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Autore: Vichy5notes    23/06/2013    13 recensioni
Mi sento sola. Ma non sola come per dire 'oggi non ho nessuno con cui uscire' oppure 'oggi sono sola a casa. No. Sono sola come per dire 'sono un pozzo senza fondo, e quando un pozzo è senza fondo non è mai pieno. Se non è pieno allora è vuoto. E io sono vuota di emozioni. Sono sola dentro, nell'anima.
La verità è che speriamo tutti di essere cercati, e magari anche trovati.
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Victoria Horan, giovane ereditiera.
Harry Styles, giovane tatuatore.
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STORIA TOTALMENTE FUORI DAL COMUNE, ASPETTATEVI TANTISSIMI COLPI DI SCENA E CHE DIRE, SPERO VI PIACCIA.
-VICHY
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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NON VI OBBLIGO A LASCIARE RECENSIONI, MA SE LO FARETE MI RENDERETE FELICE.

1- E' troppo freddo fuori perchè gli angeli possano volare.


Guardai un'ultima volta il mio riflesso nella porta a vetro, così sbiadito che sembrava potesse scomparire da un momento all'altro. E in effetti non sapevo quanto sarei riuscita a sopportare quella situazione. Sospirai pesantemente, come fanno i nuotatori prima di immergersi, perchè in quel momento anche io mi stavo immergendo in qualcosa di completamente diverso, in qualcosa di inusuale, senza pensare per una volta se fosse giusto o sbagliato. La porta si richiuse, in uno scatto che a me sembrava durato un'eternità. Lo studio dei tatuggi era esattamente come lo si poteva immaginare, composto da tre stanzette collegate tra loro, senza porte, pareti con sopra immagini di tatuaggi o di persone tatuate, poche finestre da cui trapelava una luce fugace da sembrare impercettibile, un bancone con un ragazzo che probabilmente era il figlio del proprietario, intento a leggere una rivista.
<< emm, scusi sono qua per farmi un tatuaggio >> dissi con poca sicurezza e con la voce più bassa del normale.
Il ragazzo alzò il volto e mi vide, la sua espressione cambiò radicalmente, mostrando un sorriso perfetto.
<< ah, bene, piacere io sono Louis, il tatuatore deve ancora arrivare, intanto potresti accomodarti e scegliere il tatuaggio se non hai niente in mente >>.
Annuii senza rispondere, quel ragazzo dagli occhi azzurri e il portamento sicuro era così spigliato che non avrei potuto competere con lui. Louis mi venne incontro, mi aiutò a togliere il cappotto e mi portò nella stanza accanto, ancora più piccola se possibile della precedente. Mi accomodai su una poltroncina reclinabile, che sembrava rubata da uno studio odontoiatrico, attendendo il ritorno di Louis.
<< Questo è il catalogo con i nuovi schizzi del tatuatore, scegli pure con calma >> disse Louis porgendomi un album con vari disegni.
Erano veramente dei capolavori, alcuni rappresentavano angeli, altri scritte orientali, altri ancora animali sinuosi ed eleganti. Non sapevo proprio quale scegliere.
Sentii la porta aprirsi e poi richiudersi, probabilmente il tatuatore era arrivato. Un ragazzo ancora più giovane del precedente varcò l'entrata. Era veramente stupendo, i suoi occhi verdi come l'edera sembravano brillare di luce propria, i capelli scendevano morbidi sul volto in onde brillanti e bronzate, il fisico asciutto e potente e labbra incredibilmente rosse. Mi ripresi dall'estasi causata dalla bellezza del ragazzo e mi alzai per porgergli la mano.
<< C-c-iao mi chiamo Victoria >>.
Il ragazzo non alzò neanche lo sguardo ma si precipitò a posare le chiavi su una mensola.
<< Harry >>. Per la prima volta sentii la sua voce calda e persaduente attraversarmi internamente, arrivare al cuore e propagarsi dentro di me come fosse linfa vitale.
Mi riaccomodai insicura come sempre sulla poltroncina e aspettai che Harry si avvicinasse. Si sedette su una sedia con le ruote e si posizionò al mio fianco.
<< bene Victoria, cosa ti devo tatuare? >>.
<< ecco, io non saprei bene...>>. La voce mi usciva a scatti e non riuscivo neanche a sostenere il suo sguardo per più di due secondi senza arrossire, ero pietrificata davanti a tanta perfezione.
<< Hai già guardato il catalogo e non ti piace niente? >> chiese lui con tranquillità, senza trapelare emozioni da quello sguardo freddo e distaccato.
<< No... Cioè mi piace, però non ho trovato niente che mi potrebbe interessare, ecco >>. Harry si alzò dalla sedia per prendere un foglio e una matita e poi si risedette.
<< Parlami di te >> disse sempre con serentià, come se mi avesse chiesto la cosa più normal del mondo.
Odiavo essere al centro dell'attenzione e parlare di me, sopratutto con gli estranei, ma cosa avevo da perdere? Avevo deciso di compiere quel gesto così sfrontato e quindi dovevo in qualche modo pagarne le conseguenze.
<< Emm, ok. Io sono nata a Washington più o meno diciotto anni fa, i miei genitori sono italiani e mio padre è il direttore della Horan Company è sempre in giro per lavoro >>.
<< Parlami di te, non di tuo padre. Perchè vuoi farti un tatuaggio? >>.
Ecco, Vichy, perchè vuoi farti un tatuaggio? Ribellione, semplice ribellione infantile. Mi ero stancata degli atteggiamenti di mio padre, del suo egoismo e del suo credere di aver il diritto di scegliere per me. Per una volta volevo essere io a scegliere, volevo ribellarmi. Ma a diciotto anni non ci si ribella con un tatuaggio.
<< Penso per ribellione>>.
<< Come scusa? >>.
<< Hai mai la sensazione di sentirti chiuso in una gabbia? Di non poter vivere secondo quello che tu vuoi fare, di essere condizionato sempre dagli altri e da ciò che ti circonda? Per me è così tutti i giorni >>.
Non so dove trovai il coraggio di dire certe cose, quale persona sana di mente si sarebbe precipitata da un tatuatore per poi

raccontargli la storia della propria vita e le proprie problematiche? Nessuno, apparte me ovviamente. Il fatto più strano era che Harry non aveva risposto niente, piuttosto mi aveva fissata costantemente per qualche secondo e poi si era immerso nel foglio per disegnare qualcosa. Mi misi ad osservarlo, il modo in cui con quelle grandi mani affusolate stringeva la matita per delineare la figura sul foglio, i grandi occhi verdi socchiusi, attenti a ciò che stava facendo e la lingua stretta trai denti sintomo della sua attenta concentrazione. Salvai quell'immagine di lui nella mia mente, come una fotografia.
<< Bel lavoro Haz >> disse Louis alle sue spalle, sporto su di lui ad osservare il disegno.
Dopo qualche minuto finalmente Harry finì il suo lavoro e mi porse il foglio.
Sulla superficie bianca c'era disegnato un uccellino, non saprei dire bene che specie fosse, ma era raffinato e originale allo stesso tempo, le ali erano spiegate e sul corpo aveva varie sfumature di giallo e rosa.
<< E' stupendo >> dissi contemplando l'immagine sul foglio << Che significato ha? >>.
<< Libertà, hai detto che ti senti chiusa in gabbia, ma ricordati che solo tu puoi scegliere cosa fare della tua vita >> disse il riccio dopo aver preso la macchina per tatuare.
<< Allora lo facciamo? >>.
Mi salì un nodo alla gola, solo il pensiero di dover sentire male mi faceva girare la testa, ma quella era la mia occasione per dimostrare a mio padre che potevo scegliere per me, dovevo conquistarmi la libertà.
<< Va bene >>.
E' inutile dire che le due ore successive furono drastiche. Appena Harry iniziò a punzecchiarmi la spalla con quell'arnese iniziai a piangere, ma volli comunque continuare. Per cercare di farmi stare tranquilla Louis accese la radio e mi tenne la mano tutto il tempo, anche se non smetteva di ridere e di prendermi in giro. Era davvero impressionante la facilità con cui si poteva conversare con Louis, ti toglieva le parole di bocca. Lo stesso non lo si poteva dire di Harry, intento nel suo lavoro così tanto da non regalarmi neanche per un secondo il suo sguardo penetrante. Dopo aver pagato ed essermi subito le simpatiche prese in giro di Louis chiamai mio fratello per farmi venire a prendere. Quale sarebbe stata la sua rezione? Ma sopratutto, come l'avrebbe presa mio padre?


<< Ora mi spieghi cosa è quell'enorme uccello che hai sulla spalla! >> disse ridendo mio fratello mentre stavamo tornando a casa in macchina.
<< E' un tatuaggio, cosa vuoi che sia? >>.
<< E' uno di quelli veri? >>.
<< Si Niall è vero, perchè avrei dovuto farmene uno finto! >> dissi con ovvietà rispetto alla sua affermazione precedente.
<< Perchè magari nostro padre non ti ammazzava, ora hai i minuti contati sorellina >>.
Con mio fratello avevo sempre avuto un bel rapporto, non eravamo come quei fratelli che litigano per ogni motivazione, eravamo cresciuti insieme e quando nostro padre partiva per lavoro lui si occupava anche di me.
<< Niall? >>.
<< mmh? >>.
<< Pensi si arrabbierà molto? >>.
Il solo pensiero di mio padre furioso mi metteva i brividi, come minimo mi avrebbe spedita in un collegio svizzero.
<< No perchè lo copriremo, non se ne accorgerà ora che è intento a lavorare a un nuovo progetto >>.
<< Speriamo bene... >>.
Arrivammo a casa dopo pochi minuti, mi misi la giacca per coprire il tatuaggio e anche perchè ad Ottobre a New York la sera fa freddo. Niall ripartì per andare ad una festa organizzata da non so quale suo amico e io entrai nel lussurioso palazzo dell'Upper East Side. Il portiere mi porse la mia chiave e dopo qualche secondo d'ascensore mi ritrovai nell'attico di famiglia. Posai le chiavi e il cellulare  sul tavolo di vetro all'entrata per poi prendermi qualcosa da bere in cucina.
<< Papà? >> urlai sperando mi sentisse.
<< Papà ci sei? >>.
Probabilmente era nel suo studio e non mi sentiva, così decisi di andare a cercarlo li.
La porta dello studio era socchiusa. Sentivo dei rumori provenire da dentro ma non ebbi il coraggio di aprire la porta. Presi il telefono dal tavolo e inviai un messaggio a mio padre dove dicevo che sarei rimasta a dormire da Juliette, non potevo ma soprartutto non volevo affrontare mio padre, così uscii dal palazzo.
Iniziai a camminare per strada senza una meta precisa perchè Juliette era a Parigi con sua madre e quindi non avevo un posto dove stare perchè tutti i miei amici abitavano lontani dall'Upper East Side. Era quasi ora di cena, avevo fame, freddo ed era già buio. Percorsi le vie della grande mela a caso per un po' di minuti, poi riconobbi l'insegna rossa lampeggiante "Tattoo". Mi precipitai davanti al negozio cercando di aprire la porta vetrata, ma ormai l'orario di lavoro era già finito e non c'era nessuno. Mi accovacciai sul marciapiede e iniziai a sfogarmi piangendo. Certe persone dicono che piangere sia infantile, che le vere donne affrontano la vita con il sorriso ma forse io non ero così forte da potermi permettere ciò. Ero una persona sensibile e sempre lo ero stata, fin da piccola ho sempre pianto per i film romantici, se mio fratello si faceva male giocando a footboal o se mio padre non riusciva a tornare in tempo per il mio compleanno. Solo una volta non ebbi la forza di piangere, quando mia madre lasciò mio padre per andarsene a Los Angeles a vivere con un motociclista tutto tatuaggi e nient'altro. Piansi per il tatuaggio che non avrei potuto nascondere per sempre e per i ricordi che mi si affollarono in mente, piansi per me e per gli altri, piansi per tutte le volte che non avevo pianto.
<< Tutto ok? >> disse una voce roca e persuadente che subito riconobbi. Harry.
<< No, per niente >> riuscii a dire singhiozzando.
Harry mi porse una mano per aiutarmi a rialzarmi da terra e io l'afferrai.
<< Perchè sei qua e stai piangendo? >>.
Non sapevo se dovevo raccontargli la verità e mandare al diavolo la mia dignità e quella della mia famiglia o assecondarlo con qualche sciocchezza dicendogli che stavo bene.
<< E' una storia lunga >> dissi ripulendomi gli occhi con la manica della felpa.
<< Il tuo paparino riccone ti ha cacciata di casa? >> lo disse con un po' di disprezzo nella voce, in un altro momento mi avrebbe dato noia ma ora anche io disprezzavo mio padre con tutta me stessa era troppo impegnato con i suoi progetti che non mi aveva neanche risposto al messaggio ne si era preoccupato per me.
<< No, me ne sono andata io >>.
Harry sospirò, poi guardò l'orologio.
<< Dammi un secondo >> mi disse allontanandosi ed estraendo il cellulare dalla tasca e portandoselo all'orecchio. Dopo neanche un minuto tornò.
<< Vieni con me >> mi disse prendendomi per mano e trascinandomi verso un auto nera.
<< Come? >> dissi con voce troppo acuta.
<< Scommetto che non sai dove passare la notte, vieni da me, tranquilla non sono uno stupratore >> rispose Harry con un tocco di ironia.
Non sapevo bene cosa rispondere ma di Harry mi fidavo. Lo conscevo da poche ore e già sapevo che non mi avrebbe fatto del male,perchè glielo leggevo negli occhi, tanto belli quanto oscuri, come se volessero nascondere agli altri un mondo interno complesso e articolato.
<< Va bene risposi stringendo di più la sua mano >>.
  
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