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Autore: White Dreamer    23/06/2013    4 recensioni
“Nii san guarda! Alla fine l’ha portata, quell’omino è proprio un santo”.
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Quando lo inquadrò poté constatare che effettivamente c’era un ospite con lui, ma di dimensioni molto più piccole di una renna.
Aggrottò la fronte “Dove hai trovato quell’affare?”.
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Legata a "Di Uchiha e domande scomode"
Genere: Commedia, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Itachi, Sasuke Uchiha
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Prima dell'inizio
- Questa storia fa parte della serie 'Di Uchiha e domande scomode'
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Ho scritto sta storia perché fa mortalmente caldo e leggerla equivale a cinque minuti di aria condizionata (che è meglio di niente).

Christmas time! ^^

 
 
 
 



Itachi rientrò in casa con un brivido di freddo. Si tolse in fretta gli stivali bagnati e la giubba, per poi entrare in soggiorno completamente intirizzito.
Erano i primi di dicembre e l’inverno era ormai in pieno regime.
La voce materna di Mikoto lo chiamò ed entrando in cucina un profumo intenso di zenzero gli riempì le narici.
“Tesoro sei rientrato tardi stasera”.
In risposta starnutì rumorosamente. Grandioso, si era preso un’infreddatura.
La donna lo invitò a sedersi a tavola. Suo padre era intento a leggere dei documenti sul tatami.
Si accomodò a qualche metro da lui.
 
Gli venne messa sotto al naso una zuppa di miso riscaldata. La ringraziò sorridendo. “Dov’è Sasuke?”.
Lei tornò ai lavelli. “L’ho mandato a dormire, era davvero troppo tardi per lui e domani ha l’accademia”.
Annuì, prendendo le bacchette. Mentre mangiava si accorse dell’espressione sconvolta del padre.
Aggrottò la fronte. “Qualche problema?”.
Lui mugugnò in risposta.
Una frase di senso compiuto arrivò dalla madre che eccitata disse “Sasuke l’ha scritta, tutto da solo!”. Sospirò trasognata. “Quanto è in gamba il mio bambino”.
Fugaku borbottò “Io non direi proprio” e appoggiò il foglio sul tavolo.
Curioso lo afferrò, ma i suoi occhi si strinsero d’istinto, nel tentativo di mettere a fuoco la scrittura.
Mikoto gli andò vicino e sussurrò dolcemente. “E’ la lettera a Babbo Natale. Gli avevo detto di lasciarla sul tavolino d’ingresso. L’avrei spedita in mattinata”.
Sbattè gli occhi. “Capisco”. Era tentato ti attivare lo Sharingan per leggere quegli scarabocchi, ma si accontentò del suo sguardo di falco.
Si apprestò alla lettura.
 
 
Caro Nonnino,
e la prima volta che ti scrivo. Primah non potevo perche non sapevvo scrivere. Ora si.
Ti ringrazio perravermi letto nel penziero e aver saputo cosa volevo negli ultimi sei anni.
Prima di ciederti i regali volevo chiedderti  delle altre cose.
Si perche mi sono sempre chiesto, comè che fai a volare? Le tue rene sono davero magiche? Ti fa malle passare dal cammino? E qome fai nelle case dove non cè? Nella mia non cè.
E sopprattuto quanti ani hai?
Se nonn sei tropo impegnato vorei che mi rispondessi a cuesta letera.  Ti lasco due francoboli nella busta, cosi non devi spentere soldi.
 
Passando ai regali. I miei gennitori hanno detto che solo i bambini possono riccevere i regali da te. Ma io credo che con i miei pottersti fare una eccesione.
Per primoh cè il mio papà, che a la facca da cattivo, ma in realta è buono. Condrolla nella lista. Per lui potresti portare uno shampo contro la qaduta dei capelli. Io non voglo dirlo perché si arrabierebbe ma è vero.
Per la mia mamma, che e la piu’ brava del mondo intero, vorrei che portassi un chimono verde. Ha lei piace cosi tanto il verde. E il suo preferito di colore.
Inffine c’è il mio nii san. Lui è la persona più specialisima che o. A lui pero non saprei che regalareh. E il ninja piu’ migliorissimo del villaggio e – si ho trovato!?!
Se è possibbile regalagli una tua renna. Va bene anche malaticia. Gli piacerebbe un sacco.
E c potrebbe giocqare con me. Non habbiamo una stalla, ma poso tenerla in camera mia che e grande grande.
Addeso tocca a me. Vorrei ricevere i sei guerieri del Sol Levante. Non veri, queli in plastica. Se vai in un negozzio di giocatoli li trovi. (ma travestiti benhe se no ti scopronno).
Aspeto tue notizie.
Sasuke.
 
 

Sbatté di nuovo le palpebre, aveva faticato a comprendere quella scrittura sgrammaticata.
 
Non poté non sorridere. Suo fratello era un genio. Sicuramente non nella scrittura, ma – aveva parlato davvero della stempiatura del padre?
Si spiegava la sua aria affranta.

Sbuffò divertito. Anche se lui aveva poco da stare allegro. Una renna? Ma anche no. Che ci doveva fare, cucinarla? Il gioco dello spiedo.
Oh si, molto divertente.
 
 
 
 
Quando Sasuke fu informato che a causa dei suoi troppi impegni Babbo Natale non poteva rispondere alla sua lettera, mise su una tragedia.
E siccome ormai lo aveva nominato sua ufficiale fonte d’informazione e guru personale – per sua sfortuna – si rivolse a lui anche in quella circostanza.
“Nii san ma il Nonnino –  ”.
“No otouto”. Non aveva la forza psicologica per affrontare quell’argomento.
La mamma gli aveva chiesto - ordinato - di andare a fare la spesa con il microbo. Gli stava venendo un tic all’occhio.
 
Lui sbuffò scontento “Ma se non sai neanche quello che voglio chiederti”.
“Non so niente riguardo a Babbo Natale”.
Il piccolo l’ho guardò stralunato “Ma tu sai tutto – tutto. Non c’è niente che non sai. Sei il ninja migliore del mondo”.
Si schiarì la gola “Ti ringrazio, ma - non sono certo un pozzo di scienza. E – e quel tipo custode bene i suoi segreti”.
 
Aggrottò la fronte “Non gliel’hai mai chiesto?”.
Oh santo cielo. “A chi otouto?”.
“Al Nonnino. Chi altri?”. Allargò le braccia. “Nelle lettere che gli hai scritto”.
 
Io non ci ho mai creduto. Avrebbe voluto dirgli. Con sommo dispiacere di Mikoto.
Aveva sempre avuto una prospettiva del mondo diversa da qualsiasi bambino o adulto.
Era un caso sociale. I suoi anni d’infanzia gli erano sempre pesati. Ora che si apprestava all’adolescenza poteva dire di essersi tolto quel peso.
 
D’altra parte era contento che Sasuke fosse innocente e spensierato - come tutti i bambini della sua età.
Ma certe volte l’innocenza poteva rivelarsi come una lama a doppio taglio.
In particolare se il soggetto in questione era suo fratello.
 
“Non gli ho mai chiesto nessuna spiegazione di sorta”.
Lui sospirò infelice “Che sfortuna”. Affondò le mani, rosse dal freddo, nelle tasche.
 
Si fermò a lato della strada, riprendendolo. “Perché non ti sei portato i guanti?”. Gliele tirò fuori e prese a sfregarle con le sue.
Il bambino arrossì “Nii saaan, sono apposto. Non ce n'è bisogno”. Ma non si scostò. Seguì l’operazione arrendevole, con un accenno di sorriso.

Ripresero a camminare.
I suoi occhi s’illuminarono quando videro una vetrina. “Nii san, guarda!”. Corse verso il negozio spiaccicando la faccia contro il vetro.
 
Itachi ci mise qualche secondo per reagire e andare dietro a quel razzo umano. Lo prese per una spalla, tirandolo indietro “Non stare così vicino al vetro è maleducazione”.
Guardò cosa aveva fatto saltellare di gioia la pulce.
Era un semplice negozio di cappelli, di poco interesse per un bimbo di sette anni.
Lo sorprese ancora di più quando gli fece la richiesta.
“Mi dai dei soldi?”.
 
Alzò un sopracciglio. Era lui ad avere i danari con se. Se la mamma li avesse affidati al minore, sarebbero andati persi nel giro di mezz’ora. “A che ti servono?”.
Sasuke era entusiasta. “E’ una sorpresa nii san”.
 
Guardò di nuovo la merce “Non ho bisogno di nessun cappello da cowboy”.
Negò sbrigativamente “Non è per te, è per – ”. Batté le mani ridacchiando. “E’ una sorpresa per la tua sorpresa”.
Capì poco da quel discorso sconclusionato e già sapeva che tutto quello avrebbe portato dei guai – come solo lui era in grado di fare.
Gli consegnò delle banconote sospirando. Se non avesse acconsentito alla richiesta lo avrebbe tartassato per tutto il giorno. “Dieci minuti, Sask’è. Poi entro a vedere che combini”.
Il piccolo afferrò la carta eccitato “Ci metto pochissimo” e schizzò dentro il negozio.
 
Quando ne uscì aveva in mano una piccola busta. Gli consegnò il resto e trasognato si diresse verso il mini-market, a un centinaio di metri da loro.
Si grattò la testa. C’era puzza di guai.
 
 
 
Il fatto non venne dimenticato e quando alla vigilia di Natale insieme ai biscotti lasciati per il Nonnino, il fratello poggiò il pacchetto rosso a lato dell’albero, un brivido d’inquietudine lo scosse.
Un attimo dopo sbuffò seccato. Non c’era niente da preoccuparsi, era tutto sotto controllo.
Sperava.
 
 


Il ranocchietto s’intrufolò nel suo letto ben prima dell’alba, facendolo sorridere. “Non sei un po’ grande per voler dormire con me?”.
Le azioni che seguirono furono incoerenti, ma tanto meglio.

Strinse il fratello a sé, sereno. Stava per rimettersi a dormire quando qualcosa di umido gli bagnò il collo.
Sbatté le palpebre nel buio. “Tutto bene otouto?”.
Sentì tirare sul col naso. Mormorò “Non l’ha portata nii san, gliel’avevo chiesta per te, ma non l’ha lasciata - la renna”.
 
Deglutì, se n’era completamente dimenticato. Cercò di correre ai ripari. “Non l’ha fatto perché gli servono otouto. Se – se tutti i bambini ne volessero una, si ritroverebbe ben presto senza cavalcature.”. Accarezzò la testolina. “Non l’ha fatto con cattiveria”.
“Ne sei sicuro?”. Gli strinse la maglietta del pigiama.
Gli strofinò il naso tra i capelli. “Più che sicuro”. Sebbene stessero discutendo di fatti irrazionali, il desiderio di rassicurare quell’affarino superava qualsiasi preconcetto.
Ok - mi fido”. Gli circondò il collo, sospirando lentamente.
Uno sfarfallio allo stomaco lo scosse e gli occhi brillarono, la giornata era iniziata bene, in fondo.
 
 
Sebbene il piccolo di casa non fece più parola della mancanza del quadrupede, il famoso pacchetto rimase sotto l’albero.
Itachi era tentato di chiedere spiegazioni, ma non voleva far ripartire il fiume di lacrime.
Fu il giorno seguente che ne scoprì il contenuto.

Stava sistemando il suo set di kunai nell’apposita custodia, quando Sasuke lo chiamò entusiasta.
“Nii san guarda! Alla fine l’ha portata, quell’omino è proprio un santo”.
 
Quando lo inquadrò poté constatare che effettivamente c’era un ospite con lui, ma di dimensioni molto più piccole di una renna.
Aggrottò la fronte “Dove hai trovato quell’affare?”.
 
Il minore lo strinse. “Che dici? E’ stato Lui. L’ha lasciata fuori dalla porta apposta. Poverina è tutta infreddolita”.
 
Cercò di essere il più chiaro possibile. Dubitava che suo fratello non capisse la differenza tra i due animali. “Quello è un gatto otouto. Un pulcioso, sporco e asmatico felino”.
L’ultimo aggettivo lo descriveva al meglio. Il gatto difatti stava leggermente rantolando, a causa anche della stretta soffocante del più piccolo.
 
Lui ovviamente svicolò. “Ma è una sua aiutante. Dobbiamo assolutamente darle asilo. Si arrabbierebbe se la lasciassimo per strada. L’anno prossimo potrebbe non tornare”. Gli accarezzò il pelo. “E poi ha già il suo paraorecchie”.
“CHE?”. Kami dammi la forza.
 
Il marmocchio sorrise. “Per l’aria gelata sai. Chissà che freddo devono avere senza le protezioni necessarie”. Appoggiò la bestiola sul tappeto “A Kaizoe piacerà un sacco”.
 “Quel coso ha un nome?”. Era costernato.
 
Piegò la testa. “Me l’ha detto lei”. Il felino miagolò in risposta. “E’ carina vero?”.
 
Non sapeva che dire. Era il primo essere di sesso femminile – a parte sua madre – che adorava in quel modo.
Sbuffò risentito “A me non piace”.
 
Lasciò la palla di pelo acciambellata e si avvicinò, con aria furba. “Sei geloso nii san?”.
Ringhiò in risposta. “Proprio per niente”. Lui invidioso di quel coso marroncino? Sentirsi minacciato magari?
Lui, che di solito era calmo e serio, stava spruzzando nervosismo da tutti i pori.
 
E Sasuke non degnando l’aura pericolosa, lo abbracciò di scatto, prendendolo in contro piede.
Strofinò il muso sul suo addome. “Tu sei importante nii san. Il più importante”.
 
Non ci volle che qualche attimo perché la sua anima attorcigliata, si sciogliesse.
Borbottò strascicato. Quel marmocchio conosceva i suoi punti deboli, e ci marciava alla grande.
 
Commentò sostenuto. “Sia chiaro, se vedo quel gatto anche solo avvicinarsi alla mia camera, lo butto fuori dalla finestra". 
Gemette, rendendosi conto di avere appena concesso asilo a quella discarica di zecche.
 
Un miagolio pacioso arrivò alle orecchie dei due.
 Il bambino accorse in risposta. “Non temere Kaizoe. Sembra scorbuto, ma in realtà è dolcissimo”.
Lo aveva appena definito una caramella alla vaniglia. Roba da matti.
Sospirò rassegnato, notando l’espressione felice della pulce. Stava tenendo una zampa del felino che lo annusava curioso.
Gli leccò la punta del naso e una risata leggera arrivò in risposta.
 
Annuì impercettibilmente.
Se quel quattro zampe lo rendeva così luminoso, poteva anche accettarlo tra le mura domestiche. Ma doveva imparare la scala sociale.
 
Lui era il preferito, il prediletto. Il più importante.
Avrebbe dovuto assimilarlo presto.
 


L’onice sfavillante dei suoi occhi lo scrutò riconoscente.

 
 
 
 



Angolo autrice
E’ talmente fluff che mi si sta alzando il colesterolo.
L’ho letta e riletta ma c’è qualcosa che non mi convince.
Forse voi saprete illuminarmi.
 
* Kaizoe in giapponese significa aiutante.
  
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