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Autore: lumpacio    22/06/2013    0 recensioni
Qual è il limite tra follia e ragione?
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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A volte mi chiedo se basti la notte ad offuscare i miei pensieri. Come ogni notte mi ritrovo qui, in compagnia del mondo che mi ripudia, del vento che mi evita, del mio riflesso che mi inganna. Come ogni notte mi ritrovo qui nella mia condizione di folle ad aspettare che la gente mi capisca. Ma in fondo sono io il primo a non capire la gente. Mi diverto la mattina a svegliarmi presto e ad osservare quel monotono via vai di vestiti e mormorii, come quelle mosche che osservi girare a lungo su uno stesso punto chiedendoti il perché di quei movimenti. E come quelle stesse mosche entrate dalla finestra sbattono contro il vetro dal quale sono entrate, così fanno gli uomini, così fate tutti voi. Entrate contenti in questo vortice di emozioni che chiamate vita, sperate di trovare al suo interno ciò che vi renda felici. Ma una volta dentro la stanza vi accorgete che la luce viene da fuori e che è lì che vorreste tornare; ma ormai è troppo tardi, le finestre sono state chiuse. Grandi mani venute prima di voi serrano le uscite aspettando che l’ossigeno finisca. E voi non protestate perché sembrereste incoerenti. E vi accontentate. E vi accontentate delle briciole di pane che le grandi mani hanno spezzato per nutrire le loro grandi bocche. Vi accontentate di poggiarvi su quegli sporchi grandi tavoli dove quelle grandi mani hanno già diviso i loro tesori. Vi accontentate di fuggire da quelle stesse grandi mani perché vogliono uccidervi quando fate rumore o osate avvicinarvi alle loro grandi orecchie. Ma sognate. Dite la verità: sognate. Sognate di posarvi su quei fiori di velluto di cui ogni giorno sento il dolce profumo. Sognate di stendervi su verdi prati ad osservare il cielo che oggi mi accudisce. Sognate perfino di morire all’ombra di una quercia tra poche parole e dolci ricordi. Ma no, a voi uomini piace vivere di sicurezze, di false sicurezze! Non preoccupatevi, vi capisco, ci sono stato anche io in questa stanza, anche io ho giudicato e ho sofferto. Ho visto giorni in cui le grandi mani lasciavano aperte le finestre perché a loro ogni tanto è concesso respirare. In quei giorni ho visto mosche approfittarne e ne ho sentite altre gridare: “Poveri illusi, non sanno che lì fuori non troveranno le briciole che ogni mattina troviamo per terra, né il fango in cui lavarsi che a noi è concesso quotidianamente”. Una volta a dirlo fu una vecchia mosca, di quelle grosse che fanno paura. Io mi girai e risposi: “Non troveranno briciole e fango, ma grano e pioggia”. Quell’enorme mosca, il cui solo pensiero ancora oggi mi fa ribrezzo , mi guardò dicendo: “Pensi che piova tutti i giorni? Pensi che il grano cresca a tuo comando? Noi siamo mosche, noi non coltiviamo il grano. Noi ci cibiamo dei suoi scarti”. Ed è divertente immaginarmi tutte le mattine che quegli uomini siano davvero delle mosche (concedete ad un folle almeno questo divertimento?). Perché , in fondo, questo è ciò che faccio in più di voi: immagino. So cosa state pensando: “Ma non è vero, anche noi immaginiamo”. Stavolta i poveri illusi siete voi: credete solo di immaginare! Immaginare non vuol dire pensare nella vostra mente qualcosa, vuol dire proiettarla nella realtà. La differenza tra noi? Io proietto i miei sogni, voi i vostri incubi. E mi diverto a vedere questi uomini-mosche girovagare, partire per poi tornare, svegliarsi per poi dormire, pensare per poi agire. Mi passano accanto con i loro volti tristi, con le mani sudate e improvvisamente diventano felici: si accorgono di essere normali. O per meglio dire diversi da me. In effetti nessuno ha mai imposto un ordine di normalità, né ciò che fa la maggioranza può essere considerato normale. Ma quante volte avete sentito questi discorsi? Insomma, che i pazzi sono considerati tali perché escono fuori dalle regole e vogliono cambiare il mondo. Forse è vero, forse sono solo uomini frustrati che cercano un senso in ciò che fanno, forse semplici squilibrati mentali. Forse tutte e tre le cose. Ma non importa pensare questo stanotte. In realtà non è mai importato. Ora sono seduto qui su questa spiaggia. Questo è quello che percepiscono i miei sensi. Molto più probabilmente il mio corpo è gettato su una fredda panchina. Qualunque sia il posto, sono in grado di vedere l’orizzonte. Mi chiedo cosa ci sia oltre, se davvero valga la pena abbandonare tutto per raggiungerlo. Lo sogno, lo vedo e non posso dimenticarlo. Quanto è bello quest’orizzonte! Questa lunga linea di sogni che lega il mondo! E così penso di partire e di fuggire, come già fuggii da quella stanza. Ma da quella stanza fu facile perché le grandi mani lasciavano spesso le finestre aperte; sapevano che le mosche sono codarde. Ora tutto risulta più difficile e in fondo so per certo una cosa: se dovessi superare quell’orizzonte ce ne sarebbe un altro da raggiungere. Non c’è limite agli orizzonti, così come infiniti sono i sogni. Penso che sia questo il motivo per cui non esistono orizzonti negli occhi di chi è capace di sognare. Mi diverto ogni mattina a guardare quegli uomini-mosche girovagare e sorridere. Dopo avermi guardato si sentono molto meglio e credono di poter continuare felici le loro giornate. Come dargli torto? La gente li considera migliori di me. A loro non serve essere i migliori, a loro basta essere considerati i migliori. Non si rendono conto che il giudizio che si ha di se stessi è più importante di ciò che può pensare qualsiasi altro uomo. Gli unici giudizi a cui presterei attenzione sono quelli dei folli. Perché, vedete, nei folli (e io lo so fin troppo bene) manca la consapevolezza di essere umani. Siamo convinti di appartenere ad un genere sommo, sottoposto sì al giudizio negativo dell’umanità, ma con il potere di conoscere la verità. Ed ogni folle è a conoscenza di una parte di essa. Una comunità di folli potrebbe davvero rivoluzionare le vostre menti. Ma già ogni pizzico di verità posto nella mente di ogni pazzo mette paura a voi uomini. E così facile sostenere il falso non credete? Ogni mattina mi diverto ad osservare questi uomini che mi sorridono e mi ignorano. Mi accorgo che il loro orizzonte è posto ai piedi delle loro vecchie scrivanie e che i loro sogni non sono più lunghi di una notte. Penso che in fondo è giusto ignorare la verità per essere felici. Ma a questo punto io sarei triste perché posseggo un pizzico di verità? Forse è così, forse possedendo la verità sono a conoscenza che non esiste la felicità e mi comporto di conseguenza. Eppure dopo che mi sono divertito a guardare quegli uomini che ronzano e si colpiscono, me ne vado. E dall’altra parte della strada trovo chi si ama. L’amore manca ad un folle più di ogni altra cosa, ma una volta donatogli riesce a trasformarlo nel più grande sentimento che si possa provare. Gli uomini, invece, lo snaturano conferendogli quel freddo valore di egoismo e di ricerca di sicurezza. Ma non sono questi i pensieri degni di un folle. Non devo preoccuparmi dei sentimenti , devo concentrarmi sulle passioni. E se ora provassi a urlare al cielo tutto le mie sofferenze? Ecco cosa vi sembra degno di un pazzo! Non è così? Spiegatemi cosa c’è di folle in ciò? Così riguardo l’orizzonte, ma non sono più su una spiaggia: vedo luci che mi danzano intorno come migliaia di specchi. Ed eccoci immersi nell’universo. Quante volte ci sono stato, tanto da conoscere ogni segreto di esso. Ho parlato con le stelle e discusso con i pianeti, mi sono intrattenuto con la Luna dando le spalle al Sole. Questa volta è diverso: vedo l’intero Universo dirigersi verso di me e le costellazioni inginocchiarsi al mio cospetto; sento il peso dell’umanità sulle mie spalle. Mi guarda e rimane muto, ugualmente faccio io. Così una stella, la più piccola fra tutte, da essere a malapena intravista, si fa avanti e mi dice: “Immagina che domani dovessi smettere di brillare. Qualcuno potrebbe accorgersene?” “Unicamente la stella che è posta al tuo fianco” rispondo senza esitazione. Crollo di nuovo sulla Terra, su un verde prato precisamente. Si respira aria fresca e il vento coglie i miei momenti di distrazione per soffiare tra i fili d’erba. All’improvviso vedo qualcosa muoversi in lontananza. Inizialmente mi sembra un’altra stella dispersa venuta a cercarmi, poi una foglia che ogni albero rifiuta, infine riesco a riconoscere nei suoi tratti quelli di un uccello. Si posa a pochi metri da me su un sasso. “Come vorrei essere trasportato dalle tue docili ali” mi verrebbe da dire. E forse lo dico. Potresti essermi tanto di aiuto, lo sai? E io invece? A cosa posso ritornare utile? Se domani morissi il Sole continuerebbe il suo eterno ciclo, il mare continuerebbe a scagliarsi contro la terra, ogni uomo continuerebbe a fare ciò che lo ha divertito fino a ieri. Allora è forse vero che ogni mia azione è inutile e che ciò che compio rimarrà bloccato in questo tempo e questo spazio? Non posso a credere a questo, non posso accettare di sprofondare nel buco nero dell’ignoranza dei popoli. Forse questo dolce uccellino ha letto i miei pensieri e ha avuto paura dei miei occhi. Come biasimarlo? Non andare via, ti supplico. Portami via con te! Ti prometto che se domani dovessi morire tu potrai fermarti sulla mia tomba a riposare prima di continuare il tuo lungo viaggio in cerca della tua meta. Così, almeno da morto, sarò utile per qualcuno. Ma non mi ascolta, non mi crede. Neanche gli uccelli danno ascolto ad un folle. Forse anche io dovrei smettere di prendermi troppo sul serio. Così lo vedo tornare indietro e prendere di nuovo le forme che avevo immaginato: prima una foglia in balia del vento, poi una stella che va a riposarsi in cielo. Ed eccomi finalmente su questa fredda panchina; il sogno è finito. A volte mi chiedo se basti la notte ad offuscare i miei pensieri più di quanto non abbia fatto la follia.

  
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