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Autore: _Scarecrow_    27/06/2013    7 recensioni
[Jack White]
a volte basta il mare per ritrovare la voglia di vivere...
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 Jack  sbuffò, cercando di togliere un ciuffo di capelli dalla visuale. Era annoiato, apatico, privo di vitalità. Non aveva voglia di far niente. Tutto era cominciato qualche mese prima: stava incidendo uno dei brani per il nuovo album, Blunderbuss (un titolo che suonava così bene che probabilmente sarebbe diventato anche quello dell’album), quando non era riuscito ad azzeccare le note. La cosa che più lo meravigliava era che…quelle tracce di chitarra le aveva scritte lui! Con lo scorrere del tempo la situazione era peggiorata: sembrava aver completamente perso il ritmo. Non riusciva a suonare neanche gli accordi più semplici. La chitarra , che un tempo gemeva, strillava e sussurrava con un semplice tocco, adesso rimaneva inerme tra le sue mani. E non riusciva a rianimarla.
La situazione lo deteriorava: senza chitarra era semplicemente un tizio con la pelle troppo bianca, i capelli troppo lunghi e la pancetta che sporgeva dalle magliette sempre più aderenti. Si sentiva uno schifo. Così aveva acceso la macchina, spento il cellulare e, dopo aver caricato la sua piccola nel bagagliaio (guardarla gli faceva male, ma non poteva lasciarla a casa, la amava troppo) partì. Non aveva una meta precisa, sarebbe andato avanti finchè la macchina avesse retto.
Non andò troppo lontano: dopo qualche giorno, in una località di mare dimenticata da Dio, la macchina decise di fermarsi. Jack imprecò: possibile non riuscire neanche a fare un viaggio come si deve?! Ma che razza di fallito doveva essere per fermarsi – Dio mio- in una cittadina del genere!?  Quella dannata macchina avrebbe potuto fermarsi in qualunque grande città, una  dannata grande città per ricordargli chi diavolo era, visto che lui la sua dannata identità non la ricordava più! Scese dal mezzo, arrabbiato come non mai. Sbatté la portiera e, abbandonata la macchina a sé stessa, si diresse verso il mare. Il profumo del salmastro gli solleticò il naso, facendolo starnutire ripetutamente. Il cielo era plumbeo, il mare calmo e liscio come una lastra di metallo. Si sentiva confuso, ma almeno la rabbia era sparita. La quiete di quel paesaggio immerso in quel grigiore appannato gli infondeva un gran senso di pace. Camminò sul lungomare per qualche minuto, o forse per anni. Non era più padrone delle sue azioni, perso nell’ipnosi delle onde che si infrangevano sugli scogli. Si fermò, vedendo uno scoglio che sentiva fatto apposta per lui.  Decise di salirci sopra e, una volta riuscitovi, guardò di nuovo in direzione del mare. Lingue d’acqua lambivano i lati dello scoglio e jack sentiva il bisogno di toccarle, di avvicinarsi a loro sempre di più, sempre di più…

“Ehi, sta’ attento!” una voce lo risvegliò dal torpore. Si accorse di avere già le punte dei capelli in acqua e trasalì, terrorizzato. Cos’era successo!? La voce di prima aveva anche una mano, che lo afferrò per il colletto tirandolo su. “Tutto a posto,amico?”  Jack si voltò: la proprietaria della voce era una ragazza minuta, con la pelle abbronzata ed un enorme tatuaggio sul braccio destro. Gli occhi erano coperti da un paio di RayBan scuri. “s-sì…  credo di sì, grazie!” La ragazza si sedette accanto a lui, accendendosi una sigaretta.  In lei c’era qualcosa di molto familiare, qualcosa che Jack non riusciva ad afferrare. “Di niente, straniero” sorrise lei “questo scoglio è letale per le persone come te!”
“come… come me? Che cosa intendi…scusa, com’è che ti chiami?”
“Chiamami East.”
“East. Nome strano per una bella ragazza!”
“Non corteggiarmi, straniero.” Sorrise di nuovo “questo scoglio è conosciuto in tutto il circondario. Lo chiamano lo scoglio dell’ultima possibilità. Se non sei veramente motivato a dare una svolta alla tua vita, una volta salito sullo scoglio inesorabilmente scivoli giù, verso le bocche insaziabili dell’oceano. Moltissime persone sono morte qui. ”
Jack sgranò gli occhi, un misto di paura, sollievo e scetticismo gli ribolliva nelle vene. “Dio mio…” mormorò, indossando subito una maschera di arroganza  “Il mio destino era dunque affogare? Perché non hai lasciato che si compisse, se è così inesorabile!? Sei una sorta di bagnina che si inventa delle storie per avere un po’ di mancia?!” La ragazza lo guardò, ferita. Jack si sentì incredibilmente stupido.
“Al contrario di te, John Anthony Gillis, io credo ancora che tu con la tua chitarra possa scuotere le persone. Devo andare, adesso.” Gli sfiorò le labbra con un bacio e, in lacrime, corse via. Jack si alzò e cercò di inseguirla. “Aspetta, East! Come sai il mio nome?! Torna indietro, ti prego! Torna indietro!” Tutto quel chiamare fu vano. La ragazza era scomparsa nel nulla.
La aspettò un’intera settimana, seduto su quello scoglio. Giorno e notte. Il sapore lieve di quel bacio appena accennato lo ossessionava. Non riusciva a pensare ad altro, non voleva pensare ad altro. Si era innamorato di una visione. Continuo ad aspettare, la barba incolta, i capelli spettinati. Ma lei non arrivò mai. Dopo sette giorni capì che non sarebbe più venuta.
Si alzò da quello scoglio che gli aveva rubato l’anima, facendolo quasi affogare. Si diresse verso la macchina, che sembrava nuova nonostante la avesse abbandonata una settimana a sé stessa. Provò ad accenderla. Un rombo di gioia, come se nulla fosse successo.  Meravigliato, Jack corse al bagagliaio, con un oscuro presagio in mente. Niente, la chitarra era ancora al suo posto. “Phew… credevo tu non ci fossi più,piccola!” Disse ad alta voce. Mosse una mano verso di lei, timoroso. La prese in braccio, godendo della sensazione data dal peso di lei contro il suo corpo. Toccò le corde, tese quanto lui; il contatto gli fece sentire una scossa elettrica che partiva dal braccio ed arrivava ad inondare la schiena. Eccola, finalmente. Provò un giro di do estremamente semplice, senza orpelli. La chitarra chiedeva di più: la sentiva fremere, sospirare, gemere. Sentiva di poterle fare tutto, era completamente sua. La pancia bruna lo invitava, il manico lungo e slanciato chiedeva il suo tocco. Sentiva di aver ritrovato la sua amata. “Bentornata, piccola” sorrise lui, elettrizzato. Passò le mani sul dorso del manico, come faceva da bambino, scandendo  il nome di lei: “East-wood Air-line II dlx…” si bloccò, finalmente consapevole. Sorrise. Poggiò la chitarra nel posto accanto al suo, mise in moto e partì, canticchiando un motivetto che non sapeva di conoscere: “Yeah, when you touch my hand and talk sweet talk, I got a knockin' in my knees and a wobble in my walk, and I'm tremblin'…That's right, you got me shakin…

 

  
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