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Autore: livie    22/06/2013    3 recensioni
In quei diciassette anni, non c’era stato mai nulla di angelico. Solo il suo nome. Evangeline era cresciuta da sola. E non aveva mai avuto bisogno di nessuno. Ma ora avrebbe accettato anche la proposta di aiuto di un fantasma per salvarsi. Era distrutta, in bilico tra la vita e la morte. Un altro respiro affaticato dalla nicotina nei suoi polmoni o un dolore fulminante che le colpiva il petto, poi la testa. Sarebbe morta pazza Evangeline, di questo ne era certa. Nel suo mondo di incertezze e insicurezze, Evangeline sapeva solo di essere pazza.
Genere: Angst, Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Continuò a sorseggiare l’ultima goccia di vodka rimasta nella bottiglia. L’aria intorno a lei era invasa dalla nebbia. Lasciò che la bottiglia cadesse per terra frantumandosi in mille pezzi che finirono rovinosamente sulle sue gambe nude e tutto intorno ad esse. Scoppiò in una risata triste e amara come il sapore della sigaretta che aveva ancora in bocca. Era seduta per terra con la schiena poggiata al muro di un grosso edificio imbrattato di graffiti, in un vicolo stretto e buio. “Ti sento, vieni avanti non ho niente da perdere” continuava a ripetere quasi urlando a quella voce che la perseguitava da giorni. Sentiva una presenza intorno a lei, ma non sarebbe stata in grado di definire se fosse stata reale o una finzione della sua mente sadica che si divertiva a farla cadere nell’oblio della confusione. Era una continua lotta interiore. La sua anima, che bramava di risollevarsi da una vita ormai vuota, e la sua mente cattiva, che non voleva nient’altro che il suo dolore. Si strinse nella giacca di pelle di qualche conosciuto incontrato la notte prima e si sfilò le calze ormai a brandelli. Si mise in piedi con non poca difficoltà, era ubriaca. Lo era da giorni, una sbornia che non finiva più. Non sapeva più se il suo essere costantemente ubriaca fosse il suo modo di vedere la vita con lucidità. Si accese un'altra sigaretta e, sbandando da un lato all’altro della strada e strusciandosi addosso ai pochi passanti che popolavano quelle strade malsane alle due del mattino, camminò senza meta per pochi minuti. Quella specie di passeggiata era la perfetta metafora della sua vita. Camminava sul filo del rasoio, un filo caratterizzato da sesso e alcool, ma se fosse caduta non ci sarebbe stato nessuno a prenderla. Forse ci sarebbe stata quella famosa ultima sigaretta, trovata in fondo a un pacchetto. Il fumo c’era sempre stato per lei. “Vieni qui,  ti prego” sussurrò, accasciandosi di nuovo per terra. Non aveva le forze per andare avanti, per combattere quella vita ormai distrutta a soli diciassette anni. In quei diciassette anni, non c’era stato mai nulla di angelico. Solo il suo nome. Evangeline era cresciuta da sola. E non aveva mai avuto bisogno di nessuno. Ma ora avrebbe accettato anche la proposta di aiuto di un fantasma per salvarsi. Era distrutta, in bilico tra la vita e la morte. Un altro respiro affaticato dalla nicotina nei suoi polmoni o un dolore fulminante che le colpiva il petto, poi la testa. Sarebbe morta pazza Evangeline, di questo ne era certa. Nel suo mondo di incertezze e insicurezze, Evangeline sapeva solo di essere pazza. Ne era consapevole e non se vergognava affatto. “Sappi che io sono Evangeline, e sono pazza” diceva all’uomo a cui avrebbe venduto il suo corpo per pochi spiccioli. Spiccioli che le bastavano per mangiare qualcosa, il minimo necessario per mantenersi in vita, e per un nuovo pacchetto di sigarette. “Salvami, ne ho bisogno” scoppiò in un pianto soffocato. Non piangeva da tempo, ormai. Non trovava più niente per cui emozionarsi. Evangeline era una ragazza senza sentimenti, una “macchina”. Una ragazza dal sangue freddo, niente la spaventava più o la metteva in crisi. Ma era arrivato il momento di sfilarsi la maschera della ragazza forte e lasciare che il suo corpo freddo sprofondasse due metri sottoterra. Appoggiò la fronte sul muro mentre le lacrime che fremevano di uscire da quel corpo pericoloso scorrevano sul suo viso quasi diafano. Sentì un respiro, non il suo. Un respiro caldo, di quelli sicuri. Quel respiro che precede un altro e un altro ancora. Alzò il capo e si girò. Due occhi gialli lampeggiavano come quelli di un gatto nero davanti a i suoi. Mosse la mano e fece per accarezzare quello che credeva un animale perso quanto lei. Ma il suo tocco non incontrò un gatto, ma il vuoto. Non riusciva a vedere nient’altro che i suoi occhi che brillavano nel buio che li circondava. “Sei tu che mi segui?” chiese, in preda allo sconforto. “Evangeline, io non esisto” rispose una voce calda e suadente vicino al suo orecchio. “Sì, tu sei qui. Respiri e parli. Io vedo i tuoi occhi” protestò la ragazza. “Anche tu respiri e parli, anch’io vedo i tuoi occhi. Ma tu non vivi, Evangeline” rispose la voce. “Io vivo! Senti il mio cuore, batte!” stava urlando adesso. Poggiò una mano sul lato sinistro del suo petto per convincersi meglio delle sue parole. Ma non sentì nessun battito. Nessun calore proveniva dal suo corpo. Tastò sconvolta ogni centimetro della sua pelle fredda. “Ma il mio corpo è qui! Perché il mio cuore non batte?” chiese, torturandosi le labbra. “Siamo solo spiriti, Evangeline, io e te. Il nostro corpo è forte, ma la nostra anima è assente. Persa. Non è mai esistita e mai esisterà” le spiegò paziente la voce “Libera il tuo spirito, Evangeline. Vieni con me. Non hai niente da perdere”. Evangeline non capiva. Come avrebbe fatto a liberare il suo spirito? Era distrutto, non aveva la forza. Prese un ultimo tiro della sigaretta che era ancora incastrata tra le sue dita. Osservò il fumo volare via dalla sua bocca e disperdersi nell’aria. Poi capii. Il suo corpo era la sigaretta, ma la sua anima era il fumo. Guardò gli occhi gialli davanti a lei “Come?” chiese con voce tremante. “Butta la tua sigaretta, Evangeline. Poi seguimi”.  Obbedì, e mentre credeva di alzarsi da terra, sentì un peso sollevarsi dal suo petto. Dalle sue braccia, dalle sue gambe, dalla sua testa. Si voltò e l’unica cosa che vide fu il suo corpo privo di vita che giaceva per terra. Le palpebre abbassate, il mento appoggiato al petto. Morta. Si voltò verso gli occhi gialli, era pietrificata. “Quello è il tuo corpo, Evangeline. Ora guardati”. Pose un piccolo specchio bordato d’avorio davanti a lei. Due occhi limpidi e azzurri come il ghiaccio erano lì, circondati da lingue di fuoco che ardevano e guizzavano. “E’ la tua anima, Evangeline. Ora anche lei è forte”.
   
 
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