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Autore: I Fiori del Male    28/06/2013    5 recensioni
Quel giorno in cui Oscar trovò un altro modo per fregare tutti i partecipanti al ballo organizzato in suo onore ;)
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Oscar François de Jarjayes, Victor Clemente Girodelle
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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QUEL BALLO PER IL COMANDANTE ...
 

 
“Oscar, vi prego di dirmi qualcosa, altrimenti non so che fare.”

La supplica di Girodelle.

Oscar non poteva vederlo in volto, perché cavalcava davanti a lei, ma c’era qualcosa che non le tornava nelle parole del tenente, anzi, qualcosa che mancava del tutto. Cosa mancava? Mentre lui continuava a chiederle di parlare davanti ai suoi occhi si parò la figura di André, steso a terra, che sussurrava, prima di perdere i sensi:

“ti prego, Oscar, non ti sposare, ti prego ...”

E le parole di Alain, venuto a dare una mano al suo amico incompreso:

“credo che vi ami comandante!”

... perché proprio quel momento? Perché allora, mentre Girodelle  le chiedeva di sposarlo? Poi ancora un’altra scena le offuscò i sensi: la notte in cui André, di spalle a lei, sulla soglia della porta della sua camera, le aveva detto:

“io ti amo, Oscar. Credo di averti sempre amata.”

E all’improvviso capì perché trovava strane le parole di Girodelle.

Piuttosto che un uomo innamorato, sembrava un politico che volesse convincere una folla di possibili elettori. Dalle sue parole non traspariva alcun sentimento autentico, o forse non le arrivava, o ancora non era abbastanza per lei, non dopo aver sentito le parole di André colpirla dritto al cuore con la violenza di una spada in battaglia. Era questo che mancava, l’autenticità, quella capacità di far vibrare ogni millimetro del suo essere solo pronunciando il suo nome, ciò che aveva per un po’ posseduto il conte di Fersen, ciò che André aveva sempre avuto.

Così le affiorò alle labbra, spontanea, la risposta per Girodelle:

“dovete dimenticarmi, e in fretta.”

Proprio la risposta che non sarebbe mai stata in grado, ora lo sapeva, di dare ad André.

 
Era il tramonto. Ogni cosa nello studio di Oscar si tingeva di rosso e d’arancio. La luce del sole che moriva donava alla figura di Oscar qualcosa di selvaggio e brutale, che attirava e spaventava André,  lì in piedi al centro della stanza.

“dobbiamo andare, Oscar. Sai ... il ballo.”

Già, il ballo che il generale Bouillé aveva organizzato in suo onore e col palese tentativo di cercargli un consorte. Le venne da ridere, mentre pensava che in effetti, per trovare un compagno, non aveva bisogno dell’aiuto di nessuno, e per un misero istante i suoi  occhi si posarono su André, e proprio in quell’istante la luce del tramonto si stava tuffando nei suoi occhi verdi e le sembrò di vedere una foresta in fiamme, mentre i capelli castani prendevano una lieve sfumatura dorata. Era bellissimo, André, dentro e fuori,  anche un cieco lo avrebbe capito, ma lei no, lei aveva dovuto vivere con lui per tutto quel tempo per rendersene  conto ... stupida Oscar, e il suo pensiero andò a tutto ciò che avrebbero potuto vivere se solo si fosse svegliata prima, prima di indossare l’uniforme da guardia reale, prima di decidere di seguire la volontà di suo padre, prima, quando stavano sempre insieme e si dicevano ogni cosa senza vergogna.

Poi le venne un’idea. Non era tardi, no. C’era ancora qualcosa che poteva fare. Certo, sapeva che suo padre non avrebbe approvato, ma non le interessava. Voleva che vivesse la sua vita da donna, lo aveva detto lui, e lo avrebbe fatto, finalmente, ma come diceva lei, o per niente.

“si ... andiamo, André. Sai che devi accompagnarmi stasera, vero?”

“certo che lo so, non è forse quello che faccio sempre?” c’era una punta di ironia nella sua voce. Non aveva capito.

“No André. Tu stasera verrai con me al ballo come ... come mio ...” cercò di tenere la voce ferma, decisa, ma il suo sguardo vagava da qualche parte sulle sue scarpe e sentiva stranamente caldo.

“ ... compagno. Come mio compagno.” Lo ripeté, come a  volersi convincere lei stessa di ciò che diceva.

Lui la fissò per un attimo, senza proferire parola, quasi senza respirare, mentre si rendeva effettivamente conto di ciò che Oscar stava cercando di dirgli, e lei ebbe paura di alzare lo sguardo, temendo di leggergli in volto un rifiuto, pur sapendo che questo non era possibile, ma poi si decise a farlo, e nell’occhio verde brillante di André vide ancora una volta ciò che mancava a Girodelle  e, adesso era sicura anche di questo, ciò che mancava anche al conte di Fersen, quello che invece a lei serviva. André, lui stesso l’aveva detto, l’aveva sempre amata, fin da quando erano bambini. Questo significava che lui l’aveva amata a prescindere dal suo apparire uomo o donna, solo per quello che aveva saputo trovare dentro di lei.

Girodelle non si era affannato a cercare, e lo stesso Fersen, mentre lei aveva bisogno di essere trovata, perché troppo spesso si sentiva perduta in quella vita a metà.

“vuoi, André?”

Lui annuì. Dopo un minuto, riprese la facoltà della parola.

“sarà strano, accompagnarti ad un ballo come tuo cavaliere, quando questo ballo è stato organizzato per trovarti marito.”

Un attimo di silenzio ancora, poi un sospiro.

“ ... ma sono sollevato. Quando tuo padre mi ha chiesto di accompagnarti oggi ... io ... io non sapevo se avrei potuto farcela, Oscar. Avrei dovuto accompagnarti a cercare qualcuno che prendesse il posto che considero mio. Ironica e spietata, come situazione.”

“nessuno può prendere il tuo posto, André.”.

“Oscar ...” André voleva dire qualcos’altro, ma non c’erano parole, e così prima che potesse uscirgli dalla bocca qualcosa di stupido, posò delicatamente le labbra sulle sue, alzandole il volto con due dita sotto il mento. Poteva sentire il suo profumo molto più forte in quel momento, e sapeva di rose in fiore sulla pelle ma di polvere da sparo sulla rigida divisa di Oscar. L’ambivalenza di cui si era innamorato giaceva tra quelle fragranze così diverse. Dopo un secondo, schiuse le labbra e Oscar lo seguì, entrambi incerti, timorosi di sapere come sarebbe stato da allora in avanti, ma certamente felici.  Le lunghe ciglia e i capelli morbidi di Oscar gli solleticavano il volto, raccontando di desideri nascosti da sempre, ma si separò da lei prima di spingersi oltre. Ci sarebbe stato più tempo in futuro, dovevano andare.

Tornando a casa, nessuno dei due parlò. C’erano troppe cose da dirsi, e troppo poche si potevano esprimere a parole. A casa Oscar parlò con Marron, spiegandole che anche André aveva bisogno di essere preparato, pregandole di non farne parola con suo padre che, costretto a letto, non li avrebbe visti ne uscire ne rientrare. Marron sorrise e annuì, poi andò da André, indicandogli cosa indossare e come, perché nemmeno lui era abituato. Quando anche Oscar fu pronta, André era già all’ingresso ad aspettarla e vedendola rimase rapito. Per un attimo, si immaginò come sarebbe stato se lei fosse andata tutta sola a quel ballo... ma lui già l’aveva vissuto: Vestita a quel modo,  con quell’abito lungo che la fasciava in vita, esaltando la sua meravigliosa figura, al primo ballo in cui si era vestita da donna aveva attratto chiunque e lui se n’era rimasto lì, in quella casa a chiedersi cosa stesse accadendo, a tormentarsi l’anima, a pregare perché gli fosse concessa un’altra possibilità.

Con più grazia del solito Oscar scese le scale che portavano all’ingresso, attenta a non inciampare nella gonna di lucido raso, tenendola un po’ sollevata con una mano, e lo guardò per tutto il tempo dritto negli occhi, con un mezzo sorriso stampato in volto. Per la prima volta, l’idea di andare a un ballo la divertì. Forse anche per la sorpresa che stavano per fare agli uomini riunitisi a casa Bouillé solo per corteggiarla ... doveva ammetterlo, la sua parte femminile e inevitabilmente civettuola, che abilmente nascondeva, provava un po’ di perverso piacere all’idea di lasciare tutti sgomenti e delusi.

Non appena scese l’ultimo gradino, ecco la mano di André pronta a sostenerla.

“sei bellissima, Oscar.”

Marron osservava il tutto in silenzio quasi religioso, comprendendo per la prima volta ogni cosa, e anche se vedeva mille difficoltà affacciarsi all’orizzonte, non  lo diede  a vedere, sorrise semplicemente, con le lacrime agli occhi.

 
Casa Bouillé era grande quasi quanto palazzo Jarjayes, ed aveva uno stile molto simile. Non appena entrarono, udirono la musica provenire dal salone principale e il brusio di uomini in conversazione. Nemmeno la minima traccia di un risolino femminile. Mai quanto in quel momento Oscar era grata ad André per la sua presenza. La sola idea di entrare lì dentro da sola la disgustava, le sembrava di mettersi in pasto ai pesci cani, ma non era sola. Strinse più forte il braccio di André, e lui la guardò e sorrise, rassicurante, poi fecero il loro ingresso in sala.

Per un attimo nessuno parve accorgersi della loro presenza, ma poi uno di loro si voltò e tutti quanti lo seguirono, così si ritrovarono decine di occhi puntati addosso. La visione panoramica di Oscar, che cercava di non fissare nessuno, colse il tenente Girodelle in un angolo della sala, l’unico a non essersi avvicinato al suo arrivo, intento a bere un calice di vino. Sembrava sorridere.

“siete bellissima, comandante ...”

“madamigella Oscar, sono lieto di fare la vostra conoscenza, ho sentito molto parlare di voi ...”

“mi permettereste un ballo?”

“davvero splendida ...”

Nessuno sembrava accorgersi di André, al cui braccio Oscar si era aggrappata con  tutte le sue forze. Lui continuò a tenere, stoicamente, l’espressione distesa.

Poi, Oscar prese un bel respiro e nei suoi occhi si accese la forza di sempre:

“signori, questo è un ballo davvero strano!  Non c’è una signora con cui possiate danzare! Io, dal canto mio, ho portato con me il mio cavaliere ... signori, vi presento André Grandier, soldato della guardia di Parigi nonché ... mio futuro marito.”

A quel punto, nessuno proferì più parola.  Non fu soltanto perché Oscar aveva avuto l’ardire di portare con se un cavaliere a quel ballo, ma perché quel cavaliere era un semplice soldato della guardia di Parigi, quindi certamente non nobile, e inoltre lei si era appena comportata, senza volerlo, come un uomo che presenta al pubblico la sua dama.  André era divertito da quell’assurda situazione, e sorrideva teneramente, ripetendosi ciò che Oscar aveva appena detto: “mio marito ...” sentirlo dire da lei donava sensazioni celestiali al suo cuore, che tanto a lungo aveva atteso quel momento.

Qualcuno ebbe l’ardire di spezzare la magia che si era creata.

“perdonate, madamigella Oscar, forse non sono domande da farsi a una dama queste, ma vi ritengo una donna diversa dalle altre, perciò ... non vi rendete conto di stare sottobraccio ad un uomo del popolo, che certamente non ha nulla da offrirvi?”

Questa domanda ferì un po’ André, fu come sentire una ferita riaprirsi, ma durò poco.

“vedete, signore, sono contenta che mi abbiate fatto questa domanda. In effetti forse è giunto il momento che voi apriate gli occhi. Le questioni di casta a me non interessano, ed André è un uomo meraviglioso, molto più di quanto potreste essere voi o chiunque altro.  Perciò egli è il mio uomo e tale resterà, che voi siate d’accordo o meno.”

Detto questo, lei ed André si fecero  strada tra la folla fino a giungere al centro della sala, dove in genere si danzava. Non appena li vide, l’orchestra riprese a suonare e lei ed André presero a ballare e così fecero per tutta la sera, senza mai badare a chi gli stava intorno.  In molti, dimenticata l’offesa subita, li guardarono ammirati: ballavano come fossero una cosa sola, tra loro c’era un’intesa palpabile e incancellabile, non si poteva fare altro che incantarsi a vederli ballare. La serata terminò presto, e Oscar e André rientrarono a  casa felici come non erano mai stati.

All’ingresso, André sapeva che, per quanto non volesse, era giunto il momento di separarsi.

“allora Oscar ... buonanotte”. E le posò un delicato bacio sulle labbra.

Lei dal canto suo non gli rispose. Rimase lì, senza far niente, come presa da un dubbio. André si era già incamminato verso la sua stanza, quando si voltò nuovamente, non sentendo i passi di lei salire le scale.

“cosa fai ancora lì? È tardi. “

“ecco ... “ quello che le stava passando per la testa in quel momento era imbarazzante e la voce sembrava proprio non voler uscire. “io non voglio ... insomma ... devo proprio tornare nella mia stanza?”

Ponendo quella domanda finalmente staccò lo sguardo da terra per puntarlo su di lui, che comprese. Sorrise, ancora una volta agivano in sincrono, pensavano le stesse cose, avevano gli stessi desideri. “vieni.” Disse lui semplicemente, tendendole una mano che lei prese, sollevata, lasciandosi condurre, insolitamente arrendevole.

La camera di André, come anche quella di Marron, si trovava a piano terra. Quando André aprì la porta per Oscar fu come intraprendere un viaggio nei suoi ricordi d’infanzia, e si rivide, bambina vestita da ragazzo, comportarsi come tale mentre varcava senza esitare la soglia di quella stessa stanza alle sei del mattino, urlando al suo amico che era ora di svegliarsi, scuotendolo senza pietà, prendendolo a schiaffi, perfino, fin quando lui non si decideva ad aprire gli occhi, per poi trascinarlo nel salone, dove Marron faceva trovare loro la colazione pronta, di modo che poi avessero abbastanza energie per combinare guai per tutta la mattinata.

Quell’improvvisa visione giunta dal passato fece sciogliere un po’ le sue membra gelide di tensione. Si sentì al sicuro lì, dove si trovava, nel bel mezzo della notte, sola con André. Non c’era niente di strano e allo stesso tempo nulla era normale, ma riuscì a vedere il tutto come l’ennesimo viaggio che dovevano affrontare insieme, come sempre. Sorrise, a lui che la ammirava, colpita dai raggi di luna che filtravano attraverso uno spiraglio tra le tende. La sua pelle candida risultava ancora più pallida sotto quella luce chiara, dappertutto tranne che sulle guance, divenute color porpora, e sulla bocca truccata.

André le si avvicinò lentamente, come si trovasse di fronte ad un gatto selvatico, temendo che all’improvviso lei decidesse di aprire quella porta e fuggire nel buio di quell’enorme palazzo, dove lui non avrebbe mai più potuto raggiungerla. Tese una mano tremante con estrema cautela, arrivando a sfiorarle una guancia bollente, e lei non si mosse, anzi rimase per un secondo paralizzata da quel gesto così semplice eppure così profondo ed intimo, che rappresentava tutto quel che si erano sempre negati l’uno all’altra. Istintivamente, prima che lui potesse ritrarsi, posò la sua mano su quella di lui e la bloccò lì, premendovi sopra il viso.

Alzò lo sguardo e puntò gli occhi zaffiro nei suoi, verdi e meravigliosi, sia quello cieco che l’altro, ricordando con estremo dolore che se quell’occhio aveva perso la luce era stato per proteggerla. Così le venne in mente di tendere anche lei una mano, per scostare i ciuffi scuri e ribelli da quell’occhio e carezzarne amorevolmente le ciglia, e anche lui, quando lei accennò a lasciar cadere la mano la bloccò con la sua, e così si ritrovarono allacciati, e fu inevitabile poi baciarsi.

All’inizio non fu altro che il lieve contatto di timide labbra che imparano a conoscersi, che cercano il loro incastro perfetto, ma poi quello fu trovato e allora divenne una danza, quella che le loro lingue si affannavano ad eseguire nello spazio cavo fra le loro labbra, un ballo sensuale capace di annullare la ragione. All’improvviso André si spostò sul collo, posandovi baci leggeri e sospiri che lei gli procurava, solleticandogli la nuca con le dita affusolate, e lentamente la voltò. Quando fu di schiena, continuò a baciarle il collo e le spalle mentre, con deliberata lentezza e delicatezza, scioglieva i lacci dell’abito, finché quello non le scivolò di dosso come acqua, lasciandola indifesa, poiché quella era la sola barriera rimasta. Allora lei si voltò di nuovo e lui rimase rapito, completamente soggiogato da ciò che aveva di fronte, che fino a quel preciso istante aveva solo osato sognare, immaginandone il sapore, l’odore, la consistenza. Improvvisamente debole, lei tenne  lo sguardo basso stavolta, come si vergognasse di quella nudità, torcendosi le mani, e si azzardò ad interrompere quel silenzio ponendogli una domanda che mai pensava sarebbe uscita dalla sua bocca:

“sono ... bella?”

Oscar, la donna decisa, determinata e fiera che lui conosceva gli stava ponendo quella domanda. Sorrise con tenerezza, comprendendo che fosse una necessità, la sua, chiedere della sua bellezza quando questa era sempre stata imprigionata nelle rigide armature, negli abiti maschili e nelle fasce strette al petto, chiederne come se non credesse alla sua esistenza, perché lei stessa non era mai riuscita a vederla.

“Sei la più bella creatura esistente, Oscar.” Rispose lui, con sincerità, e lei sussultò a quella forte dichiarazione, sorpresa e, nel suo intimo, compiaciuta. In essa trovò la forza di sollevare di nuovo lo sguardo su di lui e, ora che lei era completamente nuda, sentì il desiderio di porlo nelle stesse condizioni prendere possesso delle sue mani e guidarle nei gesti necessari a privarlo di ogni indumento, un po’ tremanti di emozione e d’incertezza. Lui la lasciò fare, mentre le sue mani vagavano delicatamente su e giù per quel corpo sinuoso, a palparle i seni piccoli e sodi, a tormentarle i capezzoli, stringerle il sedere e poi inoltrarsi nel centro del suo corpo.

In quel momento lei gli tolse di dosso l’ultimo lembo di stoffa e la potenza di quei gesti cominciò a sopraffarla, le gambe divennero molli, minacciando di cedere da un momento all’altro ai brividi che quelle intime carezze le procuravano in ogni più piccola parte del corpo. André se ne accorse e lentamente la spinse verso il letto, finché lei non vi cadde sopra, e lui su di lei.

Oscar allora vide quel che era sempre stato il vero André, un uomo, un vero uomo, oltre che il suo amico e compagno di battaglia, un bellissimo uomo che la desiderava e la guardava con gli occhi pieni d’amore,  lo vide così, mentre lui si insinuava fra le sue gambe, pronto finalmente a farla sua per sempre, e lei non esitò, allacciò le gambe ai suoi fianchi, spingendogli contro il bacino così che senza parole lui capisse che era pronta, che lo voleva, che anzi pur avendolo capito tanto tardi lo aveva desiderato così a lungo  ... e lui comprese ed entrò in lei, lentamente, delicatamente, tenendole le mani, baciandola per farle dimenticare quel dolore che presto, la rassicurò, sarebbe passato.

E passò, e le spinte si fecero più forti e il piacere sempre più intenso mentre le loro coscienze perdevano forma e si espandevano nello spazio e nel tempo, nel loro passato, nel presente, nel futuro che speravano ci sarebbe stato, che doveva esserci, ora che erano una cosa sola, perché essendosi trovati cosa avrebbe mai potuto separarli? Nemmeno la morte ne sarebbe stata in grado, si sentivano così potenti e invulnerabili, in quella stanza, mentre tra i loro corpi si compiva il miracolo dell’amore. Al culmine del piacere, pur avendo mantenuto quanto più silenzio possibile fino a quel momento, non poterono fare a meno di gridarsi a vicenda l’uno il nome dell’altra, perché il palazzo, Parigi, la Francia, il mondo intero sapessero chi erano Oscar e André, adesso, l’uno per l’altra.


   
 
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