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Autore: Eleanor95    28/06/2013    3 recensioni
Martin è un giovane disoccupato come tanti, che subisce le ingiustizie del mondo del lavoro. La sua vita è un continuo disastro, ma un giorno incontra Robert, che gli offre un lavoro come suo assistente. Fino a qui tutto regolare, ma se questo lavoro fosse quello del tuttofare, in cui è costretto a fare tutto quello che gli viene richiesto? Come se la caverà? E se di mezzo ci fossero anche i sentimenti?
Genere: Commedia, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Salva a tutti, questa è la prima volta che scrivo una fanfiction inventata di sana pianta, perciò, siate clementi. Se ci sono alcuni errori, perdonatemi. Spero vi piaccia ^-^






Avete mai provato quella sensazione di sconfitta, d'inutilità o di gran vuoto?
Beh, perché era proprio la stessa sensazione che stava provando, Martin Harris, all'ennesimo rifiuto durante un colloquio di lavoro.
''Mi dispiace, signor Harris. Lei è un ottimo elemento, ma non è adatto per questa azienda.''
Martin abbassò il capo, sospirando. Neanche quella volta era riuscito a prendere lavoro.
Perché? Si chiedeva. Perché tutte le aziende lo rifiutavano?
Insomma, si era laureato in Economia nell'università di Cambridge, aveva fatto corsi su corsi, per riuscire a prendere un Master; e tutta quella fatica veniva ricambiata con: ''Non è adatto per lavorare con noi'' ?
E cosa doveva fare per farsi accettare? Tingersi i capelli di biondo? Cambiare look? Ascoltare Madonna invece che i Pink Floyd?
Tutto questo era assurdo, anni e anni di studio, per poi ritrovarsi, ancora una volta, a elemosinare i soldi per l'affitto dai genitori. Suo padre l'aveva avvertito: Se non avesse trovato lavoro, entro la fine del mese, avrebbe tagliato tutti i fondi. 
E così fu, si ritrovò senza lavoro, senza casa e senza neanche una sterlina per comprarsi un sandwich.

 

''Martin, che ci fai qui?''
Lo sguardo preoccupato di Megan rattristò ancora di più il ragazzo.
''Mi puoi ospitare per almeno una notte?'' mormorò lui.
''Per quale motivo?''
''I padroni di casa mi hanno cacciato, perché non pagavo l'affitto da tre mesi.''
''Oh - fu l'unico commento della ragazza - Entra''
Martin fece un sorriso triste ed entrò in casa.
''Senti Megan, ti prometto che sarà solo per qualche giorno, poi me ne andrò.''
''Martin, non ti devi preoccupare. Tu puoi stare qui quanto ti pare... sono o non sono la tua ragazza?'' disse, posandogli un leggero bacio sulle labbra.
''Grazie tesoro'' sussurrò l'altro sincero.
Entrò in camera e posò le valigie sul pavimento. I suoi occhi, carichi di stanchezza, guardavano ogni particolare di quell'ambiente a lui molto conosciuto e uno strano ghigno si disegnò sul suo volto. Quella stanza era stata, più volte, spettatrice delle notti di fuoco che lui aveva passato con la sua ragazza.
''Tesoro, se vuoi farti una doccia, ho messo l'asciugamano sul lavandino.'' grido Megan dalla cucina.
Ci voleva proprio una doccia, pensò il ragazzo, avviandosi verso il bagno.
Dopo essersi lavato per bene, raggiunse la sua ragazza in cucina. Un forte aroma stuzzicò il suo olfatto.
''Era calda l'acqua?'' chiese la ragazza, impegnata con i fornelli.
''Sì''
Si avvicinò a lei e poso un bacio sulla sua spalla.
''Grazie Megan... sai, per tutto quello che stai facendo per me.''
Lei si voltò e avvolse le braccia intorno al collo dell'altro.
''Per me è un piacere aiutarti.''
Si baciarono a lungo e appassionatamente. Le mani di Martin vagavano sulla schiena della ragazza, facendola sospirare di piacere.
''Non mi va di mangiare, sai?'' ammise il ragazzo, tra un bacio e l'altro.
Megan scoppio in una fragorosa risata e si affrettò a spegnere i fornelli sotto le varie pentole.
''Neanche a me'' disse, tornando a baciarlo.

 

Il mattino seguente, Martin uscì di casa con l'intenzione di trovare lavoro. Sapeva che era difficile, e la maledetta crisi economica gli stava distruggendo tutte le speranze.
Prese l'autobus e si sedette in uno degli ultimi posti. Volse lo sguardo oltre il finestrino, mirando il via-vai di persone che si affrettavano ad andare a lavoro. Almeno loro ce l'avevano.
Strinse i pugni con decisione. Non doveva arrendersi, aveva 27 anni e una vita davanti. Lui aveva degli obbiettivi e doveva raggiungerli a tutti costi. Magari avrebbe trovato un lavoro soddisfacente, una casa della media grandezza, una stabilità economica e, chissà, un giorno avrebbe chiesto a Megan di sposarlo...no...no... NO! Stava volando con la fantasia e conosceva Megan da troppo poco, per poter pensare già al matrimonio.
Socchiuse per un attimo gli occhi e fece un respiro profondo, cercando di riacquistare un briciolo di lucidità. Quel giorno doveva pensare solo al suo scopo.

Raggiunta destinazione, scese dall'autobus e si avviò verso l'ufficio di collocamento, che distava a un chilometro da lì. Quella mattina, Londra era più fredda del solito, infatti, il ragazzo rabbrividì, stringendosi nel suo cappotto. Le nuvole sopra di lui minacciavano di piovere, ma lui, da buon inglese, si era premunito di un ombrello... aspetta...dov'era l'ombrello?!
Fece mente locale della situazione, per poi ricordarsi dell'ombrello che lui stesso aveva appoggiato sul sedile affianco.
''Merda'' disse, sbattendo una mano sulla fronte.
Alcune goccioline s'infransero sul suo cappotto nero. Doveva affrettare il passo o rischiava di bagnarsi ancora di più. Purtroppo, però, la pioggia diventò insistente, esageratamente insistente e lui, ormai, era bagnato fradicio. Abbandonata l'idea di andare al Collocamento, cerco di rintanarsi nel bar che si trovava, fortunatamente, proprio vicino a lui. Entrò nel bar, lasciando, dietro di sé, una scia di goccioline d'acqua, che fecero infuriare di non poco il barista.
''Vuole qualcosa?'' chiese il barista, appena Martin si poggiò al bancone.
''Veramente io...''
Mise le mani in tasca, in cerca di qualche spicciolo, ma niente.
''Se non vuole niente è meglio che se ne vada!''
''Ma fuori c'è il diluvio universale!''
''Non è un ottimo motivo per restare qui!''
Martin abbassò il capo in segno di resa e si mosse verso l'uscità.
''Aspetta!'' una voce sconosciuta lo fermò.
Si voltò verso colui che aveva parlato. Un giovane uomo sulla trentina si stava avvicinando a lui.
''Prepari due caffè - disse, riferendosi al barista. - uno per me e uno per...'' si girò verso il più giovane, puntando i suoi azzurri in quelli marroni dell'altro.
''Martin'' gli rispose il ragazzo.
''Sì, Martin'' disse, sorridendo.
L'uomo dietro il bancone sbuffo infastidito e eseguì l'ordine che l'uomo gli aveva dato.
Martin lo guardò sbalordito. Quell'uomo lo aveva aiutato senza neanche conoscerlo.
''Comunque, io sono Robert. '' esordì lo sconosciuto, tendendogli la mano.
L'altro la strinse, sorridendogli. ''E' un piacere, Robert.... e grazie.''

 

 

 

''E così non riesci a trovare lavoro...'' concluse Robert, continuando a giocherellare con uno stuzzicadenti.
Martin annuì, rivolgendogli uno dei suoi sguardi più tristi.
Avevano passato un'ora intera a parlare, variando di argomento in argomento, e, per un attimo, il ragazzo aveva quasi dimenticato i suoi problemi, ma, purtroppo, ripiombarono addosso come grossi macigni.
Robert rimase in silenzio a rimuginare sulla situazione, mentre l'altro lo osservava stranito.
''Sai che ti dico... - esordì improvvisamente - vieni a lavorare con me.''
''Cosa?!'' urlò Martin, facendo girare tutti verso di loro.
''Shhh '' lo zittì il più grande.
''Scusa - mormorò - Dici sul serio?''
''Sì, per me non è un problema.''
Martin non riusciva a trattenere la gioia. Mancava poco che si mettesse a ballare in un bar.
''Posso almeno sapere che lavoro fai?'' chiese poi.
''Beh... come ti posso spiegare... sono un... Tuttofare.''
''Un tutto-cosa?''
''Un tuttofare.''
''E cosa sarebbe?''
''E' un mestiere in cui si possono svolgere tutti i mestieri.''
''Non credo di aver capito...''
''Allora... - cominciava a spazientirsi - Nel mondo del lavoro esistono un sacco di mestieri tra cui il muratore, il giardiniere, l'idraulico ecc... mi segui?
''Sì''
''Beh, il tuttofare ha il compito di fare qualsiasi lavoro gli viene richiesto.''
''Cioè, se uno mi chiede di aggiustare un rubinetto... io devo farlo?''
''Esatto'' affermò Robert, felice di aver fatto capire il concetto al ragazzo.
''Ma io non sono capace di riparare un rubinetto...''
''Imparerai''
Martin guardò l'altro che si era alzato, in procinto di andarsene.
''Si guadagna bene?''
''Più di quanto credi'' gli rivelò, abbassando di poco la voce.
''Che fai? Accetti?''
Il più giovane non sapeva che fare, voleva pensarci un po' su, ma, infondo, non aveva altra scelta.
''Accetto''
Robert sorrise e si incamminò verso l'uscita.
''Ah, prima che mi scordi.. - esordì all'ultimo secondo - Mi pare di aver capito che cerchi un alloggio...''
Martin lo guardò confuso.
''E io, per pura causalità, cerco proprio un coinquilino a cui affittare una stanza.''
In quel momento, la mascella del ragazzo aveva già raggiunto il pavimento.
''Tieni, questo è l'indirizzo'' gli disse Robert, dandogli il biglietto su cui erano scritti tutti i dati.
Martin prese il biglietto come se fosse l'ultimo cimelio rimasto sulla terra. Non riusciva a spiccicare una parola, l'unica cosa che fece era guardare le spalle di quell'uomo, che un'ora fa definiva sconosciuto, allontanarsi man mano. Quell'uomo, in un'ora, gli aveva risolto tutti i problemi.

  
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