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Autore: skullrose    23/06/2013    1 recensioni
Azusa non capiva quel sentimento che come un tarlo si era insinuato in lei, era diventata malinconica a causa di Yui, il sogno che faceva tutte le notti la turbava e le dava modo di aumentare i suoi dubbi e i suoi sentimenti così insoliti per lei...
Genere: Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Shoujo-ai, Yuri | Personaggi: Azusa Nakano, Yui Hirasawa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La malinconia di Azusa Nakano cap 1

La malinconia di Azusa Nakano

 

 

Era da molto che non scrivevo, sia perché avevo perso interesse, sia per altri motivi, questa storia è uscita di getto stanotte, dopo aver visto un commento lasciatomi sull’altra mia storia scritta, sempre sulla coppia Yui e Azusa, spero di aver fatto un buon lavoro e grazie a quanti leggeranno.

 

 

 

Una ragazza dai lunghi capelli neri legati in due code, camminava verso l’aula del club di musica leggera, stringeva svogliatamente la fibbia della custodia della chitarra, pensava nuovamente a quel sogno, anche quella notte l’aveva fatto, era un mese che faceva lo stesso sogno, era sempre lo stesso tutte le volte.

Nel suo sogno, c’era Yui, la fonte dei miei mali, come diceva nei momenti di rabbia, che parlava con un’altra ragazza e le dava le stesse attenzioni che riservava solo a lei, non capiva il motivo del sentimento di gelosia che si era insinuato in lei, dopotutto non provava quel tipo di cose per Yui, o forse no?

Era arrivata all’aula del club senza accorgersene, stava per entrare quando dalla stanza aveva chiaramente sentito la voce di Yui, sembrava titubante, non riusciva a sentire chi c’era con lei e questo, ancora non lo sapeva, l’avrebbe resa ancor di più gelosa; non voleva entrare, se ne restava lì sulla porta, con la mano a mezz’aria a pensare cosa fare.

Intanto sulle scale erano comparse le teste degli altri membri del club, Ritsu stava come al solito spaventando a morte Mio che cercava riparo dietro Mugi persa nei suo mondo fatto di chissà quali meraviglie, visto anche il suo sguardo estasiato –nessuno sapeva che in realtà Mugi fantasticava su di loro e i loro atteggiamenti-.

“Azusa”

“Ah, Mio-senpai, Ritsu-senpai, Mugi-senpai, buongiorno”

“Cosa fai dietro la porta?”

“Sono appena arrivata”

Non era brava a mentire, ma sperava che le altre non le facessero domande, intanto dall’interno della stanza, Yui si era ammutolita, aveva chiuso velocemente il cellulare e l’aveva spento, sapeva che Azusa si sarebbe arrabbiata, la ragazza odiava i cellulari accesi quando erano nel club.

Entrando nella stanza, trovarono Yui seduta vicino al banco in agonia che reclamava troppo forzatamente, la sua torta, nemmeno lei era brava a fingere e questo le altre lo sapevano, ma per qualche strano motivo, nessuna disse niente, nemmeno Azusa che era rimasta in silenzio quando Yui non l’aveva degnata di uno sguardo.

“Preparo il tè”

“Per me no grazie, io vado via, non mi sento molto bene”

“Azusa è successo qualcosa?”

“Eh? No, niente Yui-senpai”

Da quando Yui-senpai mi chiama solo per nome?!

Ignorando quello che aveva detto Yui, aveva lasciato l’aula del club e la scuola, sulla via di casa, continuava a pensare alla situazione, non riusciva nemmeno a nascondere la delusione che ha provato quando Yui non l’aveva guardata, eppure continuava a non capirne il motivo, il sogno, lo strano comportamento della ragazza, erano tutte cose che le facevano male, che la facevano sentire malinconica.

Le ragazze che invece erano rimaste a scuola, guardavano Yui in modo strano, in linea generale, sapevano cosa provasse la ragazza nei confronti della più piccola, o meglio, sapevano che provava un grande affetto, ma quella reazione così priva di sentimento aveva spiazzato anche loro.

“Yui cosa succede?”

“Niente”

“Ecco il tuo tè”

“Grazie Mugi-chan ma mi è passata la voglia”

Senza farsi notare dalle altre, Mugi aveva sospirato a quella reazione, sapeva cosa stava architettando la ragazza, era qualcosa di meraviglioso e strepitoso, anche se lei non l’approvava del tutto, ma era qualcosa che solo Yui era capace di fare.

Intanto, Azusa, era tornata a casa, stringeva al petto la sua chitarra, aveva voglia di suonare, di suonare con le altre e con Yui, voleva sentire le stonature della ragazza ogni volta che cantava, voleva vederla andare in confusione mentre dimenticava di suonare o di cantare, quando provavano la nuova canzone, non capiva cosa ci trovasse in lei, era sbadata, goffa e pigra, tutte cose che andavano in contrasto con il suo modo di essere sempre così impeccabile, così… come Azusa, sono solo Azusa, non posso fare altro che essere me stessa, sempre arrabbiata, sempre frustrata a causa sua della sua immaturità!

Quando era in quello stato, odiava Yui con tutto il cuore, voleva vederla solo per dirle quanto le faceva male il suo stupido modo di fare, urlarle quanto le faceva male dirle quelle parole, ma non ci riusciva, non ne aveva il coraggio, per questo taceva e per questo quel sogno la perseguitava.

 

Azusa era dietro la porta del club di musica leggera, stava per entrare quando aveva sentito la voce di una ragazza urlare “Yui ti amo!”, le si era fermato il cuore, temeva di morire, le sue gambe erano diventate molli e cedevoli, tanto da farla cadere in ginocchio con un tonfo, il rumore faceva uscire Yui e una ragazza che lei non aveva mai visto. Yui sembrava imbarazzata, ma non si era avvicinata per vedere come stava, semplicemente si limitava a guardarla dall’alto in basso stringendo la mano di quella ragazza che la guardava trionfante.

 

Ogni mattina si alzava madida di sudore a causa di quel sogno, era diventata una tortura, una fonte di disperazione, lei era sicura di non volere Yui in quel modo, ma non voleva che quella sbadata pigrona, desse ad altre le stesse attenzioni che riservava solo a lei; certo ormai sapeva che Yui amava incondizionatamente tutti, è strano come io sembri un gatto e, lei un cane, qualsiasi persona le da attenzioni o del cibo, lei scodinzola urlando che le vuole bene o che vorrebbe sposarla, senza rendersi conto che io, Azu-nyan, come lei mi ha chiamato, soffro, e stringo i denti fingendo indifferenza come fanno i gatti.

Anche quella notte il sogno si era ripresentato, sempre uguale, sempre le solite cose, ormai sapeva come sarebbe andata a finire, e come sempre quella mattina si era svegliata sudata e arrabbiata, più delle altre volte, era arrivato il momento di mettere fine a quella storia e l’avrebbe fatto lei stessa.
  
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