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Autore: Stateira    06/01/2008    10 recensioni
Spin off di “TLC2: the King, the Prince, the Snake”. Due personaggi di nostra conoscenza alle prese con musi lunghi, mezze frasi e cosini carini.
Genere: Generale, Romantico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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NOTA: spin-off della fanfic “TLC”: The King, the Prince, the Snake”

NOTA: spin-off della fanfic “TLC”: The King, the Prince, the Snake”. È necessario averla letta, per poter comprendere questa shot.

L’accenno shonen-ai è abbastanza leggero. Lo vedo io perché nel mio cervellino bacato è così e basta.

 

 

 

 

Trevor si cacciò le mani nelle tasche del giaccone, ed espirò una nuvola densa di fiato da sopra il colletto di cuoio chiaro.

 

- Dio, che freddo. – protestò con la voce arrochita, mentre a passo lento e leggermente strascicato varcava un cancello altissimo e grigio, ad inferriata.

 

Non è che nei giorni passati il freddo non avesse sentito. Non era stupido, sapeva perfettamente che cazzo di mese era. Chissà perché il gelo gli penetrava nella pelle soltanto adesso.

 

- Che c’è, preferivi startene al caldo là dentro? –

 

Trevor sollevò un sopracciglio dietro agli irrinunciabili occhiali da sole. Riconobbe al volo quella voce e piegò le labbra all’ingiù.

 

- Chris. – constatò, con leggera sorpresa.

 

Chris si strinse nelle spalle, e sfoggiò un sorrisetto allegro.

 

- Credevo che te ne fossi dimenticato. -

- Credevi. E invece Chris si ricorda sempre di tutto. E poi tre mesi non sono questo gran tempo. -

- Sì, dici così perché tu ti sei fatto tre mesi in meno di me, stronzo. -

 

Chris non badò al ringhio infastidito di Trevor. Si staccò dal muro d’angolo dove se n’era rimasto appoggiato con la schiena, diede una scrollatina di spalle per aggiustare la posizione della giacca a vento che indossava, e che lo ingoffava terribilmente, e senza dire nulla lo affiancò.

 

- Mi sei mancato. – esordì con un sospiro teatrale.

- Ma vai un po’ a farti fottere. -

 

Chris ridacchiò e si mise a camminare pigramente assieme a Trevor, allungando le gambe per tenere il passo dinoccolato di Trevor.

C’era freddo, sì, ma c’era un bel cielo terso, e Trevor non aveva nessunissima voglia di rinchiudersi in un qualche bar, o peggio ancora in metropolitana. Prese a naso la direzione per il centro di Londra, e Chris gli andò dietro senza protestare. Ci sarebbero arrivati a piedi, con tutta la calma del mondo.

 

- Allora, come sono andati questi tre mesi? -

- E come vuoi che siano andati, stupido. Uno schifo. -

- E’ che non dovevi farti fregare. Potevi dire che la colpa era uguale per tutti, al processo. -

- Beh, scusa se ho cercato di darti un mano, sai? Ma guarda tu che razza di idiota irriconoscente. -

 

Chris si morsicò un labbro, facendo fuoriuscire dalle labbra un sottile filo di aria calda che si andò ad incagliare fra i rami spogli degli alberi che incorniciavano la strada pedonale.

 

- Dai, non serve che ti arrabbi. – si scusò. – Lo sai che ti sono grato per quello che hai fatto. Ma da come l’hai messa giù è sembrato che fosse tutta colpa tua. –

- Un capo deve sapersi prendere le sue responsabilità. – affermò Trevor con un certo orgoglio. – E tu sei un mio sottoposto. E anche quell’idiota di Gray. E poi tre mesi non sono tre anni, mica mi cambiano la vita, altrimenti sì che ti avrei lasciato nei casini. –

 

Chris sentì di voler sorridere, ma decise di nascondersi dietro il colletto tozzo della giacca a vento per non farsi rimproverare di nuovo.

 

Andarono avanti scambiando qualche parola così, senza arte né parte, più per necessità di ritrovare un dialogo dopo tre mesi che per altro. Non avevano niente di seriamente importante da dirsi, ma avevano una voglia matta di farlo, come capita sempre quando si sta lontani.

Chris non gli aveva mentito, gli era mancato per davvero. Lui non si era mai trovato bene a stare da solo.

 

- Trev. – lo chiamò a mezza voce, interrompendo uno dei tanti momenti di silenzio che si addensavano fra loro allo scadere di ogni argomento. – Hey, senti, io non voglio più che ti metti nei casini. –

Trev si aggiustò gli occhiali con il dito indice, e si affrettò a rificcare la mano in tasca per proteggerla dal freddo.

– Ma cosa stai dicendo. – sbraitò. – Guarda che non l’ho fatto apposta. –

- Sì, lo so. – Chris sbuffò e si sfregò le mani per riscaldarsi. – Però non voglio che finisci dentro un’altra volta. –

- Dì un po’, pivello, non ce l’hai un paio di guanti? –

- No, non ce li ho. –

- Guarda che ti si stanno ghiacciando le mani. –

- Chi se ne frega. Dai Trev sul serio, dammi retta. Io non c’entro niente con quelli là, e se tu non ci sei io non so che cosa fare. –

Le lenti degli occhiali da sole si mossero impercettibilmente. Probabilmente Trevor stava roteando gli occhi.

- Perché sei un bambino, Chris, e io sono l’unico che ti sopporta. -

- D’accordo. Ragione in più per non volere che tu torni in galera. -

 

Trevor alzò gli occhi al cielo plumbeo, e si rassegnò a sorridere.

 

- Te l’ho sempre detto che devi rilassarti. – lo rimproverò bonariamente.

- Non devo rilassarmi. – protestò Chris. – Dico solo che non ne vale la pena. Per poche sterline, mettersi in tutti quei casini, e rischiare ogni giorno di essere presi. -

- Fa parte dei rischi del mestiere. -

- O magari. – insistette Chris, e questa volta obbligando Trevor a guardarlo. – Di prendersi una pallottola, un bel giorno, eh? Davvero, non ne vale la pena. –

 

Trevor se ne rimase zitto, con le mani nelle tasche. Le pallottole lui, che era sempre abituato a maneggiare la pistola dalla parte del grilletto, non le aveva mai prese sul serio. Che gli Shields fossero dentro a giri di scommesse, e di droga, e di un tot di altre cose andava bene, ma di ferraglia puntata contro di lui non ne aveva ancora vista, a parte quella dei poliziotti, mesi prima. Ma tanto gli sbirri non sparano, se tu non sei tanto stupido da improvvisare qualche cazzata; non sono mica come la malavita, che non sei sicuro di essere ancora vivo finché non li hai persi di vista da almeno mezz’ora.

 

Studiò il profilo di Chris cercando di non farsi notare. Nemmeno contro di lui aveva mai visto pistole, e doveva ammetterlo, l’idea non gli piaceva per niente. Non ce la vedeva proprio, una pistola puntata alla tempia di quello.

 

- Sei troppo un bravo bambino, Chris. – considerò. – Non sei fatto per questo ambiente. –

- Lo so. –

- Già. –

- … E’ che ci sono finito dentro di peso, lo sai. –

- Sì, sì, lo so. –

 

Qualche metro ancora, camminando immersi in un silenzio che non aveva fatto altro che gonfiarsi con gli ultimi discorsi, e non era più quello pigro della partenza.

 

- Stavo pensando. – masticò Trevor. – Che potrei vedere di tirarti fuori dal giro. In modo pulito. –

- Tirarmi fuori? –

- Io resto dentro. – precisò. – E’ la mia vita, ormai, ci sono abituato. Ma magari tu puoi fare qualcos’altro. Che ne so, trovarti un lavoro e startene tranquillo. Posso vedere se posso fare qualcosa. –

- E dai, Trev, mi ci vedi? – sbuffò Chris, infagottandosi tutto nella giacca. Aveva proprio l’aspetto di un gatto arruffato, con quei suoi capelli che erano un autentico casino, e gli occhi che non smettevano mai di brillare per qualsiasi stupida cosa. – Che diavolo pensi che potrei combinare da solo, io? –

- E che ne so, non sono il tuo baby sitter. Un lavoro te lo troverai pure, no? Con la faccia che ti ritrovi potresti farti prendere come commesso da qualche parte. –

- Commesso? –

 

Trevor scrollò le spalle. – Ma sì, uno di quei cosini carini che stanno nei negozi, che ti fanno un sorriso grande come una casa, e poi ti spennano vivo. –

- Grazie per il “cosino carino”. –

Trevor diventò fastidiosamente rosso, e si affrettò a nascondersi dietro il bavero. – Era tanto per dire. – borbottò. – Non intendevo mica che sei un pupazzo, o stronzate del genere. –

- A ha, questa non me la scordo. Mi hai chiamato così, e mi stai pure offrendo una mano. E tutto questo significa che alla fine ti sei affezionato a me, non è vero? –

- Le solite cazzate che soltanto tu riusciresti a farti venire in mente. – borbottò Trevor. – Uno cerca di liberarsi di te, e si sente dare dell’idiota sentimentale. –

 

Finalmente Chris rise alla vecchia maniera, scoprendo i denti solo un filo, e riempiendo tutto il resto con gli occhi.

 

- Beh, allora grazie, eroe. –

- Ti prendo a calci nel culo se non la finisci. –

- Ma non dire cazzate. Muori dalla voglia di offrirmi un caffè, vero Trev? –

- Col cazzo. –

- Andiamo a fare un salto da Starbucks? –

- Ti ho detto di no. –

- Dai, che il cappuccino al cioccolato ti è mancato un casino. –

 

Dio, se aveva ragione. Maledetto idiota.

 

- Dai, cammina. Guarda che però i soldi non li tiro fuori. Sono appena uscito di prigione, Cristo, fammi credito, no? –

Chris alzò le mani e ridacchiò un – D’accordo. –Trevor vide che erano tutte arrossate per il freddo. Ma ce l’aveva un cervello, quel ragazzo?

- Ti servono un paio di guanti. –

- Sì, sì. – Chris era già sulla soglia di Starbuck. Saltellava con il pretesto di scaldarsi.

 

Presero due cappuccinibollenti, e mentre aspettavano non fecero altro che scambiare qualche banalità post-reclusione. Trevor non gli staccò gli occhi dalle mani finché non le vide ritornare del colore giusto.

 

- Hey Chris. -

- Cosa. -

- Dove stai? Voglio dire, in questi mesi. -

- Sto in un appartamento in affitto, verso la zona est. -

- Uhm. – Trevor rimuginò un poco fra sé mentre continuava a rimescolare lo zucchero che doveva essersi già sciolto da un bel pezzo. – Beh senti, ce l’hai un letto in più? –

Il filo di vapore che si sprigionava dai due grossi bicchieroni di cappuccino era molto diverso da quello del loro respiro al freddo. Più sottile e fluido, e pregno di un aroma dolciastro e tostato che rilassava le narici.

Chris fece un minuscolo sorriso, praticamente invisibile dietro lo strato di schiuma morbida del suo cappuccino. – Sì, ce l’ho. –

 - Bah. Tanto sono già in credito con te, no? –

- Esatto. Quindi io ti ospito soltanto se i guanti me li compri tu. –

- Te lo puoi scordare. Quelli costano molto i più che due cazzo di cappuccini. –

- E allora te ne vai a dormire sul divano. –

- Perché, dove pensavi che andassi? Cos’hai, una reggia? –

- No. Però ho un letto veramente enorme. –

- Ma sei fuori? Tu credi che io dorma con te? –

- Ma dai, non fare il bambino. –

- Tu dai del bambino a me? Hey, ma dico, ti ha dato di volta il cervello in tre mesi? –

 

Chris piazzò lì un altro sorriso, stavolta mordicchiandosi tutto il labbro inferiore. Trevor sentì lo stomaco diventare improvvisamente caldo. Doveva starci attento a quel cappuccino, ci mancava solo che si bruciasse.

 

- Ma no. È solo che mi sei mancato. –

  
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