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Autore: Laylath    26/06/2013    5 recensioni
Berthold Hawkeye 1860 – 1905.
E’ la quarta volta che mi trovo davanti alla tua tomba: quattro volte in circa quindici anni…
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Riza Hawkeye
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Military memories'
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Berthold Hawkeye 1860 – 1905.
 
Nel stare davanti a questa tomba, non posso far a meno di pensare alla figlia di Hughes.
Ricordo come al funerale del padre lo invocava disperata, infantilmente consapevole che il suo amato genitore non sarebbe più tornato a casa da lei.
Quella bambina ora è cresciuta: ha sette anni e va a visitare la tomba del padre tante volte.
Credo che in lei la malinconia e la tristezza siano mitigate da tutti i dolci ricordi che ha di lui. Nei tre anni che è stato con la figlia, quell’uomo le ha lasciato un amore indelebile che non potrà mai dimenticare.
Invece io non riesco a provare niente del genere davanti a questa lapide.
 
E’ la quarta volta che mi trovo davanti alla tua tomba: quattro volte in circa quindici anni…
 
La prima volta è stato per il tuo funerale.
Nemmeno allora c’era tristezza in me. Più che altro mi sentivo stranamente spiazzata, come un animale che è sempre stato in gabbia e improvvisamente vede che essa è stata aperta, il carceriere scomparso.
Nemmeno ora riesco a capire appieno il legame che avevo con te: eri l’unica persona che costituiva la mia famiglia, ma per quanto non mi abbia mai fatto mancare nulla a livello d’educazione e sostentamento, probabilmente, dopo la morte della mamma, non hai saputo che fartene di una figlia. Ricordo come mi guardavi, di tanto in tanto, quando credevi che io non me ne accorgessi: era come se ti chiedessi che cosa potevi fare con me. Ero come un libro di alchimia che non riuscivi a decifrare.
Già, l’alchimia. La tua ossessione, la tua vera figlia. Non ti sei mai reso conto di quante volte mi mettevo accanto alla porta del tuo studio, sperando di attirare la tua attenzione.Non hai mai alzato lo sguardo su di me quando mi dicevi di non seccare perché eri nel pieno dei tuoi studi…
In fondo sono perfettamente giustificata a non aver provato nessun dolore alla tua morte.
Ma è stato davanti a questa tomba che ho per la prima volta aperto gli occhi. Quell’allievo con cui hai condiviso il tuo sapere aveva in sé dei bellissimi ideali: delle speranze meravigliose che parlavano di un mondo finalmente in pace, dopo tanti anni di guerra. Era come l’eroe di una favola che promette di compiere grandiose gesta. Era completamente diverso da te.
E’ allora che ho deciso di mostrargli il tatuaggio… l’unica cosa che ci legava veramente, papà, forse più del sangue stesso. C’era tutta la tua esistenza in quelle formule, in quei simboli… ancora non so perché ti ho permesso di tatuarmi l’alchimia di fuoco sulla schiena. Forse mi illudevo di avere finalmente un ruolo nella tua vita, di essere almeno una volta riconosciuta come importante. E lo ero, ma non nel modo in cui avrei voluto: ero solo diventata la custode della tua ricerca, era lei la tua vera figlia.
E sia io che lui credevamo che quest’alchimia avrebbe aiutato il mondo…
 
La seconda volta che sono venuta a trovarti è stato prima di partire per l’Accademia Militare.
Mi sentivo così sicura di me, pronta a spiccare il volo lontano dalla gabbia in cui ero rimasta prigioniera per tutta la vita. Avevo deciso di condividere il suo sogno: costruire un mondo migliore, entrando nell’esercito, ponendo fine alle guerre e alla disperazione. Del resto è questo il ruolo di un soldato, no?
In qualche modo ero orgogliosa di questa sorta di ribellione nei tuoi confronti: avevo avuto il coraggio di lasciare questo posto, avevo deciso di affrontare davvero il mondo. E per di più lo facevo diventando un soldato, entrando a far parte di quell’esercito che odiavi.
Tu, invece, il mondo non l’hai mai voluto affrontare: ti sei chiuso in un universo che era solo tuo e del fuoco… e che al tuo allievo hai concesso di vedere solo in parte. E ringrazio che sia stato così: non l’hai coinvolto nella tua follia, lui non ha mai impostato la sua vita in una cerca che consuma ogni energia vitale.
E’ quello che dicevi sempre: quando un alchimista completa la sua ricerca, perde qualsiasi scopo nella vita.
Non è vero! E’ stata solo la tua scusa per scappare da questo mondo che ti spaventava così tanto.
Ho giurato a me stessa che non sarei mai stata vigliacca come te.
E questa promessa la mantengo sempre.
 
La terza volta è stata la più difficile… perché sembrava quasi che tu avessi vinto, che avessi avuto ragione a voltare le spalle alla vita.
Non eravamo riusciti a cambiare il mondo: l’alchimia di fuoco e l’esercito non avevano aiutato a vivere, ma, al contrario, avevano seminato morte. Io e lui siamo stati responsabili della fine di decine e decine di innocenti. Il sangue di un intero popolo sporca tutt’ora le nostre mani.
Nemmeno un mese prima avevo seppellito un bambino di Ishval: un cumulo di terra con dei bastoni legati insieme… nessun nome, nessun funerale. Eppure lui lo meritava come te, forse più di te nella sua innocenza.
Ishval. E’ stato come passare attraverso un fuoco che brucia di più della tua alchimia: una fiamma che ti segna in maniera indelebile l’anima. Le formule alchemiche di quell’eccidio sono state la follia di creature mostruose, ma anche quella di noi umani. Perché siamo stati marionette nelle loro mani, senza ribellarci a quello che era chiaramente un puro sterminio.
A volte mi sono chiesta se tu avresti approvato la mia decisione di cancellare per sempre l’alchimia del fuoco. So che lo sai: dopo di lui non ci sarà nessun Flame Alchemist… la tua ricerca morirà con lui. Le fiamme hanno bruciato le formule, rendendole illeggibili.
Sì, ha fatto male. Credo di essere anche svenuta durante quell’operazione… e sono certa che anche lui porta dentro di sé questa ferita: ma non avevo altra scelta. In fondo con questo gesto mi sono liberata dell’ultimo legame che ci univa. Il mio ruolo di custode era finito: potevo essere finalmente Riza Hawkeye e continuare a seguire i miei ideali esclusivamente per mia scelta.
Perché quelli la guerra non li ha uccisi, ma li ha resi più forti.
E sapevo che lui era la chiave di tutti questi miei sogni: avrei premuto sempre il grilletto per lui… ed ho avuto ragione a continuare a crederci.
 
E ora sono qui, la quarta ed ultima volta davanti alla tua tomba, papà.
E’ passato tanto tempo: quei due ragazzi che c’erano al tuo funerale sono cresciuti tantissimo e sono riusciti a cambiare il mondo, come avevano sempre voluto.
Non è stato facile e ci è costato tanto dolore e sacrificio, ma ora possiamo guardarci negli occhi e dire che ce l’abbiamo fatta. Persino Ishval sta risorgendo dalle sue ceneri… come la fenice, quell’uccello di fuoco che tanto ispirava la tua alchimia. Ma non è stata l’alchimia a far rinascere quel paese: è stato lo sforzo di decine di persone che ci hanno creduto. C’era anche lui, certamente, ma non è stato per le sue fiamme che io e gli altri l’abbiamo seguito… l’abbiamo fatto perché è una persona eccezionale che non ha mai smesso di sognare e credere, anche quando sembrava impossibile; anche quando tutto il mondo sembrava contro di lui.
Ed, inoltre, sai una cosa, papà? Quest’ultima volta che vengo a trovarti lo faccio con la consapevolezza di non essere sola. Ora ho una famiglia. E non è fatta di legami di sangue… la nostra storia ha dimostrato che a volte questi valgono ben poco.
No, sono semplicemente gli uomini della mia squadra. Vuoi sapere i loro nomi? Roy, Jean, Heymans, Vato, Kain e Black Hayate… persino un cagnolino ha avuto più considerazione per me.
Avresti molto da imparare da loro, caro papà. Impareresti che per cambiare la vita di una persona basta davvero poco, semplici gesti quotidiani che ti fanno sorridere. Mi rammarico: tu non sai cosa vuol dire sentire l’odore rassicurante di una sigaretta, o quello di roba da mangiare che viene puntualmente offerta. Non hai mai visto un sorriso sincero in una persona che ti porge un libro o quello imbarazzato di un ragazzo che ha portato di nascosto in ufficio un cucciolo trovato sotto la pioggia.
Non sai cosa vuol dire preoccuparsi davvero l’uno per l’altro.
Avresti potuto trovarle in me cose simili, non sai quanto l’avrei voluto, ma non me l’hai permesso.
Ma con loro è diverso: per loro sono importante e non una persona indesiderata.
Tu non desideravi altro che la tua alchimia.
Non hai voluto accettare nemmeno che nei suoi occhi brillassero tanti ideali che andavano al di fuori di essa.
Ma l’alchimia per lui non è tutto, anzi, è forse l’ultima delle sue priorità.
Lui non sarà mai come te, Berthold Hawkeye.
E non hai idea di quanto questo mi renda felice. 
  
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