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Autore: Fluffy Jpeg    23/06/2013    1 recensioni
Soldato intanto si era voltato, e lo stava osservando. Skipper e Rico, che stavano giocando a carte in un angolo della stanza, avevano sollevato lo sguardo, e facevano lo stesso.
Re Julien si accertò che tutti lo stessero ascoltando, prima di parlare.
- Maurice non si sveglia più. - annunciò.
Il superiore emise un sospiro annoiato, e tornò alle sue carte. Ma la sua attenzione venne supito ripresa dalle parole seguenti del catta: - E Mortino. E Joey. E Berry. E i camalonti. Non si sveglia più nessuno.
Tutti e quattro ebbero la stessa reazione: rimasero attoniti, i becchi leggermente aperti dalla sorpresa.
- Nessuno? - domandò Skipper. Abbandonò le carte sul tavolo, e si avvicinò al re. Dietro di lui, Rico spiò la sua mano. - Proprio... nessuno?
- Nessuno. - ripeté il catta, sottolineando con la voce la parola.

Fan fiction di sei capitoli ambientata nell'universo dei Pinguini di Madagascar. Enjoy~
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 5: Vivere nei Sogni.

Rico venne portato all'interno della base e adagiato sul suo letto. Non occorse essere prudenti per non svegliarlo: tale era intenso il suo sogno che, quando Soldato per la stanchezza perse la presa delle sue zampe ed egli cadde a terra in malo modo, lui continuò a dormire pacato, come nulla fosse successo.
Skipper volle portare nuovamente fuori i suoi uomini per un altro giro di perlustrazione, ma Kowalsky espresse senza alcun tentativo di nascondere la sua noia che sarebbe stata solo una perdita di tempo. Non accadeva niente da due giorni, non aveva assolutamente alcun senso controllare che tutto fosse a posto. Andava bene tentare di fare sempre qualcosa per tenersi svegli, ma la stessa cosa ripetutamente non portava alcun vantaggio.
Rimasero quindi tutti all'interno della base, ognuno a fare la cosa che meglio li teneva impegnati, oppure l'unica cosa che si sentivano in grado di fare: Soldato tornò davanti alla televisione a vedere i Lunacorni, Kowalsky entrò in laboratorio a sistemare le proprie invenzioni, e Skipper, colto dall'ansia provocata dalla scossa di poco prima, aveva iniziato a tirare testate al muro.
- Vieni qui. - gli propose ad un tratto il più giovane, chissà quanto tempo dopo l'inizio di quella cosa. Toccò il pavimento accanto a sé con tatto leggero, rivolgendogli un lieve sorriso che però lasciava trapelare il sonno accumulato. - O ti verrà il mal di testa.
L'altro fermò i suoi movimenti per voltarsi verso di lui. Lo sguardo stanco si mosse da terra alla televisione, quindi al sottoposto. - Loro? - domandò. Il primo annuì, semplicemente.
Con un sospiro, il superiore si avvicinò al punto indicato, e quasi si lasciò cadere a terra. Gli occhi si fissarono temporaneamente sui Lunacorni, che saltellavano da una parte all'altra dello schermo dicendo le loro smancerie con voce sdolcinata. Tornò quindi a fissare Soldato, trovandolo praticamente ipnotizzato da quelle immagini.
L'intenzione era di controbattere con qualcosa, ma l'altro era talmente adorante che decise di tenere il becco chiuso, e provare a seguirli almeno per cinque minuti.
Bastò meno di un minuto perché Skipper arrivasse sull'orlo dell'esaurimento. Tentò di guardare solo le immagini, poi di non guardarle affatto e ascoltarli soltanto; fu ancora peggio, e finì sdraiato a pancia in giù a coprirsi il muso con le pinne, rivolgendo il didietro alla televisione, mentre Soldato ancora sedeva pacato a guardarli.
Era inconcepibile, ascoltare anche solo per mezzo minuto quella roba era assolutamente impossibile. Eppure il più giovane ne era praticamente innamorato, e andava predicando le loro parole come farebbe un profeta con la Bibbia. Li ripeteva persino a memoria mentre passava l'episodio: ripetevano sempre le stesse identiche frasi, dopotutto. E ogni volta, con le pinne incrociate sul petto, Soldato sorrideva e citava, esaltando poi la saggezza di quegli strani animali con commenti vivaci e felici.
Skipper socchiuse gli occhi a quel pensiero. Non ci aveva pensato... Soldato non stava parlando. E' una cosa rara, addirittura forse inesistente.
Mugugnò qualcosa, mentre allontanava le pinne dalla testa e tirava su il busto.
Forse era solo la stanchezza. Nemmeno Kowalsky, mentre sistemava le sue invenzioni, parlava loro come faceva di solito. Tanto vale controllare comunque, pensò voltandosi verso di lui.
Si trovava alle sue spalle, e da lì il più giovane appariva nella stessa posizione nella quale l'avevano lasciato: seduto, con le pinne appoggiate al telecomando.
Si ritirò in piedi, e lentamente gli si avvicinò. Una volta abbastanza vicino, gli afferrò con dolcezza una spalla, e lo scosse appena. - Soldato...? - lo chiamò, ma lui non rispose.
Deglutì a vuoto. Anche tu, Soldato? Gli girò attorno, arrivandogli davanti. Tirò un lieve sospiro di sollievo, quando ne trovò gli occhi, socchiusi, ma comunque che indicavano che era ancora sveglio, o che forse il suo scrollare l'aveva risvegliato. Gli tirò su il volto con fare gentile, e gli chiese: - Tutto bene?
L'altro abbozzò un sorriso debole, ma scosse la testa. - C'è... - mormorò. Gli occhi si chiusero, ma l'attimo dopo li riaprì. Lottava con tutto sé stesso per non abbandonare il suo superiore, ma era una battaglia che Skipper sapeva era destinato a perdere. - C'è una fata... di là... bellissima... E mi ha... mi ha proposto di vivere... nei miei sogni...
Detto ciò, il capo ricadde, e gli occhi chiusi indicarono che, oramai, il giovane aveva ceduto.
Skipper lo guardò con un velo di malinconia. Tre su cinque... addio al vantaggio.
Lo prese in braccio, e lentamente lo portò fino al suo letto. Lo adagiò con attenzione sul suo cuscino, e gli mise tra le pinne il suo giocattolo dei Lunacorni.
Lo guardò per qualche momento, quindi si chinò su di lui, e gli scoccò un piccolo bacio sulla fronte.
- Dormi bene, Soldato. - mormorò. - Almeno tu...

Nel tentativo di rimanere sveglio, il superiore aiutò Kowalsky a sistemare le sue invenzioni; ma ben presto scoprì che, più che sistemare, lo scienziato non faceva altro che spostare e rispostare ciò che aveva costruito. Più il tempo passava, e più le scosse provocate dallo Scari-Svegliami diventavano frequenti e, soprattutto, dolorose. Kowalsky tentò più volte di convincerlo a toglierlo, ma l'altro rifuitò sempre con fermezza, persino quando la testa iniziò a dolergli.
- Soldato parlava di una fata. - iniziò ad un tratto egli. Kowalsky si voltò in sua direzione, stupito di sentirlo parlare di una cosa del genere; poi pensò che forse era solo un argomento con cui intrattenersi, e fece spallucce.
- Si sarà temporaneamente addormentato, magari nel dormi-veglia ne ha vista una. - replicò.
Skipper fece un verso di assenso, e dopo un lungo sospiro pensoso domandò: - Ma perché proprio una fata?
- Non saprei. Soldato è molto fantasioso. Se la sarà inventata.
- Già. - mormorò l'altro. - Forse.
Per lungo tempo, non passò altra parola tra i due. Solo il suono di un apparecchio dello scienziato che cadeva ruppe quel silenzio, attirando l'attenzione del superiore. Si voltò verso Kowalsky, che si era improvvisamente bloccato in mezzo alla stanza, ancora con le pinne allargate a tenere ormai l'aria.
- Oppure... - mormorava. - Oppure, oppure...
Tirò fuori il suo blocco e la matita, e iniziò veloce a disegnare qualcosa. Ci ragionò per qualche secondo, poi alzò lo sguardo su Skipper, ancora ripetendo: - Oppure...!
- Figliolo, finisci una frase, per una volta! - esasperò Skipper, ancora reggendo con molta precauzione l'Amami Laser dell'altro. - Già capisco poco di mio oggi!
Kowalsky tirò un altro paio di linee sul foglio, quindi lo girò in direzione del secondo in modo che potesse vederlo. Picchiettò il gommino della matita accanto al veloce schizzo di una stella cadente e dello zoo di Central Park, uniti da diagrammi e triangoli accanto cui erano stati scritti varie formule matematiche. - ... potrebbe essere la magia della stella cadente! - esclamò.
Skipper inclinò la testa meditabondo. - Dici? - domandò, ancora poco convinto.
- Mi fa strano parlare di queste cose. - continuò la spiegazione Kowalsky, avvicinandoglisi di un paio di passi. - La scienza non le ammette, ma vedrò di non pensarci. Julien ha espresso il desiderio che chiunque si addormenti non si risvegli più, giusto? Quindi, secondo la magia, ci dev'essere qualcosa che convince chi si addormenta a non svegliarsi.
- Intendi dire che ci sarebbe una fata che ti seduce per convincerti a non svegliarti più? - chiese l'altro, iniziando a capire qualcosa.
- Più o meno, sì. - rispose lo scienziato. - Come ha detto Soldato, ti offre di vivere nel tuo mondo dei sogni. Anche se... -. Si grattò la tempia con il gommino. - ... non sono sicuro esista davvero.
Sospirò, poi buttò in un angolo il blocco e la matita. - Nah. Non esiste. La scienza parla chiaro: queste cose non esistono. - mormorò, tornando alla sua invenzione.
Di nuovo, nel laboratorio calò il silenzio.

Arrivò il tramonto, e i due optarono per prepararsi alla veglia notturna uscendo all'aperto e arrampicandosi sul muretto dell'habitat dei lemuri, vicino a dove tutto era iniziato.
La luce lasciò presto posto al buio, e le prime stelle si fecero strada nel velo nero sopra le loro teste. Skipper abbassò lo sguardo su Kowalsky, il filo dello Scari-Svegliami che strusciò nuovamente sulla sua nuca. Lo irritava, ma si sforzava di non badarci, per quanto lo scienziato si accorgeva ogni volta dell'effetto che produceva la sua invenzione, sia psicologicamente che fisicamente.
- Non puoi andare avanti così. - gli disse. Lui era seduto, incurvato in avanti dalla stanchezza accumulata; lo guardava quindi dal basso, con gli occhi vivaci spenti da un sonno prepotente. - Ti sta distruggendo...
- Sto bene. - tentò di tranquillizzarlo il superiore; gli rivolse anche un mezzo sorriso, ma l'altro scosse la testa.
- Guardati, Skipper. - mormorò. - Non cammini: ti trascini! Stai in piedi a fatica, parli poco, e tutto quello che sai dire è sempre e solo "sto bene"...
L'altro deglutì a vuoto.
Era vero. Nonostante il sonno e la confusione provocata dalle continue scosse, aveva notato il suo modo di muoversi e di rispondere. Nonostante ciò, ripeté ancora una volta: - Sto bene. -, un sussurro talmente poco convinto che Kowalsky si rifiutò di accettarlo.
Passarono pochi minuti di silenzio. Skipper si ostinava a stare in piedi, ma inevitabilmente la testa continuava ad abbassarsi, colto dal sonno. Spesso la squoteva, ma non riusciva a reggere la stanchezza che, se possibile, ancora aumentava.
L'improvvisa scossa che gli fece aprire di scatto gli occhi gli strappò un urlo di dolore, breve, ma che risuonò alto nello zoo silenzioso. Ansimando, riportò lo sguardo a Kowalsky; e sobbalzò quando ne vide gli occhi chiusi, sul punto di cadere sul lato addormentato.
Lo afferrò per le spalle, quasi terrorizzato, e iniziò ad agitarlo con forza, urlando il suo nome, fino a quando l'altro si riprese, seppur solo in parte.
- Kowalsky! - lo chiamò nuovamente. - Sei ancora in missione! Resta qui, qui!
Ma gli occhi dell'altro si stavano già richiudendo: era chiaro che non avrebbe resistito un altro minuto.
- Kowalsky, guardami. - disse il superiore, con tono serio e autoritario. Ogni tanto ancora lo squoteva, per riaprirgli gli occhi che inevitabilmente continuavano a chiudersi. - Resta qui, Kowalsky. E' un ordine!
Lo scienziato capiva le sue parole, ma il sonno era troppo forte. Obbedire era diventata un'impresa oramai impossibile.
- Lei... - strasciò; sorrise, inclinando la testa di lato. Skipper fu costretto a squoterlo nuovamente perché continuasse la frase. - La fata... - riprese con voce impastata. - Esiste!... E mi ha promesso che... sarei stato... con Doris...
- Kowalsky, non ascoltarla! - gridò il secondo, sperando in cuor suo che l'altro fosse abbastanza sveglio per capire le sue parole. - Non farti imbrogliare! Devi rimanere qui, devi aiutarmi!
Non poté aggiungere altro: Kowalsky inclinò nuovamente la testa, i suoi occhi si richiusero. A nulla servirono altre scosse: lo scienziato si era oramai addormentato, vittima dello stesso incantesimo che aveva colpito tutto lo zoo.

Da lontano arrivavano vaghe voci di bambini che aspettavano le stelle. Troppo fiochi essi giungevano alle orecchie di Skipper, che aveva rinunciato ai buoni propositi di stare in piedi per accoccolarsi vicino ad una colonna, sempre sullo stesso muretto. Non aveva avuto la forza di portare Kowalsky nel suo letto come aveva fatto con Soldato e Rico, e quindi lo scienziato giaceva ancora lì, a pochi passi da lui.
Gli rivolse uno sguardo distrutto; quindi, improvvisamente, gli occhi gli si fecero lucidi, e piccole lacrime bagnarono silenziosamente le sue guance mentre volgeva la propria attenzione al cielo. La vista gli si affuscò, e senza rendersene conto iniziò a gemere.
Era solo, piangente e troppo assonnato per continuare in quel modo. Non resisteva più...
Le continue scosse avevano trasformato il mal di testa di prima in un'emicrania lancinante, e negli ultimi minuti ne aveva ricevute troppe, arrivando al limite della sopportazione. Voleva solo chiudere gli occhi, fregarsene del mondo, e dormire per giorni interi...
L'ennesima, forte scossa gli strappò un altro urlo. Venne colto da un esaurimento nervoso, e si alzò di scatto in piedi. Si strappò di dosso l'elettrone e la scatolina di metallo, e senza nemmeno pensare a cosa stava facendo li scaraventò giù dal muretto, gridando frasi sconnesse e prive di una reale logica.
Il congegno che si distruggeva al violento contatto con il suolo fu l'unico suono che rimbombò nello zoo. Solo dopo lunghi secondi passati ad osservare i resti dell'invenzione, Skipper capì di aver appena perso l'ultima possibilità di rimanere sveglio e salvare i suoi uomini.
Crollò seduto, le pinne alla testa e gli occhi ancora lucidi spalancati dalla paura.
- ... cosa ho fatto...? - domandò al vuoto, con la voce tremante di cui si era sempre vergognato. Passò lo sguardo ai vari habitat e ai dormienti in ognuno di essi, forse alla ricerca di una salvezza; ma tale era il sonno che tutto iniziò a girare.
Piangendo ancora, Skipper cadde all'indietro, lungo e disteso sul muretto dei lemuri.
Pochi istanti dopo, si addormentò profondamente.
   
 
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