Tsunade
lavorava a ritmi serrati da più giorni, ormai. Aveva
stupidamente pensato che una volta conclusa la guerra le cose sarebbero
andate
solo per il meglio, e invece ogni cosa sembrava sfuggirle di mano.
Troppe cose
da fare, e il mondo là fuori aveva comunque continuato a
girare. Le missioni da
svolgere erano nettamente aumentate, molti villaggi chiedevano aiuto
alla
adesso potente Konoha, terra di grandi ninja ed eroi che avevano
salvato tutti.
Era
sicuramente soddisfacente e gratificante essere visti e considerati
in quel modo, ma da una parte il fatto di non riuscire a soddisfare
tutte le
numerose richieste e in tempi decenti, la avviliva.
Dall’altra però, si sentiva
una meschina a chiedere ai suoi ragazzi di rimettersi sul campo dopo
così poco
tempo. Non avevano nemmeno avuto il tempo di raccogliere i pezzi delle
loro
vite, dopotutto. C’erano ancora squadre da rimettere insieme,
altre da
riformare a causa della morte di alcuni membri, altre ancora
completamente
distrutte.
Andò
alla finestra con una richiesta di aiuto che aveva catturato
subito la sua attenzione per la sua particolarità. Si
affacciò per respirare un
po’ d’aria fresca e guardare il suo villaggio
rimettersi in piedi dopo quella
disastrosa e sanguinosa guerra. Non era affatto facile, e stava
iniziando a
pensare di non riuscire a portare avanti tutto da sola.
Cosa
dovrei fare, Jiraya?
I suoi
pensieri furono interrotti da qualcuno che bussava alla porta,
per poi entrare dopo aver sentito il suo consenso.
“Hokage,
i ragazzi sono arrivati.” Annunciò Gai con aria
seria così
inusuale, per uno come lui.
“Falli
entrare…” disse massaggiandosi le tempie, cercando
di trovare
la forza di proseguire e la determinazione di una volta.
Gai
aprì la porta, permettendo ai sei ragazzi di entrare nella
stanza,
richiudendola subito dopo, lasciandoli da soli con Tsunade, la quale
non perse
tempo e prese una cartina del posto dove li avrebbe mandati, insieme
ovviamente
ai dettagli della missione scritti in un foglio.
“Bene
ragazzi, questa missione è un po’ particolare, per
questo
eccezionalmente manderò due squadre insieme,”
iniziò ad informarli, cercando
comunque di non essere troppo formale. “Non è una
caso che abbia scelto proprio
voi, quindi mi aspetto che collaboriate e cooperiate insieme senza
problemi,
perché ognuno di voi è essenziale per la buona
riuscita di questa missione.”
Continuò seria, guardandoli in faccia uno per uno.
“Shikamaru, tu sarai il
caposquadra.” Gli disse porgendogli la cartina e il foglio
della missione.
“Ino, Chouji, Kiba, TenTen, seguite sempre gli ordini del
caposquadra come se
venissero direttamente dati da me, siamo intesi?” chiese,
osservandoli annuire
senza obiezioni. “Per motivi logici non potrà
esserci un adulto per la
supervisione, ma sono sicura che Shikamaru sarà
più che adatto al ruolo come mi
ha già dimostrato più volte in passato. E
dopotutto, ormai non siete più dei
bambini, siete più in gamba di quanto io stessa possa
immaginare.” Aggiunse,
riuscendo a strappare un sorriso a qualcuno. “Mi dispiace
avervi dovuto
chiamare così presto, so che alcuni di voi non hanno ancora
nemmeno una casa,
ma ora più che mai non dobbiamo fermarci, dobbiamo andare
avanti, anche per
quelli che non ci sono più.” Disse guardando
Shikamaru, poi Ino, ed infine
TenTen. “Shikamaru vi dirà tutti i
dettagli della missione più tardi,
partirete domattina all’alba. Buon lavoro,
ragazzi.” Chiuse il discorso con
risolutezza, maledicendosi per essere diventata così fredda
e incapace di
comunicare quello che davvero provava.
I ragazzi
la salutarono educatamente prima di sparire dalla sua
stanza. Si morse un labbro, guardando una foto della sua vecchia
squadra,
soffermandosi su Jiraya, sbattendo poi un pugno sul tavolo, facendo
cadere in
giù la cornice con la foto.
Shikamaru
si era fermato subito nel corridoio per leggere le
informazioni riguardanti la missione, notando subito il grado S che
spiccava in
alto a destra sul foglio, cerchiato in rosso. Ricominciare con un grado
di
livello così alto poteva essere una buona cosa, in fondo.
Forse concentrarsi su
qualcosa di grosso e che non avesse a che fare con la guerra appena
finita era
quello di cui avevano tutti bisogno. Fino a quel momento il da fare non
era
certamente mancato, con la ricostruzione del villaggio e tutto, ma
andare via
per un po’ sarebbe stato benefico. Non avrebbero potuto
dimenticare, era
impossibile, ma perlomeno staccare un po’ la spina avrebbe
aiutato, anche se
ovviamente quella non era una vacanza.
La
missione riguardava un’omicida. Dovevano riconoscere e
rintracciare
questo assassino senza ancora un volto. Sembrava uccidesse le sue
vittime a
caso, apparentemente senza che queste ultime fossero collegate in
qualche modo.
Non avevo nulla in comune, se non dettagli davvero insignificanti ma
che forse
andavano approfonditi ulteriormente. Le vittime erano di sessi diversi,
uccise
in modo diverso, e in zone diverse. L’unica cosa che aveva
permesso di
collegare i vari omicidi era stato che l’assassino lasciasse
accanto ai corpi
un pezzo di nastro di stoffa colorato. Anche in quel caso i colori
erano differenti,
e non avevano un significato particolare per le vittime. Probabilmente
avevano
a che fare con un professionista, che si divertiva non solo a
depistarli, ma
anche a prenderli in giro.
Mise il
documento nella tasca della sua giacca, dirigendosi verso il locale
dove gli altri lo aspettavano. A dirla tutta non era corretto chiamarlo
“locale” visto che i lavori non erano ancora
terminati; ma per loro era già un
lusso riavere un tetto sulla testa, e avevano deciso di cenare tutti
insieme
almeno una volta a settimana per passare qualche ora in allegria e
spensieratezza.
Quando
arrivò sul posto notò che il tavolo non era stato
ancora
apparecchiato, ma tutti i suoi amici erano lì, puntuali come
sempre. Di solito
era sempre lui l’ultimo ad arrivare, dato che
l’Hokage lo tratteneva sempre più
del dovuto per studiare insieme piani e strategie in modo da riuscire a
completare più missioni possibili con il numero di ninja a
disposizione, che
tra l’altro era calato parecchio a causa dei morti in guerra,
e non solo. Molti
avevano deciso di ritirarsi, altri di trasferirsi, e non poteva di
certo
biasimarli. Però il villaggio doveva essere ricostruito
d’accapo e i soldi non
bastavano.
In ogni
caso, gli amici lo aspettavano fino a tardi anche se poi
cenavano, mettendogli qualcosa da parte. A volte trovava persino
qualcuno che
dormiva sfinito appoggiato sul tavolo, e lui non poteva fare a meno di
sentirsi
in colpa, sebbene si sentisse fortunato.
Per
fortuna quella sera la convocazione era durata meno del solito e
poteva cenare ad un’ora decente.
Ino
alzò la mano per far vedere dove fossero seduti,
indicandogli poi
il posto vuoto di fronte a lei, e non riuscì proprio a
trattenere un sorriso.
Dopo la morte dei loro padri il loro legame si era rafforzato molto, e
spesso
veniva frainteso dagli altri che spettegolavano maliziosamente, il che
ad
essere sincero non gli dispiaceva, e forse nemmeno a lei, a giudicare
dal suo
comportamento. Litigavano come sempre ma riuscivano a capirsi di
più, con la
differenza che entrambi erano maturati molto durante la guerra e si
erano resi
conto delle cose davvero importanti nella vita. E per lui Ino era una
di
quelle. Non le aveva ancora detto nulla riguardo a quello che provava
per lei,
ma contava di farlo presto. Non era più il codardo che si
nascondeva dietro a
banali scuse e paure pur di scappare. Nemmeno il fatto che
probabilmente Ino
non lo ricambiasse gli avrebbe impedito di lasciar uscire quello che
ormai si
teneva dentro da cinque anni, o forse erano anche di più.
Aveva iniziato a
contare il tempo che passava solamente dopo aver accettato la cosa,
quindi era
molto probabile che si fosse innamorato di lei molto ancora prima senza
saperlo. Se all’inizio aveva pensato ad una semplice cotta
adesso non poteva
più. Era passato davvero troppo tempo per continuare a dire
una cosa del
genere, e aveva provato innumerevoli volte e in ogni modo a togliersela
dalla
testa, ma non c’era stato proprio nulla da fare: era
impossibile scordarsi una
come Ino Yamanaka.
Ricambiò
il gesto di Ino alzando un po’ la mano, andando a prendere
posto dove gli aveva indicato e che probabilmente lei stessa si era
preoccupata
di tenergli perché sapeva che sedersi di fronte a lei e
Chouji gli piaceva.
Lo
salutarono tutti a parte Sasuke, cosa che non lo sorprese né
infastidì come le altre volte. Ormai quasi tutti avevano
accettato il ritorno
dell’Uchiha, al contrario invece di lui e Kiba che lo
tenevano sott’occhio e
che al primo passo falso non ci avrebbero pensato due volte a
sistemarlo. Lui
solitamente non giudicava la gente, ma per quel ragazzo era disposto a
fare
un’eccezione, perché dopo tutto quello che aveva
fatto non riusciva a credere
che fosse tornato sui suoi passi in modo così totale e
veloce. Non era
possibile, non gli credeva fino in fondo. Persino Ino era ancora
dubbiosa,
anche se non come lui, ed era quasi certo che anche Naruto non fosse
totalmente
convinto del radicale cambiamento del suo compagno di squadra.
Tuttavia, le
cose adesso sembravano tornate come un tempo e non sarebbe stato di
certo lui a
rovinarle, finché stava bene ai suoi amici, sarebbe stato al
gioco.
“Mamma
che fame, ma quando si mangia? Non hanno nemmeno
apparecchiato!” brontolò Chouji guardandosi
intorno probabilmente in cerca del
personale.
“In
effetti è strano,” fece Shino con la sua solita
aria tetra. “forse
sono tutti morti…” terminò, facendo
raccapricciare i presenti.
“Shino
non dire queste cose, per favore…” lo
pregò Hinata, imbarazzata
per lui.
Shikamaru
ghignò divertito, sporgendosi a guardare se arrivare
qualcuno, senza successo. Notò che anche gli altri tavoli
non erano ancora
stati serviti, e la gente poco a poco si spazientiva, mormorando
lamentele.
Dopo un
quarto d’ora, finalmente uscì il proprietario del
locale dalla
cucina. Sembrava in difficoltà per qualcosa, e lo
osservò girare inquieto per i
tavoli, forse per scusarsi con le persone. Arrivò anche al
loro tavolo,
chinandosi più volte, mortificato.
“Sono
davvero desolato, questa sera manca il personale e non so
davvero come fare… se volete andare via capirò,
anzi, penso che forse farei
bene a chiudere, a questo punto…”
spiegò il signore confuso e sudato.
“Cos’è
successo al suo personale, signore?” chiese Naruto dal suo
posto di capotavola.
“Non
ne ho idea,” si grattò nervosamente la testa.
“non si è
presentato nessuno, senza avvertire poi! Non era mai
successo!” esclamò stupito
quanto i ragazzi, che non sapevano cosa fare.
“Se
le serve posso darle una mano!” si offrì subito
Ino. “Potrei
andare ad apparecchiare e parlare con gli altri clienti, le sarebbe di
aiuto?”
chiese sorridendogli.
L’uomo
si illuminò, battendo le mani felice e sorpreso.
“Davvero
lo faresti? Non lo chiederei se non fossi davvero nei
guai…”
piagnucolò commosso, asciugandosi il sudore.
“Nessun
problema!” sorrise di nuovo Ino, alzandosi.
“Vengo
anche io,” si aggiunse TenTen. “tanto non ho
nemmeno fame!”
disse abbozzando un sorriso debole.
“P-posso
venire anch’io?” domandò Hinata,
guardando l’uomo che
sembrava essere rinato e che si asciugò le lacrime,
sentendosi letteralmente
salvato. “Siete degli angeli, ve ne sarò
eternamente grato! Venite pure, da
questa parte!” indicò verso la cucina.
Shikamaru
osservò la scena in silenzio, guardando Ino ascoltare
attentamente le direttive dell’uomo, per poi andare agli
altri tavoli, calmando
la gente che sembrò rapita dalle sue parole.
“E’ incredibile…”
mormorò. Non era
davvero stupito, Ino aveva sempre avuto quest’istinto
più forte di lei che la
portava sempre a preoccuparsi per chi vedeva in difficoltà e
ad aiutarlo,
probabilmente non sarebbe cambiata mai.
“Lo
sai, è fatta così!” affermò
Chouji sorridendo.
“Tu
non vai, Sakura-chan?” chiese Naruto notando che fosse
l’unica
rimasta seduta con loro.
Lei lo
guardò male, indicando la sua faccia.
“La
vedi questa? Non faccio una dormita decente da non so quando a
causa dei turni sballati in ospedale. Sono sfi-ni-ta.”
Sillabò lentamente.
“Francamente non so come faccia Ino a stare ancora in piedi,
con i turni che
abbiamo fatto…” finì sbadigliando,
portando le braccia sul tavolo per
appoggiarci la testa sopra.
Shikamaru
tornò a guardare Ino, ricevendo subito una piccola gomitata
da parte di Kiba seduto accanto a lui.
“Amico,
se continui così la consumerai! Ormai non ti preoccupi
nemmeno
più di essere discreto, ti manca solo la bava alla
bocca… mi fai impressione!”
lo prese in giro Kiba, ridendo di gusto.
“Ehi,
non prenderlo in giro! Shikamaru non è
così!” si alterò
seriamente Chouji, sgridandolo. Tutti sapevano quanto fosse buono e
pacifico,
l’unico modo per farlo andare fuori di testa era dargli del
ciccione, mentre
tutto il resto gli scivolava addosso, o comunque lo affrontava in
assoluta
tranquillità. Ma sapevano anche quanto fosse legato a
Shikamaru. Non sopportava
quando i suoi sentimenti venissero sminuiti, nessuno poteva
né sapere né capire
quanto fosse stato male il suo migliore amico in tutti quegli anni, in
silenzio, senza che nessuno se ne accorgesse, tranne lui. Amava Ino in
silenzio
da quando lo conosceva, anche se aveva tentato più volte di
convincerlo a farsi
avanti perché tra loro non si sarebbe mai potuto rovinare
niente, ma non c’era
stato verso; i dubbi e le paure erano state più forti.
Kiba si
accigliò; vedere Chouji arrabbiarsi era raro tanto quanto
vedere Shino ridere. Forse aveva esagerato.
“Va
tutto bene, Cho… tranquillo.” Lo
tranquillizzò Shikamaru, per
nulla toccato dalle parole di Kiba. Guardò stancamente il
soffitto, immaginando
che al suo posto ci fossero le sue tanto amate nuvole.
Aspettarono
tutti più di un’ora mentre le ragazze continuavano
a fare
avanti e indietro dalla cucina. Kiba notò come fosse abile
TenTen nel
maneggiare piatti e posate; sicuramente era dovuto alla sua innata
capacità di
destreggiarsi con le armi neanche fossero caramelle. Non aveva ancora
incontrato qualcuno con la stessa abilità e passione che
aveva lei. Notò anche
che per tutto il tempo non avesse sorriso nemmeno per sbaglio, aveva
l’aria
tremendamente seria e imbronciata, nonostante stesse facendo una bel
gesto.
“Ehi
Lee,” lo chiamò, facendo un cenno con la testa
verso la ragazza
in questione. “Me la ricordavo più
sorridente,” ammise, facendosi serio. Vide
il ragazzo dalle sopracciglia folte scuotere la testa, sospirando.
“E’ così da
quando è morto Neji…” disse soltanto,
triste nel vedere la sua compagna in
quello stato. Kiba rimase in silenzio ad osservarla, chiedendosi se
fosse
soltanto per quello o invece per il motivo per il quale Neji era morto.
Dopo
più di un’ora e mezza, proprio quando alcuni di
loro iniziavano a
chiedersi se fosse veramente il caso di rimanere ancora lì o
cercare un altro
posto, le ragazze arrivarono finalmente con la cena, anche se
tecnicamente
nessuno aveva ancora ordinato. Ma con la fame che avevano ormai,
avrebbero
spazzolato volentieri qualsiasi cosa che fosse commestibile.
Ino
iniziò a sistemare le posate, mentre TenTen pensava ai
bicchieri e
ai tovaglioli, ed infine Hinata portava i primi piatti di carne o
pesce.
“Ragazzi stasera è andata
così, quindi accontentatevi, anche perché non
pagheremo nulla! Se a qualcuno dovesse capitare un piatto che non gli
piace può
provare a scambiarlo con qualcun altro, sennò a letto senza
cena!” scherzò la
ragazza cercando di sdrammatizzare, facendo ridere gli amici.
Passò poi da
Shikamaru, controllando che le posate ci fossero tutte.
“Ehi,
tutto bene? Non starai esagerando con il lavoro?” gli chiese
lui
piano, preoccupato.
Lei
sorrise, facendogli l’occhiolino. “Questa
è la frase che ripeto
sempre a te, non rubarmela!” rispose lei, toccandogli poi una
spalla per
rassicurarlo. “E’ tutto ok, davvero!” gli
sorrise ancora tranquilla. Il ragazzo
si arrese quindi al suo sorriso, e da lì la serata
passò senza altri intoppi.
Gli sembrava davvero di essere tornato indietro nel tempo a sentire le
risate
degli altri, era come se il tempo non fosse mai passato. Forse a
vederli così
qualcuno avrebbe potuto giudicarli male viste le varie tragedie che
avevano
avuto e i lutti subìti. Ma lui lo sapeva, la gente aveva
sempre qualcosa da
dire, a prescindere da come si fossero comportati. Senza contare che
molti
ignoravano che in quelle risate c’era solo la voglia di
riscattarsi e
riprendersi tutto quello che gli era stato tolto, non potevano di certo
sapere
che, ad esempio, Hinata passasse ogni mattina al cimitero a trovare suo
cugino
e pregare per lui, accompagnata da Kiba e Shino.
Non sapevano che Sakura dormisse ormai tutte le sere da Naruto
perché incapace
di dormire da sola senza che gli incubi la terrorizzassero e lui fosse
lui che
sembrava riuscire a calmarla, non sapevano nemmeno che Ino si
addormentasse
sfinita dai pianti per la perdita di suo padre. La gente vedeva
soltanto quello
che voleva vedere, era sempre stato così, ed era per questo
che lui aveva
iniziato a fregarsene altamente di quello che potevano pensare gli
altri, anche
se in fondo non è che gliene fosse mai importato davvero
qualcosa.
Finita la
cena si salutarono tutti dividendosi, tranne i ragazzi che
sarebbero dovuti partire da lì a poche ore, ormai.
“Allora
ci vediamo domani alle cinque in punto alle porte di Konoha.”
Si raccomandò Shikamaru, accendendo una sigaretta.
“Chi arriverà in ritardo per
punizione porterà gli zaini degli altri per tutto il
viaggio.” Minacciò
seriamente, guardando Kiba.
“Ohi,
perché guardi me? Piuttosto…” disse,
curioso come sempre. “Di
che missione si tratta, questa volta?”
“Ne
parleremo domani durante il viaggio.” Terminò
Shikamaru, salutando
e avviandosi verso casa, seguito da Ino e Chouji.
Kiba
sbuffò. Non gli erano mai piaciuti i misteri e partire senza
conoscere nulla della missione non gli dava la giusta carica che gli
serviva
sempre. Si voltò per tornare a casa come tutti, notando
però che TenTen era
rimasta immobile a guardare la strada. Sembrava immersa nel suo mondo,
in
chissà quali pensieri. Ebbe un moto di compassione per lei,
non l’aveva mai
vista così e avrebbe voluto evitarlo, non era decisamente un
bel vedere. In
generale a lui non erano mai piaciute le persone tristi e musone,
specialmente
le ragazze. Per questo finiva sempre col fare il buffone per farle
sorridere,
gli veniva naturare, era più forte di lui. TenTen
però non gli faceva venire
voglia di scherzare, bensì voglia di capire cosa le passasse
per la testa, cosa
provasse.
Era curioso di sapere se era quello che aveva provato lui nel vedere
Hinata
rischiare la vita più volte per un’altra persona.
Se fosse morta, adesso
probabilmente saprebbe esattamente cosa stesse pensando e
provando la
ragazza di fronte a lui. Le si avvicinò silenziosamente, non
voleva disturbarla
né spaventarla. Lei sembrò notarlo ma non disse
una parola, guardandosi intorno
come se si fosse appena svegliata e fosse arrivata lì per
caso.
“Ti
accompagno a casa.” Decise lui istintivamente, pensando che
forse
Tsunade non avrebbe dovuto mandarla in missioni in quelle condizioni.
Poi però
si rese conto che quasi certamente non ne sapeva nulla, occupava
com’era sempre
da mille cose.
“Non
ne ho bisogno.” Rispose lei in modo deciso, ricordandosi
solamente in quel momento che doveva tornare a casa.
Ma Kiba
non era uno che mollava per così poco, e iniziò a
camminare
dietro di lei.
“Non
ho detto che ne avessi bisogno,” le disse, osservandola bene.
“mi
fa piacere, e poi abitiamo anche vicini!” ghignò,
notando che lei accelerava il
passo.
“Lui
non mi ha mai accompagnata a casa…” disse lei in
un soffio più a
se stessa che al ragazzo, che però riuscì a
sentirla grazie al suo udito più
sviluppato del normale. “Va via.” Lo
invitò lei, prendendo a camminare ancora
più veloce.
“Ti
dò fastidio?” chiese lui, tenendo il passo veloce
della ragazza,
standole sempre dietro.
“Va
via ho detto!” gli urlò lei arrabbiata, mettendosi
a correre
all’improvviso.
“Ma
che ti ho fatto?”
La
ragazza si fermò di botto dopo aver corso per un bel
po’ e vedendo
che Kiba non accennava ad esaudire la sua richiesta. Tirò un
pugno su un muro,
facendolo crepare lievemente.
Il
ragazzo sbarrò gli occhi correndo infuriato verso di lei,
afferrando la mano con la quale aveva sferrato il colpo. “Ma
dico, sei
impazzita? Vuoi buttare di nuovo giù tutto?” le
chiese urlandole contro,
sapendo quanta fatica stessero facendo tutti quanti per rimettere le
cose a
posto. Lei liberò il suo braccio dalla presa, e Kiba si
accorse che stava
sanguinando. Mugugnò qualcosa afferrandole di nuovo il
braccio e osservò meglio
la mano: si era procurata un taglio e stava tremando. Prese subito una
benda
dalla tasca dei pantaloni che si solito utilizzava proprio per i primi
soccorsi, quelli di lieve entità che non richiedevano
l’intervento di un ninja
medico. Le asciugò il sangue con un fazzoletto e poi la
fasciò subito, cercando
di non stringere troppo. “Quando arrivi a casa
disinfettala,” le disse seccato.
“e risparmia le energie per la missione.
Buonanotte…” la salutò infine,
lasciandola da sola come voleva.
Il giorno
dopo, alle cinque in punto come dettato da Shikamaru, i
ragazzi si radunarono davanti le porte di Konoha pronti a partire. Kiba
notò
subito che TenTen aveva ancora la fasciatura che le aveva fatto la sera
prima e
sospirò contrariato. Che fosse combattiva lo sapeva, ma
anche così dannatamente
testarda, no.
Mentre
camminavano, Kiba rallentò il passo di proposito per
rimanere
per ultimo insieme a TenTen."Ti avevo detto di disinfettarla!" Le
disse piano, per non farsi sentire dagli altri. Non voleva che
diventasse un
affare di stato, e poi si sentiva in colpa per averle provocato quella
reazione, anche se non l'aveva di certo fatto apposta.
“Scusa
per ieri,” iniziò la ragazza, che sembrava
più ragionevole
rispetto alla sera precedente. “Non so cosa mi sia
preso...” si scuso
sinceramente, guardandolo dispiaciuta. “Ripagherò
quel muro con i miei
soldi...”
Kiba
sorrise, infilandosi le mani in tasca. “Facciamo a
metà, ok?
Dopotutto se non avessi fatto lo zuccone non ti saresti arrabbiata
così,”
spiegò lui, sentendosi un po' in imbarazzo. Non era abituato
ad essere così
arrendevole con qualcuno, specialmente con una ragazza. Né
ragionevole, né
carino. Diventava così idiota solo quando si trattava di
Hinata.
Ino
guardò indietro con la coda dell'occhio, incuriosita.
Camminava di
fianco a Shikamaru, mentre Chouji rimaneva stranamente dietro loro due
a
mangiare patatine come al solito, e TenTen insieme a Kiba per ultimi.
Li aveva
intravisti parlare prima, mentre adesso se ne stavano in silenzio e
l'Inuzuka
rimaneva sempre accanto a lei, stranamente tranquillo. Va bene che
erano in
missione, ma lui di solito era il primo a fare casino, a stuzzicare gli
altri
quando si annoiava, a provarci con lei quando capitava, e la cosa le
puzzava
parecchio. Guardò il profilo di Shikamaru che guardava
davanti a sé con
un'espressione così seria che la fece arrossire, e
inciampò distrattamente su
una pietra che non aveva visto, rischiando quasi di cadere, provocando
delle
risatine da parte di Chouji, a cui non era sfuggito nulla.
“Imbranata.”
La ammonì Shikamaru, voltandosi a guardarla per darle
un'occhiata veloce e assicurarsi che fosse tutto a posto.
“Ci
sono sassi ovunque!” Cercò invano di giustificarsi
lei agitandosi,
non sopportando lo sguardo del ragazzo su di sé che sembrava
scavarle dentro.
Aveva paura di venire beccata a fantasticare su di lui, che era
già di per sé,
imbarazzante di suo. Da quando si era scoperta innamorata di lui aveva
cercato
di nasconderlo come meglio poteva, riuscendoci anche piuttosto bene.
Poi aveva
deciso di accettarlo e aspettare di capire di cosa esattamente si
trattasse, se
di cotta, infatuazione, attrazione, ed era venuta a sapere di lui e
Temari.
Aveva un tempismo da schifo, lei. Era sempre stato così.
Adesso però iniziava
seriamente a preoccuparsi del fatto che oltre ad aver scoperto di
amarlo
davvero, la cosa le stava anche sfuggendo un po' di mano, e non capiva
il
perché. Forse semplicemente non voleva nasconderlo, lei non
aveva mai fatto una
cosa del genere, non era abituata. Quando era stata innamorata di
Sasuke non
l'aveva di certo tenuto per sé, e nemmeno quando Sai aveva
iniziato a piacerle.
Sia che si fosse trattato di amore, che di semplice infatuazione, lei
l'aveva manifestato,
le era sembrato naturale così.
Ma con Shikamaru era diverso, non poteva permetterselo. Erano amici
d'infanzia,
non poteva rischiare di perderlo così. E Oltretutto erano
anche compagni di
squadra, per non parlare di Temari. Troppe cose in mezzo, troppi
rischi, e
sentirsi respingere da un altro ragazzo non era di certo quello di cui
aveva
più bisogno, in quel momento.
Il
problema di non riuscire più a nasconderlo tanto bene come
all'inizio però continuava ad esistere, si stava esponendo
troppo senza nemmeno
rendersene conto. Prima o poi sarebbe esplosa, si conosceva fin troppo
bene.
Il
ragazzo la riscosse dai suoi pensieri, poggiandole una mano sulla
testa e scompigliandole un po' i capelli. “Stai
attenta.” Le disse soltanto. Ma
ad Ino bastò per sentire il cuore fare le capriole e correre
all'impazzata.
Appena si
fermarono per fare una piccola pausa, Shikamaru iniziò a
spiegare il tipo di missione che avevano, cercando di non tralasciare
nulla,
anche se i dettagli erano davvero pochi.
“Ma
scusa, perché non hanno mandato una squadra Anbu? Mi sembra
più
una missione adatta a loro, che a noi... non siamo mica investigatori
privati!”
si lamentò subito Kiba come previsto. In effetti aveva
ragione, a parte il
piccolo dettaglio riguardante la squadra speciale Anbu.
“Degli
Anbu è rimasto ben poco,” ghignò lui
ironico, accendendo una
sigaretta. “La maggior parte sono morti, e quelli rimanenti
già impegnati
altrove.” Spiegò Shikamaru lanciando occhiate in
giro per assicurarsi che non
ci fosse nessuno nei paraggi.
Kiba
annuì comprendendo la gravità della situazione,
bevendo un po'
d'acqua dalla sua bottiglia, asciugandosi poi con il braccio.
“Siamo davvero
nella merda.”
Arrivati
sul posto, i ragazzi andarono per prima cosa dal capo del
villaggio per avere tutta la documentazione riguardante gli omicidi,
cercando
di ottenere quante più informazioni possibili, ma con scarsi
risultati.
Passarono tutto il pomeriggio a fare dei sopralluoghi nelle zone in cui
erano
morte le vittime, ma non riuscirono a cavare un ragno dal buco.
Arrivata la
sera e aver mangiato qualcosa al volo, Shikamaru propose di andare a
sistemarsi
con le tende nella zona poco fuori da quel villaggio per fare il punto
della
situazione e passare lì la notte.
Mentre
Shikamaru rileggeva tutti i documenti nelle loro mani, gli
altri montavano le tende e accendevano due piccoli fuochi per avere
più luce
possibile visto che probabilmente sarebbero rimasti svegli tutta la
notte per
studiare la missione.
Ino si
presentò davanti a Shikamaru, porgendogli una tazza di
caffè.
“Amaro, giusto?” Chiese conoscendo già
la risposta, dopo tutti quegli anni
insieme. Lui fece un mezzo sorriso accettando il caffè,
immergendosi di nuovo
nella lettura. Ino si sistemo accanto a lui, dando un'occhiata a quei
fogli con
aria interessata, ma con una strana sensazione di angoscia.
Tra le vittime c'erano anche ragazze giovanissime, e non riusciva
davvero a
capire come una persona potesse fare così tanto male.
Malattia? Pazzia?
Vendetta? Forse avrebbero dovuto partire proprio da lì, ma
certamente Shikamaru
aveva già pensato a qualcosa, conosceva bene quella luce nei
suoi occhi. Era la
stessa che aveva avuto durante la guerra, quando gli era venuta in
mente
quell'idea geniale e aveva chiesto il suo aiuto.
Aveva aspettato quell'occasione da sempre forse, sicuramente da quando
Temari
l'aveva sminuita quando era ancora inesperta e l'aveva quasi convinta
di non
essere utile a nessuno. Ma si era allenata, aveva studiato come
un'ossessa per
raggiungere i suoi obiettivi, per non sentirsi mai più
così inutile ed
impotente. E quando Shikamaru le aveva fatto quella richiesta, aveva
sentito
come un fuoco accendersi dentro lei, mettendoci tutta se stessa per non
fallire. Era andata bene alla fine, forse anche più di
quanto avesse sperato,
ma senza di lui di certo non ci sarebbe mai arrivata da sola.
“Cosa
hai trovato?” Gli chiese, leggendo lo stupore nei suoi occhi.
“Beh...”
iniziò lui, sorseggiando il suo caffè.
“Credo che questa
persona lavori per qualcuno. Da quello che ho potuto constatare nei
vari
rapporti, non c'è assolutamente nulla che leghi tra loro le
vittime, e nemmeno
un motivo valido da far pensare che qualcuno volesse
ucciderle.” si fermò,
facendo segno agli altri di raggiungerlo, riprendendo quando ebbe la
loro
attenzione. “Il modo in cui sono state uccise è
diverso, e questa è stata la
cosa che mi ha fatto riflettere. Se si fosse trattato di un regolamento
di
conti, di una banda criminale ad esempio, sarebbe venuto fuori qualcosa
già da
un pezzo. Cosa che sarebbe comunque risultata strana, visto che hanno
ucciso
anche ragazze giovanissime.”
Bevve un altro sorso di caffè. Sembrava che tutti pendessero
dalle sue labbra,
ma la cosa ormai non lo infastidiva più, c'era abituato.
“Questo però non vuol
dire che la persona in questione sia un dilettante, anzi. Uccide in
modo
diverso semplicemente perché obbedisce agli ordini di
qualcuno. Probabilmente
questo signor qualcuno non può e non vuole sporcarsi le
mani, e sapendo che
sarebbero scattate le indagini, ha ordinato di depistare. Ma per fare
una cosa
del genere devi avere o molti soldi o una gran potere.”
“E
i nastri?” Chiese Kiba, cercando di immaginare chi potesse
volere
la morte di persone innocenti e ovviamente il movente.
“In
un primo momento ho pensato che anche quelli fossero stati messi
per depistarci. Poi li ho analizzati meglio, e ho notato quanto ognuno
di quei
nastri fosse come consumato e un po' bruciato. Ma le vittime non hanno
segni di
bruciature sul corpo, né segni di soffocamento, che
ovviamente sarebbero stati
più che visibili.”
Chouji
deglutì, come se gli stessero raccontando una storia
dell'orrore.
“È
un jutsu?” Disse quasi di riflesso Ino, senza che se ne
accorgesse.
Shikamaru
la guardò sorpreso un'altra volta, ghignando.
“E
brava Ino, bingo.”
“Scusa
ma che tipo di jutsu comprende un nastro?” Domandò
Kiba
perplesso grattandosi la testa.
Tenten
che aveva ascoltato tutto con molta attenzione sembrò
illuminarsi.
“Beh
è una tecnica che ormai non usa più nessuno,
è parecchio
vecchia...” disse la ragazza, esperta di armi ninja.
“Anzi, se non ricordo male
fu vietata molti anni fa, perché considerata troppo
pericolosa e disumana.
Anche se siamo dei ninja ci sono delle regole e dei codici da
rispettare,"
si fermò un attimo a riflettere, poi riprese più
decisa.” In pratica si impastava
in una palla di nastro il chakra in modo che, quando la persona ne
veniva a
contatto, scoppiasse come una bomba. Ma la persona in questione non
moriva
bruciata o spappolata, come normalmente dovrebbe accadere con una
normale
bomba; piuttosto la vittima sarebbe stata vittima della sua
più grande paura.
“Per
questo le morti sono tutte diverse...” disse Kiba, iniziando
a
collegare.
Chouji
aprì un pacco di patatine, iniziando a mangiare
freneticamente.
“Ma
se questo jutsu è stato vietato da anni... chi
può esserne a
conoscenza?”
“Beh,
questo non è così strano.” Riprese
Shikamaru. “Ci sono molti
jutsu che sono stati vietati, ma qualcuno che le usa nonostante tutto
c'è
sempre.”
“Conoscerlo
però è un conto, metterle in pratica un altro. Vi
assicuro
che questo richiede una quantità di chakra non indifferente,
oltre che una
padronanza da manuale...” affermò Tenten con
sicurezza.
“Scusa,
ma...” intervenne
di
nuovo Kiba, che continuava a rimuginare. “Perché
si usa proprio un nastro?”
“Come
ho detto prima, questa tecnica è vecchia, molto vecchia.
Risale
ai tempi in cui si combatteva ancora come dei primitivi, quando non
c'erano
armi vere e proprie, ma si arrangiavano alla meglio. Con carta e
nastri.” Disse
Tenten, togliendogli infine ogni dubbio.
“Ok,
così si spiegano molte cose...”
rimuginò Ino. “Sappiamo come
uccide, ed è sicuramente un bel passo avanti... ma non
sappiamo ancora il
perché. Né abbiamo idea di chi possa
essere...”
“Beh,
siamo arrivati soltanto stamattina e siamo già a buon punto,
no?” Chiese Kiba, rivolgendosi a Shikamaru che
annuì. “Potete andare a
riposare, se volete... grazie, TenTen.” Ringraziò
il ragazzo, vedendola
accennare un sorriso. Il gruppetto si sciolse, tornando alle tende
lì vicino.
Chouji si mise davanti al fuocherello aprendo un altro pacco di
patatine,
mentre TenTen entrò nella sua tenda, e Kiba finì
di sistemare la propria.
Soltanto Ino era rimasta con Shikamaru, che aveva ripreso a studiare i
documenti. Sorrise, pensando a quanto fosse cambiato. Fino a qualche
anno prima
era così pigro che già alzarsi dal letto gli
risultava faticoso, mentre adesso
lavorava sempre senza sosta.
Gli mise
una mano sulla spalla, richiamando così la sua attenzione,
facendolo voltare verso di lei.
“Andiamo
a dormire?” Gli chiese, sapendo che altrimenti sarebbe
rimasto probabilmente tutta la notte a leggere e rileggere quei fogli.
Lui
sorrise ironico, mettendo subito via tutto, bevendo l'ultimo sorso
di caffè rimasto.
“Prima
mi porti il caffè e dopo mi chiedi di andare a
dormire?”
“Perché
pensavo che avremmo passato tutta la notte a lavorare!” Si
difese lei, aggrottando le sopracciglia.
“Non è colpa mia se sei un genio!”
“Quindi
sarebbe colpa mia?”
“Come
sempre.” Gli disse, facendogli la linguaccia e alzandosi.
“Buonanotte!”
“Notte...”
sussurrò lui, vedendola allontanarsi e sparire nella sua
tenda.
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Il giorno
dopo i ragazzi decisero di fare un giro di ricognizione,
dividendosi in quel piccolo villaggio per vedere come andavano di
solito le
cose, prestando attenzione ad ogni dettaglio che potesse rivelarsi
utile per la
loro missione, fermandosi anche a chiedere alla gente con domande non
troppo
sospette e a volte persino banali, ma che potevano essergli di aiuto.
Sembrava tutto
regolare e tranquillo, finché un ragazzino sui dodici anni
che correva come un
matto richiamò la loro attenzione. Ci volle un attimo
perché tutti e cinque si
ritrovassero nello stesso punto, attirati dal grido terrorizzato che
chiedeva
aiuto.
“Ehi! Che succede?” chiese subito Tenten, cercando
di fermarlo. Il ragazzo
indicò verso la parte opposta della città,
sconcertato. “C’è qualcosa di strano
nella spiaggia laggiù! Mi inseguiva! Mi ha lanciato
qualcosa, ma ho avuto paura
e sono scappato!”
“Cosa ti ha lanciato?” gli chiese Kiba, fiutando
qualcosa di grosso.
“Non lo so! Una palla forse!” rispose terrorizzato
il ragazzo.
Istintivamente, quattro paia di occhi si posarono su Shikamaru pensando
tutti
la stessa cosa: caso fortuito o trappola?
“E’ sicuramente una trappola. Penseremo dopo a come
faccia quest’individuo a
sapere che saremmo venuti proprio oggi, adesso non possiamo fare finta
di
niente e lasciare che qualcun altro muoia.” asserì
sicuro, voltandosi poi verso
Chouji. “Tu occupati del ragazzo, andate ad avvertire il capo
del villaggio e
cerca di farti dare più informazioni possibili su cosa ha
visto, poi
raggiungici.” terminò vedendo il suo migliore
amico annuire. Sparendo in pochi
secondi insieme agli altri.
Mentre correvano e saltavano, Ino ebbe come una brutta sensazione, un
tuffo al
cuore. Guardò i suoi compagni, e si avvicinò a
TenTen. “Ho un brutto
presentimento, cerca di tenere Kiba a distanza da qualsiasi cosa
troveremo una
volta arrivati.”
La ragazza sembrò non capire e la guardò
leggermente perplessa, mentre
scorgevano da lontano la piccola spiaggia indicata dal ragazzo di
prima.
“Perché lo dici a me?” Le chiese
curiosa, indicando con la testa i due ragazzi
davanti a loro.
“Perché
sei una ragazza e sai cosa vuol dire sesto senso,”
spiegò Ino
semplicemente, rivolgendole un sorriso veloce, prima di riportare
l'attenzione
completamente davanti a sé.
Tenten
non aggiunse nulla, sgranando poi gli occhi per lo scena che le
si presentò davanti agli occhi. C'erano decine di corpi
probabilmente privi di
vita in mezzo alla sabbia, ombrelloni spazzati via, giochi di bambini
sparpagliati qua e là. Sembrava quasi fosse passato un
tornado.
“Oh
mio Dio...” riuscì a dire solamente Ino,
mettendosi una mano
davanti la bocca.
Kiba
ruggì qualcosa digrignando i denti, scattando subito verso
una
bambina poco distante da lui. Tenten lo trattenne subito di scatto,
sentendo la
rigidità di tutti i suoi
muscoli. “Aspetta! Potrebbe essere una
trappola!”
Gli disse ricordargli le parole di poco prima dette da Shikamaru.
Ino
strinse i pugni, mordendosi le labbra. Tutti quei morti, di nuovo.
Circondata da cadaveri, ancora. Diede un'altra occhiata intorno: gente
piena di
sangue e sabbia. Sangue e terra, lo ricordava bene. Un lampo le
passò in un
attimo per la testa.
“Un
momento...” disse rivolgendosi ai compagni.
“Voi la
sentite?”
“Sentire
cosa?” Le chiese allarmato Shikamaru.
“La
puzza di sangue.” Disse la bionda, guardando di nuovo i corpi
esanimi.
“Io
non sento niente,” rispose Kiba fiutando
l'aria. “In effetti avrei
dovuto già sentirla da un pezzo!”
“È
un'illusione. Ottimo Ino, non ci avevo pensato...” si
complimentò
Shikamaru. Ebbe giusto il tempo di finire la frase, quando un boato li
scaraventò verso la riva. Kiba afferrò d'istinto
TenTen che stava per volare
dritta in acqua, Shikamaru cercò di attutire la botta
tenendosi saldo con i
piedi, mentre Ino rotolò letteralmente sulla sabbia.
Notò subito qualcosa
arrivare verso di loro, forse era la figura di uomo, non ebbe tempo di
pensarci
mentre sollevava Ino dalla sabbia per rimetterla in piedi.
“Corri
più veloce che puoi lontano da qui!” Le
gridò mentre l'aiutava,
vedendola spalancare gli occhi.
“Che
cosa?” Chiese lei interdetta. “Io non vado da
nessuna parte! Che
ti prende?”
Una
figura incappucciata arrivò alle loro spalle, afferrando
Shikamaru
per poi buttarlo via come fosse spazzatura, avanzando verso Ino.
Kiba
cercò di ostacolarlo lanciando kunai e shuriken, ma sembrava
gli facessero il
solletico. Tenten lanciò una palla di fumo gridando ad Ino
di scappare via, e
la ragazza si allontanò abbastanza da non ritrovarsi in
quella nuvola, mentre
Shikamaru invece ci si buttava in mezzo. “Ino, va
via ti ho detto! È un
ordine!”
La
Yamanaka sentì le lacrime pungerle gli occhi, capendo
soltanto in
quel momento che quel tizio incappucciato stava mirando a lei, sebbene
le sue
ragioni fossero ancora un mistero. Non aveva attaccato gli altri, si
era subito
diretto verso di lei senza esitare un attimo, soddisfatto forse della
sua
trappola. La nube di fumo stava per sparire, e in mezzo a quella
nebbia, vide
l'uomo che aveva tirato fuori una palla di nastro viola. Il terrore la
assalì,
ma ciò nonostante era ancora combattuta tra lo scappare e
lasciare i suoi
compagni in una situazione come quella.
“Ino!”
La richiamò la voce di Shikamaru, piena di rabbia.
"Scappa! Adesso!”
“Non
posso! Non ti lascio!” Urlò lei ormai con la voce
rotta dal
pianto, tirando fuori due kunai.
L'uomo
avanzò ancora verso di lei come fosse un robot, e Shikamaru
riuscì ad agganciare la sua ombra, immobilizzandolo. Non
sapeva però quanto
avrebbe resistito, perché quell'individuo sembrava possedere
una forza oltre
ogni immaginazione. Fortunatamente intervenne subito TenTen, che
immobilizzò
l’uomo con le proprie catene, seguita a ruota da Kiba che
sferrò un colpo secco
e deciso contro la sua nuca per stordirlo.
Shikamaru mollò la sua presa oramai inutile, cadendo in
ginocchio sulla sabbia
ansimando per la fatica, mentre Tenten si curò di legare a
quell’assassino sia
le mani che i piedi, rovistando poi all’interno del giubbotto
per toglierli
tutte le armi che poteva avere, incluso il nastro che aveva tirato
fuori poco
prima.
Kiba si avvicinò ad Ino chiedendole se fosse tutto ok,
ricevendo solo un cenno
positivo con la testa.
“Ok, penso non abbia altro con sé,”
comunicò Tenten agli altri, finendo di
controllare tutto l’arsenale dello sconosciuto.
Shikamaru si rialzò scrollandosi la sabbia di dosso,
avvicinandosi al corpo
privo di sensi disteso a terra. “Portiamolo subito via da qui
prima che si
risvegli.” ordinò, lanciando un’occhiata
a Kiba.
“Shikamaru...” lo chiamò Ino a voce
bassa, sentendosi ancora stordita per
quello che era successo nel giro di pochi secondi.
“Con te faccio i conti dopo,” disse lui severo
senza nemmeno voltarsi a
guardarla. “hai disubbidito all’ordine del tuo
caposquadra.” le ricordò,
cercando comunque di calmarsi. In fondo era andato tutto bene.
“Mi hai ordinato di abbandonare la squadra!” gli
urlò la bionda adesso
indignata, correndo verso di lui e facendolo voltare, costringendolo a
guardarla. “Non ti azzardare mai più a dirmi una
cosa del genere, Shikamaru!”
Il ragazzo si massaggiò la fronte, portando poi la mano sui
capelli come per
lisciarli.
“Ne parliamo più tardi, Ino.” le disse
con un tono secco che non ammetteva
repliche.
“Senti, Shikamaru...” lo chiamò Tenten,
incerta in un primo momento se
intromettersi o meno. “Capisco cosa provi, ma... dovresti
essere contento solo
di sapere che c’è qualcuno pronto a morire per
te.” gli disse, finendo di
sistemare tutte le armi nel suo zaino. “Adesso possiamo
andare,” annunciò
infine, iniziando a camminare da sola.
Kiba
avvertì una stretta allo stomaco alle sue parole, mentre Ino
le
corse dietro, rimanendo comunque in silenzio. Nemmeno Shikamaru disse
più
nulla, afferrando la catena con la quale era legato il loro nemico,
fissando la
sabbia per qualche secondo prima di andare via da quel posto.
Quando
consegnarono l'uomo ricercato al capo del villaggio, furono
ricompensati come precedentemente d'accordo con Tsunade e ringraziati
più volte
offrendo loro persino la cena per aver risolto il tutto in tempi tanto
brevi.
C'erano ancora delle cose da sapere, ma la loro missione era comunque
da
considerarsi completata, al resto ci avrebbe pensato qualcun altro.
Shikamaru
non era comunque soddisfatto, e una volta tornato a casa, avrebbe
certamente
chiesto all'Hokage di indagare sulla faccenda, perché c'era
qualcosa che non
gli tornava.
“Ci
fermiamo a dormire qui stanotte? Ormai si è fatto tardi per
mettersi in viaggio...” iniziò col dire Kiba,
stiracchiandosi.
“Sì,
conviene, in effetti...” confermò Shikamaru.
“Andiamo a dormire,
partiremo domattina presto.”
“Di
già? Ma è ancora presto... andiamo a bere
qualcosa, festeggiamo!”
Propose Kiba con un certo entusiasmo.
“Cosa
dobbiamo festeggiare?” Domandò Chouji perplesso,
ancora turbato
dal resoconto che Shikamaru aveva fatto al capo del villaggio su quello
che era
accaduto sulla spiaggia.
“Ehi
amico, sveglia! Abbiamo portato a termine una missione di livello
S in poco meno di due giorni! Ci sei?” Lo prese in giro Kiba,
puntandogli un
dito contro.
“Se
si mangia ancora io ci sto!” Disse solamente Chouji.
“Ma
sì dai, basta non esagerare e non fare troppo
tardi!” si unì
Tenten, rivolgendosi a Kiba, conoscendo le sue abitudini in
merito al suo
modo di festeggiare.
“Tu
vuoi andare?” Chiese Shikamaru ad Ino che stranamente non
aveva
detto più una parola.
“Perché
no,” disse lei soltanto, afferrando Tenten per un braccio
trascinandola con lei in cerca di qualche locale.
“Chi
le capisce le donne... che seccatura...” si
lamentò Shikamaru
seguendole.
“Io!”
Alzò la mano Kiba, come se fosse stato interrogato.
“Adesso ti
spiego un paio di cose...” gli disse, mettendogli un braccio
intorno alla
spalla, mentre Shikamaru sospirava rassegnato.
“Grazie
per oggi,” iniziò Ino mentre camminava a fianco di
Tenten, sorridendole.
“So che non è facile per te...”
“Almeno
ho imparato qualcosa da tutta questa storia,” rispose la
ragazza ironicamente, piena di amarezza.
Ino non
se la sentì di dirle qualcosa, dirle che si sbagliava,
perché
non era certa che fosse la cosa più giusta da fare. Lei non
conosceva bene
Neji, se non per quello che l'amica le raccontava di tanto in tanto
nelle loro
uscite settimanali. Non sapeva se effettivamente lui la ricambiasse, se
fosse
morto anche per lei. Ma ormai era troppo tardi per chiederglielo, era
troppo
tardi per loro. Non riuscì a trattenere un singhiozzo.
“Ehi!”
La richiamò Tenten, cercando di usare un tono più
allegro. “Ma
che ti prende?” Le chiese stupita dalla sua reazione.
“È
solo che... mi dispiace, mi dispiace che le cose siano andate
così...” spiegò la bionda cercando di
trattenersi.
Tenten
rimase interdetta dalle sue parole, sentendo gli occhi bagnarsi
in pochi secondi, abbracciando la ragazza di scatto. Aveva sempre
tenuto quello
che provava per sé, perché non voleva essere
compatita da nessuno, non voleva
sentirsi dire “Beh ma che ti aspettavi?” Pensava
che nessuno avrebbe mai potuto
capire quello che provava, ma si sbagliava.
“Grazie...
grazie, Ino...” le disse piangendo sommessamente, facendo
scoppiare in lacrime anche l'altra. “Sai qual è la
parte più stupida?” le
chiese, vedendola scuotere la testa. “Mi manca... mi manca
tantissimo...” si
sfogò infine, lasciandosi andare completamente. Non le
interessava se i suoi
compagni la stessero guardando straniti, se la gente che passava di
lì si
stessero chiedendo cosa mai fosse successo, aveva semplicemente bisogno
di
piangere, cosa che non aveva ancora fatto nemmeno una volta, da quando
era
morto Neji.
Ino la
abbracciò più forte smettendo di piangere,
riuscendo a capire
esattamente cosa volesse dire, sebbene non l'avesse provato sulla
propria
pelle, fortunatamente. Si asciugò le lacrime con un braccio,
facendo segno con
la testa ai ragazzi di andare avanti, che obbedirono senza dire una
parola.
“Scusami,
io... sono stata così occupata, non avrei dovuto lasciarti
da sola...”
“Ino,
non scherzare! Hai perso tuo padre, semmai sono io a dovermi
scusare!” Smise subito di piangere anche Tenten, sciogliendo
l'abbraccio. “Mi
sento già meglio, davvero.” Cercò di
sorriderle, prendendole la mano. “In
fondo... io non ero nessuno per lui, solo una compagna di squadra.
Altrimenti
le cose sarebbe andate diversamente.” Ammise con una
tranquillità che fece
venire la pelle d'oca ad Ino. Tenten aveva sempre avuto una
consapevolezza che
invidiava, non si nascondeva dietro a scuse o improbabilità:
vedeva le cose
così com'erano, e le accettava.
“Hai
tutto il diritto di piangere e sentirti così, nessuno
può toglierti
questo.” Le disse chiaramente Ino. “In fondo, tu
gli hai voluto bene
probabilmente più di chiunque altro, gli sei stata accanto
per anni, giorno
dopo giorno,” continuò senza tanti giri di parole,
facendola arrossire. “Quindi
non pensare che qualcuno possa biasimarti, Tenten.”
Terminò la bionda
sorridendole.
“Grazie...”
le disse di nuovo la ragazza, sentendo di nuovo le lacrime
agli occhi.
“Beh,
che ne dici di raggiungere gli altri? Beviamoci su!”
Trillò
energica Ino, tentando ovviamente di farla distrarre. La vide annuire,
poi le
afferrò la mano e corsero verso i tre ragazzi, con il cuore
un po' più leggero.
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“Cazzo
che mal di testa...” si stava lamentando Kiba da quando si
era
svegliato, continuando per tutto il viaggio di ritorno verso Konoha.
Come al
solito, non aveva avuto freni nel bere la sera prima, e adesso ne
pagava le
conseguenze. “Ino-hime, curami tu! Dammi qualcosa!”
piagnucolò, unendo le mani
per pregarla.
“Ti
dò un pugno se vuoi, così avrai qualcosa di cui
lamentarti
davvero!” Lo sgridò lei, facendo sorridere Tenten,
cosa che non sfuggì a Kiba,
che si fiondò subito da lei.
“Tenten,
tu sei più dolce di lei, abbi pietà!”
“Te
l'avevamo detto ieri di fermati, ben ti sta!”
Sentenziò lei,
passandogli avanti.
“Sono
sicuro che se mi daresti almeno un bacio starei subito
meglio!”
“Rilancio
il pugno di Ino e ci aggiungo tre calci!”
“E
dopo però mi baci!”
“Certo,
ti seppellisco anche vivo però!”
“Beh,
e se uscissimo insieme, una volta? Giuro che starò zitto per
tutto il viaggio!”
“Sei
serio?”
“Certo,
voglio uscire con te!”
“No,
intendevo se starai davvero zitto per tutto il viaggio!”
“Mettimi
alla prova!”
“Ok,
ci sto. Ma se dici anche una sola parola la promessa è
annullata!
Chiaro?”
E Kiba la
prese in parola, rispondendole con il pollice in su, senza
aggiungere altro.
Chouji e
Ino si misero a ridere, mentre Shikamaru rimase perplesso.
Era inutile: le donne, lui, non le avrebbe mai capite.
“Ino,
ho bisogno di te.” Le disse Shikamaru avvicinandosi a lei,
mettendo le mani in tasca.
Chouji
sorrise sornione, raggiungendo Tenten e Kiba poco più
avanti,
avvertendoli che gli altri due li avrebbero raggiunti dopo.
Ino
sentì un battito mancarle, o forse due. No, anche tre.
“Puoi
mettermi in contatto con l'Hokage?”
La bionda
sorrise ironica. Che stupida. Oltretutto era ancora
arrabbiata con lui per la faccenda del giorno prima, e non voleva
fargliela
passare liscia.
“Non
puoi aspettare?” Gli chiese con aria seccata, sbuffando.
“Direi
di no.” Rispose lui in modo secco.
“In
fondo... io non ero nessuno per lui, solo una compagna di squadra.
Altrimenti le cose sarebbe andate diversamente.”
Ino si
morse il labbro inferiore, ripensando alle parole di Tenten.
Probabilmente la cosa valeva anche per lei, per questo l'aveva capita
così bene
e l'aveva sentita così vicina. Ma non voleva. Non voleva
fare il suo stesso
errore, non voleva sentirsi come lei.
“Non
ne ho voglia,” tagliò corto lei, voltandosi per
andarsene. Ma fu
prontamente bloccata per un braccio dal ragazzo, la guardava con aria
seccata.
“Tu
sei... sei incredibilmente seccante, lo sai?” Le disse
diretto,
stringendole il polso senza rendersene conto. “Riesci a
rigirarti sempre le
cose a tuo favore, spiegami come fai,” si fermò un
momento per vedere se
volesse ribattere, ma non lo fece, quindi continuò.
“Fino a prova contraria
dovrei essere io ad essere seccato con te, visto
che hai disobbedito ad
un mio ordine e stavi per farti ammazzare,” la
guardò grave, e Ino pensò che
non l'aveva mai visto così arrabbiato e turbato. E a
pensarci bene quello che
diceva aveva senso, era giusto, perché lei si era
così risentita del fatto che
lui volesse farla scappare, che non si era fermata a riflettere che in
fondo
l'aveva fatto per proteggerla. Voleva farla scappare per salvarle la
vita,
anche a costo della sua.
Diversi
come sempre, diversi in tutto, persino in una cosa grande come
quella.
“E
tu cosa stavi per fare, invece?” Gli chiese lei, sperando che
lui
afferrasse subito.
Shikamaru
si accigliò un secondo, poi capì.
“Farmi ammazzare, presumo,”
rispose ironico, guardandola negli occhi.
Ino si
mise a sedere a terra, tirando giù anche lui, facendolo
posizionare di fronte a lui. Poi gli si avvicinò di
più, appoggiando la fronte
alla sua.
“Cosa
stai facendo?” Le domandò imbarazzato.
“Ti
metto in contatto, non me l'hai chiesto tu?” Rispose lei
sorridendogli spavalda, chiudendo poi gli occhi.
“Non
l'hai mai fatto così,” le disse il ragazzo,
sentendo un gran
bisogno di prendere una boccata d'aria pur essendo totalmente
all'aperto.
“Non
importa, basta che funzioni, no? Adesso concentrati...”
sussurrò
con un tono che a Shikamaru sembrò suadente. Forse si era
avvicinata ancora?
Riusciva a sentire il suo respiro solleticargli le labbra. E adesso la
sua
immaginazione probabilmente stava andando troppo oltre, ma avrebbe
giurato di
sentire le sue braccia circondargli il collo. Spalancò di
colpo gli occhi,
trovandola effettivamente così, rimanendo fermo come un
baccalà.
Ino si
mise in contatto con Tsunade, e Shikamaru provò a tornare
lucido, facendole un breve rapporto sulla missione, sui suoi dubbi, e
sul fatto
che dopo essere tornati avrebbe voluto qualche giorno libero per andare
a Suna.
L'Hokage non fece più storie del previsto stranamente, ma si
raccomandò di
rimanere comunque disponibile per le emergenze, dicendogli che in ogni
caso gli
avrebbe dato qualcosa da fare per il viaggio.
Quando
Ino chiuse il contatto, si sentì più la ragazza
più stupida e
patetica dell'intero universo. Già che era seduta avrebbe
voluto che si fosse
aperta una voragine sul terreno così che potesse
risucchiarla, farla
sprofondare nella sua stessa vergogna.
Si
alzò in piedi, guardando Shikamaru fare lo stesso, iniziando
poi a
camminare. O meglio, a trascinarsi. Sentì di nuovo la mano
di Shikamaru afferrarle
il braccio come aveva fatto poco prima, e l'istinto di mollargli uno
schiaffo
fu davvero forte, e la voglia di lasciare le sue belle dita sulla sua
faccia di
bronzo meglio di un tatuaggio indelebile aumentò quando si
sentì gli occhi
bruciare senza rendersene conto.
“Hai
dimenticato qualcosa?” Gli chiese, di nuovo inviperita.
Più che
con lui, con se stessa.
“Devo
andare a Suna per chiudere una faccenda, e voglio farlo al
più
presto.” Le spiegò lui serio, non lasciandole
andare il braccio.
“Non
sono l'Hokage, non mi devi spiegazioni! Non sono affari
miei!”
Cercò di tagliare corto lei, riuscendo a liberare il braccio
dalla sua presa,
voltandogli le spalle e iniziando a camminare.
“E
invece sì,” le comunicò lui, andandole
dietro, non provando più a
fermarla. Poteva dirlo anche così, in fondo. Anzi, vigliacco
com'era sempre
stato, sarebbe stato meglio così per lui. “Non
sono mai stato totalmente onesto
con Temari, finora. Ho sempre evitato e negato, ma mi ero ripromesso
che quando
sarebbe finita la guerra, avrei rimesso tutto a posto, Ino.
Capisci?”
“Capisco.”
Rispose falsamente lei, grata del fatto di non doverlo
guardare in faccia.
“Mi
ha detto di essere innamorata di me, tempo fa.”
“Mi
stai scambiando per Chouji, e l'ora delle confidenze è alle
17,
insieme a the e biscottini! Se vuoi ti presto anche qualche mia vecchia
bambola!” Cercò di interromperlo lei, accelerando
il passo.
Shikamaru
ghignò, continuando a seguirla.
“Io
non le ho risposto, anche se avrei dovuto farlo subito, sapevo
già
cosa dirle...”
Ino si
fermò di botto. Forse ascoltare tutto con le proprie
orecchie
l'avrebbe aiutata a toglierselo dalla testa prima e a farsene una
ragione.
Il
ragazzo continuò. “L'ho tirata troppo per le
lunghe, probabilmente
le è passata.”
“Ma
tu vuoi dichiararti lo stesso, dico bene?”
“Voglio
solo essere onesto. Ho sbagliato a lasciare le cose in sospeso
per così tanto tempo,” disse infine, tirandole
leggermente la coda. “Sei
gelosa, vero?” Le chiese schiettamente, come se le avesse
chiesto qualcosa in
prestito.
Ino quasi
si strozzò con la sua stessa saliva, tossendo leggermente.
“Cosa
diavolo stai dicendo, adesso?”
“Non
importa, torniamo dagli altri,” disse improvvisamente,
sorpassandola, ghignando per la trappola che le aveva teso.
“Aspetta!”
Lo fermò difatti Ino, bloccandolo per la giacca.
“Hai detto
chiudere una faccenda?” Si ricordò improvvisamente
lei, facendo caso a quel
dettaglio solo in quel momento. “Ma se vuoi dirle che la
ami... la cosa
non torna. È perché sei convinto che lei non
ricambi più?” Cercò di capire lei,
parlando da sola. “Mi sa che non corri questo pericolo, a
giudicare da come ti
stava addosso l'ultima volta,” gli ricordò,
riferendosi a quando Temari si era
fermata a Konoha per aiutare con la ricostruzione insieme ad altri
ninja della
Sabbia mandati da Gaara.
“L'hai
osservata bene!” le fece notare Shikamaru, mettendo le mani
in
tasca. “Sei più gelosa di quanto
pensassi,” disse, ghignando divertito.
“Non
stiamo parlando di me!” Sbottò la bionda,
smettendo di negare.
“E
invece sì,” rispose lui, tornato serio.
“Quando andrò a Suna...
dovrò rifiutare Temari perché a Konoha
c'è una seccatura tremendamente gelosa
che crede di sapere di chi sono innamorato,” si
fermò, per vedere la sua
reazione. “Abbiamo raccolto insieme i pezzi delle nostre vite
distrutte, Ino.”
Si avvicinò a lei, che era rimasta immobile e con l'aria a
dir poco sorpresa. “Adesso
sarebbe anche il caso di farcene una nuova insieme, che ne
dici?” Le chiese,
guardando i suoi occhi farsi lucidi e la mano che andava a coprire la
bocca per
reprimere un singhiozzo.
Non gli servì altro per capirla, stupendosi di come avesse
imparato negli anni
a percepire ogni sua emozione, ogni suo gesto. Le mise una mano sul
viso,
asciugandole una lacrima e acquistando maggiore sicurezza di
sé quando si trattava
di rapportarsi con lei, superando ogni imbarazzo, indecisione o
ripensamento.
La baciò con una naturalezza che sorprese persino lui,
chiudendo gli occhi come
aveva fatto lei subito, perdendosi completamente in quel bacio che
aveva
aspettato da anni e che Ino ricambiava come mai aveva pensato potesse
fare.
Quando le accarezzò la lingua con la sua si
lasciò sfuggire un grugnito pieno
di passione e forse di soddisfazione, mentre lei gli circondava il
collo con le
braccia e gli accarezzava poi la nuca con una mano.
Adorava
già baciarla.
Si
separò da lei giusto il tempo di respirare un attimo, per
poi
riprendere possesso della sua bocca per un secondo bacio più
lento. Shikamaru
pensò che probabilmente se avesse raccontato ai suoi amici
di come sentisse le
sue gambe, e della strana, stranissima sensazione allo stomaco,
l'avrebbero
preso in giro a vita. Si sentiva stupidamente felice, euforico,
sensazioni
completamente nuove per uno come lui. Ma certi dettagli, con gli amici,
era
sempre meglio evitarli.
D'altronde,
non avrebbe nemmeno saputo come spiegare una cosa come
quella. Era fuori dalla sua portata, fuori da ogni schema. Stava
baciando Ino.
Lo stava facendo davvero.
Si
staccò un'altra volta da lei, tirando un sospiro liberatorio
che
aveva represso senza accorgersene, cercando di regolarizzare il suo
respiro.
Quando aprì gli occhi e incontrò quelli azzurri
di lei gli tornò voglia di
baciarla, soprattutto quando Ino si toccò le labbra e lo
guardò con aria
incredula.
“E
se ti avessi stampato cinque dita sulla faccia?” Chiese lei,
trattenendo un sorriso.
“Ma
non l'hai fatto,” le rispose lui ghignando e scrollando le
spalle,
voltandosi per vedere se riusciva a capire da che parte fossero andati
gli
altri. “Dovremmo tornare, prima di perderci... la mappa l'ho
data a Chouji,”
“Sei
in imbarazzo?” Lo stuzzicò lei.
Shikamaru
le prese la mano e iniziò a camminare verso quello che da
lontano sembrasse Chouji.
“Guarda
avanti e non inciampare,” le disse in risposta lui.
Ino si
imbronciò e cercò qualcos'altro di più
imbarazzante, ma
sfortunatamente per lei, Shikamaru ne faceva ben poche, di cose
imbarazzanti.
Sorrise comunque, ripensando alle sue parole riguardo la loro vita
insieme.
Il
ragazzo lasciò la sua mano per accarezzarle la testa e
sorriderle,
prima di attirarla nuovamente a sé per baciarla.
Quando si
rimisero in cammino, passati alcuni minuti in silenzio, Ino
sorrise di nuovo, pensando a cosa avrebbe detto Sakura una volta
raccontato
tutto, ricordandosi poi del viaggio di Shikamaru.
Lo
guardò un momento attirando la sua attenzione, poi
tornò a guardare
in avanti, con aria seria che fece stranire il ragazzo.
“E
comunque a Suna ci vengo anch'io.” Disse infine, con
l’aria più
seria del mondo, facendo ghignare Shikamaru.
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N/a: Se siete arrivati fin qui, devo farvi i miei
complimenti. XD Ero in dubbio se dividerla in due capitoli, ma alla
fine ho deciso di lasciarla nel solito capitolo unico... io e le storie
a capitoli non abbiamo un bel rapporto XD Spero non sia risultata
troppo pesante, prometto di cercare di regolarmi la prossima volta XD
Grazie come sempre alla mia beta Solarial/Lucy
per il suo lavoro che apprezzo sempre :*
Oggi non so perché ho dovuto litigare con l'html, quindi se dovessero esserci problemi abbiate pietà e segnalatemelo pure senza problemi!
Alla prossima! :)