Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: TearsOfDragon    22/06/2013    1 recensioni
Questa è la storia di un ragazzo come tanti. Di una ragazza bellissima e misteriosa. Di una guerra tra Dei. Di un mondo fatto di magia e creature mitologiche. Ci sono tutti i presupposti per la nascita di un amore destinato a diventare immortale. Questa è la storia di Georg e Freya.
****
"Sono felice di averti conosciuto, tu sei la cosa più bella che mi sia mai capitata. Qualunque cosa succederà domani, l'affronteremo insieme. E insieme saremo vittoriosi. qualsiasi cosa succede, questi giorni insieme resteranno per sempre nel mio cuore."
Genere: Avventura, Fantasy, Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
A
prii gli occhi, e mi trovai in una stanza luminosa e accogliente, disteso su un letto sotto un lenzuolo e una calda coperta. Intorno a me c’erano un ampio armadio, un comodino e una scrivania; la parete alla mia sinistra si apriva su un’ampia vetrata che dava su un balcone con una vista di Stoccolma innevata, su quella di fronte a me c’era una televisione e su quella a destra una porta socchiusa, che lasciava filtrare delle voci basse e concitate che parlavano. Ai muri erano appesi poster di gruppi musicali, attori e scene di film, mentre sulla scrivania erano posati un computer portatile e un lettore MP3.
Pian piano mi resi conto di quello che stavo vedendo e mi domandai dove mi trovassi. Ma prima che potessi darmi una risposta arrivò il dolore: un dolore lancinante che dal fianco sinistro si irradiava in ogni angolo del mio corpo catturandomi in un’agonia interminabile. Cos’è successo? Lentamente mi tornò anche la memoria e con essa il ricordo di quanto era successo nel bosco. Gettai uno sguardo fuori dalla finestra e vidi che era mattino inoltrato. Il combattimento nella radura era accaduto nel pomeriggio. Da quanto sono qui? Iniziai a preoccuparmi.
Mi puntellai sui gomiti per cercare di alzarmi, ma le fitte di dolore che si scatenarono mi fecero crollare di nuovo sul morbido materasso strappandomi un gemito. Immediatamente le voci che provenivano dall’altra stanza si zittirono, e poco dopo la porta si aprì lentamente incorniciando una figura che rimase in ombra a causa della luce che entrava, impedendomi di capire chi fosse.
Il mio primo pensiero corse ai guerrieri che ci avevano attaccato. Sono prigioniero! Mi dissi, ma poi la figura fece un passo dentro la stanza e finalmente la riconobbi. Era Freya. Fui travolto dal sollievo, non tanto perché capii che non ero stato rapito, ma soprattutto perché se era lì significava che era sana e salva e che era riuscita a sfuggire all’attacco. Mi stupii di come la sua incolumità mi fosse improvvisamente diventata più importante della mia.
Le mie labbra si aprirono in un ampio sorriso mentre si avvicinava. Non ero mai stato così felice di vederla.
«Ben svegliato Georg. Come ti senti?» mi chiese cautamente, con un fievole sorriso che non nascose la sua espressione tesa.
Aprii la bocca per parlare ma non mi uscì alcun suono. Mi schiarii la gola e riprovai.
«Malissimo.» riuscii a dire. «Ma non preoccuparti per me, sono stato peggio.» cercai di scherzare.
«Davvero?» domandò preoccupata, senza cogliere la mia ironia.
«No, ma non importa. Dopo questo, qualsiasi cosa mi succeda in futuro, potrò dire sinceramente che sono stato peggio.» Scoppiai a ridere, ma m’interruppi non appena sentii il male aumentare per il mio movimento. Il viso di Freya si rallegrò un po’ e accennò perfino una risata, che però si spense quando vide la mia smorfia di dolore.
«Mi dispiace tanto per quello che è successo. È tutta colpa mia.» sussurrò tristemente, sedendosi con cautela sul letto accanto a me.
«When everything feels like the movies, yeah, you bleed just to know you're alive.1» sussurrai citando una delle mie canzoni preferite e che sapevo piacere anche a lei. «Beh, visto il dolore che sento, suppongo di essere molto vivo allora
 Riuscii a strapparle un sorriso per la mia battuta.
«Che cos’è accaduto dopo che sono svenuto? Chi erano quei guerrieri che ti hanno attaccato? E chi era l’uomo con cui stavi parlando, quello che è scomparso nel nulla senza lasciare impronte sulla neve?» Domandai poi a raffica, e l’espressione di Freya si fece leggermente ansiosa.
«Calma, ti prometto che ti spiegherò tutto, ma non agitarti o ti farà stare peggio. È una storia lunga e ti avverto, sarà difficile credere a tutto quello che ti dirò, ma ti giuro che è la pura verità.»
«Dopo quello che ho visto oggi, ehm, ieri, penso di poter credere a qualsiasi cosa.»
«Veramente ieri non hai visto nulla, eri ancora svenuto, l’attacco è avvenuto due giorni fa, ora è lunedì, sei rimasto svenuto per quasi due giorni.» sussurrò dispiaciuta.
«Ah, ok.» risposi sorpreso. «Bene, ora sono pronto ad ascoltare la tua storia.» Le sorrisi, cercando di rallegrare la sua espressione triste. Lei ricambiò finalmente il sorriso e, vistosamente più rilassata, iniziò il suo racconto.
 
*****

  «Allora, da dove iniziare… Dimmi, hai mai sentito parlare degli antichi dei scandinavi, come Odino o Thor, e così via?»
«Qualcosa, so che Thor è il Dio del Tuono e Odino il Re degli Dei, ma poco altro.»

«Allora dovrò cominciare proprio dalle basi. Andiamo per ordine: nella mitologia Thor è il Dio del Tuono, hai ragione, ed è figlio di Odino che non solo è il Re degli Dei ma anche il Dio della Guerra. Bene, quelle storie sono tutte vere. So che ti sarà difficile crederci, ma gli Dei esistono realmente, e sono ancora tra noi. L’uomo che hai visto sabato insieme a me era Thor, e quella che stavamo parlando era la lingua di Asgard, uno dei Nove Mondi, quello in cui vivono gli Dei.»
Rimasi attonito per qualche istante, poi risposi.
«Ok, dopo averlo visto scomparire nel nulla sono disposto a credere che fosse veramente Thor. Continua pure.»
«Bene, sono contenta che tu mi creda, ci farà risparmiare un sacco di tempo. Molti millenni fa Odino ha creato una stirpe di guerriere per difendere l’umanità: le Valchirie. Erano un gruppo votato a Odino, espertissime nel combattimento, e il loro scopo era difendere la Terra e gli uomini dal male, in qualsiasi forma si manifestasse.
Per aiutarle nel loro compito Odino donò loro alcuni poteri speciali: la capacità di guarire rapidamente dalle ferite; maggiore forza e velocità fisica, oltre alla resistenza alle temperature estreme; l’abilità ancestrale di parlare la lingua di Asgard e il potere di nascondere il loro equipaggiamento, le armi, le armature e cose simili, agli occhi degli umani in modo da potersi mimetizzare.
Ma pose anche una condizione: affinché le Valchirie fossero disposte a dedicare la loro vita a difendere gli altri, non avrebbero potuto avere la capacità innata di maneggiare le armi. Avrebbero dovuto seguire l’addestramento fin da bambine e imparare a combattere da sé, con l’impegno e il sacrificio. Solo chi fosse stato disposto a soffrire e addestrarsi intensamente avrebbe avuto la forza di lottare con tutte le proprie forze per perseguire il proprio scopo.
E io sono una di loro. Sono una Valchiria.»
Tacque per un po’, per darmi il tempo di elaborare quello che mi aveva rivelato. Tra l’altro, ora avevo capito come mai girasse sempre in canottiera come se non avvertisse il freddo.
«Ma quindi tu, insomma, non saresti un’umana?» domandai.
Contro tutte le mie aspettative, Freya scoppiò a ridere.
«No, non preoccuparti, io sono umana tanto quanto te. Solo che ho avuto il dono dei poteri magici che ti ho elencato, e li possiedo dalla nascita perché si trasmettono per via ereditaria di madre in figlia. Le prime Valchirie di Odino erano umane, alle quali lui aveva donato parte dei suoi poteri, e io discendo da una di quelle Valchirie.»
Annuii rassicurato, e le lasciai proseguire il suo racconto.
«Dunque, ora che hai capito meglio il nostro mondo posso spiegarti chi erano quei guerrieri che ci hanno attaccato. La buona notizia è che erano esseri umani, la cattiva è che erano al servizio del Dio Loki e avevano giurato di servirlo fino alla morte. Cosa che in effetti è successa.»
«Vuoi dire che sono morti tutti? Li hai uccisi tu?»
«Esattamente.» Annuì.
«E io che ero intervenuto per salvarti… Alla fine sei stata tu a dover salvare me!» esclamai scoppiando a ridere e ignorando il dolore che mi trafisse come schegge infuocate conficcate nel mio corpo. Per un momento rise anche lei assieme a me, mettendo da parte i problemi che la assillavano.
«È vero, ti ho salvato dopo che ti avevano ferito, ma se non fosse stato per il tuo urlo di avvertimento non mi sarei accorta in tempo del loro arrivo e mi avrebbero ucciso.
Quindi sei stato veramente il mio salvatore. Grazie, ti devo la vita.» detto questo si chinò su di me e dolcemente mi diede un lieve bacio sulle labbra, sussurrando un altro “grazie”.
Io arrossii imbarazzato e non riuscii a spiccicar parola. Rimasi stupito della mia reazione, non era la prima volta che ricevevo un bacio da una ragazza, ma mai mi aveva fatto un effetto simile. E mai era stato così bello.
Dopo un momento ritrovai la voce e le feci un’altra domanda.
«Ma perché Loki avrebbe mandato i suoi scagnozzi ad uccidere te, una delle Valchirie al servizio di Odino?»
«Perché è un traditore.» fu la concisa risposta. «Si è rivoltato contro il suo Re e fratello, Odino, e ha cercato di prendere il potere, vuole dominare Asgard e la Terra. E così ha scatenato una guerra tra gli Dei che va avanti da molti secoli.
Odino ha inviato le Valchirie per difendere l’umanità mentre gli Dei combattono le truppe di Loki ad Asgard. Io sono arrivata qui dopo aver scoperto un esercito di umani e mostri asserviti al Dio Malvagio che progettava di rovesciare la Corona svedese e prendere il potere, e il mio compito è quello di fermarli, a qualunque costo.
Ieri Thor mi ha raggiunto nel bosco per comunicarmi le ultime novità sulla guerra ad Asgard e le notizie scoperte dalle spie di Odino, Hugin e Muninn, qui sulla Terra. Probabilmente quegli uomini mi hanno seguita e hanno attaccato non appena Thor se n’è andato, sperando di cogliermi di sorpresa.»
«Un momento.» la interruppi. «Hugin e Muninn, hai detto. Quel corvo che ti è atterrato sulla spalla quel pomeriggio era uno di loro?»
«Esatto, era Hugin che mi comunicava gli ordini di Odino. Non te l’eri immaginato, mi stava davvero parlando.»
Annuii, rassegnato a credere all’inverosimile.
«Dopo che sei svenuto per la ferita, sono riuscita a sconfiggere quei soldati e ho chiesto l’aiuto di Thor perché mi aiutasse a portarti in salvo. Ti abbiamo portato di nascosto a casa mia e lui ti ha curato con i suoi poteri. La ferita ora è guarita, ma non poteva toglierti il dolore con la sua magia fin che non fossi rinvenuto. Ora è nell’altra stanza, quando sarai pronto verrà a terminare il suo lavoro.»
«Ok, va bene, non ho altre domande, chiamalo pure. Anzi, un momento.» Mi era sopraggiunto un pensiero improvviso. «Se ora siamo a casa tua, vuol dire che sono sdraiato nel tuo letto?» domandai, e arrossii imbarazzato quando lei fece cenno di sì.
«E tanto per la cronaca, sappi che è la prima volta che un ragazzo si trova nudo nel mio letto.»
Fino a quel momento non me n’ero nemmeno reso conto, ma quando lo disse mi accorsi che sotto le lenzuola ero completamente nudo, e il mio viso divenne ancora più rosso.
«Tranquillo, è stato Thor a spogliarti, non preoccuparti, io non ho visto nulla.»
Sorrisi rassicurato, ma il mio imbarazzo rimase. Nel frattempo Thor entrò nella stanza e si diresse verso di me sorridendo gentilmente. Ora non indossava più l’armatura come nel bosco, ma dei normali jeans e un maglione nero.
«Allora, direi che le presentazioni non sono necessarie. Piacere di conoscerti Georg.» esordì con una voce profonda. Ricambiai il sorriso stringendogli la mano, poi lui si dedicò alla mia guarigione. Pose le mani sulla mia ferita muovendo le dita, e quelle s’illuminarono di una luce verde. Nel giro di pochi minuti il dolore sparì completamente. Poi i due uscirono dalla stanza e io potei rivestirmi con gli abiti che Thor mi aveva gentilmente fatto comparire semplicemente con un cenno della mano.
Parlando con loro appresi anche che non dovevo preoccuparmi di spiegare nulla dell’accaduto ai miei genitori, perché i poteri del Dio avevano fatto in modo che loro decidessero improvvisamente di andare fuori città e lasciarmi solo per un po’. Questo, mi spiegarono, era una precauzione per proteggerli, perché la mia casa sarebbe dovuta restare sotto sorveglianza fino a che Freya non avesse sconfitto i seguaci di Loki, altrimenti quegli esseri spietati mi avrebbero cercato per punirmi di essermi intromesso nei loro piani.
«No, assolutamente no. Non me ne resterò a casa nascosto mentre voi combattete per salvare il mondo. Verrò con voi. Mi addestrerò a combattere e vi aiuterò. Non intendo abbandonare Freya e lasciarla da sola. La aiuterò in ogni modo possibile.» affermai categorico.
Sorprendentemente i due non opposero resistenza e mi permisero di unirmi a loro senza protestare. Dissero che probabilmente sarei stato in pericolo anche a casa, quindi tanto valeva che li aiutassi, visto che ero così deciso.
Thor lanciò uno sguardo allusivo a Freya. «Che cosa ti avevo detto?» domandò malizioso.
Li guardai confuso, senza capire, e chiesi di cosa stesse parlando. Freya mi spiegò che il Dio era convinto che io fossi innamorato di lei. Arrossii di nuovo, ma quelle parole mi spinsero a domandarmi il motivo per cui avevo deciso così impulsivamente di restare con loro. E mi resi conto che non sapevo darmi una risposta.
Esaminai i miei sentimenti e con sorpresa mi resi conto che aveva ragione, davvero provavo qualcosa per Freya, anche se ancora non sapevo bene che cosa. Tuttavia non dissi niente per il momento e feci finta di nulla. Non ero ancora pronto, prima dovevo riflettere e capire meglio quello che sentivo nel mio cuore.
Misi da parte l’argomento, sperando che non si accorgessero del mio imbarazzo, e finalmente il tempo delle spiegazioni terminò. Ora mi ero fatto un’idea più chiara della situazione e Thor decise, dato che mi ero ormai unito al gruppo, che Freya mi avrebbe spiegato con calma i dettagli dei nostri obiettivi, ma ormai per lui era giunto il momento di tornare a casa, ad Asgard. Prima di andarsene mi consigliò di restare a casa di Freya per la durata della missione, in due saremmo stati più al sicuro, e mi assicurò che avrebbe fatto proteggere i miei genitori e che con i suoi poteri avrebbe evitato che mi cercassero o facessero domande inopportune. Come ultima cosa mi fece un dono: la capacità di saper comprendere e parlare la lingua degli Dei.
Mi guardò fisso negli occhi e fece un gesto con le mani, che ormai avevo imparato a riconoscere come il modo in cui compiva le sue magie. Quando le sue dita smisero di muoversi aprì la bocca e con un sorriso malizioso iniziò a parlare.
«Ho pensato che possa esserti utile saper utilizzare la lingua di Asgard, quindi ho fatto in modo che d’ora in avanti tu sia sempre in grado di capirla e parlarla ogni volta che vorrai.»
«Wow, grazie mille Thor! Ti va di provare a dirmi qualcosa nella tua lingua? Voglio testare la mia nuova capacità.» esclamai contento.
«L’ho già fatto.» rispose semplicemente, e sia lui che Freya, che era rimasta a guardarci in silenzio, scoppiarono a ridere.
Ripensai alle parole del Dio di poco prima e mi resi conto che non aveva affatto parlato in svedese come al solito, ma in quella lingua sconosciuta. E mi resi conto anche che l’avevo capita benissimo. Risi a mia volta, e dopo averci salutato Thor svanì di nuovo nel nulla, lasciandoci soli.
Gettando uno sguardo all’orologio notai che la nostra conversazione si era protratta a lungo e ormai era giunta l’ora di pranzo. Freya intuì i miei pensieri e si offrì di preparare qualcosa da mettere sotto i denti, ed io annuii entusiasta.
Come mi aveva già detto prima, la Valchiria abitava tutta sola nel grazioso appartamento, quindi era abituata a cucinare e fare tutte le faccende domestiche. Mentre si affaccendava ai fornelli io la aiutai preparando la tavola, e in breve ci trovammo seduti a mangiare bistecche e patatine fritte. Il pasto era semplice ma delizioso. È proprio una brava cuoca, non finisce mai di stupirmi, pensai mentre mangiavo, e quando glielo dissi sorrise per il mio complimento.
Dopo pranzo decidemmo di uscire per una breve passeggiata nella neve, durante la quale riuscimmo a mettere da parte tutto ciò che riguardava la Guerra degli Dei per metterci a chiacchierare come facevamo normalmente al ritorno da scuola. Il tempo passò rapidamente nella compagnia reciproca, e in men che non si dica si fece sera. Tornammo a casa e ordinammo una pizza che ci dividemmo per cena.
Subito dopo Freya decise di mostrarmi la sua armeria privata. Era un’intera stanza le cui pareti erano riempite dal pavimento al soffitto di un’enorme assortimento di armi, tra cui riconobbi spade, asce, mazze, scimitarre, katane, coltelli, lance, archi, balestre, e perfino armi moderne come pistole, fucili e taser. Mi spiegò che non usava quasi mai le armi da fuoco, me che in certe situazioni faceva comunque comodo averne una a portata di mano. E naturalmente c’era anche una serie di armature, cotte di maglia, scudi, elmi e giubbotti antiproiettile infilati su dei manichini.
Nonostante l’ora ormai tarda decise di iniziare il mio addestramento, e prese a istruirmi sui vari tipi di armi presenti in quel considerevole arsenale e sui loro usi.
Io la ascoltai concentrato, cercando di memorizzare il più possibile, fino a quando non venne l’ora di andare a letto. E quello fu un momento di imbarazzo, ripensando a come avessi occupato il suo letto per due giorni costringendola a dormire sul divano. Ci alternammo per farci una doccia nell’unico bagno, poi Freya si mise a letto, nel suo letto che le avevo finalmente restituito, mentre io mi sdraiai sul divano sotto una pila di coperte calde.
Ero molto stanco dopo un’intesa giornata di rivelazioni, ma nonostante ciò non riuscii a chiudere occhio. I miei pensieri tornavano continuamente a Freya e a quei sentimenti che avevo iniziato a rendermi conto di provare per lei. La mia mente continuò a restare attiva e ad analizzare quello che sentiva il mio cuore. Avevo già creduto di essermi innamorato una volta, quando avevo avuto la mia storia con Olga, ma quello che sentivo ora era qualcosa di assolutamente diverso.
Mentre ci riflettevo mi resi conto che non avevo amato veramente Olga. Ora che ci pensavo a freddo, dopo la rottura tra noi due, capii che quella era stata più che altro un’attrazione fisica, ma non c’era stato alcun vero sentimento di amore per lei.
Quello che sentivo ora per Freya era qualcosa di molto più intenso e profondo. E sconosciuto. Proprio per questo non riuscivo a identificare cosa fosse di preciso. Quando pensavo a lei il mio cuore si riempiva, si riscaldava, e il ricordo del suo sorriso era qualcosa di dolce e affascinante che mi appagava l’anima. E i suoi occhi, quando mi guardavano, erano tanto ammalianti e al contempo così sinceri che mi davano l’impressione che potessi leggerle dentro l’anima.
La mia mente continuò su pensieri di questo genere mentre il sonno lentamente mi avvolgeva tra le sue spire, fino a quando finalmente verso le due del mattino, proprio in quel momento che precede il sonno, l’illuminazione mi giunse chiara e improvvisa come un dardo di comprensione che mi penetrava nella mente.
Finalmente avevo capito.
Finalmente riuscivo a comprendere i miei sentimenti.
Mi sono innamorato di Freya, constatai mentre il sonno di colpo svaniva completamente. Per la prima volta nella mia vita mi ero innamorato veramente, ormai ne ero certo e non avevo più alcun dubbio. Un sorriso si aprì sulle mie labbra mentre mi tiravo su a sedere.
La conosco solo da una settimana, ma mi sono innamorato.
Scoppiai a ridere per la gioia e lo stupore affondando il viso nel cuscino per non farmi sentire da Freya, non la volevo svegliare in piena notte.
Devo dirglielo subito, il prima possibile, mi dissi emozionato, mentre mi sovveniva il pensiero di svegliarla per vuotare il sacco. Ma no, era meglio lasciarla dormire, avrei potevo dirglielo anche al mattino. Con un sospiro mi misi di nuovo sdraiato e mi rassegnai a passare il resto della notte sveglio, ormai avevo intuito che il sonno se n’era andato definitivamente, nell’attesa che si alzasse per poterle parlare.
Proprio in quel momento la fortuna per una volta mi venne incontro e la porta della camera si aprì lentamente mentre Freya entrava con cautela nella stanza, muovendosi silenziosamente per non svegliarmi.
Rimasi immobile, cercando di racimolare il coraggio per alzarmi e rivelarle i miei sentimenti, ma la paura di un suo rifiuto mi atterriva. La osservai andare al lavandino a versarsi un bicchiere d’acqua, e finalmente presi il coraggio a due mani e la chiamai mettendomi a sedere sul divano.
«Freya.» sussurrai a voce non troppo alta, per non farla spaventare.
«Sei sveglio.» constatò lei ingenuamente, girandosi e verso di me e appoggiandosi al bordo del lavandino mentre sorseggiava lentamente la sua acqua.
«Già, direi proprio di sì. Anzi, veramente non ho ancora chiuso occhio stanotte. Devo parlarti, ho appena capito una cosa importante che devi sapere.» le dissi.
«D’accordo, ti ascolto, ma prima almeno mettiamoci comodi.» rispose con una nota di curiosità mista a preoccupazione, riponendo il bicchiere vuoto, poi si avvicinò a me camminando nel buio e si sedette su un bracciolo del divano mentre io mettevo da parte le coperte e mi accomodavo meglio sull’altro. Per ultimo accese la lampada da lettura lì accanto, illuminando la stanza con una luce tenue e soffusa sufficiente a permetterci di vederci l’un l’altra.
Solo allora mi accorsi che lei indossava solo gli slip e una canottiera, mentre io indossavo solo i miei boxer. La vidi arrossire e irrigidirsi sotto il mio sguardo come un animale braccato pronto a balzare e capii che si sentiva in ansia, quasi avesse paura che potessi balzarle addosso da un momento all’altro. Sorrisi e riportai il mio sguardo nei suoi occhi, fissando intensamente quelle verdi profondità cercando di trasmetterle tutta la mia sincerità per rassicurarla, e finalmente sembrò rilassarsi.
Iniziai a parlare, sperando di riuscire a trovare le parole giuste per esprimermi.
«Freya, devo dirti una cosa, una cosa molto importante per me, non ce la faccio ad aspettare fino a domattina. Hai presente questa mattina, quando Thor faceva delle allusioni su me e te? Ecco, in quel momento ho sentito che effettivamente io provavo davvero qualcosa per te, ma non riuscivo a identificare cosa provassi di preciso.
Oggi ho fatto finta di niente, ma stanotte ci ho riflettuto su a lungo, e poco fa finalmente ho capito tutto. Ho capito le mie emozioni, ho capito cos’è quel sentimento che sento riempirmi il cuore. Ho capito che per la prima volta in vita mia mi sono innamorato veramente.
Che mi sono innamorato di te. Freya, io ti amo.» le dissi tutto d’un fiato, prima che mi mancasse il coraggio per finire il mio breve discorso. E tu mi ami? era la domanda sottintesa, che non espressi ma che lei intuì comunque.
Freya rimase in silenzio, un’espressione leggermente stupita scolpita in viso. Aprì la bocca come per parlare, ma s’interruppe prima di iniziare.
Ero sulle spine, il cuore mi batteva a mille e sudavo per l’apprensione. Fremevo dalla voglia di chiederle di dire qualcosa, qualsiasi cosa sarebbe stato meglio di quell’attesa, ma con uno sforzo immane mi trattenni e le lasciai il tempo di elaborare le mie parole senza forzarla.
Dopo quelle che a me parvero ore, ma che probabilmente furono solo un paio di minuti, parlò.
«Io… sono stupita, non me l’aspettavo… non posso risponderti così su due piedi… scusami Georg, ho bisogno di rifletterci su, per favore…» disse con voce flebile, e sembrava veramente dispiaciuta. Il mio cuore sprofondò, ma riuscii a sorriderle per rassicurarla.
«Ma certo, non c’è problema, non preoccuparti. Prenditi tutto il tempo che ti serve, ne potremo riparlare domattina. Forse è meglio dormirci sopra.»
Lei annuì, cercando di ricambiare il sorriso, e si alzò. Rimasi ad osservarla di schiena mentre camminava verso la sua camera.
«Buonanotte Georg.» sussurrò dolcemente, girandosi.
«Buonanotte Freya. Sogni d’oro.» le risposi mentre si chiudeva la porta alle spalle.
 Ovviamente nessuno dei due avrebbe più dormito quella notte. Spensi la luce e mi sdraiai nuovamente, senza nemmeno ricoprirmi con le coperte, e rimasi a fisare la porta oltre la quale c’era il letto in cui era sdraiata la ragazza di cui mi ero innamorato. Se ascoltavo con attenzione potevo sentirla che si rigirava senza sosta tra le lenzuola, inquieta.
 
*****
 
Aprii gli occhi e guardando l’orologio mi accorsi che era già mattino. Le 8.26. Nonostante tutto, alla fine mi ero addormentato. Mi alzai silenziosamente e camminai a piedi nudi fino ai fornelli per preparare la colazione per Freya, quando si fosse alzata. Pane tostato, marmellata e caffè, mi dissi. Misi su il caffè, accesi il tostapane e poi tornai al divano per vestirmi.
Mi stavo ancora infilando i jeans quando la porta della camera si aprì e Freya apparve sulla soglia, vestita come suo solito. Aprii la bocca per chiederle se ci aveva riflettuto su, ma prima che potessi parlare lei si avvicinò in due lunghi passi e a sorpresa mi baciò.
Fu un bacio lungo e dolce, di una tenerezza immensa, stupendo, che mi diffuse un calore incredibile in tutto il corpo, e sembrò durare un’eternità. Un’eternità che racchiudeva il bacio più bello della mia vita.
Le sue labbra erano come un fuoco che bruciava di un dolce piacere, che si irradiava nelle mie vene come estasi liquida, e fui certo oltre ogni dubbio che avevo trovato la mia anima gemella.
Quando infine ci separammo, feci un raggiante sorriso.
«Questa la considero una risposta sufficiente.» le dissi felicissimo, ma l’ultima parola non terminò mai di uscire dalle mie labbra perché Freya me le chiuse di nuovo in un altro meraviglioso e intenso bacio.
Ci allontanammo di nuovo, di colpo, quando un intenso odore di bruciato s’insinuò nelle nostre narici. Freya si guardò intorno preoccupata, mentre io capii al volo e mi fiondai verso il pane tostato, che ormai era carbonizzato. Lo tirai fuori e lo gettai sconsolato nella spazzatura: ormai era immangiabile.
Freya scoppiò a ridere a crepapelle e mi unii a lei divertito mentre toglievo il caffè dal fuoco prima che si bruciasse anche quello.
«Eri talmente concentrato su di me che non ti sei accorto che la colazione bruciava?» domandò tra una risata e l’altra.
«Beh, di può dire che è così. Diciamo che ero più che altro concentrato sulla tua lingua che giocava con la mia.» la presi in giro scherzosamente.
Lei finse di tenere il broncio per la mia risposta maliziosa, ma rinunciò in fretta scoppiando in un altro scroscio di risate. Quando l’accesso d’ilarità ebbe termine ci sedemmo a tavola a bere insieme il caffè, che fu un vero sollievo dopo una nottata praticamente insonne. Dato che non avevamo bisogno di andare a scuola, merito di un’altra delle magie di Thor, mi aspettavo che dopo la colazione sarebbe ripreso il mio addestramento con le armi, ma Freya aveva qualcos’altro in mente per me, un tipo di attività molto più piacevole, che tenne impegnate le nostre bocche per tutta la mattinata tra baci, coccole e dolci parole d’amore.
Giunse l’ora di pranzo, che preparammo insieme e gustammo sul balcone, affacciati sulla stupenda vista di Stoccolma. Dopo mangiato venne l’ora dell’addestramento, quello vero stavolta. Freya mi portò nella sua armeria che fungeva anche da dojo per gli allenamenti, e mi mise in mano una spada e un pugnale con le lame non affilate. Dopodiché mi fece indossare una pesantissima cotta di maglia che fui costretto a tenere fino a sera: diceva che dovevo abituarmi a sopportarne il peso, per quando ne avessi avuto bisogno in battaglia.
Dopo le spiegazioni preliminari iniziò a mostrarmi alcune mosse che dovevo ripetere continuamente fino a che non fossero state perfette. In questo modo quei movimenti mi sarebbero penetrati nel cervello e sarei stato in grado di eseguirli per istinto senza bisogno di pensarci, quando fosse stato necessario.
Freya era un’insegnate severa e intransigente che pretendeva il massimo da me, ma sapevo che lo faceva per il mio bene, per assicurarmi le maggiori speranze di vittoria possibili, e mitigava la sua severità con un’incredibile dolcezza quando mi coglieva di sorpresa con un bacio rubato proprio quando meno me lo aspettavo.
Rimasi imbarazzato quando si complimentò con me dicendo che avevo un talento innato per maneggiare le armi, e dal suo sguardo sincero capii che la sua non era adulazione.
Riprendemmo ad allenarci, e stavolta invece che mostrarmi i movimenti iniziammo un combattimento vero e proprio, anche se con le armi spuntate per non ferirci. Io cinsi il pugnale in vita e brandii la spada con entrambe le mani, in posizione di guardia. Freya si lanciò subito all’attacco con un fendente diretto alla testa che parai all’ultimo, e sfruttai lo slancio ottenuto per contrattaccare. Ma lei schivò agilmente il mio assalto. Tornò nuovamente all’attacco prima che avessi il tempo di riprendere fiato, e il duello continuò.
Capii in fretta che nonostante non si stesse risparmiando con me, avrebbe potuto battermi con facilità se avesse voluto, ma non mi scoraggiai e cercai di fare del mio meglio. Continuammo a combattere per quasi due ore senza che riuscissi ad avere la meglio su di lei. Ormai ero esausto, ma anche Freya ansimava vistosamente e cominciai a battermi con ancora maggior vigore per cercare di terminare lo scontro. A un certo punto, quando Freya mirò un affondo diretto al mio stomaco riuscii a deviare la sua spada verso l’esterno, incastrando la sua lama con la mia per tenerla a distanza, e prima che potesse reagire mi gettai su di lei e a tradimento la baciai sulla bocca. Mentre la tenevo impegnata distraendola, con la mano libera estrassi il pugnale dalla cintura e cingendola con il braccio dietro la schiena glielo puntai alla gola. Lei si riscosse di colpo osservando attonita la lama fredda posata sulla sua pelle morbida, e io scoppiai a ridere per la sua sorpresa e per l’incredulità della mia vittoria.
E feci bene a non crederci.
Prima che potessi rendermi conto di quello che succedeva Freya scansò il pugnale con il dorso del braccio, protetto dal bracciale dell’armatura, e mi sferrò una ginocchiata all’inguine, non troppo forte ma abbastanza da farmi indietreggiare senza fiato. Mentre cercavo di riavermi lei mi saltò addosso e mi gettò a terra, atterrando in ginocchio su di me e puntandomi la punta della spada proprio tra gli occhi. Tutto questo era accaduto nel giro di meno di un paio di secondi. Spalancai la bocca esterrefatto della sua rapidità, e capii che dopotutto il duello lo aveva vinto lei.
Sorridendo dolcemente spostò la spada e si chinò a un soffio dal mio viso sussurrando.
«Se inizi a giocare sporco devi aspettarti anche che il tuo avversario ricambi la cortesia.» ammiccò maliziosa. «Non ho fatto troppo male ai tuoi gioiellini vero?» domandò fingendo di preoccuparsi. Con una mano scese a sfiorarmi il punto in cui mi aveva colpito, ma la ritrasse quasi immediatamente arrossendo stupita dalla sua stessa audacia. Io non risposi ma la tirai verso di me per un altro bacio ardente. Con un clangore metallico le nostre spade caddero a terra mentre ci abbracciavamo, sdraiati sul pavimento dell’armeria, in mezzo a un arsenale di armi letali, le bocche ancora avvinte in un momento di dolcezza interminabile.
 
*****
 
Dopo aver cenato con il cibo ordinato da un take-away ci rilassammo a turni con una doccia bollente, necessaria per lavare via il sudore accumulato in quella prima faticosa giornata di allenamento, e quando infine uscii dal bagno ci trovammo in un momento di imbarazzo.
Ci eravamo appena dati la buonanotte con un lungo bacio e mi stavo sdraiando mentre Freya si dirigeva verso la sua camera. Arrivata sulla porta, però, si bloccò e si voltò lentamente verso di me con una strana espressione in viso.
«Ehm... Georg? Io...ecco, mi stavo chiedendo se non è un problema per te dormire qui. Sai, il mio letto è grande a sufficienza e...beh, non mi sembra giusto costringerti a stare sul divano...» esordì lei con molta titubanza. Era sincera, su questo non avevo dubbi, ma sembrava molto indecisa, come se temesse qualcosa.
«Mi stai chiedendo di dormire con te?» le domandai cauto, cercando di capire cosa le fosse preso.
«Si, se ti va...» rispose a bassa voce, incerta.
«Se non è un problema per te. Ne sei certa? Non sembri molto convinta.»
«Si, ne sono sicura, mi farebbe piacere. Scusa, ero solo un po’ imbarazzata.»
«Bene, se la metti così allora accetto.» le sorrisi, e lei ricambiò, sembrando più tranquilla.
Mi alzai e la seguii in camera sua. Dopo la conversazione della notte prima avevamo superato il problema vestiti, per cui senza far caso ai pochi indumenti che indossavamo ci infilammo insieme sotto le lenzuola. Dopo esserci messi comodi mi girai su un fianco, rivolto verso di lei, e le presi la mano tra le mie sorridendole.
Rimasi attonito notando quanto fosse tesa, tutti i suoi muscoli erano contratti come se fosse pronta a dover affrontare una battaglia, e si teneva leggermente discosta da me, cercando di non farsi notare. Aprii la bocca per chiederle cosa la turbasse, non riuscendo a capire il suo comportamento, quando di colpo mi giunse l’illuminazione. Ha paura di me, compresi. Si è sentita in dovere di invitarmi nella sua camera, ma ha paura di quello che potrei voler fare con lei.
Non sopportavo il pensiero di costringerla a fare qualcosa contro la sua volontà.
«Freya.» mormorai serio guardandola negli occhi. «Non c’è bisogno di essere così spaventata. Non hai nulla da temere da me, puoi credermi. Non ho intenzione di fare nulla con te che non voglia anche tu, se non sei pronta.
Non c’è alcuna fretta, possiamo semplicemente dormire, e nient’altro, ma non devi preoccuparti di nulla con me.» cercai di rassicurarla, augurandomi che mi credesse e si fidasse di me.
«Georg, scusa, mi dispiace...» mormorò lei con voce spezzata.
«Shh.» la zittii dolcemente. «Non hai nulla di cui dispiacerti. Non hai alcuna colpa, e non ti costringerei mai a qualcosa che non vuoi, te lo giuro. Se la mia presenza qui, anche solo per dormire, ti agita, posso tornare di là, non è un problema, ti lascerò tutto il tempo e gli spazi di cui hai bisogno.»
Feci per alzarmi, ma il suo sguardo penetrante mi bloccò.
«No, resta, per favore.» sussurrò facendomi sdraiare di nuovo accanto a lei. Mi abbracciò sorridendo mentre posava la testa sul mio petto, tutta la tensione completamente svanita.
«Grazie davvero. Scusa se mi sono comportata in questo modo, avrei dovuto sapere che avresti capito e non mi avresti fatto pressioni.»
«Non importa piccola, è acqua passata. Ora ci siamo chiariti, il resto non conta. Ti amo, Freya.»
«Anche io ti amo.» fu la sua risposta, l’ultima parola soffocata da un lungo bacio.
All’improvviso fui pericolosamente consapevole del suo corpo seminudo premuto contro di me, di ogni sua curva che si modellava sulla mia pelle, e una vampata di calore mi avvolse mentre sentivo che qualcosa si muoveva dentro i miei boxer premendo contro di lei.
Ovviamente percepì la mia eccitazione, perché s’irrigidì per un istante, ma poi fissò di nuovo i suoi occhi verdi nei miei e vedendo che non facevo alcuna mossa si rilassò e si strinse di nuovo a me, chiudendo gli occhi.
«Ti amo...» mormorò ancora una volta, mentre scivolavamo entrambi nel sonno, avvinti in un dolce abbraccio.

1 Piccola nota: la frase di Georg all'inizio è una citazione della canzone "Iris" dei "Goo Goo Dolls" :)
   
 
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: TearsOfDragon