Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: glendower    22/06/2013    5 recensioni
[Spoiler del volume sette ; altri personaggi: Petra, Auruo, Gunter, Erd]
E poi loro c'erano, negli occhi di altri così come anche solo nel respiro.
Inni e requiem di chi tiene le mani giunte - di chi combatte per aprire la gabbia dei porci e si sacrifica per tenere in piedi le mura.
Non solo fantasmi ma anime, lucciole per segnare la strada e fiaccole con la mano sul cuore.
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Trasparenti come lucciole per fingere di essere preghiera dedicata a chi vive




 

Petra Ral [10 solo kills, 48 kills in team]

Una vibrazione lungo la spina dorsale. Uno spacco ma nessun lamento, solo il crack delle vertebre che cambiano posto, si spostano e giocano a rincorrersi, scivolando fuori dalla retta linea per formare  pieghe innaturali nel suo bozzolo di farfalla; le è bastato un calcio del nemico ed è planata a ridosso di un albero, il collo piegato all’indietro e niente più aria dentro ai polmoni.
      Capsule liquide a misura di goccia le entrano nel naso, oscurano il torbido colore delle iridi rese opache dalle morte e calano sulle palpebre incollate dalla tinta di sangue, zozze ed abbassate sugli occhi chiusi e stretti per via della pioggia – per via degli schizzi di schifo che le colano sul viso e le entrano dentro, macchiando la divisa stracciata proprio sopra il petto e nella carne lacerata in mappatura di graffi e tagli durante la battaglia.
      Aghi di bile sulle labbra e nel palato sono rame fuso, acqua sporca e saliva da sputare in un ultimo spasmo delle sue membra stanche – sono fango vischioso e schiuma di corpi rotti e spezzati in un volo d’uccello sopra la sua testa, ridotti ad un temporale di organi in pezzi che planano su di lei e sulla strada nel bosco.
      Un flash prima di raggiungere l’apice dei suoi giorni, Rivaille, la sua bocca e poi solo nero.


Auruo Bossard [39 solo kills, 9 kills in team]

Le lame si appoggiano e grattano la collottola, aprono squarci invisibili nel punto debole e scoperto del titano ma non tagliano – non bucano, si slabbrano nel filo di ferro e perdono la punta, inutili come armi caricate con pallottole di fiori, carezzevoli e simili alla mano di un padre sulla pelle d’acciaio freddo del figlio; file e file di giganti uccisi si sono vendicati, le hanno fatto da scudo per vendetta e rimostranza che spesso non è la forza a fare la differenza.
      Basta una pedata anche per lui ed è già finita, il tempo di mordersi la lingua un’ultima volta prima di rotolare via tra i cespugli.


Erdo Gin [14 solo kills, 32 kills in team]

Centra la sua bocca aperta – centra il ghigno trasformato in bersaglio e lì ci rimane mentre tenta un affondo, schiacciato a sardina tra due file di denti pesanti, acuminati come trappole per volpi e tagliole esposte sui sentieri che portano all’inferno di gola e succhi gastrici.
      Le sue ossa a poco a poco diventano scricchiolio di legna e muffa, un disordine di mobili e struttura fisica di briciole ridotte in polvere da spazzar via con un soffio di fiato. 
     Lei mastica braccia e gambe molto simili a dolci – a cibo buono da mandare giù in un morso, lì per allietare il niente se non il tentativo di fuga del nemico da ciò che prima, per finta, è stato parte della sua alleanza; gabbia di vene e muscoli lascia cadere organi sopra l’erba pestata e le gente in corsa, c’è schifo e niente più umanità.
      Finito lo spuntino viene lanciato via. Spazzatura e scheletro di pollo. Prima o poi qualcuno pulirà.


Guter Schulz [7 solo kills, 40 kills in team]

Qualcosa gli passa di fianco, è veloce, troppo veloce – è scheggia di lampo che taglia e va via, non riesce nemmeno a vederla, sente il dolore dell’affondo solo quando è troppo tardi. Quella cosa, la traditrice, lo fa semplicemente sbandare al pari di una ballerina zoppa, mandandolo dritto con la testa contro un tronco.
      Sotto, sul bacino i fili tirano, l’attrezzatura tridimensionale si tende e a corda di violino impazza, si strappa e solo un cingolo lo tiene a volteggiare nell’aria, sospeso in un decollo di ghiaccio; sembra vivo ma l’unica cosa a far rumore è la ventola, unita allo scoppio di entrambe le bombole dopo l’impatto. Aghi rossi invece spruzzano a cascata dal taglio comparso sulla nuca, la ferita espelle pioggia fine e liquido a miraggio dentro il deserto arido di una foresta stretta e cupa, covo di mostri ed esercito di Golia e colossi mangiatori di uomini. È conseguenza, sbaglio e poi scelta – è bersaglio, l’assoggettato alla legge del più forte.
      Lui è altra carne lacera, cibo indigesto da lasciare a marcire sotto il sole timido a spuntare tra le fronde nere d’incubi. Chiazze scure ad imporporargli l’espressione sconvolta sul viso lo rendono vivo fantasma, primo defunto senza tomba, vittima di un umano ancora più bestia di un assassino.  
     Il pendolo che è diventato oscilla debolmente, al terzo dondolio è un burattino fuori di scena e gli altri, obbligati a lasciarlo indietro, proseguono in avanti senza guardarlo.

 

Dalle finestre aperte entra il fumo dei falò, il tanfo acre di ciò che viene cancellato dalle fiamme e, appena fuori dal suo studio, qualcuno si perde in un singhiozzo, stringendo al petto l’immaginaria giacca di un figlio adesso perduto. Una madre piange, gli occhi gonfi di chi non sa più parlare e un gruppetto di quelli rimasti vivi, insieme, spargono ceneri che non ci sono, fieri comunque di chi ha combattuto per la salvezza.
      Giochi elastici di luce riflessa sulle finestre rafforzano la candela accesa sul tavolo, sul punto di spegnersi affogata in un dito di cera ed un paio di documenti, spiegazzati e non ancora letti, volano in terra, a riempire un vuoto abituale per quelli come lui.
        La mano guantata di Rivaille sfrega un dito sui mattoni, pezzi di pavimento senza significato – gabbie, forse lapidi che sopra non porteranno mai un nome, così come sotto non terranno mai un corpo; in ginocchio sfrega le linee delle piastrelle fino a consumare la stoffa a coprire il polpastrelli, rendendo lucido ciò che già splende perché lustrato da poco.
       Dietro di lui, Irvin gli lancia la giacca sulla testa e torna alle vetrate, là dove i primi squadroni sono pronti per tornare alle protezione delle mura.
      Sotto l’ombra della casacca, Levi sa – Levi li vede un’ultima volta e quando si alza è anche lui quell’umanità, quella che senza combattere non ha speranze di vincere.



Nella stanza rimbombano i passi, ci sono tutti con il pugno sul cuore.

Sono preghiere, le anime di chi c’è e ci sarà sempre per dare forza a chi non si è arreso.

 

Domani, dopotutto è un altro giorno, domani saranno tutti più vicini al traguardo. Meno bestie, più umani.




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note dell'autrice: oddio, ecco che arriva il sudore e la para perché pubblico per la prima volta in un nuovo fandom. Mi cade il mondo, quando metto i piedini su una nuova terra, finisce sempre che vado in paranoia e lo so, non è una cosa normale ma mi succede ogni santa volta. Son cose. Se proprio devo essere sincera, non so nemmeno cosa scrivere nelle note, emozione a parte, mi auguro davvero di fare una buona impressione con questa piccola fic poco sofisticata. Ringrazio Simo e Sis per avermi sopportata, soprattutto la prima perché non mi ha strozzata dopo la minaccia fatta più e più volte. Niente, fuggo via perché potrei affogare in un mare di lacrime da un momento all'altro. Se leggete e lasciate un pensierino mi fate un piacere enorme, avere un parere e sempre bello e costruttivo. <3 Addio, addio, amici addio! Ness.
 
  
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