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Autore: ECHludo    25/06/2013    0 recensioni
Paura, dubbi, incertezze sono alcune delle tante cose che ci logorano da dentro. Un uomo.. o una donna si sente soffocato/a da esse e l'unico pensiero che ha in mente, forse l'unica soluzione è scomparire. Allontanarsi da tutti e tentare di essere se stesso/a lontano da gente conosciuta, tentare di ascoltare le mille voci in testa e fare chiarezza, prendere un treno e arrivare ovunque.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Le lancette nere dell'orologio,  segnavano le sei e un quarto. 

Il sole ancora non sorgeva. Alzai la testa verso l'alto per sgranchirmi il collo dolorante per una lunga notte insonne e non riuscii a vedere il cielo perché coperto da un manto di nebbia che galleggiava pesante sulla mia testa.
Ero rigido, come era rigida l'aria di quella gelida stazione. La mia faccia era nascosta da una sciarpa grigia come quella mattina, e le mani le tenevo dentro le tasche del mio lungo cappotto nero che avevo appena comprato in una sartoria lì vicino. Tutto sembrava di ghiaccio. Le pareti arancioni macchiate dalla fuligine sputata dalle bocche d'acciaio dei treni sambravano che potessero, come lastre abrasive, lacerare le mani al solo sfiorarle. Sembrava che il pavimento potesse solcarsi in crepe e che la parte di cemento su cui stavo in piedi si sarebbe divisa facendomi cadere in una voragine infinita,  che i vetri potessero scoppiare da un momento all'altro trafiggendo come proiettili ghiacciati la mia carne che era gia diventata un pezzo di cristallo graffiato da spilli affilati.
Aspettai.

Il mio sguardo fissava le rotaie coperte da una sottile strato di  fiocchi cristallini, finché sentii la campana che spaccò il silenzio e la tensione dell'aria.
Era giunto il momento in cui ero pronto a lasciare tutto, abbandonando la mia vecchia vita per cercare di crearne un'altra. 
Questa frase aleggiava, da qualche parte nella mia testa come una domanda. 
Le porte mi si aprirono davanti e salii tremante con una valigia marrone nella mano destra e, posando il piede sinistro sulla soglia del mio sogno ero finalmente consapevole di cosa stavo per fare e quando anche l'altro piede si staccò dalla stazione di quel paese sperduto, dissi addio per sempre al me di un tempo. 
 
Adesso non avevo piu bisogno di fingere ma quella senzazione di insicurezza e di disagio ancora la sentivo attaccata dentro di me, anche se ero seduto dentro un dannato vagone vuoto impregnato di una puzza stomacosa di urina. Io non ero forse pronto a cambiare radicalmente, forse non dovevo o non potevo. Forse tutto quello che stavo facendo era sbagliato, forse no, forse avevo bisogno del tempo, forse dopo averci dormito su, forse... 
Non dormii. Zitti la mente, abilità imparata dopo anni di negazioni, e appoggiai la testa sul sedile guardando fuori dal finestrone. Mi sentivo debole, ma non una debolezza fisica era una pesantezza d'anima, sentivo il corpo abbandonato e attaccato a quell'ammasso di ossa che ero.
Sollevai la mano dalla valigia che tenevo sulle ginocchia e me la misi davanti agli occhi ed era viva, la rigirai ed era vera la posai sul vetro appannato, era freddo, la sentivo quella senzazione pungente che penetrò nella mia pelle e che fece drizzare i peli del mio braccio!  Sorrisi. Staccai la mano dal finestrone e lasciai un imporonta, la mia e quella della mia anima.
   
 
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