Anime & Manga > Ano Hana
Ricorda la storia  |      
Autore: E l i z a    23/06/2013    4 recensioni
“Menma.”
Non c'è niente di più chiaro e coinciso per riportarla alla mente, se non pronunciare il suo nome.
Genere: Drammatico, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jinta Yadomi/Jintan
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Menma.

“Menma.”
Non c'è niente di più chiaro e coinciso per riportarla alla mente, se non pronunciare il suo nome.
Lo faceva ogni mattina, da quando lei non c'era più, per dedicargli qualche momento della sua vita, in modo che sapesse che nonostante tutti quegli anni lui non l'aveva dimenticata.
Probabilmente lei lo sapeva già, ma lui voleva farlo, lui voleva pensarla, così almeno il ricordo sarebbe rimasto vivo per sempre.
Poi però, ci fu un periodo in cui smise di pensarla, forse preso dallo stress e troppo immerso nei ricordi, e cominciò, invece, a vederla.
Prima in estate, poi in inverno, lei fu con lui molto tempo, e in tutto quel tempo, ogni mattina continuava comunque a pronunciare il suo nome, non per ricordarla, ma per salutarla, per darle il buongiorno. Era tutto così surreale, ma lo rese così felice, fino a che il desiderio di Menma si esaudì, e lo lasciò nuovamente solo.

Quella mattina, come il giorno prima, e quelli precedenti, si svegliò che era già tardi per poter fare qualsiasi cosa.
Aveva nuovamente deciso di rimanere a casa, alla fine il lavoro non gli serviva più, aveva cominciato per uno scopo ben preciso, ed era inutile continuare se l'aveva raggiunto.
Forse poteva esser fatto uno stesso ragionamento per la scuola, aveva cominciato a frequentarla solo perché gliel'aveva chiesto lei, e molto volentieri l'avrebbe riabbandonata, se non fosse stato per il vecchio e Anaro.. Anjou.
Teneva il braccio poggiato sugli occhi, a ripararli dalla prepotente luce che entrava dalla finestra e che in quel momento lo infastidiva terribilmente.
“Buongiorno, Menma.” Bofonchiò cercando la voglia di alzarsi.
Aprì gli occhi solo quando il suo polso si fu trascinato pesantemente sulla fronte, dove vi spostò un gran numero di capelli.
“L'ho fatto di nuovo..” si rimproverò, tirandosi su con un braccio fino a sedersi scompostamente sul divano sul quale aveva dormito anche quella notte. Un'abitudine, si diceva.
Si alzò lentamente, si grattò la testa e prese la sveglia per guardarne l'ora, ma non la lesse veramente, il suo sguardo si spostò quasi d'impulso al letto dove lei aveva dormito per tutto quel tempo, perché ogni mattina il suo sguardo sperava di poterla ammirare di nuovo dormire profondamente sotto quelle lenzuola scure.
Sospirò chiudendo gli occhi, erano solo vane quelle sue speranze.
Posò la sveglia, scese le scale e si diresse in cucina per fare colazione, seppure fosse quasi ora di pranzo.
Si avvicinò al frigo e trovò un biglietto di suo padre, perché non l'aveva semplicemente svegliato?

“Buongiorno Jinta! Oggi tornerò più tardi, quindi non prepararmi il pranzo, ti ho lasciato un po' di soldi sul tavolo, vatti a comprare qualcosa di carino da mangiare!”
“Ah, quel vecchio, quando la smetterà di usare la parola carino?” accartocciò il foglio e lo gettò nel secchio, andò a prendere i soldi dal tavolo, poi si preparò ed uscì. Non aveva voglia di cucinare il pranzo neanche per sé quel giorno.
Si trascinava per la strada stanco, aveva passato la notte a rigirarsi nel divano, un po' per la sua scomodità, un po' perché la sua testa era stracolma di pensieri.
Prima, quando era sul divano, di notte, non poteva sentirla perché riposava, ed ora continuare a stare lì gli dava quasi tranquillità nonostante non riuscisse a chiudere occhio, poteva pensare per un po' che lei fosse ancora con lui, ma che non parlasse perché dormiva.
“Cosa potrei mangiare oggi?” scrutava gli scaffali in cerca di qualcosa che smuovesse il suo appetito, erano giorni che mangiava solo per tenersi in vita.
“Il ramen ken-chan!” esclamò quando lo vide.
Una stretta allo stomaco lo pervase, perché non l'avevano portato prima, quando serviva? L'avrebbe sicuramente vista contenta di poter mangiare quel ramen, a lei piaceva così tanto. L'immagine di lei, felice, che divorava una scatola di quel ramen lo fece sorridere, per la prima volta dopo giorni. Avrebbe preso quello per pranzo, senza ombra di dubbio.
“Mi libererò mai da questa ossessione?” pensò, mentre faceva la fila alla cassa.
“Signore, signore?” lo ridestò la cassiera “le scatole di ramen, le prende entrambe?”
“Uhm? Oh, sì, mi scusi.” disse, estraendo i soldi dalla tasca.

“Perché ne ho prese due?” si chiese ragionando, una volta seduto a tavola, con le due scatole di ramen davanti “Sono un idiota.” disse, abbandonandosi a terra, dove cadde in un profondo sonno.

“Jinta! Jinta svegliati! Non è carino dormire sul pavimento.” lo scosse il padre, tornato dal lavoro “Non hai mangiato eh?”
“Eh? Mi sono addormentato?” si strofinò gli occhi e si guardò intorno, da quanto dormiva? “Scusa, ero stanco..”
“Vai in camera a riposarti, ti chiamo per la cena” sorrise il padre, lasciando che il ragazzo salisse pesantemente le scale.
Una volta in camera si lasciò andare sul letto, sprofondando con la testa nel cuscino, non sopportava già più quella situazione.
Dopo anni dall'accaduto, piano piano aveva ricominciato a vivere e se n'era quasi fatto una ragione. L'aveva già persa una volta e ne era uscito distrutto, perché poi l'ha dovuta perdere di nuovo? Non era sicuro che sarebbe riuscito a superare anche quella.
Era sempre stato convinto che senza di lei le cose non sarebbero mai tornate com'erano quand'erano piccoli, era sempre stato impaurito da quello che avrebbe potuto trovare al di fuori della sua casa, in quel mondo che crudelmente gli aveva portato via, in pochi attimi, un'amica e un amore.
Pochi giorni prima l'aveva vicino, ed ora lei era chissà dove, in chissà quale parte dell'universo, e lui era solo, nella sua stanza.
“Era troppo egoista il pensiero di averti accanto a me per sempre? Non era quello che volevi anche tu?” si alzò, mettendosi a sedere sul letto, girato verso la finestra, fisso al cielo, sperando che lei potesse sentirlo se lui guardava al paradiso.
“Perché sei dovuta morire, Menma?” una lacrima gli rigò il volto “Perché sei morta tu? Non potevo morire io al posto tuo? Ho solo me da incolpare!” Da una lacrima, poi ne cominciarono a scendere tante, e con le mani fu costretto a coprirsi il volto, come per nascondere quanto fosse patetico.
“Non pensi che anche questo sia un pensiero egoista, Jintan?”
Il ragazzo si voltò, il padre era fuori dalla sua stanza, a pochi centimetri dalla porta, aveva sentito a quanto pareva.
Lo guardò asciugandosi gli occhi, cosa intendeva dire?
“Tu avresti voluto morire al posto suo per salvarle la vita, e per salvarti dal tuo dolore di adesso, ma non pensi che, se fossi morto tu, ora ci sarebbe lei a soffrire? È davvero questo che avresti voluto?”
Sbarrò gli occhi, non ci aveva pensato. Se fosse morto lui, probabilmente Menma ne avrebbe sofferto, si sarebbe incolpata come stava facendo lui, e lui non voleva causarle alcun tipo di dolore.
“No, non me lo sarei mai perdonato.”

Quella mattina si svegliò presto, sarebbe andato a scuola, avrebbe ripreso la sua vita per Menma. Era convinto che non ce l'avrebbe mai fatta a ricominciare da capo, ma almeno ci avrebbe provato per lei. Sicuramente l'avrebbe voluto, perché lei pensava sempre agli altri, e se avesse visto che lui si stava isolando di nuovo, e stava di nuovo soffrendo a causa sua, di certo non ne sarebbe stata felice.
“Le margherite non crescono qui, strappatela, strappatela!”
Mentre pensava, passò vicino ad un gruppo di bambini, che in un piccolo pezzo di prato avevano trovato una margherita, dai petali bianchi e dal pistillo azzurro.

“Sai Jintan, io sto andando in paradiso, perché tua madre mi disse che dopo la morte c'è la reincarnazione, ed io voglio reincarnarmi per poter parlare di nuovo con tutti voi!”
Quella frase, quella semplice frase gli passò alla mente come un lampo, poteva non essere nulla, come poteva essere molto.
“Fermi! Non toccate quel fiore!”
Non sapeva se quello era davvero ciò di cui aveva parlato Menma quella sera, ma gli piaceva pensarlo.
Quel fiore, quell'unico fiore in quel pezzo di terra, quel fiore dai petali bianchi come i suoi capelli, e dal pistillo azzurro come i suoi occhi, quel fiore non era affatto li per caso.
“Non ti dispiace, Menma, se salto la scuola anche oggi, vero? È per una buona causa.” sorrise, mentre prendeva quel fiore ed un po' di terra, e li metteva in un vaso.

“Potresti esprimere l'ultimo dei miei desideri?” chiese guardando il vaso posto sul davanzale della sua finestra “Vivi per sempre, Menma.”




Nda:
'Sera! Dunque dunque, ho visto da poco l'anime e l'ho amato come pochi.
Scriverci su una oneshot era quasi d'obbligo per me, e non potevo pensare che finisse senza metterci mano.
Non ho nulla da dire sulla mia storia, penso spieghi abbastanza ciò che penso dei protagonisti, l'unica cosa che ho da far presente è che il fiore di cui ho parlato non è una semplice margherita, è una dimorfoteca, e da qui è dato il colore del pistillo azzurro c:
Tengo a precisare una cosa sola su questi fiori, sono fiori annuali, oppure
perenni, e da qui spero abbiate capito il senso dell'ultima frase!
Per il resto spero che vi sia piaciuta! 

  
Leggi le 4 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Ano Hana / Vai alla pagina dell'autore: E l i z a