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Autore: Princess of the Rose    26/06/2013    0 recensioni
Era iniziato tutto con uno semplice scambio culturale, qualcosa che normalmente arricchiva gli studenti coinvolti con preziose esperienze, scolastiche e umane. Per Ludwig, Feliciano e Kiku, fu l'inizio del periodo più tragicomico della loro vita.
Solo due settimane, erano soliti ripetersi, osservando il calendario. Solo due settimane: quattordici giorni all'inferno, e poi sarebbe tutto finito.
Genere: Commedia, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: 2p!Hetalia, Axis Powers/Potenze dell'Asse
Note: AU | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Through the Looking-Glass and what Hetalians found there'
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Per i primi venti minuti, il viaggio in macchina era stato molto silenzioso, salvo qualche parola di circostanza e un paio di battute di Hidekaz sulla vecchiaia precoce di suo cugino; del resto, nessuno dei presenti aveva voglia di discorrere di qualcosa – tranne Romolo, ma tutti i suoi tentativi di iniziare un discorso erano stati stroncati da risposte monotone e lievi cenni del capo.

Solo quando si trovavano già a metà strada Marco si ricordò che ancora non aveva avvertito suo nonno del suo arrivo, e che probabilmente, a quest’ora, Remo aveva già avvertito le agenzie di spionaggio di mezzo mondo per cercare di rintracciarlo. Velocemente, prese dallo zaino il tablet, digitò il numero di suo nonno e impostò la videochiamata, attendendo la risposta, che arrivò dopo appena due squilli, mentre sullo schermo si materializzava il volto preoccupato di Remo.

<< Nonno! >>

<< Santi numi, Marco, >> urlò Remo, dando un pugno sulla scrivania, << sono ore che cerco di chiamarti, e non rispondevi mai! Ho dovuto sapere da Matteo che eri arrivato, ma nonostante ciò ancora non volevi rispondermi!  >>

<< S-Scusa nonno, ho il cellulare scarico. >> si giustificò Marco, pensando al suo telefonino che, in realtà, si era dimenticato di riaccendere e che sicuramente era pieno di chiamate senza risposta e centinaia di messaggi.

Remo grugnì qualcosa di incomprensibile, per poi distendersi contro la sedia e accennare un sorriso al nipote: << Vabbè, l’importante è che stai bene e che non sia successo nulla di grave. Allora, come è stato il viaggio? >>

Marco tirò internamente un sospiro di sollievo, sicuro di essere ormai scampato alla lavata di capo: << E’ andato tutto bene. E’ stato un po’ stancante, ma non posso certo lamentarmi. C’erano anche delle hostess molto carine. >>

<< Parla per te. >> replicò Hidekaz, senza distogliere lo sguardo dal paesaggio cittadino che scorreva velocemente sotto i suoi occhi attraverso il finestrino.

<< Oh, c’è anche Hidekaz lì con te. >>

<< Si, zio Romolo è venuto a prenderci assieme a Feli, Lovino e Kiku. >>

Lo sguardo ametista di Remo si adombrò improvvisamente: << Zio Romolo? >>

Marco sospirò internamente, esasperato: << Si nonno, c’è anche zio qui. >>

<< Ehilà, vecchio mio! Come va la vita in ***, eh? >> la voce squillante di Romolo arrivò fin troppo chiaramente a suo fratello, il quale stritolò il bicchiere di plastica che aveva in mano, ignorando il caffè bollente che gli si riversò sulla pelle.

<< Marco, passami tuo zio. >>

<< Zio sta guidando. >>

<< Non importa, passami quell’esimia testa di ca- >>

<< Ehi, niente volgarità in mia presenza! Remo, ancora dici così tante parolacce? Poi capisco da chi ha preso Lovino! >>

Il nominato grugnì qualche impropero, per poi lanciare un’occhiataccia mista a preoccupazione al tablet che gli venne passato, in modo che potesse reggerlo per permettere ai due fratelli di fronteggiarsi. Salvo per il guidatore, l’aria nella macchina si fece improvvisamente elettrizzante – e non in senso positivo: del resto, Romolo era alla guida, e un guidatore arrabbiato non era mai una buona cosa.

<< Romolo. >> sibilò Remo, scrocchiando le dita, accorgendosi solo in quel momento delle scottature sulla mano destra, ma che non gli impedirono di lanciare occhiate di fuoco a suo fratello.

<< Remo. >> replicò Romolo con una calma e una giovialità tali che l’altro non poté non sentirsi alquanto infastidito.

<< Scommetto che sei arrivato in ritardo a prendere il mio amato nipote. >> lo accusò il gemello, prendendo una sigaretta dalla tasca e iniziando a fumarla nervosamente.

<< E invece, ti sorprenderai, ma sono arrivato addirittura in anticipo. >>

<< C’è anche Kiku lì con voi. Scommetto che è stato lui a svegliare tutti e a farvi partire in tempo, altrimenti, conoscendoti, a quest’ora stareste ancora per strada per andare all’aeroporto. >>

Romolo arrossì leggermente a quella verità: << Non essere così sfiduciato, Re’.  Sono una persona affidabile, io. >>

<< Si, come no. Affidabile quanto una tartaruga che deve vincere una corsa contro una lepre. >>

<< Guarda che nella favola arrivò prima la tartaruga. >> disse Romolo, ghignando leggermente quando notò una vena pulsare sulla fronte di suo fratello.

<< Fai meno lo sbruffone, Romolo! >> sibilò Remo, spezzando involontariamente la sigaretta, << Non tirare in ballo cose che non centrano nulla, sai cosa intendevo! >>

<< Ah, Remo, non capirò mai il motivo per cui ce l’hai così tanto con me. >> si lamentò Romolo, sussultando quando suo fratello sbatté un pugno sulla scrivania che fece tremare tutto quanto c’era sopra.

<< Che tu possa andare all’inferno Romolo Vargas! Tu e tutti i tuoi discendenti! >> urlò Remo, frustrato.

Marco scoppiò a ridere, mentre Lovino e Feliciano chinarono il capo, infelici vittime di una crudeltà involontaria – anche se, a onor del vero, Remo non li aveva mai trattati male, ma neanche bene: molto più spesso li ignorava, incapace di gentilezze nei confronti dei nipoti di suo odiato gemello, ma neanche così ingiusto da sentirsela di maltrattare due poveri innocenti. Il più delle volte, almeno.

<< Ehi ehi, piano con le parole, Re’! Non mi sembra il caso di fare ancora tutte queste storie solo perché pensi che mamma riservasse qualche coccola più a me che a te. >>

<< Romolo! >> Remo iniziò a grattare le unghie sulla scrivania dal nervoso, desiderando ardentemente che al posto della superficie lignea ci fosse la faccia di suo fratello – e  non facendo caso alle risate di suo nipote dall’altra parte della linea, che in qualunque altra situazione gli sarebbero valse perlomeno una decina di scappellotti.

<< Oh, accidenti zio, stiamo entrando in galleria! >> esclamò Lovino quando si accorse che la discussione stava degenerando in qualcosa di estremamente pericoloso visto che uno dei due litiganti era al volante dell’auto, per poi imitare miseramente il rumore delle interferenze.

<< C-Che- Lovino, che stai- >>

<< Accidenti, non si sente nulla. Ci sentiamo zi’! Marco ti saluta! >>

<< Ehi, ferm- >> Lovino non aspettò che suo zio finisse la frase, chiudendo la telefonata di colpo e ridando il tablet a suo cugino, il quale non aveva smesso di sghignazzare per tutto il tempo.

<< Uff, Remo non è cambiato per nulla, eh? >>

<< Eheh, è molto stressato per il lavoro, zio. >>

<< Se, il lavoro. >> Romolo scosse mestamente la testa, per poi tornare a concentrarsi sulla strada. Veneziano lo osservò, preoccupato e dispiaciuto insieme per quel difficile rapporto fraterno che aveva spaccato la sua famiglia, tanti anni fa, e per cui il suo amato nonno ancora, evidentemente, soffriva. Fece per dire qualcosa, cercando di consolarlo, ma la mano di Marco sul suo braccio troncò perfino il suo respiro.

<< V-Ve? >>

<< Senti, cuginetto, >> disse l’italiano a bassa voce, per non farsi sentire dallo zio, << te l’ho già detto che queste, per me, saranno due settimane di vacanza? >>

<< V-Ve… >>

<< Esatto. Ora, parlami un po’ dell’accademia, va. >>

<< V-Ve, va bene. >> disse, cercando di calmarsi, << C-Che vuoi sapere? >>

<< Un po’ di tutto: come sono i professori, l’istituto, le aule, cose così. >>

<< Ve~ bè, i professori sono molto gentili, specie quella di arte - tratti tutto bene e fa molti complimenti, anche se nessuno ha mai capito il suo concetto di arte, ve~ è una persona un po’ strana... Poi, l’accademia è molto grande, enorme anzi, e divisa in cinque grandi edifici, uno per le materie umanistiche, uno per le scientifiche, uno per le artistiche, uno – il più piccolo – con la segreteria, e la biblioteca. I dormitori sono in un sesto edificio tra segreteria e biblioteca. Il tutto è circondato da un grande giardino, ve~ >>

<< Infondo non sembra così diversa dalla nostra, vero Hidekaz? >>

<< Mh. >> mormorò questi, continuando a guardare fuori dal finestrino.

<< Ehi, non parlare troppo, che ti si secca la lingua. >>

<< Mh. >>

<< … Ok, ci rinuncio. >>

<< Forse sarei più loquace se qualcuno non avesse prenotato il MIO viaggio sul treno, sapendo che ODIO viaggiare in treno. >> disse Hidekaz, lanciando un’occhiataccia verso il suo amico, il quale sbuffò prima di ghignare derisoriamente e muovere la mano in un gesto di non curanza.

<< E dai, Hidekaz, volevo risparmiare, e c’era quell’offerta due posti in aereo più viaggio in treno gratis. Hai praticamente viaggiato gratuitamente, non sei felice? >>

<< Non ti risponderò come vorrei perché siamo in presenza di Romolo-sama, e vorrei evitare di deturpare l’innocenza di Feliciano-kun, ma spero che tu abbia compreso che no, non sono felice, e che desidererei ardentemente almeno il rimborso del viaggio, visto che sei un pessimo organizzatore. >>

<< Rimborso? >>

<< Hai. >>

<< Ahah, Hide’, non hai sentito quello che ho detto? Hai viaggiato gratis, anche se volessi rimborsarti non ti dovrei proprio niente. >>

Hidekaz lo osservò per qualche istante, naturalmente inespressivo, prima di tornare a fissare fuori dal finestrino: << Appena saremo arrivati assaggerai la mia vendetta, Marco-kun. Così potrò anche dimostrare a Kiku che cos’è il vero onore di un uomo giapponese, sperando che mi prenda ad esempio e la smetta di comportarsi da geisha. >>

<< Se se. >> disse Marco con nonchalance, ghignando leggermente quando vide Kiku dare una piccola testata contro il poggiatesta del sedile.

<< Ma quanto cazzo manca? >>

<< Lovino, piano con le parole! E poi non dovrebbe mancare molto, dobbiamo prendere la prossima uscita e dovremmo arrivare tra una decina di minuti, salvo il traffico. Comunque sia, Marco non eravate in tre a venire? >>

<< Si, c’è anche George. >>

Romolo sussultò leggermente a quel nome, un movimento che non passò inosservato a i suoi nipoti, i quali deglutirono pesantemente e in completo disagio, memori dei fatti della scorsa estate: << Ah… E dove sarebbe?  Per caso veniva più tardi? Avremmo potuto aspettarlo. >>

<< Nah, lui è il primo ad essere venuto, aveva l’aereo praticamente alle tre del mattino. >> rispose l’interpellato, sentendo distintamente il sospiro di sollievo di Romolo.

<< Ve? Perché mai così presto? >>

Marco ghignò malignamente: << Volevo viaggiare da solo, e quello delle tre era casualmente l’unico posto libero per arrivare oggi. >>

<< Casualmente? >> chiese Lovino, per nulla convinto.

<< Giuro che il mio desiderio di vendetta nei confronti di quel pervertito e le sue incursioni notturne nella mia camera non centrano nulla col fatto dell’orario. >> disse Marco, poggiandosi una mano sul cuore e incrociando le dita della mano libera senza neanche degnarsi di nasconderla. 

<< Ve~ povero George. >>

<< Ma quale povero e povero, se lo merita. >>

<< Lo tratti sempre male, ve~ >> mormorò Feliciano, imbronciandosi al ricordo di tutte le cattiverie che il cugino di Ludwig aveva dovuto subire da parte del suo; saltò praticamente sul posto quando Marco gli lanciò un’occhiata raggelante.

<< Lo tratto come si merita. Quel maledettismo stalker è ora che impari a lasciarmi in pace. E’ da quando avevamo quindici anni che continua con questa storia dell’”ammmore,” tsk. >>

<< Marco-kun, non trattare così i sentimenti di George-kun. Lui ti ama davvero. >>

<< Ma che amore, è solo un rompico… una grande seccatura. >> si corresse Marco quando suo zio lo guardò con rimprovero attraverso lo specchietto, per il grande divertimento di Romano.

<< Ve~ ma perché odiate tutti George. E’ un ragazzo così gentile. >> disse Feliciano, guardandosi intorno in cerca di qualcuno che concordasse con quell’affermazione, trovando invece solo volti o tesi o ironicamente perplessi e un silenzio che perdurò fino a quando non giunsero davanti ai cancelli dell’accademia; trovandosi davanti uno spettacolo straniante: due auto della polizia con la sirena accesa e dei poliziotti davanti all’entrata del comprensorio accademico, intenti a parlare con il nervosissimo preside dell’istituto.

<< Ma che diavolo? >> disse Romolo, spegnendo in fretta l’auto e dirigendosi verso il gruppo di persone, seguito da tutti i passeggeri del veicolo, << Leonardo che succede? >>

Il preside, un uomo sulla cinquantina con una folta chioma brizzolata – anche se ancora conservava qualche ciuffo marrone, residui di una gioventù passata solo dal punto di vista anagrafico e nel fisico – di corporatura robusta e con vivaci occhi castani, si volò verso Romolo con un tremante sorriso, evidentemente felice di aver visto un volto amico: << Oh Romolo, vecchio mio, aiutami! >>

<< Che succede, signori? >> chiese quest’ultimo, indossando la sua aria più professionale quando si rivolse al poliziotto.

<< Ci hanno chiamato da questa accademia asserendo che c’è un soggetto pericoloso dentro i dormitori, e siamo venuti a controllare. >>

<< Ma non è entrato nessuno di estraneo, i bidelli se ne sarebbero accorti, ve lo assicuro. >> disse Leonardo, ma il poliziotto lo ignorò.

<< Abbiamo ricevuto la chiamata da dentro i dormitori maschili. Anche se non fosse un pericolo, desidererei comunque controllare. >>

<< Senta, non mi sembra il caso, ultimamente i ragazzi sono già parecchio nervosi per gli esami imminenti e temo che vedere la polizia possa non farli bene. E comunque, le ripeto, ci saremmo accorti se fosse entrato qualcuno senza permesso. >>

<< Ciò non toglie che è mio dovere controllare >>

<< Mi scusi agente, >> si intromise Romolo, il quale iniziava ad avere un brutto presentimento, << mi potrebbe dire chi ha fatto la chiamata? >>

<< E lei sarebbe? >>

<< Lui è Romolo Vargas, uno dei finanziatori dell’accademia. >> disse Leonardo, prendendo un fazzoletto dai pantaloni e asciugandosi il sudore sulla fronte, nervoso. Il poliziotto alternò lo sguardo tra i due per un poco, per poi sospirare e decidere di rispondere alle domande dell’italiano.

<< Un certo Gilbert Beilschimdt, attorno alle nove di questa mattina. Afferma di essersi barricato nella camera del fratello per sfuggire da un assassino. Ne sa qualcosa? >>

 

 

 

<< Un assassino. >>
<< Großvater, posso spiegare. >>

<< Avete chiamato la polizia perché c’era un “assassino” davanti alla porta? >>

Gilbert deglutì faticosamente, incapace di reggere lo sguardo glaciale di suo nonno, e facendo vagare il suo tutto fuorché verso lo schermo del computer.

<< Großvater- >>

<< Lo ammetto, da Gilbert me lo sarei aspettato. >>

<< Devo sentirmi offeso? >> chiese l’interpellato, ma Aldrich non si degnò di rispondergli, spostando la sua attenzione verso l’altro nipote.

<< Ma tu, Ludwig. >> il tedesco più anziano scosse la testa, afflitto. << Tu, che assecondi tuo fratello? Neanche quando eravate piccoli lo assecondavi in certe scemenze. >>

Ludwig sospirò impercettibilmente, vergognandosi come non mai. Come aveva potuto lasciarsi trasportare da certi illogici sentimenti? << Es tut mir leid, Großvater, è solo che- >>

<< E solo che cosa? >>

<< Uhm... >>

<< Te lo dico io solo che cosa: siete due imbecilli, ecco cosa siete. >>

Ludwig non rispose, incapace di replicare perché effettivamente non poteva non dare ragione a suo nonno: si sentiva un vero idiota. Stesso discorso, però, sembrava non valere per Gilbert, il quale non perse tempo ed iniziò a protestare veementemente: << Großvater, avevo tutte le ragioni per poter chiamare la polizia. Fino a prova contraria, George non ha la fedina penale pulita, avevo tutto il diritto di chiamare la polizia nel caso non mi fossi sentito al sicuro – e tra parentesi, non mi sento sicuro nemmeno adesso. >>

<< Gilbert, fai silenzio. >> lo avvertì Aldrich, quasi ringhiando quell’avvertimento, e fortunatamente l’albino ebbe abbastanza buonsenso da non replicare, continuando però a protestare nella sua testa..

<< Voi due siete nei guai, >> disse il tedesco più anziano, mantenendo comunque una calma apparente, << ma come diavolo vi è venuto in mente di chiamare la polizia!? La polizia! Herr Leonardo è furioso, sono riuscito a non farvi espellere per miracolo, anche se ve lo sareste meritato! Dovrei tagliarvi i viveri a vita e costringervi ad andare a lavorare per mantenervi! Ringraziate quell’anima buona di vostra Großmutter se non l’ho ancora fatto! >>

Ludwig e Gilbert si guardarono brevemente, cercando una soluzione che potesse placare l’ira del nonno e evitare allo stesso tempo di passare dei guai con la loro nonna – solo perché era intervenuta per evitare il taglio dei viveri, non voleva certo dire che Angela non avesse in serbo punizioni peggiori.

<< Großvater, senti- >>

<< Senti un corno! Dov’è vostro cugino?! >>

<< Hallo, onkle Aldrich! >>

Aldrich sussultò visibilmente quando il volto sorridente di George sbucò da dietro i suoi due nipoti, i quali per poco non caddero dal letto dallo spavento.

<< H-Hallo George. >> disse il tedesco più anziano, recuperando velocemente il suo contegno, << t-ti trovo bene. >>

<< Danke onkle, anche tu non sei messo male. >> disse George, sedendosi tra Ludwig e Gilbert senza neanche chiedergli il permesso.

<< Mi scuso a nome dei miei due sciocchi nipoti per l’accoglienza che ti è stata riservata, George. Non so cosa li sia passato per la testa quando hanno chiamato la polizia. >>

<< Nah, tranquillo onkle, me lo aspettavo in un certo senso. Anzi, direi che è stata una reazione fin troppo tranquilla per gli standard di Lud. >> disse, lanciando un’occhiata divertita verso Ludwig; quest’ultimo arrossì leggermente, un po’ per l’imbarazzo e un soprattutto per la rabbia, per poi voltarsi verso il muro, trovando improvvisamente interessante il poster dei Queen che suo fratello vi aveva attaccato qualche giorno fa.

<< J-Ja, >> Aldrich rimase in silenzio per qualche attimo, lo sguardo fisso su Ludwig, << come hai viaggiato? Sei venuto presto rispetto a Marco e Hidekaz. >>

Al nome del suo amato lieber, gli occhi di George si illuminarono di una gioia sinistra che fece venire i brividi ai suoi tre parenti: << Ho viaggiato benissimo, anche se l’orario non era tra i più comodi – sono partito alle tre del mattino. Avrei preferito viaggiare con gli altri, ma Marco ha insistito così tanto per andare separati. >>

<< Mi chiedo perché. >> mormorò Gilbert, disgustato.

<< Marco e Hidekaz sono arrivati? >>

<< Ja, erano con me in presidenza per firmare le carte dell’arrivo. A dire il vero, sono tornato qualche attimo fa. >>

Aldrich cercò di trovare qualche altro argomento di conversazione, più per educazione che per vero interesse – fosse per lui, avrebbe chiuso immediatamente i collegamento e sarebbe tornato al lavoro: vedere il nipote di suo fratello lo metteva profondamente a disagio, come del resto tutto quello che era anche solo minimamente collegabile con Siegfried; alla fine, decise di trovare una scusa e lasciare ai suoi nipoti l’onere di far ambientare George, pensando che fosse una punizione più che appropriata: << Bene, io adesso ho del lavoro da fare- >>

<< Was? Nein! >> Gilbert gli lanciò un’occhiata supplicante, ma Aldrich lo ignorò.

<< Ci sentiamo fra tre giorni, e spero per allora di non dover ricevere altre telefonate dalla polizia. >> avvertì il tedesco più anziano, osservando attentamente i nipoti, per poi salutarli con un veloce: << Auf Wiedersehen. >> prima di chiudere Skype, lasciando Gilbert e Ludwig nella disperazione.

George si stiracchiò brevemente, prima di dare una pacca sulla spalla del cugino biondo – imprimendoci anche un po’ troppa forza: << Allora, Ludz, non mi fai fare un giro per l’accademia? >>

Ludwig gli lanciò un’occhiataccia prima di alzarsi e prendere le chiavi della sua stanza dalla scrivania, per poi puntare la porta e ringhiare: << Dopo di te. >>

<< Ehi, West, aspetta! Non iniziare a fare il serve- >>

<< Silenzio, bruder! >> disse Ludwig, bloccando sul posto l’albino con un semplice sguardo irato, per poi uscire dalla stanza appresso a George, il quale non aveva smesso di ghignare malignamente per un solo istante.

 

 

La Second Player Academy era identica alla World Academy nella struttura – sei edifici circondati da un giardino immenso – ma l’aria che circondava quel comprensorio accademico era decisamente più cupa, almeno agli occhi di Timo, Matthew e Toris, arrivati proprio in quel momento davanti al cancello in ferro battuto dopo una lunga (e costosa) corsa in taxi.

Il primo inspirò ed espirò il più lentamente possibile, cercando di rilassarsi, per poi dare un sorriso incoraggiante ai suoi due compagni di (s)ventura: << B-Bene, eccoci qui, insomma. >>

Toris annuì lentamente, guardandosi attorno con circospezione mentre i vari studenti che passavano vicino a loro li sottoponevano ad una veloce analisi prima di riprendere la loro strada – e, con vago orrore misto a meraviglia, tutti quei volti erano tremendamente simili a quelli dei suoi compagni, in ogni particolare salvo per i colori – occhi e capelli erano diversi, o di una sfumatura spesso più scura: a prima vista sembravano essere quelle le uniche differenze.

Era come essere in un film dell’orrore.

<< Toris! >> l’interpellato sentì una voce squillante chiamarlo alle sue spalle, e poco pochi secondi si ritrovò a terra, stretto nella morsa micidiale di Valerjius Lorinaitis, suo cugino, << ah, come sono felice di vederti! >>

<< V-Valerjius! >>

<< Che bello, ancora ti ricordi di me! >> cinguettò quel ragazzo così tremendamente simile a Toris – differente solo per i capelli di un castano più tendente al biondo e gli occhi di un allegro verde-giallognolo – per poi alzarsi trascinandosi appresso suo cugino, << sono anni che non ci vediamo! Da quando zia si è risposata non ho più avuto la possibilità di parlarti. Come mai non hai accettato la mia amicizia su Facebook? Per caso non l’hai vista? Non ti ha mandato la notifica, eh? Ah, Facebook può essere una tale rottura! Appena avremo una connessione risolveremo questo inconveniente, non preoccuparti! Allora, come stai? >>

<< Ehm, >> Toris si grattò il mento, incapace di replicare a quel fiume di parole incontrollato, sotto lo sguardo pieno di aspettativa di suo cugino, << b-bene... T-Ti trovo in forma, Valerjius. >>

Questi sorrise ampiamente, per poi fare una veloce giravolta come a farsi ammirare – anche se sotto il maglione giallo, leggermente sformato e con le maniche troppo lunghe che coprivano interamente le mani, difficilmente si sarebbe potuto azzeccare la sua costituzione fisica: << Aš žinau! Quando ho saputo che saresti venuto mi sono subito messo a dieta per farmi vedere in forma da te! Non potevo certo sfigurare col mio pusbrolis preferito! >>

<< M-Ma i risultati sono uscito solo qualche giorno fa… >>

<< …E’ una dieta un po’ estrema, lo ammetto, ma almeno ha dato il risultato sperato. >> disse Valerjius, per poi voltarsi e agitare forsennatamente le braccia verso un gruppo di ragazzi seduto vicino alle scale dell’edificio di lettere, << Alvar, è venuto tuo pusbrolis, vieni a salutare! >>

Timo sussultò, per poi spostare lo sguardo nella direzione indicata da Valerjius, incrociando quasi subito gli occhi bluastri di suo cugino: << Ehm, h-hei Alvar! >> disse, agitando lentamente la mano verso il suo parente.

Alvar rimase qualche attimo immobile, per poi fare un breve cenno ai suoi amici e dirigersi verso i nuovi arrivati, squadrandoli uno ad uno.

<< Ehm, >> Timo deglutì pesantemente, per poi tendere la mano al suo parente, il quale, invece, rimase immobile, << come stai, serkku? >>

<< Male, >> replicò questo, inspirando a fondo la sigaretta che stava fumando, << ho finito adesso un’ora di punizione, e quel cretino Ingmar non fa che ossessionarmi – a tal proposito, di a quel deficiente del tuo ragazzo di tenere a bada suo cugino, mi faresti un favore. >>

<< M-Ma Berwald non è il mio ragazzo. >> disse Timo, leggermente a disagio; Alvar alzò un sopracciglio, per nulla convinto da quella affermazione, ma decise di non indagare oltre.

<< Era tutto il giorno che Alvar e io vi stavamo aspettando! >> di intromise Valerjius, per poi prendere una delle valigie di Toris e dirigersi verso l’edificio che conteneva la presidenza, << siamo entrati nel comitato di accoglienza apposta! Dai, gli altri ci stanno aspettando dentro! >>

<< A-Aspetta Valerjius, posso portare da solo la vali- >>

<< Non dire sciocchezze, Toris, devo essere come un padrone di casa, e nessuno padrone di casa fa fare sforzi inutili agli ospiti! Alvar, prendi un bagaglio di tuo cugino, dai, che Matteo e Tomash saranno in presidenza! >> disse il lituano, prendendo anche l’altra valigia di suo cugino, per poi correre verso l’edificio principale – una bassa costruzione rosso-mattone avvolta nell’edera.

Alvar, anche se sbuffando sonoramente, fece come richiesto, per poi guardarsi interrogativamente attorno: << Ma non eravate in tre a venire? >>

<< Eh? Ah si, ecco- >> Toris si girò alla ricerca del terzo compagno, << ehm… Timo, com’è che si chiamava l’altro ragazzo? >>

<< Ehm, Ma- Ma- Marcus? No, non Marcus… Ma-Marcello, Marzius, Mario… >>

<< Matthew. >>

<< Ah si, Matthew! >> esclamò il finlandese, per poi sbattere perplessamente le palpebre, << m-ma chi ha parlato? >>

Matthew, il terzo ragazzo dello scambio, che fino a quel momento era rimasto in disparte dietro i suoi due compagni, sospirò amaramente, accettando di malvoglia di essere stato nuovamente ignorato. Prese sconsolatamente le proprie valigie, per poi passare vicino ai due finlandesi senza che questi si accorgessero minimamente della sua presenza, seguendo la strada percorsa prima da Valerjius; non poté non fare a meno di pensare che quelle due settimane non sarebbero state poi così differenti da quelle che trascorreva nella sua accademia: sana solitudine, qualcuno che saltuariamente si accorgeva di lui e lo salutava distrattamente, ignorato perfino quando si scontravano accidentalmente con lui-

<< Ehi, buddy! >>

Matthew si fermò di colpo, mentre un brivido gelido lo percorse dalla testa ai piedi quando una mano callosa si posò sulla sua spalla, stringendo abbastanza forte in modo da impedirgli di scappare; il canadese si voltò  leggermente, incrociando il viso dell’ultima persona che avrebbe voluto vedere al mondo – anzi, no: dell’unica persona che mai avrebbe voluto vedere, nemmeno se fosse stata l’unica a rimanere sulla faccia della terra!

<< Ehi Matt, >> lo salutò allegramente Timothy, per poi avvolgere l’intero braccio attorno alle spalle del cugino e strofinare con forza il pugno sopra la sua testa, << è bello rivederti dopo così tanto tempo! >>

<< Ugh, no fermo Timothy, mi fai male! >> protestò debolmente il canadese, cercando di staccarsi da quella morsa micidiale.

<< E perché? Voglio solo salutare come si deve uno tra i miei parenti più prossimi. >> disse l’altro ghignando malignamente, senza smettere di strofinare il pugno tra i capelli di Matthew – il tutto sotto lo sguardo di Alvar, Toris e Timo, che si chiedevano perplessamente il perché Timothy stesse sfregando l’aria.

<< Lasciami! >>

<< E va bene, >> acconsentì infine Timothy, liberando il canadese dalla sua morsa, il quale cadde in ginocchio a causa dell’intontimento,  << è bello rivederti dopo tutto, Matt.  Come sta quello squinternato di Alfred? >>

Quest’ultimo si massaggiò il punto dolente, rimettendosi faticosamente in  piedi e lanciando un’occhiataccia verso suo cugino.

<< Ehi dude, non guardarmi così, mi fai arrossire! >>

<< Non sei cambiato per niente, eh Timothy? >>

<< Tu invece direi che sei cambiato parecchio! Quasi non ti riconoscevo per quando eri diventato invisibile. >>

Matthew sussultò leggermente, stringendo i pugni dalla rabbia, ma cercando comunque si non cadere vittima delle provocazioni dell’altro. Timothy ghignò leggermente, scrocchiando rumorosamente le dita: << Guarda che sguardo da micetto coraggioso che abbiamo qui. >>

<< Lasciami in pace. >> disse il canadese, senza però riuscire a nascondere un certo tremore nella voce – suo cugino era sempre riuscito a incutergli un certo timore fin sa quando erano piccoli, complici numerosi episodi di bullismo subiti in tenera età compiuti dal suddetto figlio di sua zia.

<< Oh oh,  we have a bad ass over here, >> Timothy ghignò malignamente, << eh eh, ho lasciato la mazza in camera mia, ma so cavarmela perfettamente anche senza di lei. Left e Right sono molto ansiosi di conoscerti, my dear cousin. >>

Matthew sussultò, indietreggiando di qualche passo, << W-Wait, i-io non voglio fare a botte. >>

Timothy lo ignorò, e fece per avanzare a far scoppiare la rissa che aspettava fin da quando aveva saputo che sarebbe venuto il suo cugino canadese per lo scambio culturale – che poi, rissa era un parolone: il più delle volte, Matthew le prendeva e basta, per poi andarsene a piagnucolare in un angolino – ma un pugno sulla testa gli impedì di fare alcun che: << Ouch! Ma che- >> non finì neanche la frase che un calcio ben assestato nel deretano lo fece volare tre metri più in là.

Matthew, che aveva chiuso gli occhi ormai  rassegnato a ricevere il primo di numerosi colpi, li aprì per poter vedere chi fosse il suo salvatore; e il suo cuore mancò un battito quando notò un ragazzo quasi identico a lui, salvo per i capelli più lunghi e di un biondo più scuro e gli occhi violacei, quasi neri per quanto erano scuri: << Lorenz! >>

L’interpellato, il figlio che sua zia aveva avuto dal primo matrimonio, si voltò verso d lui, senza sorridergli.

<< Non sai quanto sono felice di vederti! >> esclamò il canadese con gli occhi lucidi, abbracciando suo cugino con forza. Tra tutti i suoi parenti, sicuramente Lorenz era quello che più era felice di vedere – visto che era anche l’unico che riusciva sempre a notare la sua presenza.

<< Che strano, sento qualcosa abbracciarmi eppure non ho nessuno intorno.

Bè, quasi sempre. Matthew sospirò sconsolatamente, allontanandosi dall’altro, il quale fece un mezzo sorriso prima di scompigliare amorevolmente i capelli del primo: << Dai, scherzavo, non fare quella faccia. >>

Il canadese lo osservò stupito per qualche attimo, prima di ridere leggermente, mentre un lieve rossore gli imporporava le guance.

<< Finalmente siete arrivati, ci avete messo un bel po’. >>

<< Si, il taxi si è perso – o ha cercato di allungare la corsa, non ho ben capito. >>

Lorenz gli sorrise incoraggiante, prendendo le valigie che Matthew aveva prima lasciato per potersi difendere meglio dall’attacco di Timothy e trasportandole verso la presidenza: << Fatto buon viaggio? >>

<< Ehm, si. >> il rossore sul volto di Matthew si fece più intenso, mentre  accelerava per poter mantenere il passo con suo cugino, << E’ stato… Comodo. Timo è molto ad organizzare i viaggi- >>

<< Ehi, fermi un attimo! >>        

I due si voltarono verso Timothy, il quale, una volta resosi conto di chi lo aveva atterrato con così tanta facilità, si era alzato il più in fretta possibile, pronto a darle anche a suo fratellastro qualora fosse stato necessario.

<< Che c’è? >> domandò Lorenz, scocciato.

<< Che c’è? Io e Matt stavamo discutendo di cose importanti, e te ti metti in mezzo, come al tuo solito! Perché non impari a farti gli affari tuoi una volta tanto, eh? >>

Lorenz sospirò, per poi riprendere a camminare, facendo cenno a Matthew di seguirlo: << Ignoralo, tanto non ti farà nulla finché ci sono io. Queste giorni cerca di starmi vicino ok? Non vorrei ti facesse qualcosa. >>

<< Ehm, ok. >>

<< Ehi, non azzardarti ad ignorarmi! Come back here! Maledetto di un canadese, vieni qui! Non ignorarmi! >>

Mentre Timothy scalpitava imprecazioni, e suo fratello e Matthew lo ignoravano bellamente, Toris, Timo e Alvar erano rimasti ad osservare la scena – resesi  finalmente conto anche della presenza dei due canadesi - perplessi e vagamente divertiti.

<< Queste scene saranno quotidiane, vi conviene iniziare a farci l’abitudine. >> disse Alvar rivolgendosi a suo cugino, il quale sorrise stancamente, prima di prendere la sua roba: << Non credo che le cose saranno così diverse dalla nostra accademia, eh Toris? >>

Questi fece per rispondere, ma la voce squillante di Valerjius lo interruppe: << Ehi! Che fate lì impalati? Dai che il preside vi aspetta e- Perché ci sono delle valigie volanti? >>

 

 

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Capitolo breve, e neanche così bello... Accidenti >.< !!!

Gli esami portano via molto tempo, e purtroppo per me neanche sono finiti T_T ma si va avanti. Vi saluto adesso perché, salvoq ualche cosina che riuscirò a pubblicare, ci vedremo a settembre col prossimo capitolo. Eh già, vi lascio con l'ansia del giorno dopo XD. E fidatevi: il nostro 1p!Asse ne vedraà di brutte. MOOOOLTO brutte.

 

E adesso, non avendo altro da aggiungere, andrò a vedere per la millesima volta la seconda parte di Buon San Valentino (L'hanno animata!!!! L'hanno animata!!!!!!! *_* :D ), cosa che invito anche voi a fare, specie se siete fan del GerIta e siete in cerca di cose zuccherose *.*

 

Bye Bye

   
 
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