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Autore: lulubellula    27/06/2013    12 recensioni
PoV Callie
"Voglio solo dormire, voglio solo dimenticare, voglio tornare bambina.
Non voglio responsabilità, non voglio doveri.
Voglio solo qualcuno che si prenda cura di me, che mi faccia sentire amata, protetta, al sicuro.
Voglio qualcuno da proteggere, da amare, da baciare.
Avevo una persona così.
Era lei.
Perché d’un tratto ha smesso?"
Genere: Angst, Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Arizona Robbins, Callie Torres
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nona stagione
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You were my sunshine

 

Ho le mani fredde, i piedi fradici, il volto pallido, cereo, consumato dalle lacrime.
Sono a pezzi, distrutta, prosciugata, senza forze.
Non importa dove mi trovi, che sia la doccia di casa mia, l’atrio dell’ospedale, la caffetteria o il bar di Joe.
I luoghi non vogliono più dire niente, non mi dicono nulla.


I colori si sono spenti, è rimasto solo il grigio e non è nemmeno un colore vero e proprio, è figlio del buio e della luce.
Io sono il buio, lei era la luce.
Se n’è andata via, mi sono spenta.


Ha reso tutto ciò che mi circonda arido e sterile, mi ha inaridita, prosciugata, amata.
Ha reso l’aria irrespirabile, mi ha tolto la facoltà di sopravvivere da sola, perché era il mio ossigeno, il sangue che mi scorreva nelle vene, il cuore che batteva nel mio petto.
Senza ossigeno, sangue, un cuore non si può vivere, senza di lei nemmeno.


Non riesco a perdonarla, non riesco a smettere di immaginare tutte le notti le mani di Lauren sul suo corpo e lei che non si sottrae, che non respinge, che per qualche istante si dimentica di me.

Si dimentica di avere una moglie che la ama.
Una moglie che ha acconsentito all’amputazione della sua gamba.

Si dimentica di avere una figlia.
Figlia della donna che le ha strappato con la forza una parte di sé.

Si dimentica che sua moglie l’ha aspettata, ha atteso che lei si sentisse di nuovo pronta, di nuovo a suo agio.
Mentre ha perso il controllo con una donna che conosceva appena.

Dimentica che ho già sofferto troppo per amore per sopportare altre sconfitte.
Sembra aver rimosso che mi ha raccolta da terra, sul pavimento del dolore, della sconfitta, dell’amarezza, che avevo gli occhi così tristi e feriti che non bastavano i trucchi per mascherare la mia angoscia, le mie paure, la mia tristezza.


E’ stata il mio sole, per quattro lunghi e bellissimi anni, ha illuminato le mie giornate, le ha riscaldate con tiepidi raggi, con i suoi sorrisi, le sue fossette, le scarpe con le rotelle, ha continuato a brillare anche quando scagliava a terra le sue stampelle e mi malediceva, malediceva me e l’essere ancora viva.
Viva e senza un arto.

Eppure brillava lo stesso, del resto anche il sole d’inverno rischiara le tenebre, più debolmente, con meno convinzione e forza, ma continua lo stesso.

Le avrei perdonato qualunque cosa, persino quella notte, avrei trovato il modo per capire, il modo per rimettere insieme i pezzi, per superare anche quest’ultimo scoglio, ma lei
 non me l’ha permesso.

Non ero su quell’aereo, perciò non posso capire nulla.
Non ho visto Lexie morire, né Mark impazzire per il dolore, non l’ho vista mentre soffriva e aveva paura.
Non posso capire nulla, dovrebbero tagliare una delle mie gambe, solo così riuscirei a comprenderla.

Mi ha urlato contro tutte queste accuse, una pugnalata in pieno petto per ogni singola parola.
Una pugnalata vera avrebbe fatto meno male.

Non la posso capire, non sono un’eroina moderna, non sono una donna forte, non c’ero, non ero su quel dannatissimo aereo.

Ho solo aspettato tutta la notte mia moglie che non tornava a casa nostra con indosso un completo comprato per lei.
L’ho solo vista spegnersi davanti ai miei occhi, istante dopo istante, promettendole l’impossibile per non perderla.
Ho dovuto prendere la decisione più difficile della mia vita, mentre la sua era tra le mie mani.

Ho visto il mio migliore amico morire sotto i miei occhi, senza poter fare nulla per lui, nulla di utile almeno, stringendogli la mano, con la speranza di tenerlo aggrappato alla vita.
Ho sepolto un amico, un fratello, il padre di nostra figlia, mentre lei odiava respirare la mia stessa aria e respingevai ogni contatto con me, con Sofia.

Ho amato, ho lottato, ho perso.
Mi arrendo, non c’è via d’uscita.
Ha ragione su tutto.
Non posso capire.
Non capisco.
Dovrebbe dirmi dove ho sbagliato, forse ripetermelo.
Magari riuscirei a comprendere.
A capire qualcosa, perché ora non riesco.
O forse non voglio.

Sono solo stanca.
E’ tardi.
Sono le due del mattino.
E’ tardi, ma non per via dell’ora.

Non ho intenzione di fare un passo, di battere ciglio, di alzarmi dal letto.
Voglio solo dormire, voglio solo dimenticare, voglio tornare bambina.
Non voglio responsabilità, non voglio doveri.
Voglio solo qualcuno che si prenda cura di me, che mi faccia sentire amata, protetta, al sicuro.
Voglio qualcuno da proteggere, da amare, da baciare.
Avevo una persona così.
Era lei.

Perché d’un tratto ha smesso?

   
 
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