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Autore: Monia85    08/01/2008    13 recensioni
*SPOILER SETTIMO LIBRO DI HARRY POTTER*
Un ballo, una Reginetta da invitare... ed altre cose maledettamente prevedibili.
Semplicemente, come tutto tra loro iniziò.
O forse, non troppo semplicemente...
Genere: Romantico, Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sorpresa
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Doverosa premessa.
Ammetto di stare imbarcandomi in un'impresa più grande di me. Ho letto ieri di questa coppia nell'epilogo di Harry Potter ed i Doni della Morte, e me ne sono innamorata all'istante, iniziando a fantasticare su di loro.
Mi dispiace se Ted e Victorie non saranno esattamente come voi ve li siete immaginati, o se ci sarà qualche errore o qualche imprecisione. Vi assicuro che ho cercato di dare il meglio di me. Spero possa bastare.




CAPITOLO PRIMO

Era strano trovarla sola, se non impossibile. Come una regina, Lei disponeva sempre della sua fedele scorta, un gruppetto di adoranti seguaci con le quali scambiarsi pettegolezzi, rossetti, o trucchi per conquistare l’altro sesso.
Non che Victorie Weasley necessitasse di un qualche incantesimo particolare per attirare e ghermire gli studenti più avvenenti di Hogwarts. Ve ne sareste resi conti da soli semplicemente osservandola.
Alta, dal fisico morbido e ben proporzionato, aveva lunghi capelli rossi, ed un paio di occhi azzurri che erano uno spettacolo. Per un ottavo Veela, così elegante nel vestire e perfetta nei modi di fare da far piangere di gioia le insegnanti più bacchettone, quella ragazza era… semplicemente invitante. Come un frutto di stagione, o una torta alla panna. O una bistecca al sangue.


– Ted? –
Matthew Baston - Grifondoro al settimo anno così grande e grosso che persino un troll in corsa innanzi a lui si sarebbe fermato balbettando cose del tipo: prego… prima lei… ci mancherebbe! - aggrottò le sopracciglia in quella tipica espressione capace di far sentire il suo interlocutore un perfetto e totale idiota.
Ci riuscì in pieno.
– Che c’è? – mugolò infatti un ragazzo dai corti capelli color carta da zucchero, seduto innanzi a lui; era più basso ed esile di Matthew, e per quel giorno aveva abbinato allo stravagante colore della sua chioma un bel paio di intense iridi color smeraldo. Un cromatico pugno nell’occhio, insomma. – Stavo raccontando il tutto con dovizia di particolari! –
– Troppi particolari, a mio parere. Tanto che mi pare tu abbia perso il punto focale del discorso. – argomentò Matthew, abbassando nervosamente gli occhi sull’orologio che teneva al polso.
– Oh, no, affatto, come potrei? – Ted si passò una mano tra i capelli, sorridendo con fare quasi ebete. – Il punto è focale è Lei, sempre Lei. –
Matthew si ritenne in diritto di emettere un lungo sospiro esasperato, aspettandosi quasi di vedere apparire negli occhi di Lupin due vezzosi cuoricini rossi. La cosa, visto e considerato il soggetto in questione, non sarebbe stata impossibile. – Sbrigati. O arriveremo in ritardo all’allenamento di Quidditch –
– Che te ne frega? Sei tu il capitano! –
– Appunto! –
Con uno sbuffo di totale intolleranza al maniacale senso del dovere che il suo migliore amico aveva sviluppato nei confronti della loro squadra, il metamorfomago riprese la sua narrazione.

Era lì sola, insomma, ed io pensai che quello fosse il mio momento. Quante altre volte nella vita mi sarebbe potuto capitare un’occasione più ghiotta, per di più con una simile atmosfera romantica? Il sole del tramonto illuminava generosamente il parco, la piovra nel lago stava muovendosi con fare pigro, e nessuno nei dintorni sembrava interessato a disturbarla. Nessuno, tranne me.
Così, l’avvicinai. In modo silenzioso ma indifferente, tanto per non darle l’idea che l’avevo pedinata sin lì come il peggiore dei maniaci; cercai persino di guardarmi attorno con aria svagata, mentre nel contempo ponderavo un modo per recitare qualcosa del tipo: “anche tu qui?!”
Ovviamente, come sarebbe giusto e logico aspettarsi da uno come me, l’unica cosa che riuscii a fare realmente fu inciampare in un maledetto sasso nascosto nell’erba, e rotolare come un bitorzoluto pallone da spiaggia sino a lei.
Alquanto perplessa, Victorie abbassò lo sguardo su di me. Pensai che avrei potuto salvare la situazione con una cosa del tipo “sono caduto ai tuoi piedi, mia bella!”, ma il dolore provocato dal capitombolo aveva forse rallentato la velocità delle mie reazioni; quello, e l’essere caduto in un’angolazione che mi permise di dare una gloriosa sbirciata alle gambe sotto la sua gonna.


– Oh, beh – ghignò Matthew. – Per fortuna che non volevi fare la figura del maniaco. –
Lupin gli rivolse uno sguardo a metà tra l’offeso e l’omicida. – Non le ho guardato sotto la gonna con l’intento di un maniaco – si difese. – L’ho fatto perché… perché volevo vedere se le sue gambe sono come me le immaginavo io! –
Il Portiere e Capitano della squadra di Grifondoro accolse quella debole arringa difensiva con un sorriso alquanto divertito. – Avanti, finisci in fretta, o arriveremo tardi. –
– Sei tu che continui ad interrompermi! –

– Ted? – Victorie abbassò perplessa lo sguardo su di me, e fu tanta l’agitazione che provai mentre tentavo di distogliere il prima possibile gli occhi dal suo sottogonna, che i capelli mi divennero all’improvviso bianchi come quelli di un vecchio. Bene, come inizio non è male, volli pensare. In fondo, gli uomini stagionati pare abbiano un qual certo carisma, no?
Con una risata isterica, mi rialzai barcollante da terra, ritrovandomela davanti. – Vic! – esclamai, con l’aria di chi vuole apparire come perfettamente padrone della situazione, mentre in realtà sta solo facendo la figura del cretino. – Che coincidenza! Anche tu qui? –
Pochi ragazzi avevano il diritto di rivolgersi a lei in questo modo. La Corte della Regina era un ambiente ristretto ed elitario, al quale avevo ottenuto l'accesso per un solo e semplice motivo: la conoscevo praticamente da sempre. Io avevo quasi un anno il giorno in cui lei venne al mondo, e le nostre famiglie sono sempre state in rapporti molto, molto stretti; ancora ricordo quella trottolina coi capelli rossi che potevo vedere solo alle feste comandate, quella pestifera principessa dagli occhi azzurri che l’aveva sempre vinta in tutto.
Anche se a Hogwarts ci siamo allontanati, la nostra amicizia non è mai morta. Ed è per questo semplice motivo che Victorie, pur avendomi appena visto fare la figura del fesso, non mi prese in giro, né mi lasciò lì solo.
Sì limitò ad aggrottare un sottile ed elegante sopracciglio rosso, incrociando le braccia all’altezza del seno. – Sembra quasi che tu mi stessi spiando. – ammise.
– Ma no – agonizzai. – Passavo di qui per caso… – e sentii i miei capelli tingersi assai lentamente di un malaticcio color verdognolo. Quando m’imbarazzo è così, senza che io possa controllarlo; sembro quasi uno di quei cosi che usano i Babbani agli incroci, un semafroro.


– Affascinante questa tua disquisizione antropomorfo-psicologica, Ted. Ma l’allenamento…–
– Sì, sì, un attimo di pazienza! Sto arrivando al punto! –

– Insomma – dissi al termine dei soliti convenevoli, dopo aver parlottato con lei del più e del meno ed aver insinuato con mille frasi a doppio senso quanto la trovassi carina quel giorno. Ovviamente, ogni esca lanciata da me era stata un disastro totale, dal momento che Miss Reginetta di Beltà non ne aveva colta nemmeno mezza. – Con chi andrai al ballo? –
Victorie abbassò lo sguardo, ed i capelli rossi seguirono armoniosamente quel movimento, una cascata color delle fiamme incendiata dai raggi sanguinei di quel morente sole autunnale. E’ straordinariamente bella anche quando assume un’aria depressa, quella ragazza! Che ci posso fare, se con gli anni mi sono cotto di lei? – Non credo ci andrò – mormorò infine, con quella voce contrita e sofferta che avrebbe indotto frotte di uomini a perdere la vita pur di farla sorridere. Io primo fra tutti, è ovvio.
– Perché dici così? –
Piccola disquisizione su questa meravigliosa triade lessicale, apparentemente da me buttata lì per caso, ma in realtà prova schiacciante del mio indomito genio: vi prego, signori, di ammirare con quanta nonchalanche quelle parole scivolarono dalle mie labbra, testimoni di una mia qual certa indifferenza al fatto in sé; in realtà la mia fervida mente, brillante e fantasiosa, stava già cercando di forgiare un originale invito che apparisse sufficientemente carismatico e galante.
Victorie sospirò tristemente, e quel fatto fu accompagnato da un leggero movimento dei suoi seni che assolutamente non riuscii a perdermi; dunque, spiegò in due parole: – Flavien Zabini… –
– Il tuo ragazzo Serpeverde – commentai, pronunciando “ragazzo” col tono di chi ha appena schiacciato una cacca, e Serpeverde con la voce che si potrebbe usare rendendosi conto che la cacca in questione è stata lasciata lì da un equino affetto da diarrea.
– Lui – confermò lei, e le sue spalle furono smosse da un singhiozzo che chiamava vendetta a Dio. – Mi ha lasciata. –


– L’ha lasciata? Davvero? – ironizzò Matthew Baston, tornando a distendersi contro lo schienale della poltrona. – Il più grande dongiovanni di Hogwarts? Il Casanova dei Pitoni? Non per fare del feroce sarcasmo, ma, quando si è messa con lui, Victorie non poteva giusto-giusto pensare al fatto che la storia con uno così non sarebbe durata nemmeno quanto il vantaggio dei Serpeverde in una partita di Quidditch? –
Matthew era famoso per i suoi esempi politicamente corretti.
– Gliel’ho chiesto anche io – ammise Lupin, osservando svogliato le fiamme che ardevano nel grande camino della Sala Comune. – E sai cosa mi hai risposto? –
– No. Cosa? –

– Ma lui è così bello! – pigolò Victorie, ed io provai nel medesimo istante il duplice istinto di coccolarla, così come di costringerla a sbattere più volte la testa contro la corteccia dell’albero, tanto per aiutarla a recuperare un po’ di sanità mentale. – Ed ora… chissà con chi lui andrà al ballo! Di certo, da sola non posso andarci… –
– Ma come? – domandai allora, perplesso. – Vuoi dirmi che nessuno ti ha ancora invitata? –
Lei estrasse un fazzoletto dalla tasca della sua divisa, passandoselo con mosse fini e precise sotto gli occhi, proprio come avrebbe fatto un’elegante e ricca dama dei secoli passati. – Certo che mi hanno invitata – spiegò con voce roca e sofferente, piegando le labbra in un’adorabile smorfia triste, un’espressione così depressa ed infantile che trapassò come una freccia il mio cuore già abbastanza bucherellato da lei. – Però… però nessuno è più carino di lui! Insomma… per avere una vittoria morale… dovrei fare un salto di qualità! Trovarne uno più bello, capisci? –


Matthew accolse quella notizia con fare accigliato. – Io spero vivamente che Victorie ti piaccia non tanto per la sua profondità interiore, quanto per il suo corpo – se ne uscì infine, critico.
– Mi piace tutto di lei. – argomentai, riottoso. – E poi, non credo tu possa permetterti di commentare le mie scelte, dal momento che non provi nemmeno a cercartela, una ragazza. –
– Vorrei ben vedere. Ho una squadra da portare avanti. – Ted preferì soprassedere, evitando certi commenti sulla virilità del suo compagno che avrebbero potuto quantomeno offenderlo.

– Ma insomma. – domandai, stralunato. – Che accidenti ha quel Serpeverde in più degli altri? Si può sapere? –
Victorie ci pensò su. – Lui… lui ha quei capelli… così neri, setosi, morbidi… e… quegli occhi… hanno un taglio strano, particolare… e sono così azzurri! – sospirò, portandosi una mano al viso, quasi fosse stata la caricatura di una ragazzina in amore. – E poi… quella bocca perfetta, quelle labbra sottili, quel… nasino così aristocratico… –
Ascoltai in silenzio la descrizione, visualizzando nella mia mente l’odiato viso di quel maledetto Serpeverde; dunque, quando mi sentii pronto, ordinai: – Vic? –
– E quel suo… sì? –
– Voltati –
Lo fece. – Ossignore! – pronunciò, quando si ritrovò davanti un me stesso coi capelli neri, occhi azzurri ed un “nasino aristocratico” capace di far colpo su chiunque; le sorrisi quasi vittorioso, accennandole uno di quei boriosi inchini che rendevano tanto bello e ricercato quel maledetto Serpeverde. – Ma… Ted! – esclamò lei, scoppiando inevitabilmente a ridere per quell’imitazione.
Mi rialzai. La guardai con intensità. Quindi… lo dissi.
– Senti… se non mi faccio i capelli azzurri… e se… se indosso qualcosa di elegante… tu… vorresti venire al ballo con me? –


Matthew si sporse sulla poltrona, osservandolo con non troppo velata curiosità. – E lei…– iniziò.
Ted sospirò. – E lei ha detto…–

Victorie arrossì, sorrise, retrocedette di un passo, quindi, dopo una riflessione che mi uccise, finalmente pronunciò la fatidica particella: – Oh, Ted… io… io… Ted! Sì! –

– Ma è grandioso! – s’illuminò Matt, alzando un pugno al cielo in segno di vittoria. In molti nella Sala Comune si voltarono ad osservarlo, chiedendosi per quale miracolo divino il Capitano della squadra di Quidditch stesse facendo tardi agli allenamenti.
– Aspetta – borbottò Ted, cupo. – Poi ha aggiunto…–

– Così…– proseguì lei, pianificando con fare febbrile ed a dir poco maniacale l’appuntamento che le avevo strappato con così tanta fatica. – Potrò farlo ingelosire! Oh, Ted, grazie, grazie mille! –
Arrischiai un sorriso, ma forse fu solo una contrazione nervosa delle mie labbra. – Di niente… –


Matthew esibì l’espressione di un uomo che si è ritrovato una Firebolt ficcata nell’estremità opposta alla bocca. – No, non è grandioso – si corresse. – E’ terribile, più che altro. –
– Aspetta – ripeté Ted, forse più cupo di prima. – C’è di peggio. –
– Cos’altro può aver detto di peggio? –

– Ma non sembrerà una cosa malata, vero? – si preoccupò ancora lei. – In fondo… in fondo nessuno sa che siamo quasi cugini… che dico? Siamo quasi fratelli! –
– A dire il vero – gracchiai quasi senza fiato, mentre il mio cuore andava lentamente in frantumi. – Non abbiamo una sola parentela di sangue… forse sì, una, ma piccola piccola…–
– Ma Ted! – si sorprese Victorie. – Perché dici così? Lo sai che ti voglio bene, un mondo di bene… proprio come ad un fratello! –


– Doloroso come un bolide nello stomaco. – mugugnò Matthew, lisciandosi il mento con fare riflessivo. – Insomma, come siete rimasti? –
Ted crollò il capo con evidente depressione. – Come vuoi che siamo rimasti? Andrò al ballo con lei. –
– Ragazzi? – la domanda fu posta da una voce gentile e trasognata; Lysa Scamandro, Grifondoro al settimo anno, sedette sul bracciolo della poltrona di Matthew, rivolgendo ai due uno di quei suoi sorrisi spontanei ma non troppo sani. – Di cosa state parlando? –
– Ted ha chiesto a Victorie di andare al ballo con lui. – spiegò il Capitano della squadra di Quidditch, per nulla disturbato dalla sua vicinanza o dalla sua intromissione. A nessun altro in quella Sala sarebbe stato concesso di sapere quell’imbarazzante storia, se non a Matthew ed a Lysa. I due migliori amici di Lupin.
Ad essere sinceri, né Ted né Matthew avrebbero potuto spiegare al mondo perché accidenti erano diventati amici di Lysa. Se tra i due ragazzi vi erano stati importanti elementi in comune come il Quidditch, la stessa stanza ed altri interessi simili, per contraltare il nascere del loro affetto per Lysa era avvenuto in modo totalmente inconsapevole; ed illogico.
Nipote del direttore del Cavillo, Lysa vantava un’aria perennemente svagata, assente. Piccolo genio nelle materie scolastiche, sembrava davvero incapace di non perdersi nei fantasiosi meandri della sua mente; una sognatrice minuta e delicata, con capelli biondo cenere e grandi occhi scuri, da ninfa. Lupin e Baston l'avevano conosciuta al primo anno ed… erano diventati inseparabili. Lei li aiutava coi compiti, lei donava sempre quei sorrisi rassicuranti ed un po’ folli, lei faceva regolarmente il tifo per loro ad ogni partita. Lei era Lysa, insomma, e i due erano suoi amici perché non avrebbe potuto essere altrimenti.
– E Victorie che ha detto? – domandò in quel momento, leggermente incuriosita.
– Di sì. – sospirò Ted, annunciando una delle notizie più belle della sua vita con la vivacità di un uomo intento a partecipare al funerale del fratello. – Ha detto che verrà con me. –
Lysa si attorcigliò una ciocca di capelli attorno ad un dito, vagando con quegli occhi trasognati per la Sala Comune. I due rimasero in silenzio, consapevoli del fatto che lei era solita pensare con quell'espressione da salmone sbalordito. – Ma… non sarà un problema, per voi, considerato il fatto che vi conoscete da quando siete bambini, che lei ti considera quasi quanto un fratello, e che di conseguenza ti vede con la sensualità di un muflone? –
– Lysa – agonizzai. – Ti voglio tanto bene… –
La giovane sorrise, serena. – Anche io, Ted. –
– Ma ho idea che dovrò Schiantarti. –
– Oh. – se ne dispiacque lei. – Però temo dovrai aspettare. Mi hanno mandato a chiamarvi, perché la squadra vi aspetta sul campo per l'allen...–
– L'allenamento! – starnazzò Baston, balzando in piedi ed afferrando Ted praticamente per la collottola. – Maledetto! – lo insultò, trascinandolo fuori mentre Lysa, con un sorriso tranquillo, li salutava entrambi agitando la bianca mano nell'aria tiepida della Sala.









Okay, siamo arrivati alla fine del primo capitolo. Non male xD
Per chi se lo stesse chiedendo... sì, Matthew Baston è proprio il figlio del celeberrimo Oliver.
Ammetto di essermi presa una certa licenza artistica, per Lysa
La Rowling la segna come secondogenita della coppia Luna Lovegood/Rolf Scamandro, e quindi nemmeno nei miei sogni più rosei potrebbe essere una coetanea di Ted e Matthew. Ma una personalità come la sua mi affascinava non poco, dunque ho deciso d'includerla^^
Spero potrete perdonarmi per questo OOC, che tra l'altro ho segnalato tra gli avvisi^^
Bene, per chi fosse arrivato sino qui in fondo senza vomitare... ovviamente chiedo, se possibile, di lasciarmi qualche consiglio per migliorare... e di attendere il secondo capitolo!^^
  
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