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Autore: Telyn    23/06/2013    3 recensioni
Trattenne a stento una risata: era in assoluto il primo uscito dai ferri di sua nonna, e somigliava davvero molto più ad un fagiolo avizzito che ad un berretto, come aveva detto Ron.
Sfiorò col pollice le trame incerte. "C'era una volta una Hermione idealista", pensò con una smorfia, "ma ora si è rintanata in una diciassettenne nascosta nel suo stesso stereotipo. "

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Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hermione Granger, Ron Weasley | Coppie: Ron/Hermione
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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NOME: Telyn
TITOLO: Devi solo crederci
PERSONAGGI: Ron Weasley, Hermione Granger
COPPIE: Ron/Hermione
RATING: verde
GENERE: Introspettivo, Romantico... in teoria. In pratica non so ._.
CONTENUTO PACCHETTI SCELTI: Genere Romantico, Genere introspettivo.
BREVE DESCRIZIONE DELL’ABITO: guanti di lana con applicazioni in cuoio sul palmo e fiocchetti apparentemente disposti a caso sul dorso
AVVERTIMENTI: Missing Moment
NdA: Onestamente, continuo a non sapere cosa pensare di questa storia. Sono piuttosto soddisfatta per il lavoro che ho fatto come plausibilità del Missing Moment, ma ho toppato in pieno la romanticità del pacchetto *shame on me*. Quindi, boh. In attesa dei risultati, pubblico. Spero che a qualcuno piaccia :)

 

 

 

Hermione si lanciò sul letto, sbuffando. I prefetti del quinto anno erano completamente privi di iniziativa, per non parlare di ogni atteggiamento autoritario... Dio santo, come si poteva dimenticare la parola d'ordine e non accorgersi che un bambino alto quanto il loro stinco aveva attaccato un bigliettino alla propria schiena nello stesso minuto?
Sbuffò. L'ultima cosa di cui aveva voglia era togliere la sua roba dal baule.
- Hai passato buone vacanze, Hermione? - chiese Calì Patil, gentilmente. Hermione fece spallucce, mentre si metteva a sedere e abbozzava un sorriso. - Abbastanza - disse. - Sono stata in Germania per un paio di giorni, per il resto ho passato tutta l'estate in Inghilterra.
Tralasciò volutamente il fatto che "Inghilterra" volesse dire "Casa Weasley": quelle pareti erano state raggiunte da fin troppi pettegolezzi, per i suoi gusti, e sapeva benissimo quanto si sarebbero scatenate "quelle" venendo a conoscenza di quel particolare.
Sospirò di nuovo. Chissà che cos'avrebbero fatto, se avessero saputo che... scosse la testa, mentre aggrottava le sopracciglia. Che pensiero assurdo. Non era normale passare due settimane da sola con Ron e Ginny, no? Però in una situazione simile era normale affezionarsi un altro po' a Ron; anche l'anno prima, a Grimmauld Place, era successa una cosa simile, ma la tensione di Harry aveva smorzato tutto, come anche la sua rabbia, ed Hermione non aveva neanche perso tempo a rifletterci. Cosa che, contro ogni logica, stava facendo in quel momento.
In effetti, sembrava quasi che il suo cervello proverbiale stesse cominciando a fare un po' cilecca, quando Ron entrava nei discorsi. Come quella volta in cui, entrando per sbaglio in camera sua dopo una partita di Quidditch, l'aveva visto senza maglietta. Arrossì al pensiero: di sicuro, tenersi in equilibrio su una scopa esercitava gli addominali. Senza dubbio.

"Oh, beh, tanto vale tirar fuori il pigiama" pensò, avvicinandosi al baule. Soffocando uno sbadiglio, cominciò ad armeggiare con la sua serratura difettosa.

Il suo baule si spalancò, cigolando lamentosamente sulle cerniere. Era perfettamente organizzato in scomparti. A destra, tutti i vestiti Babbani e le vesti di ricambio stavano impilate, insieme ad un astuccio con spazzolino, pasta dentifricia e quello che sua madre definiva "minimo sindacale di trucchi"; a fianco, una ventina di libri si celavano in una sacca ampliata magicamente per ospitarli tutti. Dietro una retina, un mucchio di cianfrusaglie che nessuno pensava sarebbero mai entrate nel suo baule scoccavano occhiate di biasimo alla sua stanchezza e alla sua negligenza.

Hermione sbadigliò di nuovo, tirando la testa all'indietro. Era stanchissima, e non vedeva l'ora di infilarsi sotto le coperte come stavano facendo Lavanda e Calì, ancora attorniate da una nube di chiacchiere, risatine e confidenze. Delicatamente, sollevò la pila di indumenti dal fondo del baule per riporla sul suo materasso.
Mentre ringraziava mentalmente i geni Granger per il loro ordine fece per spiegare i pantaloni, ma qualcosa di assurdamente simile ad un grumo di lana scivolò dalle pieghe. Hermione si chinò, incuriosita. Dopo diversi tentativi eseguiti sotto le coperte, riuscì ad appiattire le maglie* e ad intuire che dietro tanti giri della stoffa c'era un piccolo berretto delle dimensioni della testa di un elfo domestico.
Trattenne a stento una risata: era in assoluto il primo uscito dai ferri di sua nonna, e somigliava davvero molto più ad un fagiolo avizzito che ad un berretto, come aveva detto Ron.
Sfiorò col pollice le trame incerte. C'era una volta una Hermione idealista, pensò con una smorfia, ma ora si è rintanata in una diciassettenne nascosta nel suo stesso stereotipo.

L'esperienza al Ministero l'aveva cambiata, inutile nasconderlo.
Svenire.
Non avere più coscienza di sé.
Evitare di muoversi, e sentire tra le costole quelle frustate roventi.
E quella frase.
"Sì, Hermione, sei stata brava, però avresti anche potuto evitare di metterti così in pericolo, no?"

Digrignò i denti, pensando all'espressione di sua madre. Certo, è naturale che un genitore pensi soprattutto alla salvezza del proprio figlio, ma il suo inconscio aveva preso il crollo dei suoi ideali come un attacco crudele.
Hermione non sapeva più se crederci, in tutta quella guerra, in tutta quella lotta. Aveva perso le sue certezze nello sguardo devastato di Harry. Aveva cominciato a chiedersi se ne valeva veramente la pena, ma senza trovare una risposta alle sue domande. Poi, il racconto a sua madre, e il suo viso. Quella smorfia contrita.
In fondo è così che crolla un castello di carte: quando tua madre mentre mette la roba a lavare lo urta col gomito. E si scusa, calpestando anche i superstiti.
"Oh, no! Scusa, non l'ho fatto apposta... È così grave? Non riesci proprio a rifarlo? Scusa, lo so che ci tenevi tanto... Però vedi, se mi aiutassi di più questo non sarebbe successo! Ora su, vieni a fare la lavatrice."
E il castello di carte resta lì, in secondo piano, distrutto in un unico colpo d'ala e quasi sereno mentre riposa sul pavimento. Poi torni in camera e lo vedi. Ti mordi il labbro, perché sapevi che un giorno o l'altro non l'avresti più visto, ma non volevi vederlo crollare lì, in quel momento.
Ed Hermione non avrebbe mai voluto vederlo in piena guerra, il castello dei suoi ideali che ora sta sparpagliato sul pavimento. In realtà, quello che si era realmente dissolto era il suo modo di vedere le cose, il modo di reagire ai fatti che aveva sempre avuto, ovvero "Vedi qualcosa di sbagliato? Fallo notare a tutti affinché qualcuno faccia qualcosa, oppure correggilo tu".
Sirius non doveva morire, si era detta non vedendo Harry in Sala Grande l'ultimo giorno, ma chi avrebbe potuto fare qualcosa? Chi avrebbe potuto rimediare all'ingiustizia? E la cosa valeva anche per il CREPA: era veramente utile farsi scompigliare la testa da qualche adulto subito dopo aver speso parole ispirate in quei discorsi?
Capiva benissimo Harry, quando qualcuno si comportava così con lei: capiva la sua voglia di spaccare tutto e sfogare i suoi nervi su chiunque. Solo che Harry era Harry, lei era Hermione e non le andava di esser presa per matta. Anche se la sensazione di irrequietezza restava.

Si rivoltò su un fianco. Buffo: l'unico ad essersi accorto che nei suoi discorsi non c'era più il CREPA era proprio Ron, a cui non era mai interessata la sua sorte.
Era cresciuto, pensò illogicamente.
Solo fisicamente, eh: era più alto, il suo naso più lungo, ma le dava l'impressione che per il suo cervello non fosse ancora arrivato il momento di maturare. Sorrise nel buio: vedere ancora la spensieratezza sul volto di qualcuno era un sollievo, spesso. Anche se era collegata al crollo dei tuoi ideali.

Stranamente, si era accorto quasi subito del cambiamento, e alle prime domande lei si era aperta totalmente, così come avrebbe fatto se al posto di quegli occhi celesti ci fossero stati quelli di Harry.
Lui non aveva fatto battute ironiche, né l'aveva trattata come una stupida.
- Stiamo crescendo troppo in fretta, vero? - aveva detto, socchiudendo gli occhi, forse persi in qualche crepa del soffitto o forse in qualche idea fuggevole quanto il Boccino d'oro. Lei aveva fatto spallucce. In effetti, ricordava quasi ogni momento di quella conversazione.

- Non lo so. Però... - fece un sospiro. - Insomma, non me l'aspettavo. Non avevo mai pensato che un giorno avrei smesso di credere in quello che faccio, e invece... È successo.

Ron le rivolse uno sguardo strano. Magari è anche in imbarazzo, pensò lei: in fondo, sempre del ragazzo coi sentimenti di un cucchiaino si parlava, soggiunse mentalmente con uno sbuffo.
- È dura, vero? - disse invece. - Voglio dire, io nelle cose che faccio ci credo e basta, ma... Beh, Hermione, diciamo che la mia testa non è in grado di fermarsi a pensarci su.
Questa volta, la battuta fece sorridere pure Hermione.
- Il tuo cervello se è per questo non è in grado di fermarsi a pensare a niente, se non è cibo o Quidditch - aveva fatto con un sorriso ironico. - Bella vita: niente pensieri su quanto sia deplorevole il tuo comportamento scolastico, su quanto sia pessimo il colore di quella squadra...
- Ehi, colore pessimo dillo ai tuoi berretti-stomaci di fagioli!
Hermione accennò una risata, vedendo il volto fintamente accigliato di Ron.
- I Cannoni sono una cosa seria, non c'è niente da ridere! -, soggiunse, mentre Hermione faceva sempre più fatica a contenere le risate. Ron le aveva rivolto un sorriso quasi... dolce, poco da lui.
- Sono convinto che sia una cosa momentanea - le aveva detto deciso. - È che adesso è difficile, c'è la guerra e siamo uno più depresso dell'altro: guarda come si è ridotta Tonks!

Ricordava la luce che aveva messo in evidenza il petto sotto la maglietta quando si era alzato per asciugarle col pollice la lacrima uscita da un occhio, ricordava le sue braccia intorno alle spalle. Ricordava come si era sentita protetta, lì, come da un nido di coperte e cuscini dove le fiabe della buonanotte erano ancora libere di riecheggiare.
- Ehi, non c'è niente da piangere, Herm... Herm, guardami: - le aveva detto. - È qui, che stai combattendo. Lo so che è difficile, lo so, però... Però dobbiamo resistere, andare avanti lo stesso. Forse è difficile comprenderne il senso, ma è giusto. E mentre cerchi di capire se sia giusto intimorire gli Elfi Domestici con discorsi che non capiscono - qui gli aveva tirato un pugno nel braccio, e lui aveva ridacchiato. - E mentre ci pensi puoi aiutarmi a fare Pozioni, no? Tu ami renderti utile...
Hermione era scoppiata a ridere, cercando di scacciarlo dalla stanza prima di ricordarsi che non era la sua ma quella dello stesso quasi-esiliato Ron. Però quella sera il tema di Pozioni era sul letto di Ron.

Rivolse un altro sguardo al berretto, ancora sorridendo al ricordo. Aveva veramente dei colori orribili, pensò intenerita da quello strascico di adolescenza un po' immatura e un po' incosciente. "Domani lo scucio un po' e ci faccio dei guanti. In questo momento è proprio lana sprecata".

E si addormentò così, col sorriso di chi ha visto un ricordo e ha avuto la forza di sorriderne.

 

 ***

Una settimana dopo

- Herm, senti, ce l'hai un paio di guanti?
- E a che ti servono?
- Ehm, per... Per le selezioni... - vedendo il suo sguardo curioso, Ron proseguì, imbarazzato. - Beh, non so se sia una mia fissa o se sia vero, però con i guanti da Quidditch ho sempre parato meglio che senza, e mi sono accorto che Fred ha fatto sparire i miei...
Lei alzò gli occhi dalla sua pergamena, incrociando il suo sguardo severo con quello di Ron.
- Quindi io dovrei fornirti di un paio di guanti, in modo da salvare Grifondoro dalle grinfie di un portiere pessimo, nonostante tu non abbia preso appunti una sola volta in un'intera settimana?
- Confido sempre nella tua misericordia, lo sai... -

Lei lo guardò storto per un paio di secondi, mentre l'altro continuava a sorridere.
- Si dà il caso che io un paio di guanti ce l'abbia... - fece, estraendoli teatralmente dalla tracolla. Il ragazzo fece una smorfia orripilata. - Merlino, Hermione, che razza di guanti sono? Hanno pure i fiocchetti!
Hermione rise di cuore. - È un riciclo del primo berretto per gli Elfi che ho fatto. Era destinato a Winky, quindi avevo aggiunto delle decorazioni... Se non ti vanno, però, puoi sempre usare qualcos'altro...
- Non importa, dammeli lo stesso. Dopo chiedo a Katie di attaccarci il cuoio, si è portata ago e filo da casa... - fece, tendendo la mano con aria affranta.

Dopo esserseli provati - e aver constatato che le sue mani misuravano quasi una spanna in più di quelle di Hermione - si voltò a guardarla. Era... beh, non era proprio carina. Era Hermione. Hermione con gli abiti Babbani tipici del weekend, Hermione con i capelli aggrovigliati intorno ad una matita.
Hermione. Che aveva qualcosa di speciale, anche se faceva finta di niente.

- Ma... Non vieni? - le chiese.
- Non lo so. Me l'ha chiesto anche Cormac, ma prima voglio finire la versione di Antiche Rune, non mi lascio indietro i compiti come qualcun altro... - fece, scoccandogli un'occhiata di rimprovero.
- Ah... Vabbè, non importa... in ogni caso, tanto dopo ci raggiungi, no?... - rispose, con l'aria un po' delusa. Lei annuì. - E bada, nel caso il risultato non fosse all'altezza dei guanti potrei vendicarmi, chiaro?
Sorrise, guardando quel cipiglio a cui in fondo si era affezionato.

"McLaggen non aveva proprio speranze, contro questi guanti" pensò qualche ora dopo salendo sul manico di scopa.

 

Note

*: Per maglie intendo le file di punti che, lavorando con i ferri, si chiamano appunto maglie.
 

  
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