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Autore: Shallation    26/06/2013    4 recensioni
Isaac è tormentato dai ricordi del suo passato, Scott troverà un modo per alleviare la sua sofferenza.
SPOILER TERZA STAGIONE
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Isaac Lahey, Scott McCall
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate
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Buon sera a tutte!
Questa one-shot nasce dai sentimenti suscitati dalla puntata 4 della terza stazione per Scott&Isaac, ma soprattutto dall'amore per quel personaggio splendidamente tormentato che è Isaac Lahey.

Dedico questo racconto alla mia Korova,

Grazie per tutto quello che fai!

Glo




Shelter




Un grido terrorizza strappò Scott dal suo sonno profondo senza sogni. Con tutti i sensi in allerta si rizzò a sedere sul letto scostando le coperte, per capire chi fosse la fonte di quelle urla strazianti.
 
Gettando uno sguardo aldilà dei suoi piedi, oltre il bordo del letto, vide che Isaac si contorceva senza sosta, aggrovigliandosi sempre di più nelle lenzuola della brandina, mentre dalla sua bocca, ora, uscivano suoni soffocati e parole smozzicate:
“ No ti prego, noo..” ogni parola era preceduta da un singhiozzo attutito dal cuscino, “Fammi uscire ti prego”
 
Scott balzò velocemente giù dal letto, per inginocchiarsi davanti al viso di Isaac stravolto dal terrore.
In quella posizione poteva vedere chiaramente il volto pallido del giovane, rigato da piccole gocce di sudore, che cadevano dalle punte dei riccioli dorati, andando a morire sulle labbra che lasciavano scoperti i denti digrignati.
 
Incapace di vederlo soffrire ancora, Scott pose una mano sulla spalla appuntita del giovane e stringendo piano lo chiamò pacatamente:
 
“Isaac” la voce era un sussurro appena udibile “Isaac, è solo un incubo, forza svegliati e tutto finirà” il licantropo aveva cominciato a scuoterlo piano, non volendo che il suo risveglio fosse troppo traumatico.
 
Isaac emise piccoli mugolii di protesta prima di aprire gli occhi per incontrare quello sguardo scuro e preoccupato.
Sbattendo ripetutamente le lunghe ciglia chiare per svegliarsi completamente, il giovane si stiracchiò languidamente, le braccia sopra la testa e la bocca aperta in un enorme sbadiglio.
 
“Scott” la voce di Isaac era ancora impastata di sonno e arrochita dalle grida di poco prima “Scott, cosa è successo? Ma soprattutto, che cosa ci fai sul pavimento?”
 
Mentre parlava si passò le dita tra i capelli, e nel ritrovarle umide di sudore atteggiò il volto in una smorfia di disgustata consapevolezza:
 
“Un altro incubo” la sua voce era scesa di un tono, mentre le sopracciglia chiare di erano aggrottate in un’espressione contrariata “Devi essere particolarmente soddisfatto” il giovane parlava chiaramente ad un interlocutore che non era Scott.
 
“Anche dall’oltretomba continui a tormentarmi!” nel parlare scuoteva i riccioli color del grano, la testa chinata e incassata nelle spalle.
 
D’un tratto Lahey alzò la testa di scatto, come se si fosse reso veramente conto della presenza di Scott solo in quel momento, e fissando gli occhi inquieti in quelli dell’altro lupo parlò piano:
 
“Non volevo assistessi a questa scena” l’imbarazzo era chiaramente percepibile tra le parole “Gli incubi erano cessati da quando mi sono trasferito a casa Hale ma..” la voce gli si incrinò “Probabilmente il rifiuto di Derek ha riaperto vecchie ferite mal rimarginate”.
 
 


Il rumore del vetro che andava in frantumi alle sue spalle risvegliò nella sua mente echi lontani di altri bicchieri, di altre schegge appuntite che gli perforavano la carne, di altre urla.
 
Ricordi di un’altra vita, quella che aveva creduto di aver abbandonato per sempre unendosi al branco di Derek.
 
Mentre guarda l’espressione intransigente dell’Alpha attraverso la stanza e udiva la sua voce intimargli di andarsene, il petto di Isaac si contrasse in uno spasmo doloroso: ancora una volta veniva cacciato, ancora una volta il sue destino era quello di essere rinnegato e solo.
 
Randagio.
 


 
“Non ti devi preoccupare Isaac” fu la voce di Scott a riscuoterlo da quei ricordi dolorosi, “So quanto una mente ferita possa darti il tormento” il sorriso dolce che increspava quelle labbra scure assomigliava moltissimo a quello della madre.
 
“Grazie” la voce di Isaac vibrava d’emozione “Grazie, non solo per questo, ma per tutto quanto: per averti accettato e protetto, tu e tua madre siete quanto di più vicino a una famiglia io abbia mai avuto” il suo sorriso triste e sghembo fiorì solo per Scott in quella notte tormentata.
 
Intanto, altri ricordi di quella sera maledetta sbocciarono come fiori malevoli dietro le sue palpebre.
 
 

 
Isaac aveva vagato per ore sotto la pioggia incessante, l’acqua aveva intriso ogni singolo centimetro di stoffa dei suoi abiti, il giovane poteva sentirla scorrere in rivoli gelati lungo tutto il suo corpo scosso da brividi.
 
Non sapeva dove andare, non voleva imporre la propria presenza a nessuna delle persone che conosceva, neppure quelli che considerava amici avrebbero gradito un reietto come lui ad appestare le loro case.
 
Mentre meditava questi funesti pensieri, i suoi passi si arrestarono di fronte a una bella villetta circondata da un giardino ben curato, al secondo pian brillava la luce di una finestra: la camera di Scott.
 
Nella mente del ragazzo si formò l’immagine del volto sorridente dell’amico, la sua pelle olivastra, il naso dritto che gli dava quell’aria più adulta, quegli occhi, bolle di cioccolato fuso, capaci di calmare Isaac con un semplice, fugace sguardo.
 
Ripensò a quel pomeriggio, all’attacco di panico che lo aveva colto quando era stato rinchiuso nel magazzino insieme ad Allison, alla sua paura atavica degli spazi chiusi, la mancanza d’aria gli dava alla testa, alimentava la sua rabbia e gli impediva di controllare la bestia.
 
Solo sentire il suo nome pronunciato dalle labbra di Scott aveva permesso ad Isaac di ritrovare le ragione e il controllo: era diventato Lui la sua ancora.
 
Notò che la finestra del bagno era aperta, con un balzo si aggrappò alla grondaia e si issò sul tetto, per poi entrare nella piccola stanza.
A passi leggere, con l’acqua che sprizzava dai fori delle scarpe fradice, si diresse verso la porta socchiusa della camera di Scott.
 
Con il cuore che gli martellava in gola, bussò leggermente alla porta, la voce di Scott gli rispose dall’interno: “Avanti mamma”
 
Il giovane Lahey, sempre più convinto di essere in procinto di commettere un grande errore, ma ben deciso ad andare fino in fondo, scostò piano la porta, e restando fermo, completamente zuppo nello specchio della porta, parlò con tono sommesso: “Mi stavo chiedendo… se potevo chiederti un favore”
 
Negli occhi una supplica: “ti prego, non respingermi anche tu”
 
 
 
 
 

Dopo l’episodio dell’incubo Scott si era imposto fermamente: “Da ora in poi dormirai con me”, gli occhi scuri non lasciarono mai quelli inquieti del giovane lupo.
 
“Il letto è abbastanza grande per entrambi, e forse avere vicino qualcuno su cui modulare la respirazione e la frequenza cardiaca potrebbe aiutarti a scacciare quei ricordi dalla mente. Vedila come una cosa da branco.”
Il sorriso che accompagnò quelle parole avrebbe potuto convincere Isaac di ogni cosa.
 
E così era stato, dalla notte successiva, il grande letto di Scott aveva accolto due giovani corpi distesi nella stessa posizione speculare ai due lati opposti, solo i talloni si sfioravano di tanto in tanto.
 
Quasi tutte le notti l’oscurità veniva squarciata dalle grida disperate di Isaac che cercava di sfuggire ai suoi demoni, ed ogni notte Scott si sentiva sempre più esasperato e inutile, incapace di alleviare la sofferenza dell’amico.
 
Una notte in cui le visioni si erano manifestate più intensamente, Isaac, dopo essersi alzato a sedere di scatto, il corpo scosso da convulsioni irrefrenabili e dolorose, si rannicchiò in posizione fetale e scoppiò in singhiozzi sommessi, mentre lacrime amare rigavano il suo bel volto sconvolto.
 
Scott agì d’istinto, senza pensare si avvicinò alla schiena del giovane e dopo aver modellato il suo corpo su quello dell’altro lupo, infilò dolcemente le mani sotto la sua maglietta per posarle sul suo petto tremante, pelle contro pelle, in un abbraccio terapeutico.
 
Inizialmente Isaac si sorprese di quel gesto così intimo, poi un ricordo vivido si palesò alla sua memoria, mentre una calda sensazione di benessere lo avvolgeva.
 
 
 
 

Le luci erano soffuse nello studio del Dottor Deaton, a quell’ora tarda erano rimasti solo lui, Scott e Isaac, intenti nel prendersi cura di un cane gravemente malato.
 
Osteosarcoma” aveva dichiarato il veterinario “Ha un odore molto chiaro vero?” aveva aggiunto in risposta all’espressione disgustata sul viso del giovane Lahey.
 
Isaac poteva sentire, attraverso l’olfatto, che qualcosa di maligno infestava quel corpicino fragile, conducendolo inesorabilmente verso la morte.
Ma non era solo questo, il giovane poteva sentire distintamente dentro di se l’agonia dell’animale, avrebbe fatto qualsiasi cosa per alleviare almeno un po’ quella sofferenza.
Quasi gli avesse letto nel pensiero, Deaton iniziò uno strano discorso sui poteri derivanti dalla licantropia, per poi invitarlo a poggiare la sua mano sul pelo morbido dell’animale.
 
Non appena la sua pelle venne a contatto con quel morbido mantello, Isaac percepì una sensazione indescrivibile farsi strada lungo il suo corpo, partendo dalla mano a contatto con il cane. Inizialmente sentì una vampata di caldo intenso, poi una lingua di gelo gli solidificò il sangue nelle vene, ed infine una sofferenza inaudita invase ogni fibra del suo essere, ogni terminazione nervosa crepitava e doleva.
Fu solo una frazione di secondo, ma bastò per lasciarlo provato ed ansante.
 
Alzando gli occhi sconvolto verso Deaton sussurrò: “Cosa ho fatto?”
 
Gli hai tolto un po’ di dolore” l’empatia era chiaramente percepibile nel tono di Scott
 
Solo un po’” precisò Deaton “Ma a volte un po’ può fare una grande differenza”
 
Isaac di sentì assolutamente sopraffatto dall’emozione, sorrise imbarazzato e sorpreso quando capì che le lacrime stavano per inumidirgli gli occhi, perciò per calmare la sua psiche in tumulto strinse a se il cane accarezzandolo.
 
Scott si accorse immediatamente del cambiamento avvenuto nell’amico e lo tranquillizzò; “E’ tutto ok, la prima volta ho pianto anche io” lo sguardo che si scambiarono comunicava più di un’infinità di discorsi vuoti e privi di significato: parlava di loro e della loro neonata amicizia, suggellata da quella istantanea e inaspettata complicità.
 
 

 
Grazie al ricordo di quanto accaduto nello studio del veterinario, Isaac capì quello che Scott stava cercando di fare. L’amico provava ad assorbire parte del suo dolore, parte del senso di colpa schiacciante con cui conviveva, per permettergli di trovare, anche solo per qualche prezioso istante, la pace.
 
Mentre premeva i palmi caldi contro la pelle tremante di Isaac, Scott poté sentire il tormento del ragazzo entrare ad ondate dolenti all’interno del suo corpo, per poi estinguersi in un punto imprecisato tra lo stomaco e l’esofago.
 
Nonostante la spiacevolezza delle sensazioni, Scott provava un’intensa e appagante soddisfazione, finalmente aveva trovato il modo di aiutare il suo amico nella sofferenza, finalmente grazie al contatto del suo copro, poteva trascinarlo fuori dal suo inferno personale.
 
Il giovane si sorprese quando sentì Isaac muoversi tra le sue braccia, ma rilassò la presa per consentirgli di portare a termini l’intento.
Il piccolo Lahey si girò nel suo abbraccio, fissandolo quegli occhi d’oltremare, profondi come le acque del Kent nelle notti d’inverno, poi sussurrò a fior di labbra: “Grazie”.
 
Furono le sue braccia a cingere la schiena di Scott e la sua testa a posarsi teneramente contro il suo petto, il respiro che si faceva profondo e regolare, mentre ritornava pacificamente nel mondo dei sogni.
 
Scott sapeva che, almeno per ora, la mente di Isaac sarebbe stata popolata solo da questo, da sogni, gli incubi scacciati dal contatto delle loro pelli.
 
 
 
 
 

 
L’oscurità premeva sulle cornee di Isaac, mentre le pareti di quello spazio angusto sembravano chiudersi su di lui, togliendogli l’aria e lo spazio vitale.
 
Isaac era incapace di stare fermo nel buio senza che un moto di panico ancestrale gli chiudesse la gola soffocandolo, questo almeno durante le prime ore di prigionia.
 
Il giovane si dimenava come una tigre in gabbia, come un lupo caduto nella tagliola dei cacciatori, incapace di rassegnarsi al suo destino senza combattere.
 
Fammi uscireee” urlando il ragazzo batteva pugni fortissimi contro il coperchio d’acciaio del congelatore in cui il padre lo aveva rinchiuso.
 
Ti preso papà! Non respiro, mi manca l’aria” Isaac si strappava le unghie graffiando le pareti, passava e ripassava sui segni lasciati durante infiniti giorni come quello, il sangue schizzava ovunque dai polpastrelli martoriati.
 
La voce impassibile e gelida del padre riecheggiò tra le pareti della sua prigione: “Smettila di agitarti Isaac! Come sempre sei una completa delusione. Ancora oggi, dopo tutto questo tempo, non hai capito che più ti dibatti, più a ,lungo durerà la tua agonia” le parole del genitore erano bisturi affilati che incidevano allo stesso modo carne e pensieri.
 
Smettila papà, fammi uscire” la voce del giovane ora era sfinita, consapevole dell’inutilità di quelle suppliche, ma comunque incapace di tacere “Papà.. ti prego” ora le parole erano intervallate da singhiozzi sommessi.
 
Isaac si odiava per questo, per la sua debolezza, per la continua ricerca di approvazione da parte di quel mostro che, si era convinto negli anni, lo aveva generato solo per poter rendere la sua vita un inferno di sofferenza.
 
Passa una buona notte figliola” il tono del padre era quello di un sadico “Speriamo che la notte ti porti consiglio, e ti capisca e impari dai tuoi errori!”
 
Isaac sentì i passi del padre che si allontanavano e sparivano al piano di sopra.
 
Riflettere sui propri errori… il significato di quelle parole era quasi esilarante, gli errori a cui il padre aveva fatto riferimento erano decisamente da ergastolo: non svuotare il piatto della cena, essere rientrato con dieci minuti di ritardo, in qualche occasione perfino essere sceso troppo rumorosamente dalle scale.
 
Una nuova ondata di panico si fece strada strisciando tra l’intestino e il pancreas, stringendo nella sua morsa mortifera le viscere di Isaac.
 
Il giovane riprese a muoversi convulsamente, puntando i piedi contro il coperchio del congelatore, nel vano tentativo di liberarsi, mentre le sue urla violentavano nuovamente il silenzio.
 
 

 
 
“Isaac calmati, va tutto bene, sono io, Scott” la voce di Scott era musica per le orecchie straziate di Isaac, il suo tocco un balsamo per i nervi martoriati.
 
Il giovane cullava la sua testa bionda, il viso premuto contro il proprio petto, mentre le le dita disegnavano ghirigori immaginari tre i riccioli dorati, il suo fiato caldo scompigliava i capelli sulla fronte sudata del compagno.
 
Scott riprese a parlare in un sussurro: “Una volta mi dicesti che eri solo al mondo, che nessuno si sarebbe mai accorto della tua assenza” emozioni contrastanti incrinavano la voce del giovane licantropo.
 
Isaac si tese tra le sue braccia, vigile.
 
“Non è più così, Isaac” mentre parlava scostò il volto del ragazzo dal suo corpo e si abbassò finché i loro sguardi furono alla stessa altezza: cioccolato mischiato a polvere di lapislazzuli.
 
“Non sari più solo Isaac, perché io mi prenderò cura di te” Scott si chinò a baciare le piccole lacrime salate che imperlavano le gote pallide del giovane.
Gli occhi blu ora risplendevano come un cielo trapunto di stelle, una nuova scintilla di speranza accendeva ora quelle iridi cupe e malinconiche.
 
Le labbra livide del giovane Lahey si posarono tramanti su quelle del giovane disteso al suo fianco, in un bacio colmo di parole non dette e promesse appena suggellate.
 
Passarono il resto della notte occhi negli occhi, mani tra i capelli, capelli tra le mani, mentre la luna vegliava i loro corpi abbracciati.
 
Albeggiava quando, sfiniti, si addormentarono.
Prima che si abbandonasse al sonno, la mente di Isaac fu attraversata da un pensiero fugace:
 
Un rifugio per il suo corpo era quello che stava cercando quando si era presentato bagnato fradicio davanti alla porta di Scott, un rifugio per la sua anima era quello che aveva trovato tra le sue braccia.
 
 

 
 
  
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