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Autore: NobodyCompares03    23/06/2013    6 recensioni
Sai quando ti accorgi di amare davvero una persona?
Te ne accorgi quando sai di poterla aspettare anche per giorni, mesi o anni.
Te ne accorgi quando sai di non volere nessuno che non sia lei o lui.
Te ne accorgi quando impari ad infischiartene del giudizio della gente, dando ascolto solo a ciò che ti dice il cuore.
L'amore è il sentimento più forte che esista. E' in grado di farti sentire terribilmente bene così come è in grado di distruggerti.
L'amore rende felici, liberi, folli, matti...
L'amore è così.
Tratto dalla One Shot:
"Gabrielle, non piangere più, ti prego..." Sussurrò lui a sua volta. "Tornerò. Tornerò presto, te lo prometto. Tornerò e poi ti sposerò, avremo un sacco di bambini, saremo una famiglia, staremo insieme per tutta la vita. Smetti di piangere, ti prego. Basta. Questo non è un addio, è un arrivederci. Promettimi di essere forte, in questi mesi. Io tornerò, te lo giuro. Ti amo, amore mio... Ti amo da morire.’
...
"Forse sto sognando, Gabrielle…" Sussurrò lui, prendendo il mio viso tra le sue mani.
"E allora sto facendo il tuo stesso sogno e non voglio svegliarmi!" Risposi, fiondandomi sulle sue labbra.
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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My heart knew you’d come back.






Londra. Aeroporto di Heathrow.
Erano dieci minuti, o forse anche più, che Harry aveva salutato sia la sua famiglia e i suoi amici che i miei genitori, per poi venire da me e stringermi forte tra le sue braccia. In quel momento, avrei dato o fatto qualunque cosa pur di far in modo che non partisse per quel posto.
Le sue braccia mi cullavano dolcemente, accarezzandomi la schiena nel disperato quanto inutile tentativo di calmare i miei singhiozzi e le mie lacrime, che gli stavano bagnando la sua divisa da militare. Probabilmente stavamo dando spettacolo, ma non mi importava: quella, anche se al solo pensiero mi sentivo letteralmente morire, avrebbe potuto essere l’ultima volta in cui avrei avuto l’occasione di abbracciarlo, accarezzarlo e baciarlo.
La voce meccanica, in aeroporto, annunciò il suo volo. Deglutii faticosamente, cominciando a tremare ancor più di quanto già stessi facendo. Harry tirò più volte su con il naso, poi sciolse l’abbraccio e prese il mio viso sconvolto dalla tristezza e dalla paura tra le sue mani, costringendomi ad alzare lo sguardo per incontrare il suo. Aveva le labbra tremolanti e le guance bagnate, mentre i suoi bellissimi occhi verdi, di cui mi ero innamorata dal primo momento che li avevo incrociati, quel piovoso sabato sera di tre anni prima, erano arrossati.
Sospirò rumorosamente prima di guardarmi bene negli occhi e accarezzarmi le guance, asciugando le mie lacrime che, malgrado gli sforzi, non riuscivo a fermare. Mi morsi prepotentemente il labbro inferiore, per trattenermi dall’urlare impazzita. Perché si, avevo voglia di gridare, avevo voglia di gridare al mondo quanto amassi quel ragazzo e quanto lasciarlo andare mi stesse letteralmente lacerando l’anima.
"Harry…" sussurrai flebilmente, con la voce rotta dal pianto.
Non mi lasciare.
Erano queste le tre paroline che avrei voluto aggiungere, ma ormai lui aveva preso la sua decisione e sapevo che non c’era nulla che avrebbe potuto farlo tornare sui suoi passi.
La sua famiglia, in quell’ultimo anno, si era ritrovata in alcune difficoltà economiche. Servivano soldi e così, non trovando altre soluzioni, lui aveva deciso di offrirsi volontario e andare a combattere in Afghanistan per quattro mesi.
Io e sua madre avevamo cercato di convincerlo a non partire, ma lui era stato irremovibile. Era sempre stato un ragazzo determinato e coraggioso, pronto a sacrificarsi e a farsi in due per le persone che amava. Nonostante la sua giovane età, aveva avuto il coraggio di prendere una decisione del genere.
Mi aveva ripetuto tantissime volte che sarebbe andato tutto bene, che sarebbe tornato presto a casa, che sarebbe tornato presto da me, che quell’incubo sarebbe finito presto. Ma come potevo restare tranquilla al pensiero di lui laggiù, in un Paese in cui rischiava la vita praticamente ogni secondo?
"Gabrielle, non piangere più, ti prego… " sussurrò lui a sua volta. "Tornerò. Tornerò presto, te lo prometto. Tornerò e poi ti sposerò, avremo un sacco di bambini, saremo una famiglia, staremo insieme per tutta la vita. Smetti di piangere, ti prego. Basta. Questo non è un addio, è un arrivederci. Promettimi di essere forte, in questi mesi. Io tornerò, te lo giuro. Ti amo, amore mio... Ti amo da morire."
A quelle parole, sentii il cuore battere ancora più forte e tantissime morse allo stomaco. Lui … lui voleva sposarmi. Lui voleva avere dei bambini da me e formare una famiglia, desiderava avermi accanto per tutta la vita. Voleva esattamente ciò che volevo io. Inconsciamente l’avevo sempre saputo, ma sentire la sua voce mentre sussurrava quelle parole era stato meraviglioso.
Mi fiondai nuovamente sul suo petto, stringendolo più forte che potevo e riprendendo nuovamente a singhiozzare.
"Harry… anche io voglio sposarti, anche io voglio avere dei bambini da te, anche io voglio starti accanto per tutta la vita: io ti amo Harry, è sempre stato così e lo sarà per sempre. Darei di tutto pur di impedire questo volo e tornare a casa per stare con te, per baciarti, accarezzarti e fare l’amore… te lo giuro, farei di tutto." Mi fermai per tirare su con il naso. "Però, ti prometto che resterò forte, mentre tu sarai laggiù. Aspetterò che passino questi fottuti quattro mesi, lo farò per te. Ti amo, cazzo ti amo tantissimo, te lo ripeterei all’infinito…"
Harry sciolse l’abbraccio e mi guardò negli occhi, prendendo ancora una volta il mio viso tra le mani.
"Sai che anche io vorrei restare qui con te, ma sai anche perché purtroppo non posso… Però dobbiamo essere forti entrambi, non dobbiamo pensare al peggio perché presto staremo di nuovo insieme. Dio solo sa quanto ti amo e quanto cazzo mi sta costando lasciarti, ma vedrai che presto quest’incubo finirà." -
Sospirò, portandosi le mani dietro al collo e togliendosi la catenina a forma di aeroplano di carta che indossava sempre.
Aggrottai la fronte, poi portò le mani ai lati del mio collo, mettendola a me. Allontanò le mani sorridendo mentre io sfiorai con le dita l’aeroplano che pochi attimi prima si trovava sul suo petto.
Lo fissai negli occhi, in attesa che dicesse qualcosa.
"E’ tua adesso. Voglio che la tenga tu, così potrai sentirmi vicino..."
Detto questo, poggiò le sue labbra sulle mie. Portai immediatamente le mie braccia intorno al suo collo, mentre lui portò le sue attorno ai miei fianchi, stringendomi a sé. La sua lingua leccò il mio labbro inferiore per chiedere accesso alla mia bocca, accesso che io non negai.
Restammo lì a baciarci per non so quanto, un bacio appassionato, dolce e disperato al tempo stesso. Quando ci staccammo, Harry si allontanò per salutare ancora una volta i suoi, poi tornò da me e mi sussurrò un ‘Ti amo’ a fior di labbra, prima di prendere la valigia da terra. Portò una mano sulla mia guancia, accarezzandomi il viso. Immediatamente, portai la mia sulla sua, stringendogliela dolcemente. Purtroppo, dopo qualche secondo dovette allontanarsi, così la sua mano scivolò via dal mio viso e dalla mia stretta lentamente. Quando non sentii più il suo tocco, chiusi gli occhi mordendomi il labbro, imponendomi di non piangere. Quando li riaprii, lui era a qualche passo da me. Mi sorrise dolcemente, sussurrandomi un ‘Arrivederci, amore mio’, poi abbassò lo sguardo e si girò per avvicinarsi alle scale mobili. Ogni passo lo portava sempre più lontano da me, e vederlo allontanarsi era straziante. ‘Arrivederci, amore mio’, mormorai fissando la sua sagoma camminare e stringendo la sua catenina al petto. Salì sulle scale mobili, e una volta arrivato in cima, si girò verso di me. Mi mandò un bacio con la mano, piangendo, che io ricambiai piangendo a mia volta. Si voltò nuovamente, per poi fare qualche altro passo e sparire completamente dalla mia vista.
E a quel punto mi sentii mancare. La testa prese a girarmi e sentii le gambe diventare molli e cedere sotto il peso del mio corpo. Mi ritrovai accasciata sul freddo pavimento dell’aeroporto, singhiozzando con le mani sul viso. Sentii la voce dei miei genitori e quella di Anne, la madre di Harry, cercare di tranquillizzarmi, ma era inutile. Non riuscivo a calmarmi, il solo pensiero che forse non avrei più rivisto l’uomo che amavo, il solo pensiero di averlo perso, mi uccideva.
"Dai tesoro, non fare così! Fatti forza, vedrai che andrà tutto bene. Alzati, su."
La voce di Anne arrivava ovattata alle mie orecchie, ma nonostante ciò sentii benissimo quanto fosse spezzata e rotta dal pianto. Vedere il proprio figlio partire per quel posto era ovviamente orribile.
"Gabrielle, ti prego… Anne ha ragione, andrà tutto bene. Torniamo a casa, hai bisogno di riposarti."
Mia madre, sussurrandomi quelle parole, mi porse la mano per farmi alzare da terra. La accettai senza esitare troppo, poi, una volta in piedi, tirai più volte su con il naso e accettai il fazzoletto offertomi da Niall, un amico mio e di Harry. Ce ne erano altri tre, a completare il gruppetto: Liam, Louis e Zayn, presenti anche loro in aeroporto per salutare Harry.
Li adoravo, erano simpatici e divertenti, li avevo conosciuti dopo aver conosciuto Harry: era stato lui a presentarmeli, ricordavo benissimo quel martedì pomeriggio.
Molto spesso uscivamo tutti insieme, comprese le loro ragazze: era sempre uno spasso, ridevamo tantissimo e non perdevamo occasione per prenderci in giro a vicenda.
Asciugate le lacrime, guardai gli altri e sorrisi forzatamente.
"Io… io vorrei andare a fare quattro passi da sola, se non vi dispiace." Dissi timidamente, abbassando lo sguardo e portandomi una ciocca di capelli dietro l’orecchio. Annuirono tutti comprensivi, sorridendomi tristemente.
"Se hai bisogno di qualcosa, noi ci siamo!" Mi ricordò Liam, sorridendo.
"Lo so ragazzi. Vi voglio bene... " Proferii infine, prima di voltarmi e camminare spedita verso l’uscita dell’aeroporto.


Dopo aver camminato per circa un’oretta, arrivai nel parco in cui andavo sempre con Harry: i bambini giocavano allegri, alcune coppiette camminavano spensieratamente e le persone anziane sedevano sulle panchine, sospirando e chiacchierando tra di loro.
Quanto avrei voluto essere spensierata e allegra come una ragazzina… quando lo ero, non vedevo l’ora di compiere diciotto anni, per essere indipendente e fare tutto ciò che mi sarebbe passato per la testa.
Ora che li avevo, invece, avrei voluto tornare indietro nel tempo, avrei voluto ancora essere la ragazzina quindicenne che si era appena fidanzata con un Harry sedicenne…
Quei tempi mi sembravano remoti e vicini al tempo stesso: allora, le persone ci giudicavano, ci criticavano, dicevano che non avremmo dovuto stare insieme, che eravamo troppo giovani per affermare ‘Ti amerò per sempre.’
Chiunque avrebbe dato loro ragione, ma a distanza di tre anni, noi eravamo ancora lì, insieme, innamorati più che mai.
O almeno, insieme lo eravamo fino ad un’oretta prima…
Mi imposi di non scoppiare a piangere nuovamente: lui sarebbe tornato, me l’aveva giurato, ed io volevo crederci.
Raggiunsi la panchina: si, esatto, la panchina, quella nostra, quella su cui lui mi aveva sussurrato ‘Ti amo’ per la prima volta e dove avevamo inciso ‘Gabrielle ed Harry per sempre’.
Mi sedetti comodamente, sfiorando con le dita la scritta. Sorrisi tristemente, chiudendo gli occhi e lasciandomi trasportare da quei dolci ricordi.


Arrivata a casa, mia madre corse all’ingresso e mi abbracciò forte.
"Gabrielle, mi hai fatto preoccupare! Erano tre ore che eri fuori e non rispondevi al cellulare, ho avuto paura!" Ammise stringendomi a sé.
Ricambiai l’abbraccio, sospirando.
"Scusa mamma, avevo il silenzioso e non l’ho sentito. Mi dispiace." Ammisi.
Sciogliemmo l’abbraccio ed io salii in camera, scusandomi con i miei perché non avevo voglia di cenare. Avevo solo voglia di fare una bella doccia rinfrescante, sperando che mi avrebbe aiutata a riprendermi.
Mi spogliai in fretta e mi precipitai in bagno, aprendo il getto della doccia e lasciando che l’acqua fresca scivolasse giù per il mio corpo. Una volta uscita dalla doccia, avvolsi un asciugamano attorno al mio esile corpo e mi posizionai davanti allo specchio, per asciugarmi i capelli. Quando ebbi finito, sentii il mio cellulare vibrare. Lo afferrai in fretta e lessi il mittente del messaggio: ‘Emily’, ovvero la mia migliore amica.
"Hey, tesoro, come stai? Posso venire a casa tua, con tanto di film comico e pop corn? Spero di si. u.u
Baci. xx"
Sorrisi, prima di risponderle che poteva senz’altro.
Così, passai una piacevole serata in compagnia della mia migliore amica: stare con lei mi aveva fatto bene, mi ero sfogata e mi aveva consolata, ripetendomi ogni due secondi che lei, per me, ci sarebbe sempre stata.


Dopo che la riaccompagnai con la mia macchina, verso mezzanotte, varcando la soglia di casa una volta tornata mi accorsi che erano andati già tutti a dormire, eccetto il mio fratellino di appena nove anni, Matthew. Potevo chiaramente sentire, a causa del silenzio, che stesse ancora giocando alla Play Station nella sua camera.
Sospirai, salendo di sopra. Camminai verso la sua camera e una volta arrivata di fronte ad essa, abbassai lentamente la maniglia, sbirciando all’interno: come immaginavo, ancora non si era addormentato e fissava attentamente lo schermo della televisione, con il solo scopo di vincere quella stupidissima partita.
"Matt, non sarebbe ora di andare a dormire?" Gli domandai retoricamente, incrociando le braccia al petto.
Tanto per cambiare, lui non rispose neanche, quando giocava era talmente concentrato da non sentire nessun suono o rumore.
Entrai definitivamente nella sua graziosa stanzetta chiudendomi la porta alle spalle. Mi avvicinai cautamente a lui, sedendomi al suo fianco e cominciando a fissarlo, in attesa che mi notasse. Scossi la testa, dando un’ occhiata allo schermo della TV: i soliti giocatori di calcio.
Poggiai delicatamente una mano sulla sua spalla, scuotendolo leggermente.
"Matt è ora di andare a dormire. Hai scuola domani, su. Spegni la televisione e fila a letto, dai."
Il mio tono di voce era autoritario e dolce al tempo stesso: si, ci sapevo davvero fare con i bambini, proprio come Harry.
Lui aveva un vero istinto paterno, mi si scioglieva il cuore ogni volta che lo vedevo ridere e scherzare con Matthew o con qualsiasi altro bambino, e ogni volta che succedeva non potevo fare a meno di pensare a quanto sarebbe stato bello avere un figlio tutto nostro, un giorno.
Gli occhi diventarono lucidi a causa di quei pensieri e mi accorsi di essermi fatta sfuggire delle lacrime solo quando me lo face notare Matthew.
"Gaby non piangere... Harry tornerà presto, te lo ha detto anche lui." Mormorò piano il mio fratellino, intuendo tutto.
Sorrisi singhiozzando e lo strinsi forte a me, accarezzandogli dolcemente la schiena: il mio piccolo Matt leggeva nel pensiero. Certo, nonostante fosse in grado di capire quando fossi giù di morale, non poteva sempre sapere cosa avessi che non andasse, ma quella sera non era difficile capire quale fosse la causa delle mie lacrime.
"Lo so piccolo, lo so. Va meglio ora, quindi spegni la televisione e la Play e mettiti a dormire, va bene?" Gli sussurrai all’orecchio. Lui annuì ed eseguì i miei ordini, spegnendo il tutto.
Si rifugiò sotto le coperte e, dopo avergli dato un bacio sulla guancia, mi precipitai fuori dalla stanza spegnendo la luce e chiudendo la porta.


Buio. Non c’era nient’altro intorno a me, solo l’oscurità accompagnata da un silenzio spaventoso e angosciante.
Non uno spiraglio di luce, non la presenza di qualsiasi altra forma di vita, né qualcosa che avrebbe potuto farmi capire esattamente dove fossi.
Avevo paura.
Tremavo e l’unico suono che riuscivano a percepire le mie orecchie era il mio respiro irregolare e pesante, accompagnato dai battiti accelerati del mio cuore.
"Harry?" Provai a chiamarlo, avevo bisogno di lui in quel momento, avevo bisogno di sentire le sue braccia stringermi forte e la sua voce sussurrarmi che era tutto un incubo, che presto ci saremmo svegliati nella mia camera da letto abbracciati.
La mia voce, però, riecheggiò nel vuoto come un’eco, fino a diventare sempre più distante e disperdersi del tutto.
E di Harry non c’era traccia. Ero sola, completamente sola e impaurita per ragionare lucidamente. Riprovai a chiamarlo.
"Harry, dove sei? Rispondi amore mio, ti prego!" Urlai sull’orlo della disperazione e del pianto.
Niente. La mia voce sparì nel nulla esattamente come qualche attimo prima. Ma dov’ero? Possibile non ci fosse nessuno che avrebbe potuto darmi delle informazioni?
Improvvisamente, quel silenzio spaventoso venne spezzato, lasciando posto a un qualcosa di decisamente più inquietante.
Sentivo grida, spari, urla di persone disperate, il rumore di vetri appena rotti… Gridai anch’io per via delle forti fitte alla testa che avevano iniziato a tormentarmi, accasciandomi a terra con entrambe le mani ai lati delle tempie. Dopo una decina di secondi strazianti, i rumori si affievolirono fino a sparire del tutto, così come il mio mal di testa.
Aprii finalmente gli occhi, trovando un secondo dopo la forza per alzarmi.
Mi rimisi in piedi, guardandomi intorno. Improvvisamente, si aprì uno spiraglio di luce, che cominciò progressivamente a diventare più grande. Aggrottai la fronte, fino a trovarmi circondata da una luce talmente intensa che mi fece portate le mani sugli occhi.
Improvvisamente, sentii delle calde mani poggiarsi sulle mie spalle. Sussultai, ansimando. Avrei potuto riconoscere quel tocco tra mille. Mi girai immediatamente e mi ritrovai davanti il suo viso.
"Harry!" Esclamai, fiondandomi subito sul suo petto.
Lui mi strinse a sé a sua volta, strofinando come sempre le sue mani sulla mia schiena.
"Ricorda quello che ti ho detto, Gabrielle. Tornerò presto, ma tu sii forte."


Mi svegliai nel buio della mia stanza, sussultando. Mi portai una mano tremante sulla fronte sudata, per cercare di rimuovere quelle goccioline. Respirai profondamente, cercando di calmare il battito accelerato del mio cuore. Mi alzai dal letto e mi diressi in bagno per sciacquarmi la faccia: dovevo fare come mi aveva appena detto Harry nel mio sogno, dovevo essere forte. Sospirai e andai di sotto, frugando nel frigo in cerca di qualcosa da mangiare. Erano le quattro del mattino, ma non mi importava: io mangiavo quando volevo!
Matthew, come al solito, non aveva lasciato neanche un briciolo della torta che aveva preparato mia madre il pomeriggio prima.
Sbuffai rassegnata, estraendo poi qualche barretta di cioccolato e un succo di frutta alla pera.
Mangiai tranquillamente, poi riposi la bottiglia contente il succo in frigo e tornai di sopra a dormire.


I giorni seguenti, passarono lentamente.
Ogni giorno, era la stessa routine.
Mi alzavo presto per arrivare puntuale da Starbucks, dove lavoravo come cameriera da qualche mese, poi tornavo a casa per la pausa pranzo. Verso le tre del pomeriggio, infine, dovevo trovarmi di nuovo lì e lavorare fino alle sei del pomeriggio.
Nel tempo libero, o uscivo con i miei amici o mi rintanavo in casa.

Era passata esattamente una settimana da quando Harry era partito. Una settimana passata con la paura nel petto: temevo gli succedesse qualcosa da un momento all’altro, il che era straziante. Il pensiero di lui laggiù non mi faceva dormire la notte, mi rendeva costantemente nervosa, mi faceva palpitare forte il cuore di punto in bianco, in preda ad alcuni attacchi di ansia.
Mi sentivo vuota senza di lui.
Nulla sembrava avere più senso, mi sentivo inutile, incompleta.
Non avevo più tolto la catenina, da quel giorno in cui me l’aveva messa al collo, in aeroporto. Aveva ragione lui, quell’aeroplano di carta aveva il potere di farmelo sentire più vicino.
Dio, mi mancava da morire… Mi mancava tutto di lui! I suoi baci, le sue carezze, il suo sorriso, la sua risata… Sospirai, abbandonandomi sul divano.
In quei giorni, sarebbe dovuta arrivare una sua lettera, che io aspettavo con ansia.
Improvvisamente, un senso di nausea mi fece immediatamente correre in bagno, dove vomitai.
Dopo che ebbi la certezza di star meglio, mi sciacquai la bocca col colluttorio per levare quell’orrendo sapore rimastomi, e mi accasciai nuovamente sul divano. Guardai subito il calendario, e mi accorsi di avere un ritardo. Sussultai, portandomi le mani sulle labbra. Non poteva essere…


Due mesi dopo.
Ero incinta, aspettavo un bambino da Harry.
Avevo sempre desiderato averne uno, il problema era che era successo tutto troppo in fretta e soprattutto nel momento sbagliato. Non avrei voluto dirglielo tramite una stupida lettera: avrei voluto guardarlo negli occhi, vedere la sua reazione e condividere con lui quel momento tanto importante.
Invece no. Invece fui costretta a leggere la sua lettera e immaginare la sua reazione.
'Amore mio,
non riesco a credere a ciò che ho appena letto!
tu… tu sei incinta! Tu aspetti un bambino da me!
Giuro, sono senza parole, ho un sorriso da ebete stampato in faccia, ho le lacrime agli occhi e mi sento un idiota, sto tremando e non riesco nemmeno a scrivere, se capisci questa schifezza di calligrafia è un miracolo, dico sul serio!
Dio ci sono tantissime cose che vorrei dirti e non so neanche da dove iniziare…
Siamo ancora giovani, è vero, ma io ti amo e ho sempre desiderato avere un bambino da te: l’unico problema è che è accaduto tutto troppo improvvisamente, in un momento molto delicato della nostra vita. Ma non importa, io sono felicissimo, io… io non riesco a trovare le parole giuste per farti capire come mi sento, scusami. Mi assumerò tutte le mie responsabilità, e spero di riuscire ad essere un bravo papà… Vorrei stare lì con te ora, vorrei stare al tuo fianco per poter condividere insieme questo momento tanto importante, ma purtroppo non posso. Se non passano questi fottuti due mesi non posso ripartire per Londra.
Qui va come al solito, non voglio angosciarti con i miei soliti e tristi racconti. Non vedo l’ora di ritornare Gabrielle, sapessi quanto mi manchi… è orribile stare senza di te, mi sento vuoto, incompleto…
Lo so, sono cose che già sai e che ti ho già scritto, ma è la pura verità, mi manchi da impazzire. Tu, il tuo sorriso, la tua risata, i tuoi baci, le tue carezze … E’ il pensiero che presto potrò di nuovo averti a farmi andare avanti.
Tornerò presto, amore mio. Ti amo. Tuo Harry.’


Non riuscii a non trattenere le lacrime quando lessi quella lettera: era vero quello che mi aveva detto, tremava mentre scriveva. La calligrafia era orribile, inoltre la lettera in certi punti era bagnata: dedussi che lo fosse a causa di qualche lacrima sfuggita dai suoi occhi e finita sul foglio.
Ero contenta che avesse preso bene la notizia, ero felice che mancassero solo due mesi prima di poterlo riabbracciare. Due mesi e la tortura sarebbe finita, due mesi e avrei di nuovo avuto accanto il ragazzo che amavo, due mesi ci separavano dall’inizio di una nuova vita.


Erano tre settimane che non avevo notizie di Harry. Nessuno si azzardava a rispondere alle numerose lettere che inviavo!
Cominciai seriamente a preoccuparmi, e con me anche i suoi genitori e la mia famiglia.
E se gli fosse successo qualcosa?
Era questa la domanda che mi tormentava in ogni ora del giorno e in ogni ora della notte. Avevo paura, paura di averlo perso… Vivere con un’ansia terribile addosso ogni minuto era terribile.
Dovevo fare qualcosa. Non sapevo cosa, ma dovevo fare qualcosa.
Decisi che se non fosse tornato alla scadenza dei quattro mesi, sarei andata a cercarlo fin laggiù! E non mi importava se i miei genitori me l’avessero impedito: l’avrei fatto, l’avrei fatto per lui, per l’uomo che amavo, per il padre di mio figlio!

Un pomeriggio del mese dopo, qualcuno suonò il campanello.
Mi alzai dal divano su cui mi ero stesa per riposare dopo la giornata al lavoro, e mi precipitai ad aprire.
Quando vidi il postino, mille emozioni si fecero largo nel mio cuore: sollievo, felicità, ansia, paura…
Afferrai con mani tremanti la busta, poi salutai cordialmente il postino e mi precipitai in cucina, sedendomi a tavola.
Feci un respiro profondo prima di leggere il mittente della lettera.
Il fatto che non fosse direttamente da Harry, ma bensì dalla base militare londinese in Afghanistan, mi fece gelare il sangue nelle vene.
Deglutii e il mio cuore cominciò a battere impazzito, mentre cominciavo a sudare e le mani tremavano così come ogni minima parte del mio corpo.
Aprii la busta faticosamente, cominciando seriamente a temere che potesse venirmi un infarto.
La aprii faticosamente a causa dell’ansia e del tremolio alle mani, poi lessi il contenuto.
Quando ebbi finito, alzai la testa dal foglio fissando un punto non definito della stanza. Avevo gli occhi sgranati, lo stomaco in subbuglio, tremavo se possibile ancor più di prima, la bocca era spalancata e tremolante, gli occhi erano appannati da lacrime che non avrei tardato a far uscire e sentivo in gola un nodo fastidiosissimo e doloroso.
"NOOO!" Lanciai un urlo disperato, gettando la lettera a terra e alzandomi barcollante dalla sedia, per poi buttare sul pavimento pure quella. Cominciai a piangere e urlare disperata, accasciandomi sul pavimento e battendo con forza i pugni contro quest’ultimo.
Avevo bisogno di sapere che era uno scherzo, avevo bisogno di sapere che era uno stupido quanto squallido scherzo, che nulla di ciò che avevo letto in quella lettera fosse vero. "NO, NO, NO, NO, NO!! Non è vero, no, ditemi che non è vero, vi prego… No, perché cazzo perché?? Harry… Harry amore mio perché?? Perché??" Continuai a urlare impazzita, singhiozzando e con le lacrime che scendevano libere dai miei occhi. Sentii qualcuno scendere in fretta le scale.
"Gabrielle!! Santo Cielo Gabrielle, che è successo?? Cos’hai?!" Chiese spaventata mia madre, sedendosi a terra e portando la mia testa sulle sue gambe, spostandomi i capelli sudaticci dalla fronte. "Mamma… mamma lo sapevo…" Singhiozzai, cominciando a tossire. "Sapevi cosa?! Che è successo?!" Insistette quest’ultima, probabilmente intuendo qualcosa dal momento che vide la lettera sul pavimento. "Mamma… Harry… Harry è sparito! Non sanno dove sia, è un mese e la polizia non riesce a trovarlo!! Mi sento male, non ce la faccio… " Dissi quella frase con le ultime forze che mi rimanevano, prima di perdere conoscenza e chiudere gli occhi.


Quando riaprii gli occhi, notai subito un soffitto bianco e avvertii un nauseante odore di medicina. Sentii qualcosa pizzicarmi il braccio destro, così spostai la vista verso quel punto dolente: una flebo.
Aggrottai la fronte, ero in un ospedale!
In meno di un secondo, mi venne in mente quanto successo qualche ora prima.
Il postino. La lettera. Harry. Le mie urla. Mia madre.
Avevo letto che Harry era sparito da circa un mese dopo un attacco afghano alla base militare londinese e la polizia non era ancora riuscita a trovarlo. Mi avrebbero tenuta informata sulla questione.
Immediatamente, le lacrime appannarono nuovamente i miei occhi.
Cominciai a singhiozzare, distrutta. Me lo sentivo che era successo qualcosa, cazzo me lo sentivo!
Perché? Perché a lui? Perché il destino era così crudele? Perché? Cosa avevamo fatto di male per meritarci quello? Cosa?
Cazzo, lo volevo sapere!
Quel che era certo era che non me ne sarei stata con le mani in mano.
La polizia poteva anche andare a farsi fottere, io sarei andata laggiù, l’avrei cercato io stessa. Dovevo informarmi, sapere cosa era successo, cercare l’ultima persona che l’avesse visto. Mentre piangevo indisturbata, la porta si spalancò, lasciando apparire le sagome dei miei genitori, di quelli di Harry e infine di Niall, Zayn, Liam e Louis. Dalle loro facce, potei dedurre che loro sapevano.
Mia madre si avvicinò a me, accarezzandomi una guancia una volta che fu abbastanza vicina.
"Hai avuto un calo di pressione, tesoro, ma tu e tuo figlio state bene." Proferì.
Annuii e girai la testa dall’altro lato, cominciando nuovamente a piangere appena sentii Anne tirare su col naso. Quest’ultima chiese gentilmente agli altri di uscire, per poter restare da sola con me. Quando tutti furono fuori, si avvicinò al mio letto, prendendo una sedia e sedendosi di fianco ad esso. Allungò la sua mano verso la mia, stringendola delicatamente prima di cominciare a parlare, con la voce rotta dal pianto.
"Tesoro, ho saputo tutto. Sono preoccupata da morire, ma … non ti nascondo che in fondo sento che Harry sta bene."
Mi girai verso di lei, sorridendo debolmente.
"Anche io sento lo stesso, Anne."
E in effetti era vero. Se lui fosse… se lui se ne fosse andato, avrei sentito un vuoto attorno al mio cuore, quella piccola fiammella di speranza che creava uno spazio di luce tra le mie oscure paure si sarebbe definitivamente spenta. Invece no, era ancora lì che brillava indisturbata.
Si, lui stava bene. No, non era autoconvinzione, era ciò che il mio cuore e il mio inconscio sentivano.
"Anne, io… io andrò fin laggiù a cercarlo." Dissi decisa, guardandola dritta negli occhi.
"Cosa… cosa vuoi fare?" Chiese lei, sconcertata.
"Voglio andare fin laggiù, a cercarlo Anne. Voglio informarmi, sapere cosa facesse, cosa sia successo esattamente, trovare una persona presente durante l’attacco che possa testimoniare qualcosa… credo sia la cosa giusta da fare, Anne. Io lo amo, sono disposta a tutto per trovarlo." Proferii decisa, con un tono di voce fermo e serio.
Anne sorrise commossa.
"Sono felice che Harry abbia trovato una ragazza che lo ami fino a questo punto... E’ un viaggio pericoloso, non puoi affrontarlo da sola. Io verrò con te." Disse lei, sorridendomi dolcemente.
Ricambiai il sorriso, annuendo con gli occhi lucidi.


Ovviamente non fu facile convincere i miei genitori lasciarmi andare.
Ci riuscii alla fine, ma anche se non fossi stata in grado di farlo, sarei partita comunque.

Partimmo io, Anne e Robin, il patrigno di Harry.
Quel posto metteva davvero angoscia, in qualsiasi direzione ci si voltasse si aveva l’occasione di vedere gente soffrire.
Mi sentivo talmente in pena per loro…
Purtroppo, però, le nostre ricerche su Harry non ebbero un esito positivo.
Nessuno seppe dirci più di quel che avevo letto in quella maledetta lettera, nessuno sapeva che fine avesse fatto! Le ricerche proseguivano incessantemente, assieme a lui erano spariti altri cinque volontari e nessuno di quella fottuta base militare era in grado di fare qualcosa se non affidarsi alle mani della polizia!
Mi accasciai distrutta sul divano trasandato dell’Hotel in cui alloggiavamo, con la testa fra le mani.
Robin aveva deciso di ripartire entro qualche giorno dal momento che lì non potevamo far nulla se non aspettare che la polizia lo trovasse, cosa che si poteva anche fare in Inghilterra, secondo le sue parole. Lì stavamo solo rischiando grosso.
Avrei voluto rimanere, ma chi mi avrebbe dato una casa dove abitare? Come mi sarei mantenuta senza lavoro, da sola?
Non avevo scelta.
Con il cuore in gola, preparai le valigie e tornai a Londra in compagnia di Anne e Robin.


Un anno dopo.
Seduta su un dondolo nella mia camera, fissavo le goccioline di pioggia bagnare i vetri della mia finestra. Distolsi lo sguardo, chiudendo un attimo gli occhi e perdendomi nei miei pensieri. Era passato un anno da quando avevo ricevuto quella lettera.
Niente. Nessuna traccia di Harry, era come se fosse sparito nell’aria.
La polizia non riusciva a trovarlo, né vivo né morto.
I miei genitori ormai si erano rassegnati, erano convinti che Harry se ne fosse andato per sempre, ma io mi ostinavo a ripetere loro che non era così, che sentivo che lui stesse bene.
Ed era la verità, era quello che sentivo e poco mi importava se mi avessero presa per pazza!
Io non avrei mai smesso di sperare, non avrei mai smesso di aspettarlo: sentivo dal profondo che prima o poi sarebbe tornato.
Non importava quanto tempo sarebbe passato, io e lui saremmo tornati di nuovo insieme.
Guardai il mio piccolo Edward dormire tra le mie braccia: sorrisi, cullandolo dolcemente. Aveva pochi mesi, ma già potevo notare l’incredibile somiglianza con il padre: la forma della labbra, le fossette ai lati delle guancie e due occhi verdi meravigliosi.
Ogni volta che li fissavo, era come ritornare indietro nel tempo, era come guardare lui, era come se nulla fosse successo e noi fossimo di nuovo insieme... Era solo grazie a nostro figlio e a quella fiammella ancora accesa tra l’oscurità creata dalle mie paure se ancora non avevo perso la forza, se ancora non avevo ceduto e se ancora continuavo a lottare.
Avevo versato tutte le lacrime che una persona verserebbe nel corso di una vita, in quell’ultimo anno. Stavo male, avevo un bisogno disperato di lui.
Si, sentivo che sarebbe tornato, ma l’attesa mi stava lacerando l’anima.
Avevo perso il conto delle volte in cui i miei genitori mi avevano consigliato di rassegnarmi e voltare pagina, di farmi una nuova vita, di provare ad amare un altro ragazzo, ma io non avevo mai voluto dargli ascolto.
Non avevo intenzione di arrendermi, in diciannove anni che mi avevano davanti forse i miei ancora non avevano capito di che pasta ero fatta! Io non mi arrendevo di fronte a nulla!
Non l’avevo mai fatto e non avevo alcuna intenzione di farlo proprio in quella circostanza!
E poi, cosa più importante, non sarei mai più riuscita ad amare nessuno tanto quanto avevo amato e amavo Harry, neanche se mi fossi imposta di farlo.
Era a lui che appartenevo, era lui che volevo e che avrei sempre voluto, era lui l’uomo che avrei amato per sempre.


Poche settimane dopo.
Mi rigirai per l’ennesima volta nel letto, nel disperato e invano tentativo di prendere sonno. Cazzo, cos’era tutta quell’ansia? Sudavo neanche come se mi fossi trovata nel deserto infagottata in caldi maglioni di lana, mentre il cuore batteva impazzito contro la mia gabbia toracica.
Quasi temevo che quest’ultima si sarebbe spezzata!
Mi pentii di non essere andata con i miei a trovare la zia a Manchester: se l’avessi fatto, almeno in quel momento di crisi d’ansia improvvisa non sarei stata da sola!
Mi sollevai dal letto facendo pressione sui gomiti, e mi accorsi con orrore che avevo le braccia tremolanti.
Mi alzai in piedi passandomi una mano sulla fronte bagnata dal sudore e mi avvicinai alla culla di Edward. Sorrisi sollevata nel constatare che stesse dormendo tranquillamente. Decisi di scendere in cucina a bere un bicchiere d’acqua e, perché no, magari anche una camomilla.
Una volta finita di bere la tisana, salii di sopra col cuore impazzito e lo stomaco in subbuglio.
Proprio mentre mancavano pochi gradini alla fine della scala, sentii il campanello suonare. Mi si gelò il sangue nelle vene e sussultai portandomi le mani sulla bocca: chi cavolo poteva essere alle tre di notte?!
Decisi di correre in camera e di sbirciare dalla finestra che si trovava proprio di fronte al cancello d’ingresso, in modo che nessuno mi vedesse o sentisse la mia voce.
Aprii col fiato spezzato la porta della mia camera e mi avvicinai lentamente alla finestra solo dopo aver fatto un respiro profondissimo.
Più mi avvicinavo, più sentivo il mio cuore battere e fremere per ragioni ancora a me sconosciute.
Il campanello suonò nuovamente, facendomi deglutire.
Afferrai esitante il tessuto della tenda e lo spostai lateralmente, chiudendo gli occhi.
Coraggio. Devi solo aprire gli occhi e vedere chi sta bussando al campanello. Non può succederti nulla, sei nella tua camera, al sicuro, hai chiuso tutto e prima che un malintenzionato possa entrare e farti qualcosa hai tutto il tempo di chiamare Liam, Louis, Niall e Zayn, in attesa che rompa tutta le porte. Che poi, sei proprio una stupida se pensi davvero che fuori ci sia un ladro o qualcosa di simile. Ti pare che se lo fosse davvero stato sarebbe stato tanto intelligente da citofonare?
Dovevo ricordarmi di fare un applauso al mio cervello. Ragionava davvero bene, a volte.
Così, diedi retta alla ragione e cacciai la paura in un angolino remoto della mia mente. Aprii lentamente gli occhi, sbattendo più volte le palpebre per mettere bene a fuoco l’immagine che mi si parò davanti.
Notai subito una figura alta nascosta nell’oscurità e immobile davanti al cancello. Deglutii: a giudicare dalla corporatura, avrei giurato fosse… no, non era possibile che fosse veramente lui, sarebbe stato troppo bello per essere vero…
Apri la finestra.
Non seppi mai il perché, ma seguii istintivamente ciò che mi aveva suggerito di fare il cervello. O forse il cuore?
Fatto sta che aprii in fretta la finestra, sporgendomi di poco per scrutare meglio.
Notai che la sagoma aveva alzato lo sguardo verso di me. Dannatissimo buio! Non mi permetteva di capire bene chi fosse!
Deglutii e mi schiarii la voce.
"Chi… chi c’è?" Dissi flebilmente, con voce tremante.
"Gabrielle, sono io …" Rispose la figura, con voce chiaramente affannata.
Mi immobilizzai. Un tuffo al cuore, qualcosa si mosse all’interno dello stomaco, il cuore non lo sentivo neanche più. Non potevo non riconoscere quella voce bassa, profonda e roca. Non potevo non riconoscere quella voce meravigliosa, no. Sentii le gambe tremare e diventare fragili, tanto che dovetti fare pressione con le mani sul davanzale della finestra per non cadere. Trovai improvvisamente difficile respirare, mentre i miei occhi si stavano riempendo di lacrime per l’ennesima volta da quando Harry era partito.
Con l’unica differenza che, forse, erano finalmente lacrime di gioia.
"Harry… Amore mio, sei tu?" Chiesi flebilmente, sperando che mi sentisse.
Tuttavia, c’era così tanto silenzio che fu praticamente impossibile non udire il suono della mia voce.
"Si, sono io amore mio …" Rispose lui, con voce rotta dal pianto.
Mi portai le mani sulle labbra e scoppiai a piangere.
Finalmente, dopo tantissimo tempo, seppi di nuovo cosa volesse davvero dire ’essere felice.’
"Oh Dio mio… aspetta, aspetta amore, scendo subito!" Dissi tra i singhiozzi, precipitandomi fuori dalla mia stanza e scendendo di corsa le scale, con una voglia assurda di vederlo, abbracciarlo, stringerlo a me, fargli vedere Edward, parlare con lui, accarezzarlo, baciarlo, farci l’amore…
Tutto ciò che avevo disperatamente desiderato in quell’anno, era finalmente a pochi metri di distanza da me. Schiacciai con foga il tasto sul citofono in cucina, poi mi precipitai all’ingresso e aprii la porta di casa.
Me lo ritrovai a pochi metri di distanza da me.
Ci bloccammo entrambi, respirando affannosamente.
Indossava la divisa da militare e aveva lasciato cadere la valigia per terra. I ricci gli contornavano il viso e i suoi meravigliosi occhi verdi erano illuminati e resi ancora più brillanti dalla fioca luce della luna. Non era cambiato per nulla, era sempre lui, era sempre il mio Harry.
Mi fiondai tra le sue braccia, stringendolo più forte che potevo, sentendo che lui stava facendo lo stesso. Non ricordavo si potesse essere felici in quel modo, forse perché quella era la prima volta in cui lo ero davvero.
"Harry… Oddio Harry… Non ci credo, Dio non ci credo!" Mormorai piangendo e stringendolo a me.
"Forse sto sognando, Gabrielle..." Sussurrò lui, prendendo il mio viso tra le sue mani.
"E allora sto facendo il tuo stesso sogno e non voglio svegliarmi!" Risposi, fiondandomi sulle sue labbra, baciandolo dopo un’attesa fin troppo lunga.
Ricambiò il bacio immediatamente e approfondendolo con la lingua, e a me quasi non sembrò vero risentire di nuovo il suo sapore…
Ci staccammo dopo un lasso di tempo non definito, guardandoci negli occhi.
"Gabrielle, voglio vedere il nostro bambino. " Sussurrò lui, poggiando la sua fronte sulla mia.
"Vieni, vieni di sopra, è nella mia camera" Gli dissi commossa, accarezzandogli il viso.
Lui sorrise commosso a sua volta e mi prese per mano, trascinandomi in casa e poi su per le scale. Corse impazzito fino alla porta della mia camera, dove si fermò riprendendo fiato. Mi guardò negli occhi sorridendo e poi entrò dentro, avvicinandosi con me alla culla.
Si portò le mani sulle labbra quando vide il piccolo Edward dormire tranquillamente, non riuscendo a trattenere le lacrime. "E’ il mio bambino … " Mormorò, prendendolo delicatamente in braccio e cullandolo dolcemente, tra le lacrime.
Scoppiai a piangere anch’io e mi avvicinai a loro, poggiando dolcemente la mia mano sul braccio di Harry.
"Il nostro bambino, Harry. Si chiama Edward." Dissi dolcemente, tirando su col naso. Lui annuì e gli diede un delicato bacio sulla fronte, prima di rimetterlo nella culla per non svegliarlo. L’indomani avrebbe avuto tutto il tempo, per stare con lui. Si voltò verso di me e mi abbracciò di nuovo.
"E’… è bellissimo." Sussurrò dolcemente.
"Somiglia a te, sai? Ha le fossette, le tue stesse labbra e i tuoi stessi occhi." Risposi lasciandomi cullare dalle sue braccia.
Lo sentii sorridere e una sua lacrima mi bagnò la spalla.
"Harry, che ti era successo?" Chiesi flebilmente, contro il suo petto.
"Sono stato preso in ostaggio dai nemici, ed è stato terribile… Ma avremo tutto il tempo del mondo per parlare di che cosa ho passato, laggiù. Ora ho solo voglia di amarti come non faccio da tempo." Disse accarezzandomi il viso e baciandomi un secondo dopo.
Non ebbi il tempo di annuire a causa delle sue labbra fiondatesi subito sulle mie, ma ero d’accordo con lui. Per parlare di quello che avevamo passato entrambi c’era tempo, ora avevamo un bisogno disperato l’uno dell’altra.
Portai le braccia attorno al suo collo, accarezzandogli quei ricci che tanto amavo e che erano esattamente come li ricordavo: morbidi e piacevoli al tatto. Le sue mani vagavano su è giù per la mia schiena, accarezzandomi con brama e dolcezza al tempo stesso. Indietreggiai verso il letto, tirandolo con me.
In pochi secondi, mi ritrovai stesa sulle lenzuola, sotto di lui. Gli accarezzavo delicatamente la schiena e le braccia mentre lui lasciava dolci baci sul mio collo.
Dire che mi era mancato era dire poco. Non mi sembrava vero poter parlare di nuovo con lui, non mi sembrava vero poter di nuovo vedere i suoi occhi, il suo sorriso, sentire la sua risata … era tutto così terribilmente perfetto che avrei voluto fermare il tempo in quegli istanti.
In un attimo, mi tolse la canotta che usavo per dormire, accarezzando e baciando ogni centimetro di pelle con estrema delicatezza. Tolsi anch’io gli inutili indumenti che ricoprivano la sua pelle, cominciando a lasciare dolci carezze lungo il torace, dandogli quanto più amore mi fosse possibile.
Ci liberammo in fretta degli altri indumenti che ci vestivano e, in un attimo, ci ritrovammo a fare l’amore dopo mesi passati nella paura di esserci persi a vicenda.
La stanza si riempì dei nostri gemiti, dei nostri sussurri, dei dolci ‘Ti amo’ che uscivano incontrollati dalle nostre labbra.
Era bellissimo sentirlo nuovamente mio, era bellissimo amarlo nuovamente ed era ancora più bello sapere che finalmente avremmo potuto farlo per sempre. Eravamo liberi, liberi dalla paura, liberi dal terrore, liberi di poter finalmente vivere in pace, insieme, con il nostro bambino. E poco importava se eravamo ancora giovani, il nostro amore era puro, vero, sincero, profondo, nulla avrebbe potuto distruggerlo.
Lo sapevamo entrambi, mettersi contro noi due era una battaglia persa in partenza.
Mi aggrappai alle sue spalle, raggiungendo le sue labbra e sfiorandole dolcemente con le mie. Harry sorrise prima di baciarmi con foga, senza smettere di muovere il bacino.
I ricci si muovevano a ritmo delle sue spinte, sfiorandomi la fronte, mentre il suo bellissimo viso imperlato da goccioline di sudore era illuminato dalla fioca luce della luna.
Un gemito più forte degli altri uscì dalle nostre labbra, prima che ci accasciassimo esausti sul materasso, sussurrando uno il nome dell’altra.


Non dormimmo affatto quella notte.
Restammo abbracciati sotto le coperte, stretti l’uno tra le braccia dell’altro. Nessuno proferì parola, perché in quel momento parlare era inutile. Certi attimi non hanno bisogno di parole, no?
Tuttavia, Harry spezzò il silenzio improvvisamente.
"Sai, per un attimo ho temuto che..." Si bloccò, mordendosi il labbro.
"Che… ?" Dissi io, esortandolo a continuare mentre disegnavo figure immaginarie con l’indice sul suo petto.
"Che avresti potuto… voltare pagina ecco, che ti fossi rassegnata e che…"
Lo zittii subito, posandogli un indice sulle labbra.
"Shh … No, io non mi sono mai rassegnata. Sai, io sentivo che prima o poi saresti tornato. Non sai quante volte i miei genitori mi hanno suggerito di lasciarmi alle spalle tutto, ormai rassegnati, ma io non li ho mai ascoltati. Non volevo nessuno che non avesse i tuoi ricci, i tuoi occhi, le tue labbra, le tue fossette, il tuo sorriso, il tuo stesso carattere, i tuoi stessi pregi e i tuoi stessi difetti. Io sono innamorata di te, è sempre stato così e lo sarà per sempre. Sono tua, ormai, che gli altri lo vogliano o no. Io ti amo, Harry." Gli dissi, non potendo evitare che le mie guance si colorassero di rosso.
Lui sorrise sinceramente e mi accarezzò il viso.
"Adoro quando arrossisci a causa mia..." Ridacchiò. "Anche io non voglio nessuna che non sia tu. Ti amo Gabrielle, da impazzire." Disse prima di posare le sue labbra sulle mie e baciarmi per l’ennesima volta.
Finalmente la nostra vita aveva inizio.


Fine.





Spazio autrice.


Salve! :)
Allora, so che probabilmente questa One Shot non è il massimo.
Non mi convince, sono sincera, ma ho deciso di pubblicarla lo stesso.
Se l’avete letta vi chiedo gentilmente di lasciare un parere … Qualsiasi cosa pensiate, fatemela sapere, è importante vi prego.
Potete dirmi tutto quello che volete, accetto le critiche senza offendermi, a patto che queste mi siano fatte con la massima educazione, ovviamente.
La maleducazione è una cosa che non tollero proprio. >.<
So di essere scocciante, ma possibilmente, lasciate una recensione che contenga più di dieci parole, altrimenti EFP la manda come messaggio personale.
Ci tengo a ringraziare in anticipo chiunque sceglierà di recensire e inserire la One Shot tra le preferite o le ricordate, ma ringrazio anche chiunque sprecherà il suo tempo semplicemente leggendola. Grazie di cuore!
Anche se non interessa a nessuno, questo è il mio twitter: @RockMe06.
Potete seguirmi, menzionarmi e chiedere tutto ciò che volete, sarà un piacere ricambiare il follower e rispondervi!
Bene, ho detto tutto. ^^
Mi rifarò viva presto!
Veronica. ♥



   
 
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