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Autore: FlyNever    25/06/2013    2 recensioni
Presi il pennarello indelebile e cominciai a segnarmi il braccio, ad avvelenarmi il sangue.
Mi disegnai il simbolo della pace, su quel braccio che ormai era solo ossa.
Volevo la pace, con gli altri, con me stessa.
Volevo solo questo, ma nessuno mi sentiva o capiva.
Ero sola, contro il mondo, e il mondo mi spaventava.
Volevo vivere, ma ogni giorno mi sentivo morire.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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VOLEVO VIVERE, MA OGNI GIORNO MI SENTIVO MORIRE. 



Avevo le mani sudate mentre mi alzavo da terra, per la quinta volta. Barcollai in piedi e mi appoggai alla colonna ma la ragazza di fronte a me,
se pur minuta, mi ributtò a terra facendomi sussultare quando l'osso del mio bacino sbattè violentemente contro l'asfalto duro, freddo e umido. 
Non sapevo perchè quella ragazza bionda lo faceva, non sapevo perchè mi faceva del male, forse si divertiva perchè ero debole. 
Le persone continuavano a farmi del male, credendo che io fossi capace di sopportarlo, ma io stavo cadendo a pezzi, lentamente. 
Ero ancora a terra quando lei sputò a qualche millimetro di distanza dalle mie scarpe, la guardai, a bocca aperta mentre le compagne ridevano. 
-Che cazzo vivi a fare ? Sei un elemento inutile alla società- sputò da quella sua bocca carnosa. 
Abassai lo sguardo mentre lei si allontanava, lei ce l'avevano le amiche che la seguivano, le mie amiche mi avevano abbandonate quando seppero 
del mio disturbo. Gli dissi che avevo disturbi alimentari, che non mangiavo, che ero anoressica e loro a poco a poco si allontanarono, dicevano che amiche
di una psicopatica non volevano esserlo. Mi spezzarono il cuore, e quella ferita brucia ancora. 
In poco tempo ero diventata il centro del bullismo, sia verbale, sia fisico, ma faceva più male quello verbale. I lividi passavano ma gli insulti mi marchiavano 
dentro, facendomi sentire incredibilmente inutile. 
Mi incamminai verso casa, cominciò a piovere, tirai il cappuccio della felpa sulla testa. Camminavo lenta mentre le goccie di pioggia si facevano via via più 
grosse fino ad inzupparmi interamente. La pioggia mi piaceva, è come se mi lavava da tutto, da tutti. 
Arrivai a casa, mia madre era in cucina, mio padre a lavoro, lei mi gridò di andarmi immediatamente a cambiare chiamandomi sciocca, gridandomi che ero 
una bambina che non se ne frega della sua salute. Zitta entrai in camera buttando la felpa nella cesta. Lentamente mi spogliai, fino a restare con la biancheria.
Aprii l'armadio, mi guardai allo specchio, mi sfiorai i fianchi con le dita toccando le ossa che diventavano sempre più visibili ad ogni giorno di digiuno. 
Sapevo di rischiare di morire, ma non m'nteressava, io ero inutile e quindi anche mangiare lo era. 
Mia madre se n'era accorta che ero dimagrita visibilmente, voleva portarmi dal medico ma io non volevo, così mangai un boccone di torta al cacao davanti a lei
per dimostrargli che stavo bene, per fargli credere che era solo lo sviluppo che giocava brutti scherzi, avevo 15 anni infondo. 
Ma poi entrai in bagno, aprii il mobiletto, le lamette erano lì, ne presi una in mano, sfiorai lateralmente la lama, ma la buttai spaventata nel lavandino. Non potevo 
farlo, avevo paura. Non tagliarmi mi fece sentire ancora di più una sfigata. Una sfigata che non aveva il coraggio di fare niente, ma la mia mano afferrò frettolosa 
lo spazzolino da denti, prendendolo dalla parte delle setole e posizionando il retro all'entrata della gola, presi coraggio e lo infilai più infondo provocandomi un
coniato, e poi un altro e ancora un altro, finchè non vomitai la torta al cacao. Aprii la fontana facendo scivolare via quello schifo marrone, mi sciacquai la bocca e 
tornai in camera mia. 
Un accappatoio mi avvolgeva, ero stesa sul letto mentre uno dei miei idoli mi sussurrava attraverso le cuffie che per lui ero perfetta. Poteva sembrare strano, da 
stupidi, ma io stavo bene quando me lo diceva. Perchè, anche se indirettamente, quella canzone era dedicata anche a me. 
Mi ero abituata alla sofferenza della mia vita, ero abituata al dolore che mi provocava, ma non ero abituata al pensiero che ogni giorno attraversava la mia mente. 
Il suicidio. 
Una parte di me diceva che tanto, c'ero o non c'ero, non cambiava niente a nessuno. Ero invisibile, quindi se me ne sarei andata infondo avrei fatto un favore a tutti
compresa mia madre. Lei spesso, in preda ai nervi, mi gridava che gli avevo rovinato l'esistenza, che era meglio che non faceva figli perchè la facevo solo litigare 
con papà, la ragione dei loro litigi ero sempre io. Troppo ribelle, troppo silenziosa, troppo magra, troppo triste, troppo depressa. Ero 'troppo' ma in negativo. 
Ma c'era una seconda parte della mia anima, che mi diceva di sopportare, superare, tanto fra tre anni sarei partita per Londra, i 18 erano dietro l'angolo, dovevo 
solo resistere. Mi diceva che le persone fragili come me in realtà avevano una forza incredibile, ma io questa forza la trovavo solo quando infilavo le cuffie nelle 
orecchie e quelle cinque voci persuadevano i miei cinque sensi. Era per loro che ero ancora lì, era per loro che non avevo compiuto ancora quel passo. Io volevo
realizzare il mio sogno, vederli, toccarli, abbracciarli. Volevo abbracciare i miei eroi, si.. perchè loro mi avevano salvata, mi avevano salvato la vita. 
Gliene ero grata, anche se a volte mi arrabbiavo con i loro poster nei momenti peggiori, gli sputavo in faccia che dovevano uscire dalla mia vita, gli gridavo contro 
domandandogli il perchè del loro salvataggio, era solo colpa loro se ero legata ancora alla vita. 
Ma infondo gliene ero grata. 
Mi alzai dal letto dirigendomi verso il mio comò, ero ancora in accappatoio. 

Presi il pennarello indelebile e cominciai a segnarmi il braccio, ad avvelenarmi il sangue.
Mi disegnai il simbolo della pace, su quel braccio che ormai era solo ossa. 
Volevo la pace, con gli altri, con me stessa. 
Volevo solo questo, ma nessuno mi sentiva o capiva. 
Ero sola, contro il mondo, e il mondo mi spaventava. 
Volevo vivere, ma ogni giorno mi sentivo morire.
Mi guardai quel piccolo simbolo, che racchiudeva tanto per me, avvicinandomi alla parete, la parete della mia vita, dei miei eroi. 
-Grazie..- sussurrai. 



#Non so se vi piace, non so cosa ne pensate, ma spero che me 
lo farete sapere attraverso le recensioni. 
Oppure non cagatelo, vedete voi. 
La protagonista non ha nome, nessuno ha un nome in questa storia,
perchè l'ho scritta dedicandolo a tutte le ragazze che stanno passand
un brutto periodo, ma che grazie ad una forza che hanno dentro possono
superare tutto, io la mia forza l'ho scoperta grazie a loro. E voi ? cercate dentro...
Questa è la mia prima one shot. Non giudicate se fa pena c: 
Un saluto a tutte x 
  
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