dentro di sè lo sa che le cose cambiano... Giotto ha superato Cimabue, Cavalcanti ha superato Guinizzelli...
E Dante, quell'ingenuo che lo sta seguendo in quello strano viaggio, ha superato tutti, compreso lo stesso Virgilio...
Ormai, giunti verso la fine del loro percorso, la guida pensa a quando dovrà dire addio al suo allievo e spera di essere stato un valido maestro.
Lancia un'occhiata a Dante, ancora chino ad ascoltare ciò che Oderisi ha da dirgli.
Sorride, con già un lampo di nostalgia negli occhi.
"Mi mancherai, dolce figlio..."