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Autore: Subutai Khan    26/06/2013    2 recensioni
Mai sentito parlare di Bokurano, vero? Lo immaginavo. Siete un branco di irrispettosi dei veri capolavori.
Beh, questa grave lacuna sta per essere colmata. In salsa Ranma, chiaramente, perché le cose troppo semplici non ci piacciono.
Genere: Angst, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Akane Tendo, Ranma Saotome, Ryoga Hibiki, Tatewaki Kuno, Ukyo Kuonji
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Bokurano 1/2'
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“Ranma! Ranma! Lo voglio fare anch’io! Anch’io voglio partecipare!”.
“Non se ne parla neanche, Akane. Tu non devi farlo, per nessun motivo!”.
“Ma... ma... sono anch’io un’artista marziale e per... quello sono disposta a...”.
“Mi ascolti quando parlo? È no. Non ti permetto di fare una stupidaggine del genere”.
“E allora perché tu la stai facendo?”.
“Perché voglio che tu resti qui, al tuo posto. Vicino alle tue sorelle e a tuo padre”.
“Ranma, fatti da parte!”.
“Pazza! Non ti permetto...”.
...
“Troppo tardi. Siamo in questa cosa assieme, adesso”.
“Akane... maledetta ragazzina suicida...”.
“Ha parlato quello che alla sua vita ci tiene. Tsk”.
“È diverso! Io...”.
“...hai qualcuno da proteggere. E io pure”.
“Sì, ma non a quel prezzo...”.
“Lo pagherò volentieri, se significherà la sopravvivenza di chi amo”.
“A costo della tua vita?”.
“A costo delle nostre vite”.
 
27 luglio 1989.
“Tieni, Akane. Il tuo tè”.
“Grazie Kasumi”. Le sorrido mentre me lo porge. E lo sguardo velato di tristezza che ricevo mi fa ricordare cosa è successo negli ultimi mesi e cosa sta per succedere.
La casa è vuota, tranne che per la nostra famiglia. Finiti i tempi in cui ogni due per tre qualcuno irrompeva in questa cucina, o in salotto, o nel dojo.
È proprio vero che funzionavi come magnete per i tizi strani, baka.
“Non... non riesco ancora a crederci...” dice la mia cara sorella maggiore mentre si siede accanto a me, la sua tazza che cozza leggermente contro la mia.
Oh, ti prego non ricominciare. Abbiamo affrontato questo discorso una marea di volte. Sai perché le cose stanno così. Lo sa Nabiki, che dietro a quella sua facciata da donna di pietra sta soffrendo. Lo sa papà, che da quel giorno non ha più messo il naso fuori dalla sua stanza. È un po’ troppo anziano per fare l’hikikomori, ma non me la sento di rinfacciargli anche questo. Ognuno gestisce il lutto come più crede giusto.
Chissà dov’è il signor Genma. Quando si è saputo che era il... turno di Ranma ha preso baracca e burattini ed è stato ingoiato dalla nebbia eterna. Non abbiamo più avuto sue notizie da quel momento.
Osservo di sbieco Kasumi, cercando di indagare la sua maschera di malinconia. Come reagirai tu? Finirai probabilmente con il cucinare venti pasti al giorno e con il lustrare questo edificio fino a farlo risplendere a sufficienza da accecare gli occhi. Hai sempre sfogato così, sin da quando è morta la mamma. A dire il vero è in parte dovuto al fatto che, essendo la più grandicella, hai preso a fare le sue veci con le faccende domestiche. Ma ormai quel modo di fare è diventato parte di te.
Nabiki. Lei... lei... santo cielo, non riesco a prevedere come si comporterà. La mente mi porta a pensare che non cambierà di una sola virgola, continuando a condurre la sua solita vita da piccolo boss della criminalità locale; il cuore mi spinge a credere che indosserà abiti bianchi per un paio di mesi e si taglierà una ciocca di capelli al momento topico. Immagino che, conoscendola, opterà per una giusta via di mezzo e non mostrerà niente di fronte a degli estranei, probabilmente neanche di fronte a loro due, per poi concedersi dei sani momenti di pianto nel porto sicuro della propria camera.
Papà... oh kami, povero lui. Mi dispiace papà, al solito sono stata avventata ed impulsiva e non ho proprio pensato alle conseguenze. Scusami, ti prego. Non volevo caricarti anche di questo dopo che hai vissuto in prima persona... la mamma.
Che figlia degenere. Dare un simile colpo all’unico genitore che ti è rimasto.
Eppure... eppure non me ne pento. Non posso. Se me ne pentissi perderei la forza, la determinazione, quella immensa dose di incoscienza che ci hanno fatti arrivare fin qui.
Va bene, fastidiosi intrusi penetrati abusivamente nella mia testa. Visto che continuate a scassare con i vostri “Che caspita sta succedendo, Akane? Si può sapere di cosa blateri?”, ora vi spiego per bene di cosa sto parlando.
Del perché siamo rimasti solo noi quattro Tendo.
E del perché presto resteranno in tre.
“Akane, mi stai ascoltando?”.
“Eh? Uh? Scusa Kasumi, scusa. Ero sovrappensiero. Ho degli ospiti indesiderati che sono curiosi di sapere”.
“Akane? Stai bene? Ranma non aveva fatto così”.
La ignoro. Pronti, impiccioni?
 
6 marzo 1989.
“Ora sareste così gentili da lasciarmi spiegare, signori?”.

Un tizio con un cappuccio sul volto ci osserva mentre io, Ranma, Ryoga, Mousse, Shan-Pu, Ukyo, Kuno e tutta la gente strana che si è concentrata in questa cittadina cerchiamo di rifiatare.
Mi sembra evidente che chi ci sta fronteggiando in questo momento non è un essere umano normale. Forse non è neanche un essere umano.
Lo abbiamo attaccato tutti assieme. Non un singolo colpo è andato a segno. Non uno.
Non sto neanche a spiegarvi per quale astruso motivo ci siamo ritrovati tutti assieme nello stesso posto, a pochi passi dal Nekohanten. Vi basti sapere che erano in corso zuffe di ogni forma e dimensione quando è spuntato questo qui.
E noi, da brave teste calde, l’abbiamo subito percepito come nemico nonostante non ci sia stata una sola azione ostile da parte sua.
Poi ha cominciato a sbeffeggiarci in questo bizzarro modo schivando la moltitudine di pugni, calci, nastri, spatole, bonbori, bastoni, fuochi d’artificio esplosivi e tutto quello gli scagliavamo addosso.
Tutto ciò non ha il minimo senso. Neanche il più terribile avversario è mai riuscito a ridicolizzarci tutti assieme con tanta facilità.
Pone nuovamente la sua domanda di attenzione e ci troviamo costretti a lasciargli fare quello che vuole, impossibilitati come siamo per impedirglielo.
Un sogghigno: “Devo ammettere che non siete affatto male. Le mie informazioni non sbagliavano. Potreste essere le persone più adatte”.
“Per cosa?”.
“Per affrontare una partita a scacchi con la morte”.
Meno male che la strada è deserta. Almeno nessuno ha sentito il profluvio di bestemmie e insulti che è improvvisamente volato.
“Calmatevi, galline starnazzanti. Calmatevi. Stavo solo citando Ingmar Bergman, ma ho idea che voi siate troppo buzzurri per sapere a chi e a cosa mi riferisco. Anche se, nel caso accettaste quello che sto per proporvi, non ci sarebbe alcuna partita”.
Una cosa che non mi dimenticherò mai finché campo: la sua voce. Era così... così inespressiva. Così priva di vitalità. Così disinteressata.
“La finisci di prenderci per il culo, coso?”.
“E chi vi sta prendendo in giro? Io sono un messaggero che non sottovaluta il proprio compito. E dovreste fare altrettanto, se sarete così accondiscendenti da lasciarmi spiegare”.
“E spiegati, stronzo”. Happosai, devi proprio sempre farti riconoscere.
Si siede nella posizione del loto e guarda per terra.
“Molto bene. La questione è semplice, in realtà: devo radunare sette esperti di arti marziali in rappresentanza di questa terra. Chi sarà abbastanza temerario da seguirmi parteciperà a un torneo informale da cui dipenderà il destino del mondo”.
...
...
Sul serio? Siamo finiti in un videogioco, per caso?
“So a cosa state pensando” riprende quasi subito “e vi assicuro che no, non vi sto ingannando o dicendo bugie o altresì facendo una qualunque azione scorretta o inappropriata. Per qualche strano motivo ho preso a cuore questo mondo e ho tutte le intenzioni di vederlo salvarsi”.
Ranma, la schiena ritta come una lastra d’acciaio e lo sguardo sprezzante, si stacca dal capannello e gli si fa sotto giungendogli a non più di un metro di distanza: “Dacci una sola prova di quel che dici”.
Lui non si muove di mezzo millimetro nel rispondere: “Non posso. Non ho nessun modo per dimostrarvi che quanto affermo corrisponde alla verità. Però lascia che ti chieda questo, Ranma Saotome: dopo quel che vi ho rivelato, ve la sentite di non credermi? Se fossi sincero e voi rifiutaste... avreste il mondo intero sulla coscienza. E non voglio che succeda. Vi prego di fidarvi di me”.
“Comincia a dirci come ti chiami, che è il primo passo”.
“Preferisci il nome che usavo da mortale o quello che ho assunto da quando sono asceso a questo ruolo?”.
E Ranma fa un passo indietro. È rimasto... scosso da quella domanda.
“Fai tu, è indifferente”. Sempre rapido a mostrarsi gradasso, quell’ammasso di perversione travestito da ragazzo.
“Quando ancora ero un essere umano mi chiamavo Jun Kitoh. E perdona se suonerò ovvio, Ranma Saotome, ma vorrei farti presente che un semplice nome non è sinonimo di fiducia istantanea. Per quel che ne puoi sapere me lo sono inventato seduta stante”.
“Sì, è vero. Ma hai risposto velocemente e senza esitare. E, per quanto l’informazione sia inutile, almeno mi hai dimostrato che stai cercando di essere onesto”.
“Era esattamente il mio scopo. Felice di vedere che, nonostante le apparenze, ogni tanto sai far funzionare la materia cerebrale. E sono anche felice di aver sciolto il primo muro, perché temo di non aver finito di riferirvi la mia missione”.
“Che c’è d’altro da dire? Andiamo, vinciamo questo torneo e il discorso si chiude lì”.
“Mi spiace doverti rompere le uova nel paniere, Ranma Saotome. Non è per niente così semplice. C’è una controindicazione”.
“E cosa?”.
“Vedete, chiunque abbia allestito questo piccolo spettacolo doveva possedere un senso dell’umorismo molto... peculiare. Perché ha trovato divertente aggiungere una postilla in calce ai combattimenti”.
“E la postilla sarebbe...”.
“Chiunque partecipa è condannato a morire. Senza scampo”.
...
...
...
...
...
...
...
...
...
Un videogioco horror, sì.
Come mi ammutolisco io si ammutoliscono tutti.
Senza quasi darci il tempo di dire una qualsiasi sillaba vediamo Happosai e Kodachi, uno da una parte e l’altra dalla parte opposta, prendere il volo e dileguarsi.
A quanto pare non sono d’accordo.
Li posso biasimare?
Mi volto in direzione di Ranma e lo vedo... tremare.
Ranma non trema mai. Mai.
Immagino gli sia capitato spesso di avere paura, gli piace atteggiarsi da supereroe ma è ancora un essere umano. Però non l’ho mai mai mai mai visto tremare.
“F-F-Fammi capire bene” balbetta “Chi accetta... di partecipare... muore?”.
“Sì. Senza eccezione alcuna. Evitatevi di sprecare il fiato che usereste per chiedermi il perché, non sono in grado di spiegarvelo. È così e basta, è sempre stato così e sempre così sarà. Il Torneo non risparmia nessuno, né vincitori né sconfitti. Inoltre...”.
“C-C’è dell’altro?”.
“C’è dell’altro. Per quanto possa essere impossibile da credersi, gli scontri si svolgeranno contro rappresentanti di realtà parallele. Artisti marziali come voi che qualcuno dei miei colleghi sta reclutando proprio in questi istanti. Così come voi porterete il fato della vostra realtà sulle spalle, doveste dirmi di sì, loro faranno la stessa medesima cosa con la propria”.
Di nuovo silenzio.
“Chi vince muore e salva il proprio pianeta dall’estinzione. Chi perde muore, perché naturalmente i duelli sono all’ultimo sangue, trascinandosi dietro l’intero creato. Una proposta feroce, me ne rendo conto. Perciò intendo lasciarvi scegliere in totale libertà”.
“Io non credo a questa pagliacciata!”. “Morire per salvare il mondo? Ma siamo matti?”. “Ci dev’essere un’altra possibilità...”. Frasi confuse che arrivano dalle mie spalle. La combriccola sta cercando di assimilare la notizia, esattamente come sto cercando di farlo io.
È... mostruoso.
Un’offerta del genere... allucinante. Morire dopo un singolo combattimento, sapendo a cosa si va incontro, per impedire la distruzione del mondo.
Da pazzi. È una cosa da pazzi.
Eppure... eppure... eppure capisco. Capisco perché si potrebbe rispondere di sì. Capisco il non fuggire via a gambe levate, come hanno fatto quelle due sagome del vecchio maestro e della Rosa Nera.
Capisco. Credo di capire.
E...
Ranma si volta verso il gruppone, che è rimasto statico per quasi tutta la durata del discorso. Nessuno dice niente, si muove, dà il minimo segno di vita.
“Se non ti dispiace vorremmo discuterne fra di noi. È una richiesta...”.
“Prego. Tutto il tempo che vi serve. E giusto per essere chiari fino in fondo: un eventuale rifiuto non implicherà nessun tipo di conseguenza. Sarete liberi di tornare alla vostra routine, con solo un'importante consapevolezza in più sulle vostre giovani spalle”.
Rientra nei ranghi e ci osserva tutti a turno, uno per uno.
Come tutti noi viene preso in contropiede quando la vecchia Cologne, senza preavviso, colpisce Shan-Pu sulla nuca facendola svenire.
“Che fai, mummia?” chiede Mousse, allarmato.
“Salvo la vita di mia nipote, ecco cosa faccio. Non le permetterò di partecipare a questa folle corsa. Andrò io al suo posto. Oltre ad avere molta più esperienza di lei, aumentando quindi le nostre possibilità di vittoria, è meglio offrire in sacrificio una vita piena e già fin troppo vissuta”.
“Peccato che noialtri non siamo così fortunati...” mormora Ranma.
“Mi chiedo perché nessuno di voi contesti la buffa storia di quello strano ometto” se ne esce Ukyo dal nulla “Non può essere vero, è talmente assurdo...”.
“Ucchan, io gli credo. Mi ha trasmesso chiaramente la sensazione di essere chi dice di essere e di non volerci fregare in alcun modo. Non so spiegarmi il perché ma ho questa convinzione, e difficilmente il mio intuito si sbaglia in maniera tanto clamorosa”.
“Sì, ma chi ci impedisce di mandarlo a quel paese e ignorare questo schifo?”.
“Nessuno. Nessuno ce lo impedisce. Come hai sentito, e come avete sentito tutti, siamo completamente liberi di dire di no. Ma voglio che sappiate: io ho intenzione di farlo”.
“R-Ranma...”.
“So perfettamente di star andando incontro a morte certa, sarò tonto ma non fino a questo punto. Eppure... avere la possibilità di scegliere il come e il perché... beh, è un’occasione che non capita tutti i giorni. Inoltre la posta in palio è molto, molto alta e, senza offesa, esclusa la vecchia credo di essere quanto di meglio possiamo offrire in termini di potenza combattiva. Se qua ci fossero stati, per dire, Daisuke e Hiroshi li avrei cacciati a calci per più di un motivo. E per lo stesso motivo...”. Si volta fulmineo nella mia direzione.
“So a cosa stai pensando, Akane. E la risposta è no”.
Ranma... non puoi decidere per me.
“Mi hai sentito, maschiaccio testardo? No. Non lo farai. Dovrai passare sul mio cadavere. E non sto scherzando”. Scrocchia le mani per dare più peso alle parole.
Credi di spaventarmi con così poco, mezz’uomo?
Ci sono altri discorsi in svolgimento: Mousse che credo stia rimproverando la vecchia per quanto fatto a Shan-Pu, senza minimamente rendersi conto di quanto quella bastonata sia stata un atto d’amore e di protezione; Kuno che, incredibilmente, invece di cianciare dei ciliegi in fiore e dell’amore di leggiadre pulzelle sta, ad occhio, riflettendo seriamente sulla situazione; Ukyo e Ryoga che discutono animatamente di qualcosa che non riesco a sentire.
Non m’interessa. Al momento la mia attenzione è totalmente focalizzata verso quel cretino col codino che, come al solito, non pensa mai a me e ai miei sentimenti.
D’accordo, in questo caso non si tratta della solita roba. Non ha fatto il cascamorto con un’altra delle sue presunte fidanzate, non mi ha rivolto nessun insulto, non è stato idiota come uno scaldabagno.
Però non può davvero prendersi la briga di decidere per tutti e due.
“Ranma, non puoi...”.
“Certo che posso”.
“Certo che non puoi! Dannazione, non riempirti sempre di testosterone fino alle orecchie. Non sono una maledettissima dama imprigionata nel castello del drago!”.
“Akane... tu...”.
“Ho capito il tuo discorso, cosa credi? «Lei è troppo debole, non sarebbe all’altezza. Inoltre devo pur mostrare il mio complesso del principe azzurro in qualche modo. E quale modo migliore di travestirmi da Kamen Rider Black, offrendomi in pasto a questo gioco crudele pur di salvare lei?». Beh ciccio bello, non funziona così. Proprio per niente. La tua principessa non è una sfigata incapace di difendersi da sola. Ho una mia dignità e una mia forza. E sto meditando di mettermi alla prova”.
“Akane! No, non te lo permetto!”.
“Non ho bisogno del tuo permesso, Saotome. Sono capace di decidere per me e per la mia vita. Il tuo discorso di prima era molto profondo e molto giusto e mi sono trovata d’accordo con ogni parola che hai pronunciato”.
A questo punto avviene l’inaspettato: Ranma mi prende per il bavero della divisa scolastica.
“Akane. Tendo. Togliti. Quella. Idiozia. Dalla. Testa”.
“Ranma. Saotome. Toglimi. Quelle. Manacce. Di. Dosso”.
Non sei l’unico a saper fare la voce grossa, caro mio.
E, com’era ampiamente prevedibile, obbedisce e mi lascia andare. Bravo cuccioletto.
“Akane” riprende, addolcendo il tono “non puoi gettarti a peso morto. Pensa a come staranno Kasumi, Nabiki e tuo padre dopo”.
Giochi la carta familiare? Potente, te lo concedo. Ma non basta.
“Staranno uno straccio, lo so. E tu... no, ok, non è vero che non puoi controbattere. La signora Nodoka dove l’hai dimenticata, stupidino?”.
“Mamma...”.
“Anche tu ti lascerai indietro qualcuno che soffrirà per la perdita. È vero, una sola madre non regge numericamente il passo con due sorelle e un padre, ma il concetto di base è lo stesso. E non mi sento neanche di escludere totalmente quella scimmia di tuo papà. Potrà comportarsi come un saltimbanco tutto il tempo, ma non credo che non sarebbe neanche sfiorato alla notizia di saperti morto. Provaci ancora, Ranma”.
“Non mi costringerai a essere persuasivo come la vecchia con Shan-Pu, spero”.
“Azzarditici solamente e neanche avrai l’occasione di partecipare a questo fantomatico torneo perché ti avrò spezzato le ossa prima. Non sto scherzando”.
Guardami bene negli occhi, Ranma, e capisci da solo che non sono mai stata più seria in vita mia.
Sempre migliore, il cagnolino. Afferra al volo e ritira quel brutto sguardo birichino con cui stava cercando di infastidirmi.
“Senti, tagliamo la testa al toro: facciam quel che dobbiamo fare assieme” propongo per uscire da questo insopportabile stallo fra teste quadre.
“Io... io non posso guardarti mentre...”.
“Perché, credi che sarà una passeggiata per me vederti mentre firmi la tua condanna a morte?”.
“Ma... ma io pensavo che...”.
Mi avvicino al suo orecchio, quello che sto per dire deve rimanere fra di noi: “Qualunque cosa quella tua testolina bacata potesse pensare... beh, ti assicuro che ti sbagliavi. Io... ti voglio bene, Ranma. Ed è anche per te se ho deciso di sottopormi a questa follia”.
“Tu... sei tutta matta...”. sussurra appena.
“Ovvio. Altrimenti come ti avrei sopportato sinora?”.
Mi discosto sorridendogli. Non voglio che la decisione più importante dei miei sedici anni venga macchiata da un litigio con lui.
No beh, questo è a dir poco inconcepibile: scorgo chiaramente, agli angoli dei suoi occhi, l’accenno di una lacrima.
Piantala, imbecille... o perderò tutto il coraggio...
“Ehi tu, tizio!” urla poi verso il portatore di quest’ultimo cataclisma “Come funziona esattamente per i turni? C’è un ordine preciso o veniamo tirati a sorte dal cilindro?”.
Quello alza appena la testa verso di lui, sempre badando a tenere il volto coperto. Ci terrà alla privacy.
“La seconda che hai detto. Estrazione casuale. E fra un combattimento e il successivo possono passare due ore come due mesi come due anni. Non c’è il minimo ritmo scandito in tutto questo. È un grande circo del caos”.
“Ma che bello”.
“Non so cosa dirti. Non sono io a stabilire le regole, io mi limito a trovare i duellanti e a metterli al corrente delle condizioni. Il resto” e punta un dito verso il cielo “lo decidono lassù”.
Ranma sbuffa, evidentemente insoddisfatto della risposta. Poi torna a guardarmi, molto meno aggressivo di prima.
“Akane... non ti voglio perdere”.
“Se hai deciso di partecipare succederà, lui è stato più che chiaro in proposito. A quel punto tanto vale farlo in due. O intendi lasciarmi qui... senza di te?”.
“Ma... ma...”.
“Niente «ma». Come hai giustamente detto tu: poter scegliere come e perché morire è privilegio per pochi. Farlo salvando il mondo... onestamente non potrei chiedere nulla di meglio. Nessuna alternativa mi appare altrettanto nobile e meritevole. Per una volta lascia che sia l’eroina che salva e non la civile che viene salvata. Mi costerà la vita? Ebbene, lo accetto. Si parla di salvare il mondo qui, non di pettinare le bambole”.
Discutiamo ancora un po’ dopo che lui, inaspettatamente, riprende vigore nella sua posizione. Nel frattempo il nostro ospite, dopo essersi finalmente alzato in piedi, ci mostra l’aggeggio che servirà a chiudere l’accordo per coloro che ne sono intenzionati.
“Mettete la mano su questo touchpad fluttuante e parteciperete ufficialmente al Torneo. Vi ho chiesto di rifletterci bene perché, una volta che lo toccherete, non potrete più tirarvi indietro. Sarete legati per la vita a questo contratto e le due cose termineranno assieme”.
Cos'è che dobbiamo toccare? Un touchche?
La bega con Ranma non sta andando come speravo. Si sta incaponendo con la forza della disperazione.
Ci vuole un’azione più definitiva.
Approfitto di un suo momento di distrazione e mi fiondo verso quell’affare. Cerca di fermarmi ma, per la prima e unica volta da quando ci conosciamo, riesco a essere più veloce di lui.
Tocco.
Andata, Akane. Sei un morto che cammina.
“Akane... maledetta ragazzina suicida...”.
Taci Saotome, taci. Ormai quel che è fatto è fatto. Puoi frignare quanto ti pare ma questo non cambierà lo stato delle cose.
Gli altri, da me colpevolmente ignorati sino a questo momento, si fanno avanti.
“Abbiamo deciso”.

The might of chaos descends
as we join the fight
against our common foe
the jaws of fate
 
 
Quattro mesi, ventuno giorni e... aspetta che consulto l’orologio... sei ore. Era mattina inoltrata, ora è pomeriggio.
Hanno accettato tutti.
Io sono l’ultima.
Ranma Saotome, Ukyo Kuonji, Ryoga Hibiki, Mu-Si di Joketsuzoku, Ku-Lun di Joketsuzoku, Tatewaki Kuno e Akane Tendo.
I sette campioni di questa terra.
Morti uno in fila all’altro.
Ovviamente, se sono qui a poter pensare tutto questo, i loro scontri li hanno visti vittoriosi. Alcuni hanno faticato davvero molto, come Kuno, mentre altri come la nobile Obaba hanno spazzato via il loro avversario in meno di un minuto.
Soprattutto lui, Kuno, mi ha incredibilmente sorpresa. All’atto della firma si è presentato blaterando il suo nonsense arcaico, ma non era il solito buffone. Appariva veramente convinto di essere stato investito dai kami di una missione divina, o qualche baggianata del genere. Ma se non altro è servito a non fargli prendere sottogamba la faccenda. E si è allenato strenuamente per quando sarebbe stato il suo turno.
Devo dire la verità: quando ha cominciato a parlare di retaggi della casata, di Tuoni Blu e Violetti e Multicolore e di come avrebbe scalato il monte Fuji a testa in giù... ho avuto un serio momento di terrore nel pensare che si sarebbe fatto carico del destino di tutti noi.
Invece ti devo proprio ringraziare, senpai. Sei stato magnifico. Come tutti loro.
E come dovrò esserlo io se non voglio ritrovarmi Kasumi e gli altri dal lato sbagliato.
“Akane! Ti sei imbambolata!”.
Uh? Oh sì, parli del diavolo a forma di sorella ed eccolo spuntare al tuo fianco.
“Scusa Kasumi. Stavo finendo di spiegare ai miei gentili ospiti cosa mi attende”.
“... ripeto, Ranma non ha avuto di questi problemi”.
“Lascia stare, lascia stare. Fai conto che non abbia detto nulla”.
“Come vuoi”.
Naturalmente ho dovuto dirlo, così come ha fatto Ranma e come hanno fatto gli altri. Non potevamo proprio sparire di punto in bianco senza la minima spiegazione. Poi è chiaro, il saperlo non lenisce neanche un po’ del dolore. Neppure un minuscolo granellino.
Mi si stringe il cuore a ripensare a Ryoga e a Ukyo. Loro non hanno avuto nessuno a cui poterlo riferire, nessun parente che si sarebbe disperato per loro. Specialmente lui, messo nella ancora più crudele situazione di averceli, i parenti, ma non poterli fisicamente contattare a causa della maledizione di famiglia riguardo il senso dell’orientamento. Terribile, per lui e per loro che hanno perso il figlio senza neanche saperlo.
E mi si stringe ancora di più a ripensare a Shan-Pu, anche se non se lo meriterebbe con tutti i tiri mancini che mi ha giocato. Ha visto morirle attorno la nonna e una persona che credeva di disprezzare ma, da qualche parte dentro di me ne sono sicura, in realtà non riteneva così nociva. E lei rimarrà e si porterà dentro quel dolore per sempre.
...
No, non ci voglio ripensare. Mi strazia troppo.
Mi chiedo come hanno fatto gli altri a sopportare questo stillicidio.
Sorseggio il mio tè e la osservo mentre torna a tagliare le carote.
Sì, per lei posso farlo. Per lei, per Nabiki, per papà, per zia Nodoka, anche per quel farabutto del signor Genma.
“Toh, sei ancora qui Akane. Meno male, spero di poterti palpare ancora un po’ prima di quel momento”.
Happosai mi guarda, con uno sguardo metà soddisfatto e metà da porco impenitente... chi voglio prendere in giro? È solo un porco impenitente. Regge pure il bottino dell’ultima caccia alle mutandine appena conclusa.
Per lui non lo farei, neanche fra mille anni. Però non sono nella posizione di poter fare distinzioni di sorta. O tutti o nessuno.
Per fortuna se ne va subito. Non lo avrei sopportato un solo istante di più.
Sto per tornare alla mia tazza quando...
Ecco come funziona: ti appare davanti in forma eterea. Non me l’hanno mai voluto dire.
“Tocca a te, Akane Tendo. Sei la chiave di volta di tutto il vostro Torneo”. Sembra che solo io possa sentirlo, visto che Kasumi non accenna alla minima reazione.
Scatto in piedi.
Respira Akane, respira finché puoi.
“Sei pronta? Devo portarti sul luogo del combattimento”.
No che non sono pronta, maledizione!
Ma devo andare comunque.
“Kasumi...”.
“Dimmi”.
“Salutami Nabiki e papà”.
“Akane, cosa stai dicendo?” mi chiede voltandosi verso di me.
“È il mio momento”.
E, per la seconda volta in quattro mesi, vedo piangere l’ultima persona dalla quale me lo sarei mai aspettato.
“Akane...”.
“Ti prego” le dico, anch’io sull’orlo delle lacrime “non rendermi tutto più difficile”. Mi rivolgo verso di lui mentre chiedo “Posso?”.
“Certo che puoi. Non saranno due minuti di ritardo a fare problemi”.
“Grazie”.
Poi mi avvento su di lei e la stritolo con l’abbraccio più forte di cui sono capace.
Addio, sorellina.
“Spero tu non faccia la fine del Grande Kung Lao con il principe Goro” commenta mentre mi afferra la mano e mi porta via. Eh? Non ho capito.

Here we stand on the firing line
here I'll walk in the field where I fight
I will fight or die for liberty
with the ghost standing next to me
   
 
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