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Autore: Kiki87    27/06/2013    4 recensioni
Non è semplice per Nick Duval trovare le parole giuste: soprattutto, affidarsi allo scritto quando il suo intento è mantenere i suoi sentimenti taciuti.
La parola scritta è libertà ma è ciò di cui davvero ha bisogno?
“La lettura ci permette di vivere altre esistenze, attraverso i personaggi descritti. Ma è la scrittura che mette a nudo la propria anima: ci strappa ciò che è nostro e lo rende visibile, seppur in modo traslato”
[...] Che l'oceano disperdesse ogni singola parola, io l'avrei recitata in ogni respiro da qui alla fine dei miei giorni. [...]
Genere: Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jeff Sterling, Nick Duval | Coppie: Nick/Jeff
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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A love letter
A Chiara,
che di questa coppia mi ha ispirato la dolcezza,
la semplicità e la tenerezza.
Per essere l'altra metà di un universo a parte,
di scritti e di maschere ma di
autentico affetto.



Scrivere è sempre nascondere qualche cosa in modo che poi venga scoperto.
Italo Calvino

Se tu non mi ami, non importa, sono in grado di amare per tutti e due.
Ernest Hemingway



Era stata una sincera sorpresa, quando Nick Duval era stato interpellato da un'insegnante: aveva avuto la sensazione che tutta la classe si fosse fermata ad osservarlo, malgrado la lezione fosse terminata e tutti stessero riordinando le borse per uscire dall'aula. Ciò dimostrava quanto l'evento fosse tutt'altro che ordinario tra le mura della Dalton Academy ma, una volta radunato i propri oggetti, si affrettò ad attraversare i corridoi e raggiungere l'aula giusta.
Aveva la fronte aggrottata per la confusione, evidentemente domandandosi lui stesso il motivo di quel colloquio, quando si fermò di fronte alla porta. Bussò discretamente e, una volta ottenuto il consenso ad entrare, osservò l'insegnante.
Mrs Michaels gli restituì lo sguardo.
Buongiorno, Nick: vieni, accomodati” gli aveva sorriso con quel suo sguardo gentile, gli occhi nocciola che scintillavano dietro le lenti rotonde che indossava. Era vestita molto formalmente: un tailleur costituito da camicetta e gonna a tubino, i capelli raccolti da una crocchia. Si intuiva, anche dai gesti più insicuri, che fosse alle prime armi ma ciononostante aveva saputo accattivarsi l'attenzione degli studenti che frequentavano il suo corso. Scrittura creativa.
Poco contava, per un lettore accanito come Nick Duval, quali fossero le referenze di curriculum del docente che presiedeva un qualsiasi corso: la passione che l'animava nell'illustrare loro la dialettica o la poetica di celebri personaggi, riusciva sempre a far breccia tra i suoi pensieri. Non si poteva certo dire che, malgrado fosse una persona silenziosa e pacata, la sua mente non fosse spesso impegnata nelle riflessioni legate ad eventi particolari o sollecitate da qualche recente lettura o dai dialoghi quotidiani. Ciò che era più difficile – e aveva una mezza idea del motivo della convocazione – era riuscire ad esprimersi, almeno nella misura che rendesse la sua scrittura spontanea e naturale.
Buongiorno” aveva risposto al saluto e, seguendone l'indicazione, si era avvicinato alla scrivania per poi accomodarsi sulla postazione di fronte alla stessa.
La donna si alzò e si appoggiò al tavolo: gli porse un plico di fogli che Nick prese, le sopracciglia inarcate e un vago sospiro nel riconoscere l'ultimo elaborato che gli era stato richiesto. Ancora prima che ella proferisse parola, Nick si passò una mano tra i capelli e apparve a disagio.
Lo so, il mio saggio non è stato abbastanza introspettivo”.
Gli aveva sorriso la docente e lo aveva osservato a lungo prima di annuire: inclinò il viso di un lato.
Nick, tu sei un ragazzo molto – indugiò nel cercare la qualifica che potesse esprimere esattamente l'idea che si era fatta del giovane, anche attraverso la scrittura probabilmente – composto” concluse con sguardo concentrato.
Nick sorrise appena. “Immagino non sia un complimento” aveva arrischiato e la donna si era stretta nelle spalle, l'espressione più complice e giocosa.
Umanamente la ritengo una grande dote, un po' meno come aspirante scrittore” aveva commentato e Nick aveva annuito, rimirando il proprio operato e leggicchiando qualche frase qua e là con le annotazioni della docente accanto.
Ricordava bene l'ansia da foglio bianco quando si era posto di fronte alla propria scrivania e il cursore lampeggiava come una sorta di minaccia silenziosa, la sua mente sembrava galleggiare nel vuoto. In vero, non aveva avuto difficoltà ad identificare l'ambito in cui avrebbe allocato l'oggetto della traccia: “un incontro fatale”. Era stato come, se per tutto il tempo, una presenza silenziosa avesse sostato tra i suoi pensieri, tra una parola e l'altra, tanto da costringersi a cancellare spesso e volentieri più parole di una sola frase o dimezzare un periodo, fino a togliere al paragrafo ogni implicazione che aveva ritenuto fin troppo personale. In fondo, si era ammonito, avrebbe dovuto proiettarsi nel personaggio fittizio, ma non avrebbe voluto ch'egli fosse facilmente identificabile nell'alter ego del, cosiddetto, posato Nick Duval. Immaginava fosse quello il problema.
"Non è che mi manchino idee” cercò di intavolare una giustificazione ma la donna gli pose la mano sulla spalla a rassicurarlo tacitamente.
La lettura ci permette di vivere altre esistenze, attraverso i personaggi descritti. Ma è la scrittura che mette a nudo la propria anima: ci strappa ciò che è nostro e lo rende visibile, seppur in modo traslato” ancora una volta Nick si trovò letteralmente incantato di fronte all'evidente passione che la donna stava imprimendo in quella spiegazione.
Ma era proprio quello il punto: mettere a nudo la sua anima.
Ne sarebbe stato facilmente disposto?
Lo scrittore non deve giustificare ciò che scrive e neppure chiedere perdono: proietta se stesso in una nuova realtà, in un nuovo mondo, e soltanto lui saprà quanto esattamente vi è di se stesso. E' per questo che la scrittura è libertà e, al contempo, un modo di conoscersi in modo oggettivo. Senza veli” rimuginò su quelle parole che, lo sapeva, avrebbero continuato a ronzare nella sua mente, quando si fosse di nuovo concentrato sulla scrittura.
Ben pensandoci, le premesse di Mrs Michaels non erano soltanto valide ma persino incoraggianti e suggestive: un modo, lo aveva già esperito, di sentirsi esposto ma senza che, necessariamente, fosse incriminante, se fosse riuscito a creare un contesto fittizio particolareggiato. Un'impronta, probabilmente, ma non necessariamente lo specchio della sua anima. Ma era basilare superasse la propria ritrosia e riuscisse, semplicemente, a lasciarsi andare, senza timore di giudizio, soprattutto il proprio.
E' questo che ti sto chiedendo: provaci ma non soltanto per qualche credito, fallo per te stesso e, credimi, non te ne pentirai” era stato il sorridente invito e Nick si era rimesso in piedi con espressione più pensierosa che mai. Ma sembrava anche sollevato.
Vuole che riscriva sullo stesso argomento?” le chiese ma la donna scosse il capo.
Tema libero: consegna entro quattro giorni, intesi?”.
La ringrazio, Mrs Michaels: mi impegnerò a fondo” le aveva promesso, un nuovo sfolgorio delle iridi e, il suo saggio ancora tra le mani, dopo averle rivolto un ultimo cenno di saluto, si diresse verso la porta dell'aula.
Si sentì richiamare quando aveva ormai appoggiato la mano sulla maniglia della porta e si volse.
Se hai qualche cruccio o... un segreto,” seppur lo stesse osservando con simpatia, Nick si sentì arrossire, nonostante il sorriso più complice e sbarazzino della donna. “ personalmente comincerei proprio da lì: buona scrittura!”.
Se l'attimo prima aveva sorriso con una nuova sensazione di tranquillità, era un'espressione ansiosa quella che era apparsa sul suo volto mentre si chiudeva la porta alle spalle.
Sapeva esattamente di cosa avrebbe dovuto parlare: la domanda, tuttavia, era ancora la stessa.
Si fidava abbastanza del potere liberatorio della parola scritta – e di se stesso – da lasciarsi andare, così come gli era stato richiesto?
Una sola certezza gli balenò in mente, mentre rientrava nella propria camera ed osservava il notebook abbandonato sulla scrivania, ci avrebbe provato.


~


Continuava ad osservare il foglio bianco: il cursore lampeggiava inesorabilmente e gli restituiva lo sguardo ma la sua mente sembrava piacevolmente sguazzare in uno stato di totale apatia. Aveva già provato a digitare qualche parola ma, mentre in tentativi precedenti era la ritrosia a farlo ritrattare, in quel momento era la consapevolezza che, malgrado le proprie intenzioni, stesse ancora inesorabilmente imbrigliando le sue reali emozioni. La mano corse nuovamente a tormentarsi i capelli che ne ricaddero sulla fronte come una fluente cascata scura e si rizzò bruscamente in piedi ma ignorò il libro sul comodino accanto al letto, gli spartiti, i quaderni e gli appunti di altri corsi. Vagò per la stanza quasi cercando di regolarizzare il suo respiro e prendere una qualsiasi risoluzione, fino a quando lo sguardo non cadde sulla cornice di una fotografia appoggiata su una delle mensole della libreria.
La prese tra le dita, un sorriso ad incresparne le labbra: due giovani vi erano raffigurati. Uno alto e slanciato, dai capelli biondissimi, gli occhi marroni e il sorriso che ne rendeva le espressioni più puerili e sbarazzine, in quell'innesto di simpatia ed energia a cui era davvero difficile riuscire a resistere. Lui si riconobbe nella sua tipica posa da fotografia: in realtà non amava particolarmente stare sotto l'obiettivo quasi l'ancestrale dubbio di rivelare, attraverso un fotogramma, tutto ciò che racchiudeva gelosamente. Il motivo stesso per cui avrebbe dovuto consegnare un nuovo compito.
Sospirò ma, la cornice ancora tra le mani, si mosse nuovamente verso la propria postazione: prese un bel respiro e avvicinò le dita alla tastiera. Osservò ancora una volta la cornice e, dopo aver schiuso gli occhi, prese semplicemente a digitare.

Non era stata una mia scelta, e questa era la mia unica certezza. Ma ciò non rendeva il tutto più semplice da sopportare. Al contrario, quando l'effetto di quella pallida giustificazione sembrava essersi placato, allora il mio tormento aveva di nuovo la meglio. Infido e calcolatore, attendeva gli istanti in cui ero più vulnerabile. Quelli in cui, più sinceramente, avrei lasciato scorgere un mio riflesso.
Erano i momenti a cui fuggivo costantemente, probabilmente erano anche gli unici degni di una vita come la mia. La vita di chi osserva senza esser visto, da un posto sicuro, laddove può ammonire il suo segreto bisogno e la sua intenzione, laddove soltanto l'apparenza composta e pacata sarebbe servita da filtro e avrebbe continuato a celare quei reali contorni.
Futile ma sfibrante il desiderio di trattenerlo persino alla mia coscienza perché avevo sempre paventato il potere immortalante della parola, da esso rifuggivo e in me stesso continuavo a soffocare ogni scintilla. Fino al giorno in cui essa avrebbe appiccato quel fuoco che mi avrebbe divorato senza pietà. Forse allora avrei trovato rifugio e tutto sarebbe stato più semplice.
O, almeno, la gravosa verità mi avrebbe lasciato, finalmente, respirare. Libero dal fardello e più che mai schiavo di una sua decisione.

Era così concentrato alla conclusione di quella sorta di introduzione che non aveva sentito l'uscio della porta schiudersi: tanto meno i passi a gattone del ragazzo che, la pistola ad acqua tra le mani e la lingua che faceva capolino ad un angolo della bocca, si fermò poco distante dalla scrivania. Ne osservò il volto completamente trasfigurato dalla concentrazione: il solco che si formava tra le sopracciglia, lo sguardo velato e lontano come se, anche attraverso lo schermo, potesse vedere ben al di là. Indugiò sul modo in cui le dita da pianista sfioravano i tasti: neppure si accorgeva di piegare istintivamente il capo ora da un lato e ora da un altro, qualcosa che avrebbe normalmente ritenuto buffo. Depositò la pistola ad acqua e si mise in piedi con espressione sorniona e giocosa, prima di chinarsi ed appoggiare la mano accanto alla tastiera.
Che fai?” chiese in tono curioso e divertito, i ciuffi di capelli biondi che quasi sfioravano la gota dell'altro ragazzo che era sussultato visibilmente, strappandogli un sorriso divertito.
Si era voltato in sua direzione, Nick, gli occhi sbarrati e le labbra schiuse.
Scusa,” gli sorrise con lo stesso alone scherzoso. “in realtà dovevo prenderti di sorpresa e schizzarti ma eri così concentrato: che stai scrivendo?”.
Fu un gesto rapido e secco quello con cui Nick abbassò lo schermo del notebook – doveva avere caldo visto come era rosso in volto e sembrava agitarsi sulla sedia – ma, l'attimo dopo, sul suo viso tornò quell'espressione che aveva imparato a conoscere. Quel sorriso più comprensivo e gentile, la testa inclinata di un lato nello scrutare il suo bazooka ad acqua.
Sei stato gentile a non bagnarmi”.
Si strinse nelle spalle, Jeff, come a schermirsi per poi inclinare il viso di un lato. “Sto morendo di fame: ti va di venire a cena con me?”.
E' già ora di cena?” ora sembrava veramente confuso, qualcosa che non era solito di Nick: lo osservò scoprire la manica della divisa per leggere l'ora sul suo orologio da polso e sussultare incredulo. “Non mi ero accorto fosse così tardi: è da due ore che scrivo” adesso sembrava di nuovo sorridere ma Jeff sentì le pareti del suo stomaco contrarsi.
Andiamo? Andiamo?” lo incalzò e Nick sorrise prima di alzarsi e stiracchiarsi.
Andiamo” confermò ma lo sguardo di Jeff era volto alla loro fotografia che osservò curiosamente, il viso inclinato di un lato e le sopracciglia sollevate.
L'hai spostata?”.
Come?” chiese Nick, sbattendo le palpebre.
La fotografia,” spiegò Jeff. “di solito la tieni sulla mensola, davanti ai tuoi libri preferiti”.
Era parso ancora più confuso, Nick, l'attimo dopo aveva di nuovo quel colorito rosato sulle guance – magari avrebbe dovuto davvero schizzarlo in viso visto quanto aveva caldo! - ma aveva annuito.
Mi piace fare ordine” rispose pacato ma, forse era solo un'impressione di Jeff, sembrò quasi poco soddisfatto di quella risposta. Era pensieroso, questo lo vedeva chiaramente: persino più del solito ma, come ogni altra volta che lo avesse visto in tale occasione, si era detto che avrebbe soltanto dovuto attendere. Se poi Nick avesse voluto parlarne, lo avrebbe ascoltato; altrimenti, si sarebbe assicurato di farlo sorridere.
Non sei venuto in mensa, oggi: mi sei mancato” gli aveva detto e fu nel momento in cui ne scorse quel sorriso, dopo quel momento di sorpresa, che si disse che valeva la pena attenderlo in sala mensa, tenendogli un posto occupato. Anche quando poi si ritirava in camera per lo studio, o anche quando lo osservava da lontano mentre sedeva accanto a Trent e si domandava sempre perché gli sembrasse così silenzioso.
Anche tu, Jeff, anche tu” aveva sussurrato con voce delicata ma Jeff aveva comunque percepito quel nuovo battito più rapido del suo cuore. E, ancora una volta, ebbe la consapevolezza che tutto fosse perfetto: Nick aveva sorriso nuovamente e sentiva che il merito, in fondo, era anche un po' suo. Quindi quel sorriso poteva essere considerato il proprio, giusto?

~

Aveva acconsentito a trascorrere il resto della serata con lui: avevano affittato uno dei film preferiti di Jeff, “The Avengers” ma il ragazzo si era addormentato nel bel mezzo dell'intrigo. Le battute del film si perdevano inascoltate ma Nick si era sollevato dalla postazione: lo sguardo ricadde sulla figura addormentata e quell'anelito fanciullesco anche nelle labbra schiuse e nel modo in cui stringeva il cuscino, quasi alla ricerca di un appiglio o di una protezione, anche quando ormai caduto nell'oblio. Un'immagine di tale naturale dolcezza e di candore che un sorriso affiorò sulle labbra mentre estraeva una coperta dall'armadio per poterlo coprire.
Si volse al notebook che sembrava ancora in attesa. Ne sollevò cautamente lo schermo, aprì il documento salvato sul desktop – ancora senza un nome personalizzato – e rilasciò il respiro.
Nella mente, le immagini di quel pomeriggio: la sequenza di fotogrammi mentre ne osservava la concentrazione nelle diverse attività. Dalla furbizia e dal sorriso giocoso nella sfida contro Thad imperversando tra i corridoi della Dalton, incuranti degli aspri rimbrotti di Hunter e del sorrisetto divertito di Sebastian nel vedere i suoi vani tentativi di imporre la sua presunta autorità; fino al modo in cui – lo sguardo incollato sullo schermo, ripetendo lui stesso le frasi dei suoi eroi preferiti – immergeva le mani nella ciotola di poc corn a raccoglierne una manciata e portarsela alle labbra.
Il file si aprì e Nick rilesse rapidamente le ultime righe scritte prima di lasciare, ancora una volta, che le parole affiorassero, attento a non produrre troppo rumore con le dita, ascoltando il respiro di Jeff in sottofondo.

Fin troppo presto, riuscii a dare un nome al mio turbamento: ma come poteva una semplice parola racchiudere sfumature molteplici che io stesso scoprivo giorno per giorno? Lasciandomi da esse avvolgere e imparando nuovamente a scoprire me stesso, non più un'esistenza vana, alla ricerca di quei significati che riempissero una vita e le dessero motivo di ritenersi sacra. Non ero più lo stesso uomo che avevo imparato a conoscere fino a quel momento: un nuovo volto che quel sentimento aveva forgiato per me, prendendosi ogni mio respiro e promettendomi una delizia struggente che mi avrebbe elevato oltre il conoscibile per poi lasciarmi cadere sui frammenti di una determinazione che, giorno dopo giorno, diveniva sempre più flebile. Impotente.
Ad ogni sorriso, ogni parola pronunciata da quelle labbra, nello scintillio di quello sguardo che mi spogliava di ogni volontà e non chiedeva altro che lasciarmi soggiogare. In suo nome e per la mia dolce agonia.
Ma una nuova consapevolezza andava a formarsi, l'ennesima sfida da porre a me stesso, l'ennesimo respiro trattenuto e...

Un colpo di tosse da parte di Jeff e Nick si riscosse: si volse ad osservarlo. Si era mosso nel sonno, Jeff, il sorriso ancora placido e, per un lungo istante, carezzò quell'immagine prima di tornare a guardare lo schermo. Continuò a digitare ininterrottamente: adesso che l'argine era stato eluso, le parole scorrevano l'una dopo l'altra, ansiose di trovare loro realizzazione seppur traslate in un'altra forma.
Si interruppe soltanto quando sentì gli occhi bruciare e fissò sbigottito l'ora. Si sollevò dalla poltroncina, dopo aver salvato le modifiche e aver abbassato lo schermo del computer.
Osservò il giovane ancora abbandonato al proprio riposo ma non lo spostò: si tolse la giacca della divisa e raccolse qualche coperta per una comoda sistemazione sul divano della stanza. Cadde in un piacevole torpore, la consapevolezza di non esser mai stato così sincero.


Jeff dormiva ancora quando si alzò dal divano: si stiracchiò con una vaga smorfia per la contrazione del braccio durante la notte. Cercò di rotearlo in qualche movimento prima di avvicinarsi al proprio letto: fu indeciso per un istante se svegliarlo o meno.
Mancava ancora un'ora all'inizio delle lezioni, constatò, ed uscì dalla stanza: niente di meglio per svegliare Jeff Sterling se non qualche dolcetto servito su un vassoio e una bella tazza di caffè zuccherato.
Sorrideva quando entrò nuovamente nella sua camera ma sgranò gli occhi nel vedere Jeff già in piedi: quest'ultimo sembrò sussultare.
Buongiorno, ho portato la colazione” gli sorrise ma il ragazzo, il cui viso sembrava più pallido del consueto, non sembrava ascoltarlo: si era goffamente rimesso la giacca della divisa ma non lo stava guardando.
Stai bene, Jeff?” gli chiese confusamente, appoggiando il vassoio sulla scrivania.
Solo in quel momento notò che lo schermo del computer era stato sollevato e il file sembrava lampeggiare maligno, nel silenzio sospeso tra loro.
Nick boccheggiò ma ricercò lo sguardo di Jeff che, una mano a correre tra i capelli, aveva biascicato una scusa.
Jeff” quasi non riconobbe la sua voce più stridula e ansiosa.
Scusa, Nick, devo andare: ci vediamo” gli aveva sorriso ma non c'era la stessa sbarazzina allegria o quell'alone complice nello sguardo. Sembrava molto più compunto e serio di come lo avesse mai scorto fino a quel momento.
Non riuscì ad articolare parola, Nick, lo osservò semplicemente lasciare la camera. C'era un silenzio gravoso che seguì la sua dipartita e lo sguardo corse al monitor.

Non rilessi quella lettera: la inserii in una bottiglia e lasciai che fosse l'oceano ad averla. Avevo finalmente affrontato la mia verità e, seppur inascoltata, sapevo che non avrei più dovuto temerla. Essa mi aveva già forgiato e con essa avrei convissuto.
Che l'oceano disperdesse ogni singola parola, io l'avrei recitata in ogni respiro da qui alla fine dei miei giorni.

Non ti chiederò mai di amarmi, ma non farmelo più temere. Di questo amore ho imparato a vivere.
E in tuo nome lo celerò in me, così che tu non debba scoprirti attraverso i miei occhi. Ma purché di esso ancora possa intingere me stesso.
Con tutto il mio amore e sempre tuo, qualunque cosa accada.


Qualunque cosa accada” ripeté Nick tra sé e sé, la vista appannata nel rileggere il suo scritto ma fu con un gesto quasi risoluto che premette il pulsante per stampare il documento.

~

Quel weekend sembrò trascorrere con insolita lentezza: era come se avesse esaurito tutte le proprie energie e aveva vagabondato tra i vari locali della Dalton senza riuscirsi realmente a concentrare in qualunque attività. Neppure la tensione per il responso del compito consegnato entro la scadenza, sembrava riuscire a distogliere la sua mente dalle ultime immagini che la sua stessa stanza serbava: lo sguardo sconvolto di Jeff e quella rapida fuga.
Aveva saputo da Thad che aveva già in programma da tempo di tornare dalla famiglia in occasione dell'anniversario dei genitori ma non poteva fare a meno di domandarsi se gli ultimi eventi ne avessero condizionato l'allontanamento tanto brusco.
Più volte aveva osservato il proprio cellulare e persino composto il numero per poi sospendere la telefonata prima che potesse palesarglisi, erano state ore interminabili quelle che lo avevano visto stravaccato sul proprio letto a rimirare il soffitto.
Non poteva fare a meno di chiedersi cosa sarebbe accaduto se non avesse mai acconsentito a riportare il tutto nero su bianco: sarebbe riuscito realmente a trattenere quei sentimenti in silenzio o, forse, in un modo o nell'altro sarebbero comunque sgorgati? L'unica consolazione era poter supporre che non fosse stata la modalità di espressione ad averne causato quella reazione.
Non che questo fosse molto più lenitivo ma aveva da sempre saputo, persino prima di quell'avventura letteraria, che quel finale più amaro sarebbe stato contemplabile; restava da comprendere se Jeff potesse persino decidere di escluderlo dalla propria vita. Una prospettiva, quella, che lo riempiva di angoscia ma che cercava di ignorare, dicendosi che avrebbe saputo tutto quando lo avrebbe nuovamente visto e allora avrebbe saputo come agire o si sarebbe limitato a riprendere i cocci della propria esistenza e improvvisare una nuova vita.
Senza di lui.
Malgrado volesse proclamare a se stesso di sentirsi completamente svuotato, una parte di sé non riusciva a pentirsi di aver permesso alle proprie emozioni di dipingersi in una forma allegorica. Se anche fosse stato l'ultimo atto, aveva promesso a se stesso che avrebbe accettato qualunque esito. Ed avrebbe improvvisato ancora un sorriso, fin quando ne fosse stato capace.

Quasi non mosse ciglio quando Mrs Michaels depositò il suo compito sul suo banco: appena un'incrinatura delle labbra nello scorgere il massimo punteggio e la donna gli appoggiò la mano sulla spalla.
Ottimo lavoro, finalmente ho conosciuto il tuo vero volto: sii fiero di te” aveva sussurrato ma Nick non aveva potuto che sospirare in risposta.
Si domandò ancora una volta se per raggiungere quello scopo, valesse la pena rischiare tutto.

Aveva camminato nel percorso verso la propria camera ansiosamente: lo sguardo aveva saettato tra le stesse divise ma volti diversi a cercare soltanto degli specifici lineamenti per poi entrare nella propria camera con espressione mesta. Si era appoggiato alla porta e si era passato una mano tra i capelli: era insolito non vederlo saltellare nei corridoi per raggiungerlo e andare insieme in refettorio.
Qualunque fosse stata la decisione di Jeff l'avrebbe accettata, si era detto e ciononostante non avrebbe atteso oltre per conoscerla: occhieggiò il cellulare. Lo avrebbe chiamato e gli avrebbe chiesto esplicitamente di parlare.
Si riscosse quando il suo piede calpestò qualcosa. Fu allora che abbassò lo sguardo e scorse una busta azzurra con sopra impresso il suo nome: il suo cuore accelerò i battiti nel riconoscere la calligrafia di Jeff. Con quella sorta di tachicardia, si avvicinò al proprio letto e vi si lasciò appoggiare: scartò la busta fino a scorgere un biglietto che dischiuse.
I suoi occhi sgranarono nello scorgere quel ritratto: il suo volto sembrava esser stato scolpito come una fotografia che ne riproduceva perfettamente i lineamenti. Ma non solo: vi era una particolare luce nel suo sguardo o forse era la piega delle labbra; non era un esperto nell'arte grafica e ciononostante avrebbe potuto affermare di non aver mai visto un riflesso più fedele di se stesso. Era come guardarsi ad uno specchio per scoprire un nuovo profilo che egli conosceva persino più di se stesso.
Dispiegò il biglietto contenente la lettera vera e propria che passò a leggere con sguardo che scorreva tra le righe impresse con quella calligrafia rapida: quasi la sua stessa inesauribile energia potesse canalizzarsi nella biro ed essere poi impressa su carta.

Non sono bravo a scrivere temi o quello che sento: a volte non riesco neppure a trovare le parole e non voglio rovinare tutto. Non sarei mai capace di farlo come solo tu riesci (sì, ho letto il tuo compito, scusami: so che non avrei dovuto ma quando ho iniziato, non sono riuscito a fermarmi Perdonami.) ma posso sempre provare a disegnarlo.
Apri il disegno e guardati: dicono che un bravo fotografo deve catturare l'anima di chi fotografa e io ci provo con le matite.
Quello sei tu, Nick. Ogni volta che mi guardi e mi sorridi: volevo lo sapessi. E' il mio disegno migliore e non lo avrei mai dato via se non a te.
Non smettere di guardarmi così, se puoi.

Un sorriso era affiorato sulle labbra di Nick, nello stesso istante in cui la porta si schiuse e scorse l'alta figura di Jeff sulla soglia della stessa. Si rimise subito in piedi, Nick, la lettera tra le mani e il biondino l'osservò con le guance più rosate e lo sguardo evidentemente teso.
Nick, io,” esordì confusamente. “scusami, so che non avrei mai dovuto-” non gli diede tempo di terminare, Nick, perché superò rapidamente quella distanza e scosse il capo, invitandolo così silenziosamente a tacere.
Ciò sembrò ulteriormente innervosire Jeff.
Ti prego, scusami” era stata una supplica accorata ma Nick non aveva pronunciato motto: aveva affondato il volto contro la sua spalla e le sue braccia ne avevano cinto il collo in quella mera ricerca di calore e del contatto con il suo corpo. Aveva socchiuso gli occhi, quasi disperando che quel momento non dovesse sfumare senza lasciargli altro che l'amaro disincanto; ricordò quante volte avesse desiderato di trattenerlo semplicemente ed impedirgli di allontanarsi o di scostarsi. L'attimo dopo, un sorriso e lo sguardo lucido, sentì le braccia di Jeff stringerlo: sembrò trattenerlo a sua volta e, al contempo, rassicurarlo.
Nick si abbandonò a quel momento. Non sapeva quanto a lungo sarebbe durato ma non lo avrebbe lasciato scorrere senza che potesse realmente marchiarne la realtà: si era scostato dalla sua spalla pur non sciogliendo la pressione delle sue braccia ed era stato un momento di pura vita quello in cui i loro sguardi si erano fusi.
Era stato come contemplarsi per la prima volta e probabilmente era stato proprio così: non avrebbe mai saputo dire quando avesse mai scorto simile intensità nello sguardo di Jeff o quando si fosse sentito così incredibilmente vicino ad un baratro ma senza timore, quando fosse stato consapevole di essere completamente visibile senza, tuttavia, desiderare qualcosa di diverso.
E quando la mano di Jeff si adagiò sul suo volto e ne percepì il calore, quando la sua pelle sembrò intirizzirsi e percepì quel guizzo all'altezza del petto, non poté che sorridere. Un sorriso sulle sue labbra morbide mentre i ciuffi biondi ne solleticavano il viso, mentre le sue braccia lo serravano con maggior determinazione e quando lui stesso ne sfiorò i lineamenti a saperlo realmente lì.
In quel momento. Dove avrebbe sempre dovuto essere.
Aveva le guance ancora arrossate quando si scostò, Jeff, eppure sorrideva, di quel sorriso puerile ed entusiasta prima di guardarlo, il viso inclinato di un lato. Sembrò riflettere perché aggrottò appena le sopracciglia.
Quindi... è tutto apposto?” aveva chiesto, una risatina nervosa ma lo sguardo nuovamente emozionato.
Reclinò appena il capo, Nick, sorrise nuovamente ed annuì.
Non potrebbe andare meglio” aveva sussurrato, sollevando appena il disegno. “Hai ragione: è il migliore che tu abbia mai fatto, non mi sono mai visto così” aveva ammesso, la voce appena più rauca ma Jeff aveva sorriso in risposta.
Non ti sei mai visto come ti vedo io” fu la pacata e semplice spiegazione. “Ma è solo il primo, ne avrai altri” aveva sorriso nuovamente e Nick aveva lasciato che le sue labbra imprimessero quel momento di autentica serenità, sollevandosi sulle punte.
Io parlavo dei disegni” fu la puerile risposta di Jeff che gli strappò una risata divertita prima che sembrasse ripensarci. “O forse no” aggiunse in una perfetta imitazione del tono più suadente e allusivo di Sebastian. O almeno tale avrebbe dovuto essere l'obiettivo ma dubitava di poterne imitar le espressioni sornione e maliziose del compagno di stanza.
Ma era anche per questo che Nick non avrebbe potuto che amarlo sempre più.
Mi piacerebbe leggere qualcos'altro di tuo” gli aveva confessato e Nick aveva annuito pensosamente prima di sorridergli rassicurante.
Scriveremo e disegneremo insieme d'ora in poi” fu la sua solenne promessa e seppe, nell'istante stesso in cui la pronunciò, che probabilmente avrebbe impiegato un'intera vita ad imprimere su carta quelle emozioni. Ma fin quando lo avesse avuto accanto e Jeff avesse continuato a sorridere di quella serenità, non avrebbe mai smesso di provarci.


Ammetto di essere una profana della coppia ma non ho potuto resistere al fascino di quest'accostamento e l'idea mi ha solleticato la scorsa settimana. Avevo appena schiuso gli occhi che ho dovuto prendere qualche appunto per una bozza dello scritto di Nick. Sì, credo di potermi perfettamente identificare, per certi versi, al suo trovare nella scrittura un modo di far sentire la sua voce. Che poi credo sia il motivo per cui ci ritroviamo tra le pagine di questo sito: far sentire la propria voce e ascoltarne altre.
Questo è un piccolo omaggio a @therentgirl: mi spiace non fosse pronto per coronare degnamente il successo accademico ma un modo di ricordarci di essere sulla stessa lunghezza d'onda seppur nella nostra quotidianità.
Un saluto a tutte le Niff(ers ?) e a chiunque leggerà.
Kiki87



   
 
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